I Vonamor e lo spettro dell'apocalisse

Il trio romano prodotto da Lucio Leoni fa il suo debutto con l'omonimo album "Vonamor", tanto lugubre quanto magnetico. 8 tracce tra noise e darkwave, 5 lingue diverse e una catastrofe annunciata a cui ci avviciniamo sempre più. Riusciremo a salvarci?

I Vonamor - foto di Marco Stramaglia
I Vonamor - foto di Marco Stramaglia

Una office assistant e traduttrice, un'art director di scenografia cinematografica e un avvocato esperto in diritto d'autore. Questo, almeno, nella vita di tutti giorni. Ma, per fortuna, non è solo il lavoro che riempie le nostre giornate: è così che le sorelle Giulia e Francesca Bottaro e il loro socio Luca Guidobaldi sono capaci di trasformarsi all'improvviso, cambiare pelle in maniera insospettabile e diventareuno spettrale trio darkwave. Si chiamano Vonamor e lo scorso 18 febbraio hanno pubblicato il loro omonimo primo album, con la produzione di Lucio Leoni, così apocalittico e splendidamente fuori moda da aver catturato subito la nostra attenzione.

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Già il nome della band sembra proiettarci nella loro decadente dimensione sonora, anche se non ci è dato sapere quanto sia voluta questa cosa. Vonamor sembra facilmente scomponibile in due parole, la tedesca "von" e la latina "amor", come un'improbabile crasi poliglotta che voglia dirci che proprio di amore parla la loro musica, per quanto coperta da suoni lugubri e oscuri. Ma Vonamor è anche Romanov letto al contrario, come a richiamare il rovesciamento di un ordine costituito, una macabra profezia di rivoluzione che anima un mondo pronto a esplodere con violenza.

Vonamor - foto di Marco Stramaglia
Vonamor - foto di Marco Stramaglia

Le 8 tracce di Vonamor esplorano questo mare di significati sommersi muovendosi nell'ombra, cercando una fioca luce di speranza che possasfaldare l'angosciante e claustrofobico buio che ci avvolge. E lo fa con lingue diverse, dall'inglese al francese, dall'italiano al tedesco, pure il cinese: è come se ci fosse una ricerca di universalità nel sacro catastrofismo dei Vonamor e, allo stesso tempo, una via per confonderci, farci sentire smarriti, come un'avvolgente spirale ispirata dalle tetre atmosfere dei Dead Can Dance che si stringe sempre di più attorno a noi. Dalla distopia di Empire + 2049 all'incedere rarefatto di Wilderness, le voci di Giulia e Luca si intrecciano e si sfaldano, si gonfiano e crollano a terra, accendono fuochi e tremano lamentose di fronte al baratro che vedono avvicinarsi sempre di più.

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In tutto questo, gli arrangiamenti alternano sporche scariche noise abrasive, che brontolano in secondo piano, come una tempesta tremenda pronta a travolgerci senza che possiamo fare nulla per evitarla, a momenti più rallentati e sofferti, in preda a una nostalgica malinconia che brucia nell'animo. Giulia e Francesca immergono i loro strumenti nel catrame, ne corrompono il suono per renderlo un cupo e magnetico messaggio di distruzione. Gli essenziali beat della drum station corrono inesorabili mentre distorsioni funeree si accavallano l'una sull'altro, lasciando che tra le crepe possano inerpicarsi i taglienti sibili di sax, clarinetti e flauti traversi.

Vonamor dentro la vasca da bagno - foto di Marco Stramaglia
Vonamor dentro la vasca da bagno - foto di Marco Stramaglia

E quell'amore di cui parlavamo prima? Anche quello sembra piegarsi alla sofferenza del quotidiano, sottomettersi e spezzarsi sotto i colpi di un presente apatico e grigio. Il sentimento viene spazzato via da un desiderio languido e perverso mentre si cerca di afferrarlo, sfugge dalle mani e ci lascia abbandonati a noi stessi, mentre il vuoto lasciato dentro di noi dalla solitudine si ampia sempre di più. Ma con questo disco i Vonamor non raccontano una realtà irreversibile ma ne estremizzano i mali, raccontano un mondo sì verosimile, ma non per forza destinato a farsi sopraffare dall'oscurità. Dopo aver affrontato la furia e il dolore, l'inquietudine e la frustrazione, è nella dolenza sussurrata della finale Wildernessche pare celarsi una rinascita: le rovine di città devastate, abbattute da cacofonici suoni sintetici, riprendono colore sotto laluce di un sole tiepido che si manifesta solo nell'ultima parte del brano. E allora sì che possiamo credere ancora in un bagliore di speranza.

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L'articolo I Vonamor e lo spettro dell'apocalisse di Vittorio Comand è apparso su Rockit.it il 2022-02-22 10:27:00

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