Zen Circus e Motta: 20 anni di abbracci, furgoni e petardi

Avevano fatto tutto insieme, tranne una canzone. Fino ad oggi. “Caro fottutissimo amico” è un brano di 12 minuti che viene dal passato, ma approda a territori inesplorati. Motta, Appino, Ufo e Karim ci raccontano in esclusiva la loro eterna amicizia, e perché hanno voluto celebrarla così

Motta e The Zen Circus, foto di Daniele L. Bianchi
Motta e The Zen Circus, foto di Daniele L. Bianchi

È una vita che sono amici e che s'incontrano sopra i palchi, in studio, in giro per l'Italia e per il mondo. Hanno condiviso viaggi, sbronze, camere, furgoni, sono andati in tour insieme quando loro suonavano e lui faceva il fonico, hanno partecipato aggiungendo strumenti ai dischi gli uni degli altri ma mai avevano fatto una canzone insieme. Poi The Zen Circus e Motta hanno deciso di collaborare e l'hanno fatto quest'anno, dopo i due anni pandemici in cui anche suonare dal vivo era diventato un problema.

La canzone si chiama Caro fottutissimo amico, una citazione neanche troppo velata al film di Mario Monicelli, regista simbolo di genuinità e anarchia (artistica e non). Il testo è stato scritto da Andrea e Francesco, ed è un dialogo che inizia nel passato solo per prendere la rincorsa e andare a vedere il futuro, con la curiosità di sapere come finirà.

La canzone dura la bellezza di 12 minuti e vive di due parti, la prima in linea con ciò che siamo abituati ad ascoltare dai due percorsi musicali, la seconda sperimentale, che fa ballare con gli occhi chiusi fino ad andare in trance e che vi invito caldamente ad ascoltare nella sua interezza, perché oggi una canzone così libera non è facile trovarla. 

Quando li chiamo, la telefonata è un ponte tra Livorno, Pisa e Roma. Poche parole ed è subito sensazione di famiglia, che si perde nella loquacità di Motta, Appino, Ufo e Karim, pronti a raccontare perché, dopo vent'anni, il fuoco sarà pure diverso ma scalda ancora di più.

 

video frame placeholder

 

Siete amici da vent'anni, perché una canzone insieme ora?

Karim: Per farla prima di morire!

Ufo: Perché siamo vagabondi!

Motta: I featuring per me sono sacri, l'unica altra persona con cui l'ho fatto è stata mia sorella Alice, figurati. Non è mai successo perché forse eravamo talmente tanto vicini fino ad adesso che non ci abbiamo mai pensato, paradossalmente. Siamo stati sul palco insieme, abbiamo fatto tour insieme, forse ci sembrava scontato.

Ufo: Noi concepiamo i tempi di lavoro in maniera molto molto dilatata, ad esempio sono tanti anni che pensiamo di rifare un brano nostro con Francesco alla voce ma l'idea è rimasta lì.

Karim: L'abbiamo fatta dal vivo a Bologna.

Motta: Tutto questo perché ho sempre difeso il fatto che Fino a spaccarti due o tre denti è il mio pezzo preferito.

Ufo: Facciamo un rapido recap di quanti brani vedono l'apparizione di Motta: I cori di Andate tutti affanculo, Ragazzo eroe, il pianoforte di Canzone di Natale.

Motta: Andrea ha messo una chitarra in Vivere o morire.

Appino: Io invece penso che in realtà abbiamo fatto delle cose insieme, se uno va a vedere nei credit dei vari dischi, Francesco è apparso molte volte. Da lì a scrivere una canzone insieme un po' ce ne passa, ovvio. Anche per la natura stessa dell'amicizia che ci lega da così tanto tempo, avevamo un po' paura di farlo, non è un featuring come un altro.

Motta: Non puoi barare in nessun modo.

Appino: C'abbiamo messo cos' tanto che infatti dura quasi 12 minuti.

Motta: L'abbiamo fatta e adesso ve la facciamo pesare!

 

Appino e Motta un po' di tempo fa, foto Monelle Chiti
Appino e Motta un po' di tempo fa, foto Monelle Chiti

Ascoltarla per la prima volta è quasi uno shock: la prima parte appartiene più alla vostra scrittura, la seconda parte va in luoghi quasi inesplorati e il vocoder mi ha fatto impazzire.

