Il formato in cui ascoltiamo la musica è davvero così importante?

Con il ritorno della musicassetta, lo strapotere degli streaming e il grande mercato del vinile il dibattito non accenna a fermarsi: è davvero importante il supporto con il quale ascoltiamo la musica?

ascoltare vinili
ascoltare vinili
04/04/2016 - 16:14 Scritto da Marcello Farno

Da un paio di mesi il mio giradischi è rotto. Una notevole dose di pigrizia mi tiene ancora lontano dall'idea di portarlo a riparare o, meglio ancora, di comprarne uno nuovo. Di tanto in tanto mi chiedo se questo mio continuo procrastinare sia però realmente figlio di un'innata indolenza o stia lì a significare, semplicemente, che non ne senta la mancanza. I dischi sono sempre là, certo con un filo di polvere in più, e quando passo dal mio negoziante di fiducia è solo per scambiare qualche convenevole e un saluto veloce. Non sto nemmeno a spulciare tra i banchi, sarebbe una reale perdita di tempo, un po' come guardare abiti in vetrine di lusso o controllare i voli per quel viaggio a New York che no, adesso so di non potermi permettere. E non è solo una questione di soldi.

Questo allora vuol dire che non ascolto più musica? Certo che no: ne ascolto tutti i giorni, per lavoro e a volte per semplice passione. Ho la fortuna di ricevere quotidianamente link per ascoltare o scaricare roba nuova, i file musicali occupano un bel po' di spazio nel mio hard disk, e quando ne ho bisogno apro Spotify. Da qualche settimana ho fatto anche ordine tra i cd, e sono spuntate fuori delle cose bellissime che non mi ricordavo nemmeno di possedere. Quei dischi in vinile li ritrovo quasi tutti nella mia libreria digitale.

Ho capito di essere un ascoltatore onnivoro: mi piace ascoltare musica, fa parte della mia vita, e l'unica discriminante che mi pongo è che sia in quel determinato momento qualcosa verso cui nutro un vero interesse (l'idea che debba sempre incontrare il mio gusto non mi sfiora nemmeno). Eppure mi accorgo che per tante persone l'idea di ascoltare musica in un formato invece che un altro è ancora rilevante, qualcosa di primaria importanza. Ma quanto questa cosa continua ancora oggi a dirci realmente che tipo di ascoltatori siamo?

Ogni formato ha il suo esercito di fan e di oppositori. Basti pensare alla musica digitale: quando una decina d'anni fa è iniziato il commercio di file digitali i servizi di streaming non erano così diffusi. Si acquistava un file perché in linea con quelli che stavano diventando i nostri metodi di consumo musicale: l'uso di semplici device come gli iPod aveva cambiato le nostre abitudini e, di conseguenza, il mercato dei cd si trovava inerme di fronte al collasso. Con la crescita delle piattaforme di streaming abbiamo oggi a portata di mano tutto quello che avremmo sempre desiderato, e per giunta disponibile senza pagare (o tutt'al più sottoscrivendo un abbonamento a un prezzo risibile se confrontato con quello di un cd). Una miniera d'oro per alcuni, un mostro da combattere per altri. Corsi e ricorsi storici ci insegnano che la naturale conseguenza era già scritta: un crescente calo dei download digitali, come testimoniato anche in Italia dagli ultimi dati di FIMI.

I detrattori dello streaming convergono sulla scelta del formato fisico, e il vinile ad esempio è visto da alcuni come l'unico oggetto in grado di restituire appieno l'esperienza dell'ascolto musicale. Per citare un nostro articolo di qualche tempo fa "non esiste persona al mondo che non si emozioni davanti a un disco in vinile (...) Puoi avere l'impianto stereo più tecnologico del mondo, l'iPod più capiente, ma niente può battere la mossa di mettere fisicamente un disco sul piatto, di ascoltare il fruscio e di farlo partire". L'acquisto di un vinile è per molti figlio di un approccio da audiofili, un gesto da collezionisti, ma per altri, soprattutto quelli che si sono avvicinati al formato dopo il recente boom di mercato, rappresenta solo un gesto romantico, che più di qualcuno considera uno sterile snobismo nei confronti di altre forme d'ascolto. Come sottolinea Joel Oliphint su Pitchfork: "L'ascolto di musica su vinile 15 anni fa faceva di te un dj, un ascoltatore anziano o di release di nicchia, del mercato indie o punk rock. Adesso, ascoltare un vinile non significa nulla. Trovi in vinile dischi dei Velvet Underground tanto quanto quelli di Ed Sheeran".



(Una delle uscite in formato musicassetta dell'italiana Maple Death Records

Sempre per rimanere sui formati fisici, negli ultimi tempi diverse etichette, anche in Italia, hanno iniziato a stampare i loro lavori in musicassetta. Il vantaggio sta nei costi di produzione e nell'idea di dare ai fan la possibilità di stringere tra le mani un feticcio, un prodotto esclusivo quasi sempre in edizione limitata. Proprio quello che poteva succedere con un disco in vinile 15 anni fa. Questo mezzo sembra però non possa durare a lungo, o almeno non abbia la forza di espandersi a macchia d'olio, rimanendo qualcosa ad esclusivo appannaggio delle etichette indipendenti (il che non è di certo un male di per sé).
Continua sempre Oliphint: "Ogni mezzo ha le sue contraddizioni, il ché rende infinita e inutile la ricerca di un formato che separi gli ascoltatori casuali dai veri appassionati di musica. La sola idea di "formato musicale" da applicare come fosse un'etichetta è superficiale e volubile".

Dobbiamo quindi arrenderci all'evidenza che, volenti o nolenti, la musica che ascoltiamo oggi passi attraverso mezzi e supporti differenti. Questo significa che i trend passeggeri, o la nostalgia verso un'epoca che non abbiamo potuto vivere, il più delle volte ci guidano verso delle scelte di ascolto che non hanno un carattere prettamente funzionale ma piuttosto romantico. Scelte che, in fin dei conti, sono perfettamente connesse con la modernità in cui siamo immersi. Domani potremmo tornarci ad innamorare delle elcaset, ma siamo sicuri che lo decideremmo perché lo vogliamo veramente e apprezziamo quel formato?

I formati hanno uno scopo puramente utilitaristico: l'interesse che ci guida è sempre e solo l'ascolto della musica. Le cose continuano a cambiare, e anche in fretta, e non sappiamo cosa ci sarà realmente dietro l'angolo domani. Chiediamoci invece quanto la musica continui a far parte realmente ed efficacemente delle nostre giornate. E poi semmai, decidiamo senza troppi ghirigori, quando, dove e come ascoltarla.

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L'articolo Il formato in cui ascoltiamo la musica è davvero così importante? di Marcello Farno è apparso su Rockit.it il 2016-04-04 16:14:00

Tag: opinione

COMMENTI (1)

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  • alice.vento 8 anni fa Rispondi

    Almeno tre volte a settimana in pausa pranzo prendo il caffè in un locale dove mettono musica rigorosamente in vinile, solo in quel bar riesco a rilassarmi così......sará che sono romantica!