I Bachi da Pietra e il Mini Pony che vola solo se lo paghi

Abbiamo intervistato Giovanni Succi sul futuro della sua band e lui ci ha parlato della sua attività su Patreon, del pubblico dei social e dell'Italia in loop da una vita, con la consueta sincerità disarmante

I Bachi da Pietra, foto di Beatriçe Gjergji
I Bachi da Pietra, foto di Beatriçe Gjergji

Tante vite hanno vissuto i Bachi da Pietra, tante altre Bruno Dorella e Giovanni Succi. Verrebbe da dire: fin troppo giovani per così tanta vita. Ora, come spesso avviene sui giornali, ci attacchiamo a un pretesto di attualità. Oddio, pretesto mica tanto. Dopo sei anni di silenzio tornano i Bachi da Pietra. Il nuovo singolo, Comincia Adesso, uscito il weekend scorso come apripista di un album, Reset, in arrivo il 7 maggio, è un racconto sciolto che viaggia indietro di qualche decennio tra la via del indie nostrano e la vecchia scuola hip-hop, Bologna e San Francisco. Per i due Bachi un passo importante, visto che segna l'ingresso di molte novità in una famiglia che per lungo tempo è stata bunkerata intorno a quattro o cinque capisaldi che credevamo inattaccabili.

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E poi c'è l'ineluttabile adesso. Ossia questo tempo pandemico che evidentemente ci ha preso gusto, indicando la via dei social a una persona come Succi che, a occhio e croce, credevamo essere il meno socievole degli astanti, e lo ha fatto da Dio. Obbligatorio quindi per noi un incontro con Giovanni, che vada a scavare cercando di non prenderle (“Ho ucciso per molto meno ma cercherò di fare un'eccezione”, ironizza lui), per farci raccontare cosa è successo, cosa succede e, magari, cosa succederà nella sua vita, in quella dei Bachi da Pietra e, per forza di cose, visto che siamo stati tra i primi ad accorgerci della loro potenza, nella nostra.

Ne è uscito fuori il ritratto di un artista ancora affascinante e atipico che vive (da sempre) per contrasti: concreto e idealista, tenace e disilluso, poetico e pratico, sardonico e sognatore. A tratti sembra di avere davanti, più che l'omone burbero che si palesa sulle foto promozionali, un René Ferretti (con tanto di pesci che gli parlano e lo guidano) laddove in comune al regista di Boris ha un grande rispetto per il suo lavoro e un'onestà intellettuale a tratti ultraterrena, dimostrandosi così un uomo dal talento fine, amante della ricerca, con una visione di insieme mai banale e un temperamento artistico a dir poco incontenibile.

 

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Nuovo disco, nuova etichetta e formazione: vuoi parlarci della genesi che ha portato a Reset?

E anche un nuovo booking con Locusta. Un bel RESET dà una botta di vita.

Sinceramente come ho letto che uscivate per Garrincha sono rimasto un filino perplesso, visto che nell'immaginario collettivo Garrincha = Lo Stato Sociale.

Il disco era pronto da un anno e in Garrincha è piaciuto così com’era, copertina compresa. Dal primo libro della Genesi inciso dai vermi sul basalto leggo questo: per circa 12 anni siamo stati in due con due strumenti, ci abbiamo fatto 6 album tutti diversi, 3 ep, un live e innumerevoli concerti senza aggiunta di elementi sul palco, passando dal blues primordiale al thrash metal, senza essere mai catalogabili se non come noi stessi. Direi che Succi e Dorella per essere insetti, l’impossibile lo hanno fatto e qualcuno se ne è accorto. Però comincia adesso. Si è aggiunto un terzo insetto bello fresco, Marcello Batelli (Non Voglio Che Clara, Il Teatro degli Orrori), con altre due antenne e un sacco di arti. E' tutto grasso che cola. Abbiamo un nuovo piano per la conquista dell’universo.

Reset, con una miniatura medievale. Oltre il percorso personale, pensate che siamo arrivati al capolinea e si può o si deve solo ricominciare tutto daccapo? Io l'ho già ribattezzato "Resert", come ennesimo tentativo per disintossicarsi da troppa plastica intorno.

