Gli Zen Circus e l'ultima sedia accogliente

Non è facile vedere un live degli Zen e rimanere composti, specie se nella loro città adottiva: Livorno. Soprattutto se per la prima volta ci si può sgolare con i brani de “L’ultima casa accogliente”, assieme a un mix di anthem. Viene voglia di vederli ancora e ancora

Gli Zen Circus a Livorno, foto di Sebastiano Ramingo Bongi Toma
Gli Zen Circus a Livorno, foto di Sebastiano Ramingo Bongi Toma

Seduti e buoni, chi ci avrebbe scommesso. Che al primo concerto degli Zen Circus, folk punk rockers di Pisa, dall’esplosione dell’emergenza coronavirus, in piazza Mazzini a Livorno, gli avventori sarebbero rimasti seduti e buoni tutto il tempo non era manco quotato. Un’ora e mezza abbondante di ginocchia che scattano, piedi che scalpitano, i più esagitati che si alzano e siedono a seconda dell’adrenalina da una strofa a un ritornello o viceversa come fossero in chiesa. “Quello che si dice un pubblico seduto”, ha ironizzato Massimiliano Ufo Schiavelli, bassista del gruppo che per la prima volta ha suonato live i pezzi de L’ultima casa accogliente, album uscito in piena pandemia nel 2020.

foto di Sebastiano Ramingo Bongi Toma
foto di Sebastiano Ramingo Bongi Toma

Siamo e ne siamo usciti, e non ne siamo neanche usciti, seduti insomma. Un concerto degli Zen Circus così è come un’amatriciana vegana. Un coito interrotto. E quindi sempre meglio che niente. Anzi: è una mezza festa della liberazione. C'è l'atmosfera della prima volta, quell'emozione. È infatti il primo live da tanto tempo per molti, quello in questo Festival Straborgo labronico. 

Livorno di una monumentalità sbreccata, dell’odore del mare e pure del pesce a ogni angolo o quasi, di una toscanità abbronzatissima. Livorno che piange lo scienziato Valfredo Zolesi e che raccoglie le firme contro lo scoperchiamento del Rio Maggiore. Livorno dove, a 300 metri da dov’è il palco, si è trasferito Andrea Appino, cantante e autore della band e pisano e quindi plenipotenziario della pace tra i due popoli. Livorno dove sono arrivati da Roma, da Milano, da Modena, da Latina, dalla Basilicata, nientedimeno, per ritrovare il gruppo attivo da oltre 20 anni. Un’eccezione in un Paese più di solisti che di band. I nuovi Nomadi, come pure hanno ironizzato spesso loro stessi. E infatti tra i mille seduti ai posti numerati e distanziati ci sono giovani, ragazzi eroi ed eroine, adulti e vecchi senza esperienza, bimbi e bimbine. 

foto di Sebastiano Ramingo Bongi Toma
foto di Sebastiano Ramingo Bongi Toma

Sono sottopelle - dice Silvia, dopo 200 chilometri di viaggio - mi hanno accompagnato negli ultimi anni. E vedere che la stessa passione anima persone che si muovono da tutta Italia, che vogliono fare gruppo, condividere la tua stessa emozione, è un senso di vicinanza e appartenenza che in un secondo ti rende amici”. Beatrice, che da anni non ascolta puntualmente gli Zen dopo averli seguiti assiduamente negli anni più underground, è piacevolmente sorpresa dalle ballad più cantautorali degli ultimi tempi. Carlo, che si è fatto più di 500 chilometri, sente in certi pezzi dei “lampi, come ferite che ogni volta riprendono a bruciare”.

foto di Sebastiano Ramingo Bongi Toma
foto di Sebastiano Ramingo Bongi Toma

Un live da pre-covid, niente rivoluzioni. Scaletta democristiana, da Manuale Cencelli ripartito tra gli album, con riguardo speciale agli ultimi. Il padrone della scaletta è Karim Qqru, batterista, muto per tutto il live. Pronti, via e tre mine: Non, Non voglio ballare, Catene. Gli addetti hanno subito un bel da fare a far sedere i fan più eccitati. Restano grottesche e melense anche live Appesi alla luna e Come se provassi amore. Melassa. È amarcord con Fino a spaccarti due o tre denti, che quasi nessuno canta. Pochini anche con Figlio di puttana, la canzone che ha reso gli Zen quello che sono oggi. Strano. Soli voce e piano per L’Amore è una dittatura, portata al Festival di Sanremo nel 2019, con preziosismo del fagotto del Maestro Pellegrini, chitarra solista, sul finire. Brillante e psichedelica la title-track, una suite, dell’ultimo lavoro. Tutti in piedi per la doppietta finale, L’anima non conta e Viva, che esplodono nel loro soul e nel loro punk. Euforia a casaccio a questo punto. Salta un po’ tutto con l’ultima schitarrata in acustico - suonano Vent’anni - sotto il palco. Pochi intimi riescono a capirci qualcosa.

foto di Sebastiano Ramingo Bongi Toma
foto di Sebastiano Ramingo Bongi Toma

Gli Zen - e la loro arte della manutenzione dell’incomodità, del disagio, della provincia, della rabbia, della distanza tra uno e il mondo - saranno in tour a seguire da Torino, Bologna, Genova, Gardone Riviera fino all’ultima data a settembre, l’11, a Firenze. E anche se ne siamo usciti - e ancora non ne siamo usciti - stravolti, a cocci, certo non migliori, forse neanche più consapevoli, e soprattutto seduti, viene voglia di ascoltarne un altro di concerto così, subito dopo, la sera appresso, ogni fine settimana. Viva.

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L'articolo Gli Zen Circus e l'ultima sedia accogliente di Antonio Lamorte è apparso su Rockit.it il 2021-07-05 17:02:00

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