Africa Unite - Bologna, 06-04-2000

Ho avuto la fortuna di incontrare Bunna e Madaski due ore prima del concerto tenuto all'Estragon di Bologna. Nell'attesa che arrivassero le portate, la coppia si concede per alcuni minuti ai microfoni di Rockit...



Rockit: Sono passati 3 anni tra la pubblicazione de "Il gioco" e l'uscita di "Vibra". Come mai tutto questo tempo? Hanno influito i vari progetti paralleli?

Bunna: Questa è facile, rispondo io! (risate, ndr)
Dopo "Il gioco" ci siamo fermati un attimo a riflettere, ma non siamo certo rimasti con le mani in mano; abbiamo continuato a scrivere canzoni, ma ci sono stati diversi fattori che hanno contribuito non poco a far ritardare l'uscita dell'album, prevista originariamente per settembre.

Poi l'acquisizione del gruppo Polygram da parte della Universal ha contribuito non poco al ritardo - senza contare naturalmente i vari progetti paralleli, sia come Madaski che come Blubeaters. Fortuna che in tutto questo tempo abbiamo suonato dal vivo anche con gli stessi progetti, senza contare poi le 25 date degli Africa nell'estate del '99.

Rockit: Nell'ultimo album c'è un forte richiamo al reggae tradizionale: bisogno o necessità?

Bunna: E' stato un processo naturale: non ci siamo chiesti mai quale direzione stavamo prendendo, anche perché il reggae è la cosa a noi più congeniale, che ci piace più fare e nella quale riusciamo meglio...

Madaski: Beh, io penso che "Il gioco" non si distacchi tanto dal reggae: è un disco che forse riflette più su se stesso e prova a percorrere altre strade, non lontane dal genere e comunque limitrofe. Mi riferisco al dub, a tutte le varie contaminazioni....

"Il gioco" è un album che si sofferma, forse, più sul suono, su certe atmosfere, che sulle canzoni. E questa cosa è stata fraintesa da qualcuno, tanto che mi sembra stupido non pensare che un gruppo come il nostro che produce musica da tanto tempa non possa permettersi di sperimentare con qualcosa di diverso.

E infatti certe cose che abbiamo provato a fare nell'ellepì precedente ritornano in "Vibra"... magari non in maniera evidente, ma sicuramente in alcune sfaccettature.

Rockit: Considerare perciò "Il gioco" come una tappa?

Madaski: Esatto, proprio come una tappa, che forse aveva dei problemi a livello di stesura, di suono, ma ribadisco che rimane una tappa importante.

Rockit: E forse preme sottolineare che "Il gioco" è stata la prima prova in studio dopo la dipartita di Max Casacci, influendo perciò nelle dinamiche della band...

Madaski: Certo, anche quest'aspetto ha influito non poco, è inutile negarlo. Arrivavamo da un periodo di progettazione sonora 'a 3' e siamo passati 'a 2', tanto che il sound ne ha risentito perché Max aveva avuto un ruolo non indifferente nei due album precedenti.

Rockit: E infatti "In diretta dal sole" è l'album live che chiude al meglio un ciclo...

Bunna: Beh, essendo un disco dal vivo rappresenta la dimensione migliore degli Africa che è quella live senza ombra di dubbio.

Madaski: Non a caso "In diretta dal sole" è il disco più gettonato dai fans a livello di vendite...

Rockit: Come nasce Sotto pressione, caratterizzata da una decisa sfumatura politco-sociale?

Bunna: Anche quello rappresenta una sfaccettatura dello stile Africa Unite. Come ben sai nel nostro repertorio ci sono pezzi che trattano sia di tematiche impegnate che canzoni più leggere...

Rockit: Ma c'è stato qualche evento particolare che ha fatto nascere il testo?

Bunna: Ci è capitato più volte di suonare in situazioni in cui si supportavano cause di questo tipo....

Madaski: I testi degli Africa Unite sono sempre molto interpretabili, perché comunque il gruppo non ha mai amato riconoscersi in bandiere e stendardi, né tantomeno usare questi mezzi per far sì che il suono degli Africa fosse conosciuto dai più.