La plastica c’è perché la plastica piace. Per il resto, è sempre la fine ed è sempre l’inizio, l’ho visto nella boccia dei pesci. Sarà lì dentro che il destino mi fa di certi scherzi, che quando scrivo le canzoni e penso ai titoli dei dischi, poi a distanza di anni, sembrano sempre cuciti sul presente. Riascoltati Non Io, scritta nel 2006 parla di oggi; o Servo del 2008 o Io lo Vuole del 2012.  Li ho estratti dalla sfera dei pesci. Pensa che scrivevo Reset pensando ai Bachi tra il 2017 e il 2019 quando ero felicemente in tour coi Succi, assieme Tristan Martinelli, Giovanni Stimamiglio e un altro, eppure il mondo non era perfetto già allora. Eravamo già trogloditi con gli smartphone, non ci vuole un genio a prevedere come andranno le cose. In Italia poi, figurati, è tutto talmente in loop, a schema fisso ricorrente, che non me ne farei un vanto.

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Comincia Adesso ha un incedere nel cantato quasi rap il che non è proprio una novità. Volete seguire lo spirito dei tempi o riappropriarvi della musica nera in senso originale, primitivo?

Nei Bachi Da Pietra c’è tanto rap fin dall’inizio e perfino Black Metal il Mio Folk è un rap - scritto prima del Bataclan, sempre grazie alla boccia. Da cent’anni, musicalmente parlando, stiamo tutti facendo del blues mascherato da altro. Con alcune differenze evidenti. Ad esempio, i rapper hanno le catene al collo, io no. E prima del blues c’era già la parola, con suono e ritmo la gente ci giocava già da un sacco di tempo. La chiamavano poesia, termine talmente logoro che non lo sopporto più. Detto questo, io sono un vecchio ladro e mi approprio di tutto, come gli umani dal tempo dei babilonesi. Nel Medioevo i siciliani copiano i provenzali, i toscani copiano i siciliani, Dante copia tutti ma rilancia sempre, osando più di chiunque altro, e guarda dove arriva, ne parliamo ancora oggi. A proposito: magari appena riaprono le gabbie, chiamatemi che vi racconto “L’Arte del Selfie Nel Medioevo”, fate un atto caritatevole verso voi stessi. Come vedi ognuno fa suo ciò che mastica e poi lo espelle e io sono ognuno.

Nella vostra discografia c'è un solo capitolo iconograficamente “rock”: Quintale. Foto vostra in bianco e nero, nome bianco, titolo rosso, a me ricorda molto A Sangue Freddo de Il Teatro degli Orrori uscito proprio lo stesso anno. Tutto il resto è minimale e spoglio.

Minimale anche la copertina di Tornare Nella Terra, con scritte di sperma su ritagli barocchi, busto di armigero, acaro gigante e una foto di Venezia, il tutto mischiato in copertina? Te lo chiedo perché fu opera mia, e credevo di aver infranto il cliché del minimalismo da gruppo di “ricerca del già trovato”.

Beh, non conoscendone tecnica e soggetti il risultato finale sì, appare sempre sul minimal-concettuale andante direi. Ma non è su quello che volevo soffermarmi: per Quintale ci fu una volontà, conscia o no, di uscire dalla nicchia verso un pubblico rock più ampiamente inteso?

Nella nicchia ti ci ficca l’orecchio di chi ascolta, influenzato anche dall’attenzione che ti riserva chi gli racconta la tua storia. Se dice che hai la nicchia troppo piccola, non è un grande inizio. In Italia vince la forma, mai la sostanza. Il contesto fa la misura dell’artista. Metti un Paganini in metropolitana e gli butti la moneta. Metti i Rolling Stones in birreria e te li caghi di spalle. Quando Manuel Agnelli arrivò a X Factor, il coro unanime fu “chi cazzo è questo”. Conta che suonava in giro da trent’anni, aveva fatto Sanremo ed era già stato in copertina svariate volte, di cui una vestito da Cristo. Capisci che per molto meno, non esisti del tutto. Ti ricordo che per la Rai erano di nicchia i Beatles e sicuramente lo è Vasco Rossi ad oggi per qualche blasonato musicologo. Quanto a noi, il pubblico lo abbiamo sempre cercato, se no restavamo in cantina. Però lo cerchiamo per fargli sentire le nostre idee, non le sue, e questo forse è un po’ offensivo. Lede il diritto di ‘sto cazzo. Ma ti ricordi di quella volta che provammo a entrare nelle grazie del pubblico metal con Necroide? Gli insetti cercano sempre un’altra strada per entrarti in casa. Comunque sì: facciamo rock, un genere di nicchia e in quella nicchia siamo una miniatura. Ma lo siamo ai vostri occhi. Noi ci vediamo belli grossi. Perciò continueremo.