Motta: Quella è un'idea di Andrea, è stata una scelta coraggiosa che talvolta quando sei dentro le tue canzoni difficilmente fai, lavorare con un'altra voce ti permette di rischiare di più.

Karim: La lavorazione del brano si è snodata in più di un anno, partendo da una bozza di un provino, poi abbiamo fatto una 24 ore in studio per una jam e poi l'abbiamo finalizzato a Roma da Francesco. Sarebbe stato impossibile condensare 20 anni in un brano standard da 3 minuti e mezzo. Io ci sento Motta e gli Zen, sia nella forma canzone che nella sperimentazione.

Motta: La cosa bella è che non si sentono necessariamente gli ascolti in comune che abbiamo avuto.

Karim: Vedendo la brodaglia dei primi ascolti coi quali siamo cresciuti, che sono comuni a noi e a Francesco (Pixies, Violent Femmes...) sarebbe stato facile andare su quella linea, invece è un brano diverso, che non mi stanco di riascoltare.

Appino: Ci sono il passato, il presente, ma anche il futuro.

Motta: Anche nel testo parliamo di passato solo all'inizio, poi c'è una voglia matta mia e di Andrea di guardare avanti. Aver passato 20 anni insieme poteva portarci verso una vena nostalgica, invece sia con la musica che con le parole siamo da un'altra parte. Per me questo è stato bellissimo. 

Ufo: La vittoria è anche quella di evitare il pippotto "Ti ricordi", l'autocelebrazione, l'autoreferenzialità.

Karim: È stato impegnativo nel senso più ludico del termine.

Motta: Mi viene in mente che è dal 2020 che abbiamo a che fare con questa canzone, ricordo che eravate i primi esseri umani con cui ritornavo a suonare dopo la prima pandemia.

 

Parliamo del pezzo strumentale all'interno della canzone. 

Motta: Ci abbiamo lavorato quasi come punto di partenza, non ci siamo messi lì a suonarci sopra, l'abbiamo presa molto seriamente. A un certo punto eravamo a 15 minuti e non trovavamo la via per risolvere la seconda parte della coda, ci siamo guardati e abbiamo detto: "Magari questo pezzo possiamo pure eliminarlo!".

Appino: Anche testualmente ci sta, la canzone parte da un punto A e arriva a un punto B. È la musica che unisce questi punti, quella che in questi anni è stata il trait d'union di tutto. Non c'è solo la musica nella nostra amicizia ma c'è anche quella, che prende il sopravvento come terzo elemento tra noi e Motta.

 

Criminal Jokers e The Zen Circus insieme
Criminal Jokers e The Zen Circus insieme

Vi va di raccontarmi come vi siete conosciuti?

Appino: Personalmente ho conosciuto Francesco quando avevo 19 anni e lui 12, ricordo una discrepanza d'età notevole, sono finito in casa sua perché frequentavo sua sorella e ho visto questo strano essere che già suonava.

Motta: Suonavo Perdere l'amore al pianoforte.

Appino: A quell'età ero in pieno fiume di punk rock e col tempo siamo finiti anche a parlare di musica.

Motta: Mi fece una cassetta in cui c'era un bigliettino con su scritto: "Per favore smetti di ascoltare quella roba, ascoltati questa", e quella cassetta mi ha un po' cambiato la vita, perché c'erano dai Beat Happening ai Violent Femmes ai Pixies. È andata così.

Karim: Diciamo che la posizione geografica della casa di Francesco era fondamentale, si trovava vicino al Macchia Nera (storico centro sociale pisano), c'era la sala prove in cui suonavano le band dell'epoca e molto spesso capitavamo lì, con grande pazienza dei genitori di Francesco. Dopo la serata al Macchia Nera poteva capitare che si scavalcasse il cancello di casa sua anche alle due, tre di notte...

Motta: Infatti mi sa che Karim l'ho conosciuto che scavalcava il cancello di casa mia. Poi ci siamo trovati al liceo.

Karim: Facemmo l'occupazione in quinta, quella che durò 30 giorni e c'eri te piccolino che eri già più alto di me. 

