Incontrare gli Estra per realizzare questa intervista è stato un vero e proprio calvario: ad equivoci su luoghi e orari si è aggiunta la non clemenza del tempo. I cinque trevigiani sono però stati molto pazienti (a Giulio, Abe, Eddy e Nicola è d'obbligo aggiungere il loro manager Federico Sparano) e altrettanto disponibili per tutti i 70' del piacevole incontro.
Naturalmente l'interlocutore principale è stato il vocalist Giulio "Estremo" Casale.
Rockit: Partiamo dal titolo: come mai "Nordest cowboys"?
Estra: Volevamo uscire allo scoperto prendendo coscienza del fatto che i valori che animano la nostra musica e le nostre vite private non hanno quasi niente in comune con quegli stessi valori che fanno da traino a questo grande miracolo economico e che alla fine si traducono, invece, in miseria culturale e sociale, riversandosi inevitabilmente sulla nostra esistenza.
Il titolo, comunque, è anche ironico: noi siamo cowboys, ma non di quelli che aiutano gli sceriffi (qui il riferimento è al sindaco di Treviso, ndi), bensì coloro che hanno voglia di esplorare nuovi orizzonti.
Rockit: In che cosa non vi riconoscete dunque?
Estra: Dalle nostre parti ciò che non produce reddito e non è sinonimo di produttività non sembra interessare. Se perciò viene soppresso l'Ente teatro comunale come conseguenza della chiusura del Teatro Comunale di Treviso, senza che la citta reagisca minimamente, puoi capire che alcune contraddizioni le vive solo una minoranza.
A questo punto capisci che vivi in un mondo coerente, un mondo che si occupa solo di cose importanti, e in questo album cerchiamo di portare alla luce questi aspetti.
Rockit: C'è stata un'evoluzione rispetto al nichilismo di "Alterazioni": eravate coscienti della direzione che stavate prendendo ?
Estra: Per noi il rock è sempre stato un modo per reagire, una valvola di sfogo. Naturalmente la musica che facciamo assume contorni diversi rispetto al periodo in cui la produciamo; stavolta è venuto fuori un disco del genere perchè avevavmo questo tipo di spinta.
Rockit: Avete aggiunto gli archi e vi siete avvalsi di molti accorgimenti tecnologici, non rispettando più il canone 'basso-chitarra-batteria'...
Estra: Volevamo fortemente un disco diverso dal precedente, ovvero che si verificasse un passo in avanti effettivo attraverso un allargamento del nostro spettro compositivo. Già l'iniziale "Signor Jones" dà un segnale in questo senso, ma in tutto il resto del disco si sente questa necessità di realizzare un'opera dai contorni diversi.
Il nostro essere essenziali, 'spartani', non pregiudica le nostre scelte: abbiamo un atteggiamento 'naif' nei confronti della tecnologia e la usiamo come ci piace, senza limiti mentali.
Rockit: Nella composizione delle liriche si ripete spesso, anche se era già successo, l'incrocio tra italiano e inglese: è un aspetto per te necessario ?
Estra: Ho sempre pensato che sia necessario perchè il mondo in cui viviamo è di per sè 'contaminato'. Nel caso particolare di quest'album il contatto quotidiano con Jim (Wilson, il produttore americano, ndi) ha favorito questo mio atteggiamento.
Rockit: Com'è avvenuto il contatto con Jim?
Estra: Gli abbiamo spedito un nastro con le nostre idee già incise e lui si è detto molto entusiasta nel raggiungerci per lavorare sui pezzi. Lui è sostanzialmente un ingegnere del suono e perciò l'album è stato co-prodotto, ma alla fine è tanta la soddisfazione di aver registrato con lui. Cercavamo un suono internazionale e penso ci siamo riusciti abbastanza rispetto alle nostre intezioni.
Rockit: Leggo nei credits diverse collaborazioni, anche se i nomi di Capossela e Paolo Benvegnù (Scisma) risaltano più di tutti. Stavolta avete cercato l'ospite?
Estra: E' solo per l'affinità nel modo di pensare che abbiamo ospitato i vari guests. Sono tempi in cui troppa gente, anche nella musica, rincorre obiettivi utilitaristici, ma noi crediamo ancora in un'ideale minimo di purezza e che cerchiamo di condividere con chi ci sta vicino, non solo fisicamente ma anche a livello di 'testa'.
