Le ragioni dei Canova

"Avete ragione tutti" dei Canova è uscito da poco: ce lo hanno raccontato in questa intervista.

È un sabato mattina uggioso al Pigneto: i Canova sono reduci dal concerto romano di presentazione del loro nuovo album, hanno dormito pochissimo ma dimostrano comunque la freschezza dei loro venticinque anni e la maturità di chi sa quello che vuole ed è pronto a lavorare sodo per ottenerlo. "Avete ragione tutti" è uscito da poco, e ce lo hanno raccontato in questa intervista. 

 

Siete una band di "Nottambuli, libertini, sinceri. Chitarre, tastiere, canzoni e sigarette": dalla vostro bio ne esce un quadro ben chiaro di chi siete e soprattutto in linea con la vostra musica
La cosa che vogliamo trasmettere è quello che c'è sul disco, perché è quello che siamo. Abbiamo suonato e arrangiato tutto noi e volevamo dare questo impatto. In realtà una descrizione come questa può essere un po' ghettizzante perché il nostro pop ci lascia largo margine per fate tutto, anche nell'identità.  

Canova è un nome che omaggia il padre del neoclassicismo in Italia. Una scelta dotta e (se vogliamo) pretenziosa per un gruppo pop. Cosa vi lega a questo artista?
Cercavamo un nome italiano, breve, conciso e di forte impatto. È stata anche una scelta fonetica. Poi a Milano dedicano a Canova sempre molte mostre, quindi la scelta è stata abbastanza diretta.

Proprio Canova affermava: "Ho letto che gli antichi una volta prodotto un suono erano soliti modularlo, alzando e abbassando il tono senza allontanarsi dalle regole dell'armonia. Così deve fare l'artista che lavora ad un nudo". Come e dove avete trovato la vostra armonia nella stesura di "Avete ragione tutti"?
Non sappiamo come venga recepito ma è un disco molto sincero e buttato li come è nato, senza un esercito di menti dietro. L'armonia è importante ma non è cercata, almeno in questo lavoro. Siamo sempre partiti dalla forma-canzone, è questa la nostra radice.   

La copertina del vostro album è di grande impatto: come l'avete scelta?
La foto è di una ragazza che abbiamo trovato scrollando su Instagram: in realtà ci siamo messi a spulciare per una settimana profilo su profilo per trovare una foto che ci colpisse. Un'immagine urbana, fatta dalle persone. Ci siamo ritrovati centinaia di foto da dover selezionare e alla fine è arrivata questa. Una scelta che ci è costato qualche problema (immotivato) con la censura su internet, ma ne siamo comunque soddisfatti.

"Siamo tutti personaggi, zingari, coi sensi di colpa del vediamoci dopo mezzanotte, che dedicano pezzi degli Strokes". "Brexit" è una canzone che tenta di tracciare quasi un quadro generazionale, quello dei venti-trentenni, in eterno bilico. 
Il problema è che siamo in un momento in cui molti non hanno un obiettivo nella vita, una passione da seguire e in questo ci sentiamo molto fortunati. Non si capisce un cazzo e non c'è una lira. Essere indipendenti costa sacrificio e rinunce, e proprio da qui scatta la crisi.

L'amore è un tema presente in quasi tutte le vostre canzoni, eccezione forse che in "Vita sociale" dove il respiro è più ampio. Come è nata questa canzone e perché vorreste "morire anche se fuori c'è il sole?"
Questo brano è stato molto importante perché ha sancito la nascita del disco, visto che chiudeva il mosaico delle canzoni che avevamo: stavamo attraversando un periodo brutto lo scorso dicembre per vari motivi, e il "vorrei morire" ci è venuto urlato sin da subito.

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Mi sembra che per leggerezza e sentimenti il vostro sound vi accomuni a band come L'Orso o gli Ex-Otago...
Siamo contenti che ci sia un movimento cosi interessante da cambiare le cose sia a livello musicale sia a livello di proposta: anche il pubblico sembra pronto ad ascoltare. Per fortuna siamo capitati dentro questo flusso e se ci accostano a questi progetti è positivo. 

A proposito di flusso e progetti: quali sono i vostri punti di riferimento?
In Italia ascoltiamo di rado il mainstream: ora stanno cambiando molte cose e per fortuna. La sfera indipendente sta tirando fuori artisti eccezionali come Brunori Sas, Nicolò Carnesi e Colapesce. Non capiamo perché se la generazione dei nostri genitori è cresciuta con il pop di Lucio Battisti, oggi questo genere debba essere rappresentato solo da artisti come Laura Pausini e simili. Ma il pubblico sta cambiando: c'è una nuova onda di ascoltatori che va ai concerti e compra album. Siamo fiduciosi.

 

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L'articolo Le ragioni dei Canova di Francesca Ceccarelli è apparso su Rockit.it il 2016-11-07 11:12:00

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