Appino: È abbastanza assurdo che abbia conosciuto Francesco prima di conoscere gli altri Zen. Forse contestualmente all'esistenza di Karim mentre Ufo aleggiava come mito locale.

Ufo: Io nella band sono entrato nel 2000 e mi sono preso anche tutto il pacchetto degli amici contigui. Anch'io frequentavo il centro sociale e ci siamo mischiati un po' tutti in quel periodo.

Motta: A casa mia!

Appino: Poi ci siamo persi di vista...

Motta: E ci siamo riscelti...

Ufo: Un bel giorno Francesco ha messo su una band che ha catturato la nostra attenzione ed è riniziato tutto. 

Appino: Nel frattempo Francesco era passato dai 12 ai 17 anni ed ero basito che avesse ascoltato tutta la musica con cui ero cresciuto anch'io. 

Motta: Ad uno dei primi concerti che abbiamo fatto coi Criminal Jokers c'erano sia Ufo che Andrea e il proprietario del locale si era dimenticato che dovevamo suonare, quindi c'erano un po' di amici fuori dal locale che pensavano che avessimo raccontato la stronzata. A quel punto vennero gli Zen e dissero "Suonate comunque, vi diamo il generatore di corrente". Abbiamo suonato lo stesso.

 

La linea comica
La linea comica

Mi raccontate un'avventura assurda che avete vissuto insieme? 

Karim: Conta che Francesco è stato il fonico del periodo più fuori di testa degli Zen in tour, la seconda parte di Villa Inferno e quello di Andate tutti affanculo, si parla di 180/200 concerti in un'Italia molto diversa, che oggi guardiamo con romanticismo.

Ufo: Tutto il lato che abbiamo scansato nella canzone lo stiamo tirando fuori ora, basta! Sicuramente il tratto distintivo di quel periodo erano i continui petardi.

Motta: L'unica regola era: "No Magnum sull'Aurelia senza avvertire il conducente!"

Karim: Capitava spesso che si dormisse in quattro in una stanza, eravamo fissati coi cimiteri. Non so perché ma ci andavamo spesso, quando facevamo le pause nei paesini.

Ufo: Cimiteri e petardi. Non torna molto, non so come puoi raccontarlo...

 

Praticamente un concerto dei Death SS...

(ridono, NdR)

Motta: Un'altra cosa che mi ricordo, quando finii la scuola di fonico chiesi a loro dove stavano andando, loro erano senza fonico e iniziai così. Io non sapevo fare il fonico ma anche loro non avevano un'idea proprio chiara di cosa dovesse fare un fonico. Una volta a Salerno, era una delle prime volte che si dormiva insieme con Enrico di Locusta, che non mi conosceva bene. Stetti tutta la giornata a capire se la sera avrebbe piovuto o no, ed ero entrato in paranoia. Di notte faccio questo incubo in cui sono sotto un telo gigante e non riesco a uscire. Mi sveglio urlando e Enrico mi dice: "Oh ma caa fai?" (in livornese, NdR). Immagino stesse pensando "Ma chi si sono portati dietro questi tre?".

Ufo: Peraltro a Salerno si suonò per strada lo stesso, quindi la tua mansione di fonico fu inesistente!

Motta: Stavo a controllare che non andasse un cazzo, fondamentalmente!

Karim: Rendiamo giustizia a Motta, noi ai tempi con gli Zen avevamo il set con timpano, rullante, chitarra elettrica, basso elettrico e chitarra acustica, si faceva un casino indiavolato e Francesco specie nei festival, iniziò a farci dei suoni fotonici, tanto che molto spesso venivano i fonici più anziani a complimentarsi. Questo è un fatto. 

Motta: Era una cosa che mi piaceva tantissimo fare, anche perché erano loro, perché poi mi sono ritrovato a fare altre volte il fonico e non era così divertente. Quando non è così divertente ti riesce anche meno.

Ufo: Tra i ricordi più notevoli ci sono stati i primi Villa Inferno, che erano un baccanale vergognoso.

Karim: Skill altissime: microfonare la batteria dentro un furgone.

Ufo: Una tradizione che resiste tuttora, quando facciamo Villa Inferno il batterista deve stare dentro il furgone.

