Auroro Borealo: “Ho tolto la musica da Spotify: so a cosa rinuncio, ma la musica non può essere per la guerra”

Auroro ha fatto una scelta drastica: togliere tutta la sua musica dalla piattaforma streaming dopo aver saputo che il suo CEO ha investito in armi. Ecco come ha fatto, a quanti soldi rinuncia e cosa spera che accada ora nel mondo della musica

Auroro a MI AMI 2025 - foto di Pippo Moscati
Auroro a MI AMI 2025 - foto di Pippo Moscati

La notizia dell’ingente investimento di 600 milioni di euro fatto dal CEO di Spotify Daniel Ek a Helsing, azienda di tecnologia militare, ha iniziato ad avere qualche ripercussione nel mondo musicale. Negli Stati Uniti la band Deerhoof ha annunciato l’intenzione di togliere tutta la musica del proprio catalogo dalla piattaforma. Nel frattempo, qualcuno dalle nostre parti lo ha già fatto: Auroro Borealo, che ha spiegato la sua decisione con un comunicato pubblicato su Instagram. “Non mi è mai importato di guadagnare pochi millesimi di euro da ogni stream, ma quando gli introiti della mia musica vengono impiegati nel mercato delle armi, la questione diventa per me eticamente insostenibile”, spiega all’interno del post, che nel giro di qualche ora ha  raccolto centinaia di commenti e condivisioni.

Se Auroro sarà solo il primo di una schiera di musicisti a prendere le distanze da Spotify ancora non è chiaro, anche perché lui si trova in una situazione particolare: in qualità di indipendente con una propria casa discografica, Talento, ha il possesso dei propri master, il che gli permette un controllo pressoché totale e una libertà di movimento sulla propria musica che altri non possono avere, visto che possono esserci contratti discografici con label anche grosse di mezzo. In ogni caso è un gesto netto e chiaro che sta facendo parlare parecchio. L’abbiamo sentito, in quella che è per ora l’unica intervista che ha deciso di concedere su questo tema.

 
 
 
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Quante canzoni hai tolto da Spotify finora?

Per ora una settantina. In totale saranno più di un centinaio i brani che intendo tirare giù. Per i brani in cui sono ospite, che non ho caricato io, o dove non sono l'unico primary artist, ci sono delle procedure un pochino più complicate. Posso chiedere di far rimuovere il mio tag come artista, ma non posso chiedere di rimuovere il brano. A oggi alcuni brani sono ancora su, e di fatto la mia pagina artista risulta popolata soprattutto da featuring e brani con altri artisti.

Operativamente come si fa a togliere la musica da Spotify? 

Nel mio caso ne ho parlato con il mio management, abbiamo valutato la questione, abbiamo fatto una stima di quali potevano essere le potenziali criticità, un calcolo dei soldi e della visibilità cui avrei rinunciato. Una volta deciso, visto che sono proprietario di tutti i miei master, ho scritto al distributore e gli ho manifestato la mia intenzione. Ci sono voluti tre giorni lavorativi per il takedown. Martedì, dalle 13, la musica ha cominciato ad andare giù dalle piattaforme.

Ci sono casi simili al tuo che tu sappia?

Tra le persone con un minimo di volume sono il primo, a quanto pare, in Italia. In America ci sono i Deerhoof che l'hanno annunciato, ma i brani sono ancora online.

Auroro a MI AMI 2019 - foto di Silvia Violante Rouge
Auroro a MI AMI 2019 - foto di Silvia Violante Rouge

Com’è stato accolto il tuo annuncio dagli altri artisti?

Tra chi è più o meno al mio livello, quindi nella “nicchia” indipendente, c’è stato praticamente un suffragio universale: tutti quanti hanno supportato la mia scelta. Molti mi hanno scritto interessati a sapere come si fa. Come prevedibile, da artisti più grandi, più blasonati, più seguiti e con più ascolti è arrivato giusto qualche like al post e poche ricondivisioni. Tieni conto che in questo momento il post di annuncio ha superato le 600mila visualizzazioni.

Che dibattito vorresti si aprisse?

Anzitutto vorrei si aprisse un dibattito, dai commenti mi pare che un po’ stia avvenendo per cui sono fiducioso.

Molti dicono di non essere nella posizione per fare una simile mossa. 

Ho fatto questa scelta anche un po’ con l'intento di mettere in discussione la questione degli anticipi sulle royalties e sui master. Sento gli artisti che dicono: "Però io non sono proprietario del master". Legittimo, magari è la volta buona per ripensare a questo sistema e prendere decisioni diverse in futuro. Non vendere i master, magari. Oppure i master si possono anche riacquistare. O banalmente fare un tentativo. Scrivere alla tua etichetta e dire: "Guarda, non sono d’accordo su questa cosa, come possiamo fare per farlo in maniera più etica?". Ecco, volevo far partire un seme di discussione. Questo per me era la cosa importante.

C’è qualcuno che non ha preso bene questa tua decisione?

Capisco che ci possano essere degli artisti che si sentano chiamati in causa, ma anche addetti ai lavori. Capisco se questa decisione magari può mettere a disagio qualcuno e far dire: “Ha fatto questa roba perché se la può permettere”. Sì, la posso fare, e infatti l’ho fatta. E faccio sì che anche altri debbano per lo meno valutare se mettersi in gioco. 

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Per te è stata una decisione semplice?

