Bianco - La felicità è una cosa facile, se sai riconoscerla

In questa intervista Bianco ci racconta "Guardare per aria"

"Guardare per aria" è il nuovo disco di Bianco, caratterizzato da melodie solari e testi che invitano, appunto, a guardare per aria e non a terra. In questa intervista ci racconta da dove arriva tutto il suo ottimismo e come si rapporta alla scena cantautorale italiana: un ambiente non sempre gentile, dice, ma ricco di idee fervide.

Vorrei partire da un verso che mi sembra il riassunto del disco se non addirittura del “Bianco pensiero”: “Meglio guardare per aria che a terra”.
Sì, credo che sia meglio guardare per aria che a terra, nel senso che avere lo sguardo in su permette di rendersi conto delle cose che abbiamo davanti agli occhi e di cui magari non ci accorgiamo perché siamo troppo concentrati a capire dove stiamo andando, senza lasciarci andare; siamo troppo impegnati a guardare la strada, o il cellulare, comunque con lo sguardo sempre rivolto in basso. Mentre se si guarda in aria l'orizzonte e le cose si allontanano e quindi c'è molto più spazio per pensare.

L'aria è decisamente l'elemento dominante dell'album. Se ti chiedessi invece di dirmi delle canzoni di terra, di fuoco o di acqua?
Direi che canzoni come “Corri corri”, che affrontano tematiche più “pratiche” sono forse canzoni di terra, mentre “Aeroplano”, “Le stelle di giorno”, “Filo d'erba” sono quelle più di aria. Di fuoco non saprei, forse “Le dimensioni contano”, che è una canzone più passionale.

“Le dimensioni contano” è anche piuttosto diversa dalle altre, anche un po' estranea al tuo mondo e vogliamo, con questa ironia quasi grezza, mentre tu di solito sei molto delicato.
Sì, è una canzone che mi divertiva molto, con quel gioco di parole del ritornello. Anche il fatto di averla arrangiata a Roma, con Niccolò Fabiha fatto sì che ne venisse fuori una roba molto spontanea, molto veloce. L'abbiamo registrata in un giorno, quindi non siamo stati a pensare tanto al sentimento che stavamo trasmettendo, ma più al piacere di suonare in una sala tutti insieme, l'abbiamo tenuta così come ci è venuta. Comunque, nonostante sia diversa e trasmetta un sentimento diverso, la trovo molto bella, forse sarà anche che mi ricorda quel momento...

A questo proposito, che cosa hanno portato in più al disco tutte le persone con cui hai collaborato (che sono tante)?
Levante
 ha scritto la strofa della canzone “Corri corri”, ed è riuscita a risolvere un discorso che avevo iniziato io ma che andava concluso da una visione femminile di quella questione. Niccolò Fabi ha contribuito tantissimo, anche se in maniera più indiretta, perché mi ha regalato delle esperienze molto belle in questi due anni, dalla tournée con lui ad altre cose che abbiamo fatto insieme, e quindi anche se nel disco ha partecipato solo suonando la chitarra acustica in “Le dimensioni contano”, in realtà è stato in un certo senso quello che mi ha fatto partire con lo scrivere questo disco. E poi ci sono i Nadàr solo: Alessio ha suonato tutte le batterie, Federico ha fatto qualche chitarra, e poi Matteo ha scritto una parte di “Almeno a Natale”.

A proposito, nella recensione di Rockit leggo questo: “La canzone che riassume l'intero senso del nuovo lavoro di Bianco è “Almeno a Natale””. Sei d'accordo?
Non condivido esattamente, perché secondo me invece le due canzoni più rappresentative sono “Filo d'erba” e “Le stelle di giorno”, un po' perché a livello di scrittura si somigliano, e secondo me sono le cose più belle del disco. È vero che “Almeno a Natale” è una canzone molto personale, è una descrizione di come spesso mi sento e delle mie intenzioni, però penso che ce ne siano di più belle.



Tu hai un talento a mio parere non comune, quello di essere positivo senza diventare smielato. Per esempio mi piacciono molto le immagini contenute in “Drago”: la felicità che è appunto un drago, mentre la paura è fatta di niente... il contrario della felicità secondo te è la paura?
In realtà che la paura è fatta di niente me lo diceva sempre mio nonno, è una cosa che mi ha ripetuto per anni, e quando io penso a qualcosa di spaventoso penso sempre a quella frase lì che mi sembra veramente molto forte per risolvere il problema della paura. Mentre invece il fatto che la felicità sia un drago è una visione che ho avuto giocando con un bambino molto piccolo che stava costruendo un drago con dei bottoni, e lì mi è venuto in mente che effettivamente la felicità è una cosa molto facile da raggiungere se si riesce a riconoscere.