Motta: Partì da lì il discorso dei botti: c'era un mercatino dell'usato accanto a Villa Inferno in cui, nonostante fosse settembre, vendevano i petardi. Ci siamo detti: "Ma perché i petardi solo l'ultimo dell'anno?".

Karim: Era il settembre del 2008.

Motta: Tutte le mie giacche di quel periodo hanno i buchi in tasca.

Karim: Ci sono dei bellissimi video in cui mettevamo i petardi in tasca alla gente mentre dormiva.

Motta: Poi diciamo che io e Andrea avevamo qualche difficoltà ad alzarci la mattina, quindi Enrico a un certo punto ci svegliava con le "mitragliette" in albergo.

 

The Zen Circus e Motta in studio
The Zen Circus e Motta in studio

Non vi siete mai presi a sberle?

Appino: Contrariamente a quanto potrebbe sembrare, no. Gli Zen si son presi tutti con tutti negli anni ma con Francesco no. Però mi ricordo la prima litigata vera a Torino, ti ricordi? Si litigò malissimo perché ti obbligai a dormire sul divano.

Motta: Vabbè, non è che gli altri giorni si dormisse nelle suite!

 

Non dev'essere sempre facile conservare l'amicizia facendo lo stesso lavoro...

Appino: Ci vuole tanta pazienza, ma se ti vuoi bene accetti anche i lati degli altri che ti possano sembrare non in bolla, questo è alla base di ogni rapporto di lunga durata. 

Motta: Dipende anche come fai il tuo lavoro, da parte mia oltre all'amicizia c'è sempre stata una stima pazzesca nei loro confronti, il fatto di pensarla nella stessa maniera ha influito. 

Karim: Questo è un lavoro in cui fai sempre le stesse cose in modo diverso con tempistiche diverse. A volte uno è in tour e l'altro è fermo e sta preparando un disco. Non è mai mancato il confronto nelle nostre carriere e non ha mai rappresentato un problema far ascoltare le canzoni prima che uscissero.

Ufo: Noi di indole non tendiamo a vedere la musica in modo competitivo, figuriamoci con un amico di sempre.

Motta: Quando vieni dalla stessa provincia e ci sono due gruppi che suonano, o diventano fratelli o si odiano.

Karim: Un momento molto bello è stato il periodo di Sanremo, in uno dei due anni in cui sembrava il MI AMI.

Motta: Non so voi ma era ancora il periodo in cui ci sentivamo un po' stranieri lì dentro rispetto al cast che c'era.

Appino: Fu bello strano. Ricordo quando ce lo confermarono e mi dissero che c'era anche Francesco pensai: "Ma ti rendi conto?". Sembrava una cosa fatta apposta.

Motta: Lì purtroppo non ci siamo nemmeno visti troppo.

Karim: Là ti svegliano a schiaffi alle 8 e mezzo e fai questo percorso obbligato di interviste che finisce poco prima della serata al teatro. Sarebbe stato bello gettare i petardi nei camerini insieme.

 

video frame placeholder

Siete ancora frane, valanghe e stralci, come dite nella canzone?

Appino: Le frane e le valanghe si stazionano ma la geologia c'insegna che questo non dura per sempre, poi ripartono.

Motta: Magari a volte sono franine e valanghine, magari crescendo riesci a equilibrare meglio le cose ma anch'io alzo la mano. 

Appino: Mi piaceva pensare agli stralci perché spesso è dalle bozze che hai messo da una parte che nascono le canzoni. Da questo punto di vista, i nostri stralci e quelli di Francesco si sono realizzati in questa canzone, poi c'è anche il futuro e mi piace tantissimo l'idea del vocoder che sia una rottura netta tra la canzone e quello che accadrà dopo. Sia a livello musicale che umano. Una volta finita la canzone si ritorna bozze, perché si ricomincia da capo.

 

La fame è sempre la stessa?

Appino: È cambiato tipo di fame ma per me assolutamente sì. 

Motta: Forse è aumentata.

Appino: Pensa anche solo questa canzone quanto tempo abbiamo messo a farla, in due anni ci siamo impuntati per farla esattamente come volevamo. 

Karim: Non sarebbe mai successo dieci anni fa così, credo che nella musica il tempo che passa ti ruba un po' d'irruenza di gioventù, ma quel fuoco al culo prende un'altra forma negli anni. Tendi a conoscere meglio quello che ami ed è una cosa importantissima. 