Dalla trackist leggo che una canzone si intitola Il Rock è Morto. Oserei dire tempismo perfetto, ora che tutti dicono che i Måneskin l'hanno salvato!

Il tempismo è perfetto perché non c’è tempismo. Sono molto felice per i Måneskin e per il loro risultato. Ho una mia teoria su tutta questa storia e sì, la racconto giusto in quel pezzo. Se vi va, quando sarà giunto il momento, potrete ascoltarlo.

E Ciao Pubblico? Nulla a che vedere con la situazione attuale quindi?

Ripeto: zero. La situazione è “attuale” da anni. O almeno io la vedo così nella mia sfera di cristallo. C'erano due pesci. Son volati via e ho tenuto la boccia. Come ti ho detto, è lì che vedo come stanno le cose. Sentirete e capirete.

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In una tua passata intervista ho letto del tuo amore per Re-Actor di Neil Young. Sei anche tu un amante/ricercatore di quei dischi minori, magari distrutti dalla critica, che invece erano solo così avanti da non essere capiti? Ti va di farmi una Top 5  dei dischi più sottovalutati di sempre per te?

Ho formato i miei gusti senza l’ausilio della critica, quindi amo un sacco di dischi imbarazzanti, tutti sfigati. Sai un giorno mi sveglio rocker e un giorno mi sveglio rapper. Da rapper sono un po’ autoreferenziale. Oggi quindi ti direi: NON IO, Bachi Da Pietra; QUARZO, Bachi Da Pietra; TARLO TERZO, Bachi Da Pietra; NECROIDE, Bachi Da Pietra; TORNARE NELLA TERRA, Bachi Da Pietra. Secondo te che giorno è oggi? 

Capito. Mi ha molto incuriosito/affascinato, come son cominciate le restrizioni l'anno scorso, il tuo uso di Patreon, che fino ad allora credevo a solo appannaggio di ragazze con velleità esibizioniste. Da allora hai dedicato ogni mese a un autore, con letture, mix, musiche...  

Nata come rimedio omeopatico al suicidio. Dopo due mesi di lockdown, l’anno scorso di questi tempi (identici), nella boccia lampeggiava questa scritta: “Sei un artista? Muovi il culo e inventa qualcosa”. Ho cominciato a ravanare nella criptonite dei social, cercando un modo per alzare un euro producendo contenuti, si dice così. Ho trovato i podcast e questo Patreon e me li sono studiati. Ho aperto FUORI DI TESTO, un locale virtuale, o un circo se preferisci, dove entri con un abbonamento mensile dai 5€ in su. Faccio i miei reading dedicati ogni mese ad autori diversi sfornando pezzi: te li racconto, te li leggo, te li suono, te li bevo associandoli a un vino. In modo informale ti presento gli amici. Puoi entrare e uscire, cambiare livello. C’è dentro un pubblico fisso da dieci mesi, e lo ringrazio profondamente, il che è davvero strano visto che non spedisco mutande usate.

Ma quindi io entro, mi siedo, prendo da bere e posso sentire parlare di?

Sono passati Sanguineti, Cattaneo, Balestra, Kafka con un artista della fame che guarda caso porta il mio nome, Caproni, Gozzano, Leopardi, l’Aretino a Capodanno, con una festa porno-rinascimentale V.M. 21, in cui tutti gli iscritti hanno partecipato attivamente! Mi mandavano WhatsApp molto spinti, li ho montati in una suite di 16 minuti. E poi mix a base di sesso hard-core tutta la notte. Insomma, non ci facciamo mancare niente, il 2020 è stato un bel capodanno. Era chiaro che bisognava rifarlo ogni mese: aprire le collaborazioni, invitare chi lo desidera alla realizzazione del format, ed è così che si è evoluto, con la partecipazione attiva di che entra nel locale.

