Nato nel 2002 tra le pietre bianche della Puglia e trapiantato a Firenze, Tiziano Parente in arte è l'Agenda dei buoni propositi. Ci porta nel suo laboratorio interiore, dove la sperimentazione è un atto di fede. Tra linee di basso rubate ai Led Zeppelin, poesie sfigurate da effetti elettronici e l’ombra lunga di Ellen West, la figura tragica che abita il suo album, Prima Danza, come una presenza da ascoltare in apnea.
Tra studi di psicologia, campionatori portatili e live improvvisati in lingue sconosciute, Parente ci accompagna nel viaggio nella vita di West. Un caso clinico storico, raccontato attraverso le poesie della donna con cui ci si immerge nella sua vita psicologica.
Come ti sei formato a livello artistico?
Sono cresciuto ascoltando Bill Evans in macchina e guardando mio padre suonare tutti i pomeriggi, da lì a poco mi è venuto naturale iniziare a studiare musica, approcciandomi prima al pianoforte e poi alla chitarra, strumento che ho suonato per più di 12 anni. Ascoltando le linee di John Paul Jones mi sono innamorato del basso. Durante la mia adolescenza ho ascoltato principalmente metal e progressive rock, generi che ho successivamente abbandonato all’università, quando mi sono avvicinato al cantautorato italiano e all’elettronica internazionale. In questo periodo, tra Anima Latina e Falaise dei Floating Points, ho scoperto artisti italiani che mi hanno stravolto, primo tra questi IOSONOUNCANE. Con IRA è cambiato il mio modo di ascoltare, creando delle vere e proprie sessioni di ascolto con i miei coinquilini, analizzando ogni piccolo dettaglio del lavoro, lasciando, grandissimo spazio all’aspetto emotivo suscitato dalle 17 tracce. Prima di questo periodo mi ero avvicinato al mondo dei sintetizzatori e dei campionatori, al processo di sintesi del suono e della possibilità di poter campionare suoni della realtà a me circostanti che sarebbero potuti essere modificati in maniera massiccia; ascoltare gruppi come Radiohead, Atoms For Peace, Massive Attacks e, appunto, IOSONOUNCANE, ha semplicemente rafforzato questo interesse.
Con chi collabori?
Il progetto Agenda dei buoni propositi nasce come progetto solista. Dopo aver preso parte a diversi gruppi, ho sentito il bisogno di maggiore indipendenza, elemento permesso in primo luogo dal Roland sp 404 mk2, un campionatore molto intuitivo e utilizzabile in infiniti modi, ci si possono caricare percussioni, loop registrati in precedenza e addirittura collegare direttamente un microfono o un qualsiasi altro strumento ai quali sono applicabili numerosi effetti. Successivamente ho acquistato il mio primissimo synth (Microfreak-Arturia) potendo così dare vita al mio primo piccolo set con il quale mi interfacciavo per la prima volta su Ableton.
Dopo anni di prove, demo e versioni scartate, avevo un quantitativo di diverse ore su cui lavorare. Insieme a Michele Lai abbiamo dato una direzione a brani che all’inizio potevano sembrare un’accozzaglia di “rumori” con frasi ripetute all’infinito, in maniera ossessiva. Mi sono trasferito per poco più di un mese a Pisa, subito dopo essermi laureato, perché ero deciso a voler finire questo lavoro. In questo periodo abbiamo registrato, campionato e ridefinito ore e ore di materiale, fino a che non siamo arrivati al risultato finale. Ellen West è l’unico brano aggiunto successivamente, l’ho scritto in pochissime ore, solo con il campionatore un microfono e diversi campioni già presenti all’interno dello strumento; rumori, voci, registrazioni passate, il risultato è un brano senza alcun tipo di struttura, solo rumori, distorti e non, che raccontano la vera essenza della protagonista alla quale il disco è completamente
dedicato.
Come definiresti la tua musica?
Prima Danza è un album che porta con sé diverse influenze e di conseguenza diversi generi musicali. Non sono mai stato un grande fan del modo in cui vengono etichettatə artistə e progetti musicali, credo che questo incaselli forzatamente un qualcosa di molto più complesso e libero, un qualcosa che non debba necessariamente seguire le leggi del mercato musicale. Prima Danza ha sicuramente influenze elettroniche, lasciando però spazio a molto altro. Molti etichettano il mio lavoro come elettronico-sperimentale, sono sempre stato affascinato da quest’ultima parola. Sperimentare mi ha sempre divertito, anche se non sono sicuro cosa effettivamente voglia dire, e penso sia giusto così (e anche più divertente).
Quali sono i tuoi ascolti?