Quindi per te non è una frase fatta quella della felicità che si trova nelle piccole cose?
Io ci credo, e poi in realtà è una ricerca personale quotidiana riuscire a riconoscerla in queste piccole cose, riconoscere quella che chiamiamo generalmente felicità.

Nella presentazione del disco si parla di una recherche, io però quando ascolto le tue canzoni sento più tensione verso il futuro che nostalgia o comunque sguardi al passato.
Hai ragione, quello che provo a fare è proprio quella cosa lì, generalmente uso i ricordi e il passato come mezzo per affrontare il futuro nel modo più ottimista possibile.

In questi giorni mi trovavo a scrivere una cosa sul fatto che le “scene” non esistono più o quasi, però direi che una scena che sembra ancora in salute è proprio quella dei cantautori. Tu te ne senti parte?
Sì, direi di sì, anche se non ho avuto molte occasioni di collaborare con questa nuova scena di cantautori, perché comunque, per quanto possa sembrare un ambiente molto aperto e di ragazzi gentili, spesso non l'ho trovata così. Però mi sento assolutamente di farne parte per via di quello che facciamo, stiamo facendo la stessa cosa e stiamo comunque lavorando tutti per andare nella stessa direzione.

In che senso non hai trovato gentilezza?
No aspetta, solo nel senso che non c'è spesso la volontà e non è nemmeno così facile conoscersi, incontrarsi e scambiarsi idee, ma come in tutte le cose, anche solo per il fatto di abitare in città diverse, e in questo senso mi sento più parte della scena torinese che di quella italiana, per adesso almeno, perché il mio livello è sì anche nazionale, ma non ancora in maniera affermata, per cui incontrare gli altri artisti a Torino per me è più facile che incontrarli in tutta Italia, arriverà il momento in cui sarà facile incontrare chiunque.

In compenso sei vicino alla scena romana.
Sì, ho incontrato queste persone durante la tournée con Niccolò, che mi ha invitato ad aprire i suoi concerti, e quindi durante quell'estate li ho conosciuti molto bene, siamo diventati amici e da lì sono poi nate tutte le collaborazioni.



Cosa metti del Bianco cantautore nei lavori che produci per altri artisti?
Cerco di allontanarmi un po', per non fare le cose tutte uguali, però in effetti quando uno produce un disco è inevitabile che ci sia molto al proprio gusto. La cosa fondamentale però è entrare nel cervello di chi ci ha chiesto di produrre il disco e cercare di andare dietro alle sue volontà, quindi ci sono cose che possono venire in mente solo grazie al dialogo tra il musicista e il produttore.

Questa cosa mi fa venire in mente delle parole di Alessandro Raina proprio sul lavoro del produttore che mi sembra evidenzino la differenza che c'è se c'è fra il produrre quello che è già un artista e ciò che invece si fa a certi livelli, dove l'artista spesso si crea dal nulla.
Io penso che se non parti da un talento è come non avere niente, secondo me la cosa fondamentale è cercare comunque, anche se magari il talento su cui stai lavorando è molto ingenuo perché è all'inizio della sua carriera, di interpretare al meglio le cose che ha lui dentro e che ti dice nel momento in cui decidi più o meno in quale direzione andare, perché altrimenti si rischia di avere solo degli interpreti con poca personalità, o comunque con una personalità che non arriva da loro ma è decisa da un altro soggetto. Sicuramente in certi ambienti capita quello che dici, ma quella poi non è più musica, diventa una fabbrica.

Un'altra cosa che si diceva in quell'intervista era che secondo lui quello che manca ai cantautori oggi, e che fa la differenza anche rispetto a ciò che capita all'estero, è lo studio.
Sono d'accordo e in un certo senso mi sento chiamato in causa, così come lui che faceva anche autocritica. Sono d'accordo e noto però che almeno qui a Torino sta venendo fuori una generazione nuova di musicisti che invece studiano, anche al conservatorio, che sono giovani e affrontano la musica in maniera diversa, e credo che siano molto promettenti.

Per chiudere tornando al disco, e ancora alla recherche, in senso molto ampio: la tua musica è spesso bucolica, sembra che a ispirarti siano soprattutto stelle, cieli, prati... Ti capita di essere invece suggestionato da situazioni più “culturali” che naturali?
Diciamo che l'ambiente che mi circonda è quello che mi stimola, ovviamente poi le canzoni sono sempre una raccolta di esperienze a 360 gradi, per cui l'ispirazione è lì latente. A me arriva molto non tanto dalle cose che leggo, o dai quadri, o dalle foto, ma mi ispira molto l'ambiente, anche il tipo di paesaggio, che sia più urbano o naturale, e le persone che si muovono intorno a me, o che non si muovono. O l'assenza di persone.

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L'articolo Bianco - La felicità è una cosa facile, se sai riconoscerla di Letizia Bognanni è apparso su Rockit.it il 2015-03-02 14:48:00

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