(Foto di Sandro Giorello)
In occasione della loro partecipazione al MI AMI 2010 ripeschiamo un live report mai pubblicato. Sandro Giorello racconta la data berlinese dei Father Murphy dello scorso 5 aprile - il lunedì di pasquetta - tappa di un tour che in soli 12 concerti ha toccato ben 9 nazioni diverse.
Stamattina c'erano 5 gradi, e verso le 11 s'è pure messo a piovere. Non proprio un tempo perfetto per il picnic di pasquetta nei prati, in giro c'è poca gente e nei parchi ancora meno. E' il quarto giorno di vacanza: qui la pasqua la si festeggia già dal venerdì e domani si ricomincia a lavorare. In più ci sono addirittura due super concerti in concorrenza: Why? e Daniel Johnson. Insomma, non si prevede molto pubblico stasera.
Il West Germany è un piccolo club in Kreuzberg. La prima impressione è quella di un posto sfigato messo in piedi dal proprietario giusto per far suonare i propri amici: il palco è fatto con una serie di assi appoggiate sulle cassette usate per la birra, l'impianto è minuscolo, il mixer gracchia e i cockatail te li fanno prendendo i cubetti di ghiaccio da un piccolo frigo e mischiando a casaccio coca cola e vodka. Però i prezzi sono onesti e il cartellone dei concerti è di tutto rispetto: questa settimana ci sono i Crystal Castels, Tender Forever, e Mount Eerie. Stasera oltre ai Murphy suonano i Little Claw di Portland.
E' il tour delle 9 nazioni in soli 12 concerti. Stamattina i Father Murphy erano ancora in Slovacchia, e dopo 10 ore di macchina sono arrivati a Berlino in tempo per il soundcheck. Ma aggiungono: "ai Little Claw è andata peggio, ieri hanno suonato in Belgio". Sono contenti perché forse si sono aggiunte due date in corsa, di cui una al negozio della Rough Trade a Londra. Mi raccontano che le 6 precedenti sono andate tutte abbastanza bene: dalle 60 alle 200 persone a sera. Domani saranno a Monaco e possono quasi prendersela con calma: partire a mezzogiorno per essere là alle sei.
Iniziano davanti ad una decina di persone o poco più, almeno non si ripete il classico cliché di gruppo all'estero con davanti un pubblico di soli connazionali: l'unico italiano in sala sono io. Il primo pezzo è "Ran out of fuel and a viper just bit be" e non va benissimo. A mio parere la musica dei Murphy sta tutta in quelle lunghe pause che lasciano tra un colpo di batteria e l'altro, tra una parola e l'altra. E' come se ti imponessero il loro tempo, sta a te scegliere di seguirli come un fedele devoto o annoiarti come ad una delle tante messe di cui non ti è mai importato niente. Ecco, quest'atmosfera non si ricrea del tutto. Si sente male, la batteria ha un timbro sordo, come un fustino del detersivo, e dopo il secondo brano si sfonda pure la grancassa. Sostituiscono la pelle e il suono non migliora, anzi. A cena mi raccontavano che la loro idea è quella di diminuire sempre più il set up degli strumenti, in questo tour hanno fatto a meno di una tastiera ad aria. Direi che non sempre il minimalismo aiuta. La chitarra è asciutta, senza quel riverbero acido che la caratterizza su disco. La voce emerge come un lamento ubriaco e non si amalgama al resto. La tastiera satura nell'impianto e le piccole campane suonate da Chiara Lee praticamente scompaiono. Insomma, se uno conosce i pezzi e si sforza decifrare parte dopo parte, ok, altrimenti è davvero difficile seguire una cosa del genere.
Il concerto continua incerto, in bilico tra parti più riuscite e altre davvero inascoltabili. Poi fanno un brano nuovo - sarà presente su un nuovo ep previsto a settembre per l'americana Aagoo - inizia con un piccolo generatore di toni comandato con una penna in ferro. La frequenza oscilla per poi essere distorta e ampliata da un delay, si creano una serie di circoli sonori, incontrollati, si impastano con gli altri strumenti. E' l'unica che funziona davvero, i tre scatenano spiriti, polaroid bruciate, urla sofferenti. E al primo secondo di silenzio l'intera sala - ormai piuttosto piena - non sa che fare, pian piano qualcuno inizia ad applaudire e in breve tutti si mettono a tifare entusiasti. Scendono dal palco, in scaletta c'è ancora "There Is a War", cover di Leonard Cohen, ma preferiscono non farla e lasciare spazio ai Little Claw.
Quindi: non il più bel live dei Father Murphy. Una data in mezzo alle altre 14, in mezzo a tutta l'Europa. Per me una delle tante foto scattate in queste due settimane a Berlino. Ce ne saranno di migliori: vi anticipo che il nuovo ep è a dir poco stupendo, se i tre riescono a riproporre dal vivo questo concentrato di cattiveria nera sicuramente non passeranno inosservati.
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L'articolo Live report: Father Murphy al West Germany - Berlino di Sandro Giorello è apparso su Rockit.it il 2010-05-05 00:00:00
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