Motta: Andando avanti non è che prendi meno seriamente questo mestiere, anzi, è più difficile. Anche dal punto di vista testuale abbiamo cercato di capire come limare tutto per farli prendere la forma definitiva.

Karim: È la sintesi di due immaginari diversi, questa canzone non sarebbe potuta essere una di quelle one shot, che ti viene l'idea, la scrivi ed è pronta in dieci minuti. 

Motta: Quando mi sono ritrovato a fare questi ping pong di scrittura nei miei dischi con Pacifico, o con Dario Brunori, è stato anche più facile. Conoscendosi meno e avendo una storia più breve alle spalle è stato più semplice arrivare alla sintesi. 

 

Motta e Appino
Motta e Appino

È più facile parlare con uno psicologo sconosciuto che confessare qualcosa a un amico, a volte.

Appino: Infatti si è trasformata in una sorta di terapia tra me e Francesco.

 

Ciò che vi continua ad animare è "la santa voglia di sbagliare tutto", come cantate nel pezzo.

Appino: Se si parla di fame come intendi te, sì. Così come sbagliare è uscire con un singolo di 12 minuti in un momento come oggi. In realtà la fame, il calcio nei coglioni rimane e rimane anche la voglia di vedere come va a finire. 

Karim: Superare anche la paura della pretenziosità. Oggi la musica è sempre più ridotta, più fruibile, fare un brano così può sembrare un lavoro ridondante.

Motta: È anche più difficile crearlo. Il fatto di ascoltare così tanta musica mi rompe le scatole quando vado a scrivere e capita che mi rompa anche i coglioni di un particolare della mia stessa scrittura, quindi la creazione deve diventare volontariamente più difficile, perché il contrario sarebbe non provarci nemmeno.

Karim: È un free form, c'è Ufo che suona la chitarra, ad esempio. 

Ufo: Una cosa bella dopo 22 anni che sono dentro questo percorso è la voglia di vedere che piega prenderà la musica, di non porsi strumentalità o calcoli, sentirsi esordienti, debuttanti dopo così tanto tempo è una sensazione stupenda. Con Francesco questa cosa è successa all'ennesima potenza, lo dimostra la canzone. Sono felice di non scegliere la via in cui si fa meno fatica o si fa prima. Ogni volta che vado a suonare fuori voglio vedere cosa succederà, è una ricompensa inestimabile.

 

C'ho letto anche una indipendenza rara, scegliere la possibilità di fare il cazzo che vi pare.

Appino: Si diceva in furgone con Ufo che è anche un tratto distintivo dei vecchi, che a un certo punto gli importa una sega.

Karim: È anche la fine di un percorso, per quanto uno possa farsi il viaggio indipendente, a un certo punto ti poni sempre delle domande. Una volta che esci dalla camerina con la chitarra, la batteria e il basso non suoni più solo per te stesso ma la porti al tuo mondo, grande o piccolo che sia e la musica è una delle forme di comunicazione più grandi che abbiamo. Quando sei più giovane capita che pensi: "Se mandiamo fuori questo singolo ora cosa succederà", poi la smetti perché vieni a patti col fatto che se sei arrivato nel tu piccolo o nel tuo grande, è perché hai sempre fatto quello che volevi. 

Motta: Parlano anche i dischi e le scelte che uno fa, è una libertà che ci siamo pure guadagnati anche con fatica.

 

La seconda parte del brano mi ha fatto pensare a come sarebbe una vostra carriera parallela più sperimentale insieme.

Karim: Sappiamo anche che quella sarà la parte che la maggior parte della gente skipperà, ma la base della canzone è questa dicotomia tra le due anime che abbiamo sia noi che Francesco dentro.

Motta: Magari domani alcuni quella parte non l'ascolteranno ma rimane lì.

Karim: Le canzoni hanno un destino imprevedibile e quando le pubblichi non sono più tue. Magari la stessa persona che ha skippato la prima volta, in seguito si ritroverà a voler arrivare proprio a quella parte.

Appino: Non vogliamo fare le barricate, siamo un gruppo che ha sempre fatto canzoni di tre minuti e ci piace molto quel mondo. Alcune volte ci sta di fare come ci pare.

