Joe Leaman - Bologna, 17-02-1999

Giancarlo (voce e chitarra) e Laura (basso) davanti al nostro microfono per raccontarci del loro fulminante esordio. In attesa di vedere il loro "Double penetration" in testa alle classifiche (!?!), abbiamo discusso anche, e soprattutto, di cose più serie, fra le quali la passione per il baseball dei due, mentre in sottofondo ci allietava "Clandestino" di Manu Chao.



Rockit: Innanzitutto… perché Joe Leaman?

Joe Leaman: Originariamente era un personaggio di Nick Raider, un fumetto della Bonelli, dove nei numeri 53 e 54 è presente un terrorista con questo nome, chiamato anche "Mal di testa". Quando una volta io e mio fratello eravamo diretti ad Amsterdam, io (è Giancarlo a parlare, ndi) dissi che avevo un po' di mal di testa e così per tutto il viaggio ce la siam menata con questa cosa… Ma ci sono anche altri significati, siccome abbiamo scoperto che esiste un ragazzo americano che si chiama allo stesso modo e suona la viola; naturalmente faremo di tutto per farlo partecipare al prossimo album. Infine, qualche giorno fa, abbiamo scoperto che uno dei caduti della battaglia di Gettinsburgh ha un nome identico e ci attiveremo per saperne qualcosa di più.

Rockit: Naturalmente l'altra curiosità è riferita al titolo del disco…

Joe Leaman: Di certo è stata l'unica cosa su cui eravamo tutti d'accordo al primo colpo! "Double penetration" è bello sia perché rimanda a significati ambigui, sia perché è scritto nello stesso modo in inglese e in francese ma c'è una pronuncia diversa. Stiamo già pensando a come intitolare il nostro prossimo disco, e certamente una formula come "Bastard inside" non ci dispiacerebbe…

Rockit: D'altronde neanche i titoli delle canzoni scherzano in quanto a stranezze, vedi il caso di "Everything went up in smoke"…

Joe Leaman: Il titolo viene dal film di Verdone "Troppo forte" nel quale recita Clarissa Burt, che a un certo punto della storia, in preda alla disperazione, chiama il suo manager al telefono e comincia a parlare in inglese, arrivando poi a pronunciare la fatidica frase che io ho subito pensato fosse ideale come titolo. E d'altronde molti dei nostri pezzi nascono così, vedi il caso di "El rancho", ispirato dal nome di un ristorante che abbiamo visto in Spagna nel periodo in cui seguivamo la nazionale di baseball, l'altra passione fondamentale della nostra vita.

Rockit: Dalla batteria nei Julie's Haircut alla chitarra nei Joe Leaman: come mai?

Joe Leaman: Diciamo che è stato il caso, o meglio la sfiga, a fare in modo che la situazione si evolvesse così; pensa che c'è stato un periodo in cui non immaginavo proprio di riprendere in mano uno strumento, a causa di un infortunio subito al braccio. Col tempo però ho visto che sarei riuscito a suonare almeno la chitarra e non ho rinunciato a rimettermi in gioco…

Rockit: Da chi sono firmati i brani?

Joe Leaman: Nel disco è quasi tutta opera mia (è sempre Giancarlo a rispondere, ndi), anche se ultimamente stiamo collaborando tutti e tre, soprattutto dal punto di vista delle idee e dell'elaborazione dei pezzi.

Rockit: Qual è la vostra reazione alla classica domanda del cantato in inglese?

Joe Leaman: Me l'aspettavo e ho già pronta la risposta: in primis pensiamo che l'italiano sia una lingua poco consona al rock 'n' roll, per le solite questioni relative alla difficoltà di abbinare parole e musica. Tuttavia la cosa che più ci interessa è realizzare qualcosa che faccia muovere il culo e non perdere tempo con testi elaborati, siccome se avessimo voluto comunicare qualcosa con le parole avremmo scritto un libro e non avremmo inciso un disco!

Rockit: L'impressione che ho avuto fin dai primi ascolti è che il vostro disco sia abbastanza lo-fi nell'attitudine, tanto che il primo nome a cui associarvi è quello dei Sebadoh, senza dimenticare i Pixies…

Joe Leaman: Sull'attitudine lo-fi in parte è vero, anche perché è stata proprio la situazione dello studio di registrazione a non consentire qualcosa di migliore a livello di qualità del suono. Invece, per quanto riguarda i riferimenti, ci siamo sentiti dire di tutto: dai Psiyhedelic Furs ai Joy Division, passando per Nirvana e Pixies, nomi che confluiscono nella nostra proposta e che ci fanno ridere perché di volta in volta ne vengono sempre fuori di nuovi…

Rockit: Il numero dei componenti della vostra formazione è ridotto ai minimi termini: non pensate serva una chitarra in più?