Penso quindi che sia meglio 'suggerire' che 'dettare' dei contenuti... ognuno interpreta il pezzo e i nostri testi a piacimento, proprio perché sono concepiti con quest'ottica. Non abbiamo un modo crudo, una descrizione 'in bianco e nero' delle cose, ma lasciamo spazio all'immaginazione, anche se spesso i musicisti fraintendono questo ruolo.

Rockit: Non a caso ci sono vostre canzoni del passato che toccano gli argomenti più disparati: da Il partigiano Johnny a Soffici sapori, esprimete sempre e comunque una vostra idea...

Madaski: Tutti questi sono esempi di una certa 'critica sociale' che ci tocca e che rielaboriamo a nostro piacimento attraverso il mezzo canzone...

Rockit: La scelta di reinterpretare Baby Jane è del gruppo?

Bunna: Beh, Baby Jane è stata un gioco, una scommessa, ovvero prendere una canzone che col reggae non c'entrava nulla e rivestirla con un sound diverso dall'originale.

Rockit: ...quasi a ricordare i Blubeaters?

Bunna: Sì, è un po' una bluebeatersata, se volessimo definirla così...

Comunque, alla fine, il risultato regge, quasi a testimoniare che le canzoni, indipendentemente da come nascono e le arrangi, possono essere rivestite completamente.

Madaski: Che poi la versione originale era praticamente opposta, come suono di base, al trattamento che noi le abbiamo riservato...

Rockit: Come avete lavorato stavolta in fase di registrazione?

Bunna: Beh, a livello compositivo siamo io e Mada a scrivere i pezzi. Poi la band viene alle prove, suona, ci mette anche del suo, anche se la base dei brani è sostanzialmente di noi due...

Madaski: Diciamo che a livello compositivo i brani nascono per mano di Bunna che poi li passa al sottoscritto per elaborare i suoni e decidere dove far intervenire i vari elementi del gruppo. In seguito mi occupo della produzione del sound e di una buona percentuale dei testi.

Bunna: In realtà sarebbe difficile pensare che tutti e 8 si riuscisse a tirar fuori qualcosa...

Rockit: La versione di Politics è stata unanimemente apprezzata dalla critica. Come siete arrivati a ripensarla con gli Archi Torti?

Madaski: La versione di Politics è stata sostanzialmente una proposta che ci è arrivata dagli Archi Torti nella persona di Marco Rubino, violoncellista della formazione e trascrittore del pezzo.

All'inizio abbiamo pensato di usarla come ghost-track e poi abbiamo pensato che sarebbe potuta entrare comunque nella track-list, quasi come se fosse un'autocitazione, sostanzialmente... di quello che è successo dieci anni fa. Poi, quando abbiamo sentito il trattamento che gli avevano riservato gli Archi Torti ci siamo quasi commossi.

Bunna: Ci siamo messi anche nei panni di chi l'avrebbe ascoltata e in effetti rimane comunque un pezzo riconoscibile, molto vicino allo stile del gruppo, anche sentito con un arrangiamento d'archi...

Rockit: Sono stato sempre curioso di sapere cosa sia per voi il dub...

Madaski: Beh, per noi il dub è fondamentale. E' un modo di riproporre un pezzo in una versione che cambia nello stesso momento in cui tu la proponi: questa è la forza del dub... il dub non è mai uguale a sé stesso.

Il dub è, comunque, frutto di una tecnica: è il mixer che suona. Se viene preordinato - ed è una cosa che succede, magari nelle evoluzioni del dub - non è la stessa cosa che vedere Mad Professor il quale non fa una take uguale ad un'altra perché lui lavora con un mixer dove le sue dita e la sua sensibilità del momento si risolvono nell'aprire e chiudere i canali. In fondo è una forma musicale...

Penso che sia un'esposizione sempre diversa: ci piace suonarlo dal vivo come includerlo nei dischi, dove anche qui proviamo una serie di take e quella meglio riuscita la includiamo nel cd. In fondo il dub ha la sua ragion d'essere ma noi proponiamo delle pillole con le nostre versioni di alcune canzoni; per noi rimane comunque importante, tanto che l'abbiamo sempre proposto, fin dal primo demo "Peace, love & freedom".

Alla fine il dub è da considerare come uno stile del reggae, e siccome gli Africa Unite riflettono lo stile del reggae nelle sue componenti - sociali, lovers, quindi più spensierate -, sono consapevoli di tutto ciò che sta intorno a questo genere, proprio perchè abbiamo vissuto le radici di un movimento di cui oggi in Italia siamo i (pro) genitori.