Motta: Mi viene da dire che è andata così, non l'abbiamo deciso di fare a tavolino, a questa canzone servivano 12 minuti, altre sono perfette quando durano un minuto e mezzo. 

 

video frame placeholder

Le canzoni sono importanti, ma com'è stato tornare a suonarle dal vivo con la gente libera sotto palco?

Motta: Un'emozione che lascia senza parole. L'anno scorso, anche per il tipo di scaletta, cercavamo di stringere i denti perché la situazione era quella, suonare con la gente seduta. Mentre lo facevamo era quasi doloroso, abbiamo sia io che gli Zen dei concerti energetici e vedere la gente obbligata a stare a sedere faceva male.

Ufo: Si è riallineato tutto, è un po' la soddisfazione di quando non cambi l'ora al cruscotto della macchina quando entra l'ora legale, poi torna l'ora solare e ti accorgi che c'avevi preso.

Motta: Ho rivisto anche il senso di comunità, l'abbraccio delle persone tra le persone, sia fisicamente che metaforicamente.

Ufo: Ritrovare il nostro pubblico che è una community e ritrovarli insieme di nuovo è impagabile.

Appino: Io non so cosa rispondere perché è arrivata una sensazione... boh. Non ho commentato mai finora, è stata la cosa più incredibile del mondo. Tornare a casa. L'estate scorsa è stata cancellata in un minuto di concerto a Bologna. 

Motta: È stato anche faticoso esserci, attivare una produzione del genere l'estate scorsa, con pubblico ridotto.

Karim: L'abbiamo fatto per la smania di esserci, di stare sul palco. C'era gente che anche quando doveva stare seduta non riusciva, si alzava, pogava, aveva reazioni istintive.

Motta: Poi il giorno dopo vedevi i festeggiamenti per la vittoria dell'Italia e non capivi perché loro sì e noi no.

Karim: Noi siamo stati anche quelli fortunati, eravamo all'interno di un percorso in cui ce l'abbiamo fatta a mantenere il nostro pubblico senza subire troppi danni. Non siamo mai stati tra tutti criticoni, ma a un certo punto sembrava ci fosse un accanimento (poco) terapeutico solo nei confronti della musica dal vivo.

Ufo: Quando sono arrivato a Capodanno mi è arrivata una depressione inconcepibile, fuori dall'umano per le nuove chiusure e per l'impossibilità di suonare. 

Motta: Poi per noi è fondamentale fare concerti, non per forza dal punto di vista economico, da quello di vita reale. È il momento in cui vedi quello che succede veramente a prescindere dal numero di stream che c'è accanto alla canzone. Non abbiamo mai giocato a quel campionato lì.

Ufo: Il nostro esperimento di verità è quando la canzone, che è stata cristallizzata nel disco, te la fabbrico lì davanti e te interagisci con noi.

Motta: Personalmente ho iniziato prima a fare live che canzoni.

 

The Zen Circus e Motta con Nada
The Zen Circus e Motta con Nada

Vi è mai venuta la voglia di fare un tour insieme come Zen Circus e Motta?

Ufo: Con Nada abbiamo fatto una cosa ibrida.

Motta: In quel periodo ero il loro fonico e serviva qualcuno che suonava la tastiera e la chitarra dal vivo, io non l'avevo mai fatto per cui ovviamente ho detto subito di sì!

Appino: Io ho sempre avuto paura di andare in tour con Francesco, lo dico serenamente da anni, non ce la potevo fare (ride, NdR).

 

Paura di cosa?

Karim: Che prima delle sei e mezzo non vai a letto!

Appino: Fino al 2011 ce la potevo fare, oggi non lo so!

Motta: Ragazzi, sono invecchiato anch'io.

Appino: In realtà non ci abbiamo mai pensato, così come per vent'anni non avevamo mai pensato a fare una canzone insieme.

Motta: È quando non ce le chiedono più che facciamo le cose.

Karim: Appino, non avere paura.

Appino: Cos'è, una citazione? (ridono, NdR)

 

---
L'articolo Zen Circus e Motta: 20 anni di abbracci, furgoni e petardi di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2022-04-13 09:32:00

COMMENTI

Aggiungi un commento Cita l'autore avvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussione Invia