Gli ascolti degli utenti premium varranno di più di quelli free nella nuova classifica di Billboard

Un servizio gratuito non può avere lo stesso valore di uno a pagamento, secondo Billboard

20/10/2017 - 11:47 Scritto da Sandro Giorello

Come gli studi di settore ribadiscono ormai da anni, nel mercato discografico odierno la parte del leone la fa sicuramente lo streaming. Se oggi, quindi, si vuole avere il polso della situazione dei dischi più popolari, ma anche degli introiti guadagnati ogni anno dagli artisti, sono necessarie metriche sempre più accurate. Billboard, che da 80 anni è il riferimento più autorevole in materia di classifiche discografiche, ha deciso di analizzare ancora più a fondo la fruizione della musica online ponendosi l’obiettivo di calibrare ancora meglio i suoi conteggi.

In un editoriale pubblicato ieri, la redazione del portale ricorda che, ad oggi, lo streaming americano può essere diviso in più categorie: i servizi in abbonamento (come Amazon Music e Apple Music), quelli che ricavano introiti dalla pubblicità (come Youtube) o sistemi ibridi (come Spotify o SoundCloud). A tutto questo, poi, si aggiunge il mondo delle radio online come Pandora e tutta quella serie di sottoscrizioni per servizi che mescolano l’“on demand” a palinsesti più classici.



Entro il 2018 Billboard, oltre al semplice sommare i risultati dello streaming alle vendite dei dischi fisici come fa già da tempo, differenzierà con pesi diversi anche le singole categorie dello streaming. L’editoriale non spiega nel dettaglio come verranno considerate queste macro suddivisioni - principalmente indicate come “subscription streams”, “ad-supported streams” e “programmed streams” - ma è un segnale di cambiamento interessante che, molto probabilmente, verrà seguito anche da altre realtà legate al mercato discografico mondiale.

Sembra solo un’inside note per addetti ai lavori, ma in realtà ribadisce bene l’importanza dello streaming nella musica di oggi e la necessità di strumenti sempre più efficaci per capirlo. È un bisogno non è così scontato, basti pensare al recente caos scatenatosi da noi appena la FIMI ha messo mano alle sue certificazioni.

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