Anche nel mondo del rock si vive questa situazione e si insegue chissà quale chimera. Noi abbiamo avuto la pazienza di lavorare su questi 13 pezzi lasciandone fuori degli altri che forse vedranno la luce come b-side di qualche singolo.
Rockit: Mi ha sempre incuriosito, ma mai stupito, la tua affinità con Jeff Buckley: da cosa è dettata?
Estra: Adoro l'aspetto quasi trascendente del personaggio: ho una specie di attrazione verso il bello nel poetico. Per me scrivere e cantare sono due luoghi dell'anima e Jeff, come anche Thom Yorke (leader dei Radiohead, NDI), sono assolutamente due modelli a cui ispirarsi.
Tra l'altro ho curato la traduzione italiana dei testi di J. Buckley, un impegno per me molto importante.
Rockit: Tu sei la prova vivente, almeno per il sottoscritto, che si possa essere poeti pur facendo il cantante: sei convinto anche tu?
Estra: Credo molto nella forma sintetica della canzone: in tre minuti o in 20 righe penso si possa riuscire ad evocare molti luoghi e sensazioni, scatenando reazioni e domande nell'ascoltatore, senza dover essere per forza un oratore.
Rockit: E come spieghi la frase "La tradizione è morta, l'emozione mai", tra l'altro posta in apertura del booklet?
Estra: E' un verso di "Will you be my love", una delle canzoni poste alla fine del disco. Penso che nel contesto dei vari sfaceli che abbiamo intorno forse c'è ancora spazio per l'emozione, ed è poi questo il messaggio principale di "Nordest cowboys" rispetto al lavoro precedente.
Rockit: Allora perchè veniva fuori "Alterazioni" ?
Estra: "Alterazioni" è un disco obbligato per noi. Dopo la tournée di "Metamormofosi" sentivamo questa necessità di essere quasi 'noise', forse perchè assorbivamo quella violenza insita nel modo di vivere occidentale.
Allora eravamo pronti per quel tipo di musica, e solo dopo due anni siamo maturati al punto da concepire il terzo lavoro così come lo senti.
Rockit: Perciò avete ottenuto il disco che volevate?
Estra: Sì, senza dubbio. Il suono di "Nordest cowboys", grazie anche al contributo di Jim Wilson, ci rispecchia in pieno.
Rockit: Nei credits avete allineato la crema della scena rock italiana: Afterhours, Marlene Kuntz, Scisma, La Crus, Bubola e altri ancora. Come mai?
Estra: Bubola è più che altro un riferimento, un faro che di volta in volta ci indica la strada. Gli altri sono soprattutto 'compagni di viaggio' con i quali ci incontriamo spesso nei festival e condividiamo esperienze 'sonore' affini.
Rockit: Chi è il "Cowboy delle tenebre"?
Estra: E' Vinicio Capossela, giunto di notte nella pianura padana in quel di Rubiera (località in cui è situato lo studio dove gli Estra hanno registrato l'album, NDI) per fare il cowboy nella title-track, anche se non credevamo potesse venire fuori questo risultato.
Rockit: Le foto del libretto sono molto inquietanti: dove sono state scattate?
Estra: Anche lì abbiamo tratto ispirazione dalla nostra terra. Siamo andati in giro per tre giorni ed abbiamo immortalato un'infinità di scenari che comunicassero in qualche modo ciò che noi vogliamo esprimere.
Rockit: Ma alla fine vi interessa solo il Nordest?
Estra: Assolutamente no! Il disco parte dal Nordest e arriva fino ai cowboys, proprio perchè noi parliamo di ciò che meglio conosciamo, ma siamo perfettamente coscienti che è la situazione che viviamo è uguale ad ogni latitudine.
Rockit: Che rapporto avete con Internet?
Estra: Sono ancora (è sempre Giulio a rispondere, NDI) molto legato alla carta da lettera e trovo molto difficile appassionarmi a questo mezzo di comunicazione. Mi spaventa l'istantaneità della comunicazione che tende a rendere più superficiale il mondo; gli Estra perciò rivendicano la necessità di darsi il tempo di pensare le cose e approfondirle, un po' come sono le nostre canzoni.
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L'articolo Estra - Bologna, Largo Respighi, 04-05-1999 di Faustiko Murizzi è apparso su Rockit.it il 1999-06-22 00:00:00
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