Le notti brave e i pianti noisy di Carl Brave: ascolta il nuovo album e leggi l'intervista

Carl Brave racconta "Notti brave", il suo nuovo album solista in uscita oggi per Universal.

Carl Brave (foto di Alessandro Treves)
Carl Brave (foto di Alessandro Treves)

Dopo il grande successo di "Polaroid" insieme a Franco 126, Carl Brave pubblica oggi il suo album solista "Notti brave", fuori per Universal e ricco di collaborazioni, da Coez a Fabri Fibra e Giorgio Poi. Il rapper romano ce lo racconta in quest'intervista, dove parla di come è nato il disco, della scelta degli ospiti, di Roma e molto altro.

 

Questo "Notti Brave" è chiaramente molto simile a "Polaroid" per suoni e attitudine, forse più aperto al pop e più analogico. Come mai hai scelto allora di lavorarci da solista?
Ho scelto di lavorarci da solista non tanto per mio volere. Io e Franco stiamo squadrone, ma siamo due persone molto diverse in ambito lavorativo. Io sono uno molto istintivo, scrivo veloce, produco, mi chiudo, sono nerd. Io sono un gran chiusino, tutti i giorni e tutte le notti. Ora mi sto riposando perché il disco è in uscita, ma di solito sono uno che va a letto alle 7 per fare le basi. Questo disco non me l'ero neanche immaginato. Non mi sono mai detto: "Voglio fare "Notti brave", domani comincio". Io durante "Polaroid" ho iniziato a fare altre basi, ho bisogno di lavorare e voglio che escano i miei pezzi. Sono uno molto veloce e poi, sai, viene più facile scrivere se fai la base, perché sei nel mood. Quando mi riposo dal fare la base, scrivo. Franco ci pensa tanto e ci mette tanto a scrivere. Avevo tutte queste basi e questi pezzi e ho deciso di farne un disco. Ho quindi lavorato per dare una differenza di sound, per dare un colore diverso al suono. Ci sono synth analogici, ci stanno tastiere, del tutto assenti in "Polaroid", come il pianone romantico di "Vita". Ho cercato di uscire dal 'limite' "Polaroid". Da produttore mi sono divertito a scegliere con chi farlo, a vedere come stavano nel mio mondo.

Quanto pensi sia paracula un'operazione del genere?
Per me non è paracula per niente. Volevo fare una cosa precisa: prendere gente di un altro mondo e vedere come stava nel mio, che già di suo è un pout-porri di generi. Non si riesce a definire e quindi viene chiamato indie, ma indie non vuol dire niente. È paraculo perché sembra mi sia voluto accaparrare del pubblico con Fabri Fibra, Gemitaiz ed Emis Killa però in realtà ho messo anche amici come Ugo (Borghetti ndr) e Pretty Solero o persone che stimo artisticamente, senza guardare i numeri più piccoli, come Giorgio Poi.

Spesso le major, quando chiamano gli artisti, danno più o meno una direzione artistica. Qui non è successo.
Loro hanno capito benissimo, di questi tempi lo sanno. Non è più come prima che la major 'ti cambia'. L'artista che si prendono è quello e poi magari decide lui. Io ho avuto un'aperturina pop, senza che nessuno me lo dicesse.

È cambiato il tuo modo di lavorare in studio?
No no, è sempre il disco fatto in soffitta dove abito, incredibile! (ride ndr).

Mi sono fatto l'idea che questo tuo disco possa essere una specie di termometro di questa scena detta itpop. Nel senso che se questo disco funziona, allora magari questa nuova definizione viene sdoganata ufficialmente, mentre in caso contrario...
Grattamose i coglioni eh! (ride ndr).

... Questa definizione sarebbe da rivedere. Intanto: tu ti ci rivedi?
Non ti so rispondere: io faccio 'sta roba con le influenze che ho avuto e che c'ho. Io manco ci penso. Mentre sto in studio non ci penso e sinceramente credo manco si possa definire del tutto, perché cambia sempre. Io ho intenzione di cambiare sempre come sonorità.

Ti senti un po' responsabile dell'essere uno dei nomi che hanno portato in voga questa cosa?
Io sono convinto che abbiamo portato qualcosa di fresco. Ne faccio parte anche io, ma secondo me è dove sta andando la musica adesso. Sarà sempre così e sarà sempre un miscuglio di tanta roba diversa. Anche in Italia sta pian piano venendo meno quella struttura, molto italiana, secondo cui per andare in radio dovevi avere per forza il ritornello aperto. Uno può fare un po' come cazzo gli pare.

(foto di Alessandro Treves)

In questa dimensione nazionale, non temi forse che parlare spesso della Capitale possa muoverti anche delle accuse di provincialismo?
Secondo me no, perché Roma è una città che ha una marea di sfaccettature, qualsiasi persona di ogni posto e nazionalità, una città che cambia tanto. Credo sia una città che ha un po' tutto quanto quello che hanno le altre città. Perché siamo andati noi? Perché il milanese, il napoletano, il siciliano riesce a rivedere, pure nella città, se stesso nella sua città. Io porto quello che vivo io e se dicessi altre cose non ti arriverebbe così vero e perderebbe credibility.