Io sono un privilegiato, mi sono potuto permettere di fare questa scelta perché la mia attività è su più livelli, su più piattaforme e soprattutto tocca vari ambiti: ho Libri Brutti, ho Orrore a 33 Giri, ho i DJ set, ho la musica dal vivo, ho un pubblico che mi segue per le diverse cose che faccio. Ma le rinunce ci sono state. 

Quali sono?

Ho letto qualche commento negativo del tipo: "Ma sì, tanto sono due spicci, chi ti si incula". Vero (ride, ndr), però oggi rinuncio a una cifra che sta tra i 3mila e i 5mila euro all’anno. Poco per altri, non per me. Sull'economia della mia attività da indipendente totale, questa cifra impatta eccome perché erano più o meno i soldi che mi servivano per produrre il disco successivo. 

E poi c’è il tema della visibilità. Per come è fatto il mercato italiano, se non sei su Spotify non ti ascolta pressoché nessuno. 

Facendo una stima di massima, rinuncio a qualcosa come 100mila persone all’anno di media che mi avrebbero potuto scoprire tramite l’algoritmo, con la Discover Weekly (dove per esempio Gli occhi del mio ex ha fatto numeri notevoli) o nelle playlist della radio di Spotify. Queste persone, magari, sono poi quelle che vengono ai miei live, comprano il merch. Rinunciare a questa fonte di visibilità in un Paese “monopolista” come l’Italia non è certo una scelta che si possa fare a cuor leggero.

Auroro a MI AMI 2023 - foto di Mirko Pirisi
Auroro a MI AMI 2023 - foto di Mirko Pirisi

Veniano alle critiche che ti sono avanzate. La prima: te ne vai da Spotify e annunci il tutto su una piattaforma di Meta.

Rispondo che anzitutto da qualche parte bisogna cominciare. Facciamo un passo alla volta. Io sto da sempre nel mondo della musica e provo a fare la differenza nel mio piccolo in questo ambito. E poi questa roba di Daniel Ek la trovo abnorme perché un conto è una piattaforma social come Meta, o una piattaforma di vendita come Amazon, o una piattaforma  tecnologica come Apple, tutte aziende il cui core non è solo la musica. Ma storicamente e a livello culturale il mondo della musica è sempre stato lontano, se non contrario, alla guerra, ha sempre divulgato messaggi di pace. È per questo che mi colpisce così tanto che il fondatore e l’amministratore delegato di Spotify – che non è l’azienda, ma ha un peso enorme in quello che in essa succede – faccia un investimento simile. Il boss di un’azienda nata con l’intento di far scoprire la musica, di diffondere la musica, che ora finanzia chi produce droni militari: per me questa cosa è inaccettabile.

C’è anche chi dice: “L’azienda finanziata fornisce armi all’Ucraina, sei favorevole a Putin”.

Il punto per me è che chi crede nella musica – e il fondatore di Spotify dovrebbe essere tra questi – deve credere anche nella pace. Investire in ospedali e scuole, non nei droni militari.

Su Spotify pubblichi anche un podcast, Libri Brutti. Per quello come ti muoverai?

Non sono l’unica persona coinvolta in quel progetto. Mi sono confrontato con le altre persone interessate e abbiamo deciso di aspettare la fine della stagione e vedere come si evolve. Anche perché ci sono degli accordi che vanno rispettati. Dopodiché vedremo che cosa fare, lo valuterò insieme agli altri. In caso dovessimo decidere di procedere al takedown basterebbe un solo clic, per come è strutturata la distribuzione della piattaforma.

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Con gli altri artisti della tua etichetta Talento cosa intendi fare?

Mi sono permesso di scrivere a tutti e dire: “Io ho fatto questo. Chiunque voglia seguirmi, è ben accetto”. Ma ovviamente capiremmo benissimo chi volesse restare su Spotify, sapendo quanto è difficile emergere nel mondo indipendente e quanto sia importante lo strumento di discoverability di Spotify. Supporteremo ogni scelta dei nostri artisti. 

Quali sono le alternative migliori a Spotify?

Come detto togliersi da Spotify è come togliersi da una specie di monopolio, in questo momento. La mia musica è disponibile su tutte le altre piattaforme e su Bandcamp, il “luogo” che preferisco per la mia musica. A chi mi chiede quale può essere l’alternativa migliore da ascoltatore a oggi dico Tidal, in attesa di fare delle ricerche un po’ più approfondite.

Punterai sul disco fisico?

Io di uscite fisiche ne ho solo due, e non sono neanche le principali. Ma se investissi su quel formato oggi sono convinto che supererei serenamente le cifre che mi garantiva il digitale.. Sicuramente mi sposterò molto di più sul fisico perché, pensando alla quantità di concerti e di eventi che faccio, questo modello (pur nella convinzione che in un sistema virtuoso dovrebbero coesistere) potrebbe essere sostenibile. Certo, questo vale per me che avevo 20mila ascoltatori mensili su Spotify e una media di 50 eventi dal vivo all'anno. Non vale per tutti. Ognuno poi dovrebbe farsi i suoi ragionamenti. Ma nemmeno troppo, se una scelta è etica non ci sono troppi calcoli da fare.

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L'articolo Auroro Borealo: “Ho tolto la musica da Spotify: so a cosa rinuncio, ma la musica non può essere per la guerra” di Redazione è apparso su Rockit.it il 2025-07-02 17:45:00

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