Come ho scritto precedentemente, il mio principale riferimento è Jacopo Incani, accompagnato da Thom Yorke, Mai Mai Mai, James Blake e ne avrei tanti altri da citare. Con il tempo i miei ascolti hanno subito una trasformazione, e sono molto contento di questo. Sono stato fermo sugli stessi album per tanti anni e questo ha sicuramente impattato sul modus operandi con il quale mi sono approcciato alla stesura dei brani.
Non penso di ispirarmi a nessuno, a un orecchio attento le influenze sono palesi, suoni specifici di synth, ritmica, utilizzo della voce e così via, però sono felicissimo quando queste vengono individuate da chi si interfaccia a me dopo uno o due ascolti del disco, il mio obiettivo era anche fermare nel tempo tutto questo, ogni vinile ascoltato con la gioia negli occhi, ogni nuovo brano scoperto per puro caso, in Prima Danza mi ci voglio riconoscere quando magari lo riascolterò tra un bel po’ di anni.
Come è nato il disco dedicato a Ellen West?
L’album nasce con un’unica necessità: raccontare la storia di Ellen West. Subito dopo aver letto Il caso di Ellen West, ho iniziato subito a scrivere qualche testo riprendendo alcune frasi di poesie composte dalla stessa paziente in cura dallo psichiatra Binswanger, iniziando a concentrami su di un arrangiamento per sola voce e chitarra, spostandomi pian piano su strumenti sia analogici che digitali. Il primo brano al quale mi sono interfacciato è stato, paradossalmente, Biografia, l’unico brano che non si concentra sulla figura di Ellen West ma nel quale ho potuto raccontare me stesso. Il disco è diviso dunque in due parti: nella prima parte il punto focale è la storia di Ellen West, quest’ultima viene narrata in diversi modi: facendo le veci del marito che, un mese dopo la sua morte (4 Maggio), racconta il passato della sua defunta moglie, tramite poesie scritte dalla stessa Ellen, attraverso le quali raccontava il suo mondo intrapsichico. Le poesie sono state tradotte e stravolte, il loro significato è stato demolito e completamente rivisitato, alcune parole sono state distrutte, lacerate, censurate tramite stratagemmi di natura elettronica, come lo scatter, effetto a me tanto caro e presente proprio nel campionatore. Ho
immaginato la difficoltà nel poter dire determinate cose ad alta voce, accettarle, farle proprie, non tutti hanno questo coraggio, e forse neanche Ellen West lo avrebbe avuto. La censura, in questo caso, corrisponde a una mancanza di coraggio nell’affermare qualcosa, qualcosa di inconscio, qualcosa che, alla fine, ha portato al suicidio e che ci permette di etichettare il caso di Ellen West come caso di fallimento terapeutico.
C'è un live che ti è rimasto impresso?
Cerco di cambiare il più possibile i brani ogni qualvolta che vengono riproposti in live. Ci sono però determinati suoni che devono necessariamente rimanere tali, che caratterizzano così tanto il brano che sarebbe per me impensabile mutarli, agendo così direttamente sulla natura del brano stesso. Nei live prima dell’uscita di Prima Danza, mi ricordo che Antonio Conte (direttore artistico di Dischi Uappissimi) mi disse che non potevo portare più di due brani del disco, per non “rovinare la sorpresa”. Risi di gusto. Tornando a casa però pensavo che avrei dovuto suonare per 45/50 minuti, e avevo materiale per circa 10 minuti di concerto. Il giorno stesso mi misi ad improvvisare un po’, mi era appena arrivato il Kaoss Pad, strumento incredibile. Il giorno dopo riuscì a suonare per 50 minuti brani che ad oggi fanno parte del set live, brani che abbiamo portato addirittura a Belgrado al Changeover Festival, uno dei miei primissimi live in assoluto. Quella sera suonai per due volte, in due posti diversi davanti ad un pubblico che non capiva una parola di italiano. Tra il pubblico c’era chi urlava, chi si dimenava, chi si emozionava; non dimenticherò quando un gruppo di ragazzi mi fermò e mi disse: “Thank you”.
Progetti futuri?
Non ho ancora dei progetti futuri, devo ancora metabolizzare tutto quello che sta succedendo. Non mi aspettavo questo tipo di risposta, mi stanno arrivando molti messaggi da parte di chi ha ascoltato Prima Danza, molti di questi mi hanno fatto emozionare. Sono davvero contento che un progetto che avevo in cantiere da più di 3 anni stia finalmente vedendo la luce. L’obiettivo è suonare il più possibile, portare questa storia in più posti possibile, conoscere nuove persone, la loro storia. Per tutto questo devo ringraziare nuovamente Antonio Conte che ha permesso tutto questo e approfitto di questo spazio per ringraziare tutti coloro che hanno partecipato a questo progetto e che mi hanno dato una mano.
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L'articolo L'analista sull'Agenda dei buoni propositi di Redazione è apparso su Rockit.it il 2025-06-04 10:46:00
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