Vinicio Capossela trafitto da un insolito destino

Le “Tredici canzoni urgenti” del cantautore ci sbattono in faccia le carceri, la guerra e la distruzione del pianeta, pungendo attraverso la dolcezza. E anche se “abbiamo da offrire solo parole”, è da queste che dobbiamo partire dopo il naufragio: una chiacchierata e il nostro racconto del disco

Vinicio Capossela fotografato da Jean Philippe Pernot
Vinicio Capossela fotografato da Jean Philippe Pernot

Numero 13, come il disordine. Forse una soluzione non pensata ad hoc, ma un caso eloquente, sempre ad agire sopra le nostre teste, un deus che non scende mai dalla sua machina. Tante sono le canzoni urgenti di Vinicio Capossela, nel suo nuovo album dalla copertina quasi astratta: qui campeggiano le “zampate" di Jacopo Leone, riconducibili ai tasti di un pianoforte, lunghi tasti che servono a trafiggere un allegorico San Sebastiano, in realtà un mondo collassato, dal quale bisogna continuare ad estrarre musica, il più possibile.

 E se di allegoria si parlava per il mondo santo trafitto, ascoltando le nuove composizioni di Capossela si ha la netta impressione che l’appoggio al racconto storico-mitologico abbia lasciato il posto a storie calate nell’attualità in modo totale, anche nel linguaggio, schietto e prosaico più che mai. “La poesia viene sempre e comunque in aiuto”, dice Vinicio, consapevole di come il valore delle parole sia costantemente messo in discussione nell’epoca della post-verità.

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La “libertà” tanto decantata dai neo liberisti ne è un esempio, e tuttavia come si può mettere in salvo il vocabolario che ci apparteneva fino a qualche anno fa, e che ora vediamo minato nella sua radice significante? La parte del torto, secondo singolo tratto da questo strano album, è un tentativo di riappropriarsi culturalmente di una frase di Brecht, adoperata dalla presidente del consiglio quando decise di non prendere parte al “governo dei migliori”. Ed è proprio questo brano che riesce ad essere simbolico di tutto lo svolgersi del disco: urgente davvero, con un fuoco tematico intorno a tutto quello che è stato reso un bene di consumo a tutti i costi, e con una resa musicale e lirica non sempre all'altezza del suo autore.

Ogni brano di 13 canzoni urgenti ha un lato sorprendente, frutto della mai sopita ispirazione di Vinicio Capossela e di una squadra di musicisti e produttori a dir poco incredibile, ma come controparte ha un lato debole, talvolta non del tutto convincente, come se ad aprire il proprio mondo artistico su un mare assurdamente in tempesta qualche ingranaggio si fosse incastrato, dando vita a mosse apparentemente erronee degli ingranaggi.

Foto di Guido Harari
Foto di Guido Harari

Come ha tenuto a specificare più volte Vinicio non si tratta di un disco più politico di altri, ma di un disco dove hanno trovato spazio temi di attualità svestiti del loro abito metaforico, senza per esempio le tinte narrative medievali che avevano caratterizzato Ballate per uomini e bestie, lavoro altrettanto politico, sotto uno strato poetico grezzo e concreto. "Abbiamo da offrire solo parole, dobbiamo renderci conto di questo", dice Vinicio parafrasando Ariosto governatore. E forse è proprio vero, perché in fondo sono le azioni che contano, e a canzoni non si fanno rivoluzioni. Tuttavia si possono illuminare strade, e si può scegliere di farlo.

Il difetto forse più grande di 13 canzoni urgenti è probabilmente provare a illuminarne troppe di strade, e di molto specifiche, di andare a scomodare problemi difficili da cantare, in un groviglio di generi musicali gioiosamente eterogeneo, ma che trova nella ballata i suoi esemplari più riusciti. Dove la penna di Capossela trova l'aria per allargarsi e danzare intorno ai concetti raccontati è possibile rivedere il grandissimo autore che è. Grande idea è stata mettere in apertura e quasi in coda al disco due pezzi come Bene rifugio Il tempo dei regali, gemme rare per la canzone italiana, tenere e realiste.

Da una parte la "forza rivoluzionaria dell'amore", che rifugge qualunque valore economico, semplicemente cantata con l'accompagnamento di un piano che piange, dall'altra un valzer tenue dove si esalta il dono dell'incontro con altri esseri umani, senza un prezzo e proprio per questo preziosissimo, quasi quanto la vita stessa: "E se tutto è stato un regalo/ Quel che conta è solo regalar".

Guardando con la lente di ingrandimento i brani che compongono il disco non sono così claudicanti come l'apparenza della composizione di Capossela ha lasciato trasparire, e nel tentativo pop e comprensibile di arricchire i pezzi con collaborazioni qualcosa non è andato alla perfezione. Divano occidentale è un gran pezzo dal ritmo incalzante, ma l'inserto reggae di Bunna, Raiz e Skardy non si sposa alla perfezione col resto. Allo stesso modo Staffette in bicicletta, che vede come ospite Mara Redeghieri, nonostante la forza evocativa di tutti i nomi delle partigiane nominate, rimane come una bozza di canzone nell'aria. Stupisce invece l'apporto di Margherita Vicario, che ne La cattiva educazione dà una prova interpretativa che mai si era vista nella sua carriera, nel cantare di una donna che si spegne piano piano vittima del suo uomo.

Pur avendo una gran dolcezza di fondo 13 canzoni urgenti è un disco urticante, forse a causa della sua imperfezione, o forse perché mette davanti ai nostri occhi le carceri, la guerra, l'inazione nociva del potere, l'abbuffata capitalista che sta distruggendo il pianeta e chi ci vive. Vinicio Capossela si è dimostrato ancora una volta un cantore senza pace di quello che lo circonda, quasi risentito perché nessuno gli dà contro in conferenza stampa, intento a far le pulci alle parole scritte dal suo ufficio stampa, pieno di dubbi che disorienta chi vuole mettere la sua musica in uno scaffale prima ancora di averla ascoltata. No, questo non è il suo disco più scuro: basterebbe ascoltarlo, e lasciarsi risuonare.

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L'articolo Vinicio Capossela trafitto da un insolito destino di Gabriele Vollaro è apparso su Rockit.it il 2023-04-21 15:00:00

Tag: album

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