FIB 2005 - Un personalissimo diario [5]



Domenica 7 agosto 2005

E’ forse la sveglia naturale più difficile di questo Fib, con un senso di nausea latente e mai pienamente espresso che mi accompagna tenendomi la mano. Rimango tutto il giorno come imbambolato, e non è che sto male ma semplicemente non riesco ad essere al cento per cento, e anche solo bagnarmi le labbra d’alcol mi fa venire i capogiri. Così mi rifugio nello Zumo, che bevo in cerea solitudine incastonato nell’ombra, ma anche quello mi disturba lo stomaco, il quale probabilmente rifiuta ogni cosa, tsè tsè. Torniamo in tenda dopo il mare e reincontriamo tutti gli amici-ci di Turin e si salutano quindi Pus, Marcello, Giada, Miguel e insomma è già pomeriggio inoltrato e purtroppo siamo costretti a muovere il culo fuori dalla tenda con celerità se non vogliamo perderci gli unici italiani di questo festival, cioè i Les Fauves che suonano alle 16.30 (anf anf) al Fiberfib.com. Così doccia-fredda-ripiglio, insaponata ai capelli, giramento di testa, pantalone corto, calze a righe colorate, maglietta gialla, pass e via, fuori dal campeggio. Con le nostre vicine oggi neanche una parolina e allora mentre ci incamminiamo mi volto e lancio uno sguardo alla loro tenda e c’è la mora che guarda nella nostra direzione, così le sorrido e le faccio ciao ciao con la manina, e anche lei mi sorride e risponde, così io mi giro e faccio volare la mente come un aquilone, sia mai che almeno la fantasia mi leda questa fastidiosa asfissia.

Arriviamo a set già inoltrato, poco prima della metà. Il colpo d’occhio al Fiberfib.com è molto carino, incredibile ma a quest’ora ci sono ci sono già tante tante tante persone, e sotto la tenda più gente rispetto ai Micecars lo scorso anno, il cui set iniziava un’ora dopo. Sarà probabilmente l’effetto Oasis, visto che di fronte all’Escenario Verde già i monomaniaci si accalcano in attesa dell’apertura e della corsa verso le prime file, cosa che a me fa rabbrividire perchè dico cazzo, non puoi spendere una tua intera giornata a stare di fronte ad un cancello chiuso in attesa che si apra per poi correre e sgomitare e lottare con altri monomaniaci simili a te per accaparrarti un posto in prima fila quando prima del tuo gruppo preferito ne suonano altri due tra cui Nick Cave, di cui magari non te ne frega proprio una cippa. Ma i fans sono i fans e io non sono un fan in genere, quindi ringrazio Chico che mi spiega la loro psicologia ma io ho ancora in mente certe scene di accampamento di fronte a San Siro per il concerto degli U2 e la nausea c’ho addosso, altrochè. Beh, insomma, tornando alle Fave dicevo che c’era abbastanza gente, nonostante l’ora e il solleone, e questo fa piacere. Di italiani ce n’erano a dire il vero pochini, ma la maggior parte dei nostri compatrioti qui presenti è in realtà poco interessata alla roba nostra e altri invece son qui solo per ballare l’electro e poi è veramente prestissimo, ohibò. I Les Fauves sono tutti vestiti uguali da vere rockstar, a righe rosse e nere, intimiditi forse dalla grandezza del palco non parlano e semplicemente suonano, con il solo Case che accenna fra un brano e l’altro i titoli dei pezzi in un inglese molto emiliano. C’è la bassista che subito ti prende gli occhi perchè è proprio sexy in mise corta ed è soprattutto affascinante godersi una così avvenente musicista da spettatore, non c’è che dire. Il concerto si porta avanti bene e il finale è per “February Lullaby” che è il loro pezzo forte che un po’ di notorietà gliel’ha data, non c’è che dire. Poi tutto come di incanto finisce, ciao ciao e buona fortuna, e pensare che è volato questo concerto ma chissà quanto tempo ci ha messo, a decollare, con tutte quelle speranze sul groppone.