Joe Leaman: In effetti ci manca un'altra chitarra, ma dopo varie vicissitudini (all'inizio eravamo in cinque) abbiamo pensato che questo fosse il numero ideale: quando si è in tre basta che siano in due ad essere d'accordo per non discutere più! Nella realtà tutto si è concretizzato quando Laura è passata al basso, dopo essere partita come vocalist della formazione.

Rockit: Una delle cose più affascinanti della vostra proposta è che riuscite a proporre con disinvoltura sia classici pezzi dalle caratteristiche punk ("Marlin"), che brani intrisi di psichedelia e atmosfere dark ("Truck")…

Joe Leaman: È tutto frutto delle tre teste: Mark Flowers, il nostro batterista, è un fanatico del punk '77, mentre io ho un forte background targato R.E.M. almeno fino a "Green", senza dimenticare gruppi come i Bauhaus e altri nomi fondamentali del genere. Quello che tiriamo fuori è naturalmente farina del nostro sacco, ma come potrai intuire gli ascolti sono imprescindibili.

Rockit: Alla fine il vostro sound si caratterizza per la semplicità…

Joe Leaman: …aspetto che ci interessa più di ogni altra cosa! Cerchiamo di evitare gli orpelli, visto che in fondo siamo animati dall'attitudine 'cazzona' nel fare le cose, evitando, ad esempio, giri di basso troppo ricamati per cercare la giusta misura dell'essenziale…

Rockit: Perciò il vostro approccio è quello classico del "buona la prima"?

Joe Leaman: Pur non piacendoci le cose troppo curate, in studio cerchiamo di essere un minimo più precisi, siccome la versione incisa sull'album è quella che ci rappresenta definitivamente e che ascolterai ogni qualvolta metti su il nostro disco…

Rockit: La durata dell'album è poco oltre i 50', considerando anche il fatto che è presente l'immancabile ghost-track…

Joe Leaman: A dire la verità in pochi hanno notato la presenza di "Global", la traccia fantasma a cui tu fai riferimento. Ci interessava molto vedere in quanti se ne sarebbero accorti, ma ci premeva ancor di più realizzare qualcosa che non durasse troppo, tanto che stiamo pensando ad un prossimo disco ancora più corto nella durata! Siamo stanchi di aver a che fare con dischi di artisti esordienti che durano più di un'ora solo perché è il primo lavoro e bisogna metterci dentro tutto il possibile, solo perché si pensa che non avrà l'opportunità di farne un altro.

Rockit: Che aspettative avete con "Double penetration" in giro?

Joe Leaman: Sostanzialmente sono uguali a quelle di prima, anche se il nostro obiettivo è quello di riuscire a racimolare più date possibili per suonare dal vivo. Di certo molti locali che prima ci facevano delle storie adesso avranno qualche motivo in più per ospitarci a suonare, siccome la dimensione live è certamente quella a noi più consona per il nostro sound.

Rockit: Siete vicini di casa dei Julie's Haircut e voi come loro sembrate provenire dalla provincia americana più che da quella modenese…

Joe Leaman: Wow, gran bel complimento! In effetti tra noi e i Julie's ci sono molti aspetti in comune, dagli ascolti fino ai posti frequentati nella stessa Sassuolo. Più in generale possiamo dirti che c'è un fermento artistico tale che potrebbe concretizzarsi nella nascita di un'etichetta indipendente…

Rockit: Allora non è azzardato affermare che Sassuolo si candida a capitale italiana del lo-fi?

Joe Leaman: Beh, in effetti i presupposti ci sarebbero tutti: siamo circa 7 gruppi, ma negli effetti siamo poco più di una dozzina di persone a far parte del giro. Ci sono molti progetti paralleli che ci vedono impegnati su più fronti, ma non riusciamo a percepire il ricambio generazionale che dovrebbe essere fondamentale per garantire un seguito.

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L'articolo Joe Leaman - Bologna, 17-02-1999 di Faustiko Murizzi è apparso su Rockit.it il 1999-05-14 00:00:00

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