Rockit: Da "Babilonia e poesia" ad oggi sono passati 7 anni... e sembrano secoli. Cosa ricordate dell'esperienza Vox Pop?

Bunna: E' stata sicuramente un'esperienza interessante, anche perchè era la nostra prima esperienza 'strutturata', sia a livello compositivo che di responsabilità.

Se poi guardi ai nomi della Vox Pop ti accorgi che in scuderia ha avuto gente che 'ha fatto i numeri' anche a livello di vendite, dai Prozac+ ai Casino Royale, passando per Mau Mau e Afterhours.... insomma è stato un momento importantissimo per certa musica italiana anche se il progetto poi è stato troncato.

Rockit: E oggi com'è il rapporto con l'industria discografica?

Bunna: Per noi le cose non sono cambiate molto: abbiamo la fortuna di poterci incontrare nello studio di Mada dove realizziamo il lavoro finito e a quel punto lo portiamo a chi di dovere dicendo che quello è il nostro prodotto finale.

Certo lavorare con la Mercury significa avere una struttura alle spalle che ti permette di fare determinate cose - ad esempio i video -, ma non è mai cambiato il nostro modo di lavorare.

Madaski: Mi rendo conto che sia un privilegio nostro e che si sono conquistati i gruppi, visto che adesso la discografia sta regredendo moltissimo: l'apertura degli anni '90 verso i progetti non c'è più! I contratti di adesso sono basati sulla politica del singolo: se vende il singolo l'etichetta ti concede di pubblicare l'album.

Questo atteggiamento è negativo nei confronti delle band che spesso cercano di fare un qualcosa che non gli è nemmeno proprio. E in questo modo si ritorna alla logica vecchia del 45 giri: sta diventando importante tutto il sistema accessorio, ovvero se una cosa funziona o meno.

E così, se dieci anni fa c'era la Vox Pop che faceva venire alla luce la musica 'sotterranea', adesso questo tipo di musica, qualsiasi genere tocchi, non c'è più! In questi anni la musica indipendente cerca di emulare modelli imposti dal mercato e così escono dei prodotti di scarsissima qualità. Io sono molto pessimista su quest'aspetto: vedo un po' infranto un sogno forse per l'incapacità di gestione di certe cose.

Adesso vedremo chi sopravvive, non tanto per le formazioni che hanno un passato, ma per coloro che si trovano immediatamente alla ribalta per 'un niente', situazione comune a molti gruppi. Si cerca così di annullare la distanza tra chi vuole esprimere dei concetti diversi dal 'mainstream' e chi, invece, si adegua. In queto momento, secondo me, c'è un'involuzione da questo punto di vista...

Rockit: Quindi gli anni '90 sono stati un momento fin troppo transitorio?

Madaski: Gli anni '90 hanno creato dei fenomeni musicali che non hanno mai venduto degli spropositi, ma hanno dato una boccata d'ossigeno alla scena almeno a livello artistico. In questo momento penso sia difficile trovare cose simili a livello qualitativo di quante ce ne fossero allora.

Rockit: Pensate che internet possa cambiare il corso degli eventi?

Bunna: Ritengo che internet cambiera comunque molto la fruizione della musica, ma anche qui bisogna discernere ciò che può essere buono o cattivo per la diffusione della musica, forse perché ci manca un po' d'educazione.

Madaski: Per me potrebbe darsi che tutto venga resettato, come farla ripartire da zero, ma è certo che per adesso non abbiamo elementi attraverso i quali giudicare il futuro. Potrebbe abbattere anche solo le barriere geografiche della discografia, ma è ancora troppo presto...

A questo punto la cena viene servita e lascio che Bunna e Madaski gustino le portate, non prima, però, di averli ringraziati per la disponibilità e la perla dal nome "Vibra" che ci hanno regalato nel 2000.

Ringrazio inoltre Ru Catania, il chitarrista della band, per lo 'sbattimento' a favore del sito. Many thanks.

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L'articolo Africa Unite - Bologna, 06-04-2000 di Faustiko Murizzi è apparso su Rockit.it il 2000-04-16 00:00:00

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