Beh, insomma, in attesa dei Maximo Park c’è il tempo per incrociare Vincenzo, il responsabile Fib Italia, e ci si saluta e poi mi chiede se voglio essere intervistato per un sondaggio interno di valutazione del Fib insieme a Luca Castelli del Mucchio e io dico ok, che tanto devo un attimo riprendere contatto con me stesso che c’ho ancora la testa che mi gira come una trottola impazzita. Allora torno in sala stampa a sedermi un attimo e a compilare un po’ delle tue bianche pagine, mio caro diario, e scopro che Daniel Johnston ha annullato per problemi di salute il suo tour e quindi non sarà neanche al Fib e un po’ mi spiace perchè l’avrei rivisto volentieri e poi insomma Nonno Dany fa sempre tenerezza, speriamo migliori e presto. Si fa questo sondaggio, si incontra una giornalista sbrodolata dopo un’intervista ai Maximo Park, si scopre che il Fib probabilmente l’anno prossimo verrà spostato alla terza di luglio per evitare un eccessivo affolamento agostano in quel di Benicàssim e infine si dà un occhio al Fiberfib.com dove suonano proprio quelli di “Apply Some Pressure”, che sono una band che passa di fronte e la noti, ma poi dopo un attimo puoi anche dimenticartela, così, come una pagina voltata e già archiviata.

Si torna al Verde e ci si fa una bella mangiata di ottimi panini e si beve una Redbull nella speranza che aggiusti l’aggiustabile e si fanno foto ricordo e si guarda la gente e si chiacchiera e si scherza. Io incomincio a stare meglio ma neanche troppo, poi, ma il tempo fa il suo corso e quindi arrivo ai Hot Hot Heat più tranquillo di stomaco e spirito, tanto che mi faccio trascinare dal ritmo di questi canadesi che io ero solito pronunciare come ot ot it un po’ aspirato e invece il riccioluto prende il microfono e fa hello everybody we’re ah ah hee, tanto che io faccio ehh?!?! Guardiamo un po’ di piacevoli ah ah hee e poi andiamo all’Hellomoto dove stanno suonando i Pan Sonic. Entriamo e praticamente è come lasciare la terra per la luna, i passi diventano pesanti, suoni dall’altro mondo s’odono immersi in fumi e laser da “Alien” di Ridley Scott e l’unica differenza è che non c’è nessun mostro ma due mostri che fanno esplodere dalle casse un martello pneumatico che ti perfora le budella e le senti veramente tremare, scossa dell’ottavo grado della scala Richter, e io penso ma cosa c’avranno dentro quei potenziometri? In realtà la polvere magica della musica si mescola a seconda di chi dosa, e c’è chi taglia le stelle col rumore della tecnologia. Stiamo ancora lì, affascinati, poi decidiamo di abbandonare il technomassaggio per Nick Cave, che sta per partire al Verde.

Quando entra scruta il pubblico mettendosi la mano sopra gli occhi come affrontasse l’orizzonte, ed in effetti siamo una distesa sconfinata, trentaduemila forse, e lui è eccitato e si vede da come si muove sul palco, con gli occhi che pure gli strabuzzano dalle orbite e lo vediamo nei megaschermi che indugiano su di lui con attenzione e affetto. Entra e si capisce che questo è il Nick Cave della svolta gospel, ma è sempre lui, con quell’eleganza decadente che non dimentica il rock ‘n’ roll, l’aria da ragazzo cattivo in camicia, e uno sguardo che trafigge perchè parte da un contorcersi di vita e morte continuo, mentre si sovrappongono note a parole e nascono storie sopra melodie bellissime. Canta e suona e parla e sputa su un idiota che probabilmente vuole solo gli Oasis e fa “The Weeping Song” e ci sciogliamo dentro l’Arte come acqua dentro la vernice e poi è un rapirti continuo con una voce che non molla e alla quale ti puoi aggrappare perchè cade come te e poi arriva “The Mercy Seat” e il diavolo scalpita, si vede nello specchio e fugge da se stesso perchè è troppo per sè e per gli altri e tutto finisce crescendo come un mare che si alza dentro assieme alle sue onde, e proprio sulla cresta dell’ultimo cavallone scende il sipario. Manca giusto un bis che conferma la certezza di aver visto il miglior concerto del Fib e forse uno dei migliori concerti di tutta l’intera vita, perchè ci sono cose irripetibili che solo personaggi irripetibili, anche se vecchi e bacucchi e stanchi, riescono a regalare mettendo alla mercè di tutti loro stessi, personalissimi e universali.