A proposito di questo: il disco si apre con "Professorè". Come mai questa scelta, visto che poi di nostalgia nel disco non ce n'è tanta come ce n'è in quel brano. È una scelta di marketing?
No, anche se è chiaro che la gente ci si potrà rivedere. È stato un disco istintivo, c'è ancora quella freschezza da primo anno di scuola (ride ndr). Ho avuto un periodo scolastico travagliato e volevo raccontare la scuola in una maniera pura, senza fare la solita canzone: "Professoressa, mi dicevi che non valevo un cazzo e guarda dove sono", classico del rapper. Volevo dargli un occhio diverso dal "ce l'ho fatta o non ce l'ho fatta".

E come mai per prima? Poteva stare bene anche in fondo.
In chiusura c'è "Accuccia", che è la mia preferita perché la più personale. Non so se hai mai avuto un cane e non so che rapporto c'avevi. Il cane per me era parte della famiglia, poi quando muoiono se ne va una parte di te che c'era da quando eri bambino. Io ho pianto lacrime amare ed è stata una delle prime mancanze, capisci che cazz'è la morte, che cosa vuol dire non esserci più. L'ho scritta mentre mixavo Giorgio Poi.

Il ritornello migliore del disco.
Anche secondo me! È stata una sfida, perché lui è molto diverso dalle robe mie ma m'ha fatto sto ritornello gigante. Un grande, veramente un grande.

Ecco, lo scorso disco eravate proprio sempre in due. A sto giro invece ci sono tanti ospiti. Come li hai scelti?
Ad esempio Emis Killa mi scrisse lui chiedendomi se volevamo fare un pezzo insieme. L'ho conosciuto, gli ho mandato due basi e poi ci siamo beccati a un compleanno, abbiamo fatto amicizia e abbiamo fatto quel brano lì, con un sound un po' diverso, un po' più triste. Lavora benissimo, ci siamo chiusi a scrivere insieme ed è stato bello scriverci insieme.

Gli altri erano tutti amici, a parte Fibra.
Con Fibra è andata da paura. Mi ha aiutato chiaramente Universal, io volevo farlo da sempre. Prima di farlo ha chiesto di conoscermi, io sono andato là e tutti che mi dicevano: "Oh attento che Fibra è mezzo pazzo, è uno strano, magari s'incazza". Allora sono andato là megatimido, ho bevuto 3-4 spritz prima, mi presento e lui, king assoluto, m'ha abbracciato e m'ha messo subito a mio agio. Ovviamente poi conoscersi prima di lavorare è molto meglio. A chiudere quel pezzo c'è la Michielin con cui ho lavorato in studio un paio di volte.

Un brano che c'entra relativamente poco rispetto agli altri è "Pianto Noisy". Uscita intorno ai giorni di Natale qualche anno fa. Come mai questa scelta?
È la mia canzone preferita mia di sempre, fa parte di un periodo di vita mia più crudo, più di strada rispetto ad ora che sto più tranquillo. È un pezzo poco conosciuto, non sta su Spotify e credo sia fondamentale per me. Volevo dare al disco una botta di sporcizia che secondo me al disco serviva. La gente pensa che io canti solo d'amore, ma non è così.

Ecco allora, vista la presenza di "Pianto Noisy" su questo disco, pezzi tuoi e di Franco come "Santo Graal" e poi ospitate come quelle sul disco di Noyz, non la cosa più spensierata del mondo, tornerà un capitolo un po' più scuro?
Adesso Franco sta lavorando a un disco suo che uscirà intorno a settembre/ottobre. Io un disco un po' più scuro per ora ti dico che mi piacerebbe ma no. Sto preparando un mio secondo disco solista, ma intanto dopo il disco solista di Franco ci sarà un "Polaroid 2" ufficiale. Abbiamo già 3 o 4 pezzi finiti e sarà sempre su questo filone. L'idea di sound sarà quella ma, dopo l'uscita del disco di Franco, vorrei andare in qualche paese straniero con il gruppo. Non so se andare in qualche paese balcanico per un sound un po' più mediterraneo oppure India o Cuba. Non lo so. Aggiungere un tono etnico.

Il tour di promozione di questo album lo farai da solo?
No, sarà lo stesso tour di "Polaroid" e ci metteremo in mezzo anche "Notti Brave". A Roma il 12 luglio porteremo i feat e gli ospiti del disco mio. Nella altre date, quando non ci sarà il featuring, mi faccio "Pianto Noisy" tutta dritta col veleno, non vedo l'ora! All'uscita del disco di Franco, lo metteremo dentro al tour e quando uscirà "Polaroid 2", faremo tutto insieme in un bel mattone!

Praticamente vi fate due anni di tour.
Speriamo! (ride ndr).

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L'articolo Le notti brave e i pianti noisy di Carl Brave: ascolta il nuovo album e leggi l'intervista di Raffaele Lauretti è apparso su Rockit.it il 2018-05-11 09:15:00

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