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Lo scorso febbraio hai proposto di partecipare attivamente ai tuoi iscritti a un tributo a Gianrico Bezzato e ai suoi Knot Toulouse, com'è nata la cosa?

Un pubblico extra-social non credo esista al momento, o io non so dove sia, è tutto sui social e vorrebbe godersi spettacoli gratis da lì, in perfetta noia, tra gatti indignati dalla cazzata del giorno e cantanti coccolosi che fanno MIAO e un miliardo di saltimbanchi e ballerine, tutte pimpanti e stupende, che spenderesti una vita a guardarle. Ma poi crepi e non hai fatto un cazzo. E' come se ci fosse un lockdown permanente dentro ai social, da molto prima della pandemia, non è facile stanare la gente da lì e portala al di fuori. Io uso per lavoro Instagram e Facebook, probabilmente i miei “amici” si aspettano che il capocomico monti l’ambaradan del circo ogni giorno in piazza Zuckerberg. Lo farei anche “amici”, se non dovessi dare da mangiare alle bestie. E' brutale ma le cose stanno così: o sganciate almeno 5€ all’ingresso o il povero mini-pony azzurro, coi suoi occhioni e le ali variopinte, morirà con dolore nella putredine. Uscite una volta dai social, entrate in Patreon (assurdo, ma almeno mi paga) e fate finta di ordinare uno shot di vodka del discount una volta al mese. Ed ecco che il mini-pony vola.

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Ho anche sentito la collaborazione con Simona Gretchen e mi ha riempito come non succedeva da tempo, quale sono state le altre collaborazioni, vedranno mai la luce per un pubblico extra social?

Beh, perché quando il mini-pony vola, vola e vi presenta roba che vale. Ultimo atto: i Knot Toulouse. “E chi cazzo sono?”. Appunto. Ho dedicato la puntata di febbraio a Il Maltese, una fanzine letteraria fondata da Marco Drago e dal sottoscritto nel 1989 in una birreria su una collina in provincia di Asti, dove suonavano i Knot Toulouse di Gianrico Bezzato, il più talentuoso e sconosciuto songwriter di rock-folk inglese mai nato in Italia. Lo ascolti e te ne innamori, c’è poco da fare. Tra gli iscritti ci sono fior di musicisti che hanno realizzato cover incredibili di pezzi che hanno la potenza degli standard senza tempo. Vi racconto tutta la storia, per filo e per segno e c’entrano pure i Bachi Da Pietra. Ma il merito a questo giro è tutto dei miei Patreon: io ho fatto da miccia, Gianrico Bezzato è la dinamite e loro ci hanno messo il fuoco dell’inferno.

Quindi possiamo dire che sei diventato a tutti gli effetti un animale social?

Escludi Bandcamp, Patreon e simili che guadagnano se io guadagno, il che mi sta bene. Per il resto, nella vita io scrivo e suono meglio che posso e in un mondo perfetto il mio mestiere finisce lì. Diversamente, mi faccio l’account ed entro col cappello in mano dove sta la gente 24 ore al giorno: sui social. Lo farei se non fosse necessario? No, e non per snobismo. Il mio mestiere non è attizzare gratis gli algoritmi di Facebook (beghe, sfoghi, astio, merda, verità e gattini), quindi mi limito a far luccicare un po’ la trombetta del capocomico, sperando di portare qualcuno a vedere il mio circo. Provo anch’io - come un milione di altri meritevoli ogni giorno - ad attrarre attenzione sulle mie mozzarelle, cercando di non rompere il cazzo al resto del mondo, che è lì per concedersi la meritata riconferma di tutto quello che sa già. Non ho altro modo per farlo. Quindi, eventualmente, se vi piaccio o se mi amate, venite ad amarmi dove sento che mi amate davvero. Diversamente ringrazio commosso, fate pure, cliccatemi tutto, ma non raggiungo l’orgasmo.

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L'articolo I Bachi da Pietra e il Mini Pony che vola solo se lo paghi di giorgiomoltisanti è apparso su Rockit.it il 2021-03-25 10:59:00

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