Mio caro diario, gli Oasis me li guardo dalla tribuna stampa assieme al mio CCP perchè tanto non è che m’interessino granchè. Da qua sopra è bellissimo vedere tutta questa gente, più dei Cure, più dei Keane, più di Cave, assiepata e stipata sotto quel grande palco e tutta assorta da Gallagher e soci, le rockstar più rockstar che non si può. C’è Liam panzone che è pure molto contento stasera e credo lo si veda dal fatto che molla la sua postazione a semicerchio composta da cinque spia per andare verso il pubblico a toccarsi il pacco e lanciare tamburelli, e ne lancia tanti tanti e sorride, chissà che sarebbero gli Oasis senza questo gran figlio di puttana, se non una buona band qualunque. Poi c’è l’altro che fa “Don’t Look Back In Anger” e si alzano tutti gli accendini che per lo più son telefonini ed è proprio bella, questa canzone, che piace pure a me e mi sveglia dal karmacoma in cui stavo piombando senza appigli. Poi tutto finisce al sessantunesimo minuto come sempre, non uno in più, da contratto, e da contratto quando tutto è smontato e pronto per i Kasabian anche i fans se ne vanno lasciando il Fib al suo bacino originario, che è sempre ampio ma sembra un po’ tutto vuoto, così. Dalla tribuna vediamo passare Nuciari a petto nudo con una birra in mano e subito ci si fionda a salutarlo perchè quest’uomo è un personaggio che va riverito, mio caro diario. Si chiacchiera un po’ e poi io mi abbiocco sul lato della spianata perchè son proprio stanco e non ce la faccio, nono. Mi perdo così quasi tutto il set dei Kasabian ma mi sveglio giusto per i due singoloni e su “Club Foot”, canzone memorabile, le telecamere del Fib si mettono ad indugiare su colui a cui la band ha proprio dedicato il pezzo, cioè Liam Gallagher, che muove la testa come neanche in un suo concerto. E’ il delirio anche perchè st’inglesi sul palco son bravi e lui il cantante è veramente una furia e mi sembra drogato perso, vestito come un Buddha quasi quasi. Applausi anche da parte mia e belli convinti perchè questo è rock ‘n’ roll e, cristo, ci piace!

Beh, insomma, finiscono pure loro e sentiamo che anche il Fib sta per finire e siamo noi tre, il terzetto delle meraviglie ormai appannate, che ci si tristeggia un po’ addosso perchè in fondo ci spiace ed è veramente volato via, questo festival bellissimo. Ci facciamo così un giretto per l’Escenario Verde, entriamo un attimo in sala stampa per mangiare e bere qualcosa, il mio Caro Collega Porrografo scatta una porrografia, si chiacchiera un po’ e poi vediamo sugli schermi comparire il nome degli LCD SoundSystem e corriamo per goderci il set da sotto il palco che c’abbiamo una voglia pazza di ballare, iu-uh! La platea è piena ma non troppo e così non si trovano particolari difficoltà ad arrivare là sotto, che ci vediamo bene tutti, James Murphy in testa. Partono ed è subito il delirio, sia per noi spectators che per loro musicisti, pieni di casini con cavi e cavetti e mixer che non ne vogliono proprio sapere. Murphy non perde la calma e nemmeno la cinesina che gli sta di fianco, lui continua a cingere con due mani il microfono e a cantare in ieratica posizione mentre lei tocca synth e qualcos’altro. Il concerto è bello ma non esalta come dovrebbe, fa il suo mestiere, lì ci rimane e va bene così, perchè balliamo su pezzi talvolta allucinanti così come allucinante è vedere suonare electro-house da un batterista così, che proprio spalanchi la bocca e la lingua rotola giù. Anche questo set è breve e finisce presto, tanto che tutti lanciatissimi diciamo di andare a vedere James alla DFA night al Fib Club ma non si capisce bene se abbia già suonato oppure no e questo rimarrà un grande mistero di quest’edizione, già già. Allora che si fa, eh? Andiamo nel prato a scattare una porrografia e dopo poco arrivano i panzer dell’organizzazione a rastrellarci via mentre degli italiani di fianco a noi strapippano righe da campi di calcio. Incomincia a salire la malinconia di quelle cose belle che stanno per finire anche se non sono già finite, e insomma proprio devono buttarci fuori dall’Escenario Verde perchè noi proprio non ce ne vogliamo andare e ci facciamo trascinare come sacchi di patate. Poi siamo fuori veramente. E allora andiamo verso l’Hellomoto dove suona Andrew Weatherall che ce lo guardiamo proprio volentieri perchè ha prodotto “Screamadelica” dei Primal Scream e dunque merita rispetto anche solo per questo, in più e bravo e quindi il rispetto è doppio e cumulativo e tutto il resto. Si balla e si balla e il solito terzetto si fa un giro per il Fib ragionando sulla gente attorno e chiacchierando un po’ così. Poi andiamo a beccare Pus che questa sera è veramente su di giri ed è bellissimo perchè è lanciato come un proiettile e ci trascina dentro di nuovo a ballare e facciamo il giro del tendone seguendolo affascinati dalle sue mosse da latin lover, con lui che ogni ragazza che vede si ferma, ci si mette davanti e ci si mette a parlare e ballare, incurante dei relativi fidanzati o di tutto il resto, ed è buffo vedere quel ricciolo da paggetto solitamente così timido votato all’esportazione del seme italiano. Purtroppo per ora becca poco e dopo un attimo lo perdiamo perchè è una furia e noi non c’abbiamo quel ritmo, no no. Fondina allora dopo poco riceve un messaggio e c’è Pus che dice di correre subito da lui perchè ha incontrato le nostre vicine di tenda e allora noi tutti ci esaltiamo subito e andiamo a beccarlo di corsa, peccato che nel cercare il posto dove fosse io mi stacco dagli altri due e li perdo sicchè mi faccio dieci minuti a girovagare come un segugio quando poi, finalmente, arrivo, e vedo la mora che si illumina e mi viene incontro, così mi presento e mi dà un paio di bacini ma io non so perchè ho come uno speech arrest e sono davvero imbarazzato, tanto che non so che dire, neanche le solite cazzate che tiro fuori in queste occasioni. Sarà che forse c’è qualcosa in più che mi interessa in questa situazione, o forse sarà che le sorprese mi fanno emozionare e sudare e mi tolgono il fiato per parlare. Così mi giro e ballo un po’ da solo e insomma si chiacchiera tutti assieme e la mora si chiama Irina ed è di origini rumene e invece la bionda si chiama Anastacia ed è di origini russe, vivono entrambe a Londra. Allora balliamo e io sono proprio un nerd perchè non so che fare ed è strano ma son bloccato, un po’ anche perchè c’ho ancora la testa e lo stomaco in subbuglio e in realtà è la testa che mi frega. Per fortuna c’è Irina che mi dà una mano, e grazie a Dio ci son le donne a riempire i nostri vuoti inspiegabili che altrimenti saremmo un esercito di depressi aggrovigliati sulle nostre proprie sciagure e paure (salvo poi che, vabbè), e allora mi sciolgo un po’ perchè lei mi viene vicino e si vede che è interessata a me, e mi cerca quando non ci sono e si interessa. Così quando ormai il sole è già sorto e la sera è un ricordo, io e lei si inizia a chiacchierare più da vicino e poi quasi naso naso e infine, dopo un giro di tutte le tende possibili a ballare e ballare, la prendo vicina e le do un bacio lungo e bellissimo, che mi gira tutto il mondo attorno. Poi continuiamo a ballare e passano i minuti ed è veramente tardissimo quando sentiamo dei botti e ci guardiamo intorno e vediamo sui megaschermi che è tutto finito e stavolta per davvero. Così prendo per mano Irina e con tutti gli altri andiamo verso la navetta e nonostante la stanchezza i miei piedi reggono ancora e sto bene e mentre passeggiamo le accarezzo il sedere e ogni tanto mi giro e le do un bacio profondo e attorno a noi vediamo come in un film surreale scene di tutti i tipi, fra gente che ancora cerca compratori di pills e altri inglesi completamente sbronzi che fanno le cazzate e si rotolano nei prati e i punkabbestia che stazionano come al solito a fianco della strada a vendere ancora le loro cianfrusaglie e le loro birre ormai calde. Questa mattina ha il sapore della fine ma ha anche l’oro in bocca e lo si vede dai colori del mondo attorno. Poi arriva la navetta e siamo in tantissimi, veramente stipati come sardine in una scatola, e beh, insomma, causa spazio mancante mi tocca stare tutto avvinghiato alla mia mora epperò non mi dispiace, no no. Così arriviamo e a Pus gli si incastra il piede nella porta automatica ed è tutto un gran vociare perchè nessuno di noi è lucido e vogliamo ancora far casino perchè non ci crediamo che sia già tutto finito, con la gente che già parte verso casa con gli zaini in spalla e il braccialetto ancora legato al polso. Beh, allora tutti vanno a dormire e io e Irina invece ci mettiamo dietro la tenda a stare assieme e così le alzo la gonna e le annuso le sue bellissime mutandine rosa e poi baci baci baci e ancora baci e alla fine, mio caro diario, ci addormentiamo assieme, con la sua testa scaraventata sulla mia e la mia mano che la stringe e ogni tanto le pizzica i capezzoli, che resistere non so.

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Festival International de Benicàssim, Spagna - 4-9 agosto 2005
Il diario personalissimo di Carlo Pastore

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L'articolo FIB 2005 - Un personalissimo diario [5] di Carlo Pastore è apparso su Rockit.it il 2005-08-27 00:00:00

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