Cosa succede se tre fiumi creativi si incontrano nel delta per sfociare insieme in un oceano sonoro? E soprattutto, cosa può accadere se la fonte da cui questi fiumi nascono si trova a Roma, più nello specifico a Garbatella? Sono alcune delle domande che mi balenano in testa mentre sono sul bus che ho preso per andare a pranzo dai Delta del Rio; in cuffia ascolto il loro nuovo album, As My Eyes Do, e su un foglietto di carta continuo ad annotare frasi, parole, immagini che mi sommergono e, per qualche minuto, mi trascinano via dal traffico della città.
Arrivo, accompagnata da un cielo azzurro e dal calore degli ultimi sgoccioli dell’ottobrata romana - fenomeno climatico più inspiegabile d’Italia che ci fa vivere un autunno che ancora sa un po' d’estate - ed entro nella casa di Gianleonardo Gentile, che mi accoglie insieme a Miriam Sirolli ed Ester Sampaolo. Le tre anime della band.
Ora, vorrei dire di essere stata molto professionale e di aver iniziato subito a chiacchierare con loro, ma mentirei; è impossibile non farsi catturare dalla bellezza e dai colori dell’appartamento, dalla quantità di dischi (ci vorrebbero ore per guardarli tutti) e quadri, libri, poster di film (da Dramma della Gelosia - Tutti i particolari in cronaca a Rocky) e oggetti vari conservati in delle teche sparse tra le varie stanze. È una casa familiare, accogliente, in grado di comunicare un mondo creativo che germoglia da tanti frammenti d’ispirazione differenti. “Il progetto è nato qui, in questa casa, che però aveva un’altra vita: prima abitavo con un coinquilino, ora vivo qui con mia moglie”, mi dice Gianleonardo, mentre ci spostiamo su una terrazza circondata da piante e affacciata sugli Orti Urbani, una piccola isola di pace tra la frenesia delle strade affollate.
“Dopo aver terminato altre esperienze musicali, ho contattato Miriam ed Ester intorno al 2017 per arrangiare un brano. Non ci conoscevamo di persona, nonostante avessimo frequentato la stessa scuola. Durante il Covid ho ripensato molto a quell’esperienza, all’unione delle nostre voci: era stato un processo istintivo ma che mi aveva lasciato qualcosa. Ci siamo risentiti, ritrovati, e all’interno di queste stanze sono nate le nostre prime cose. Abbiamo condiviso tanti momenti di convivialità che andavano oltre la musica, in un periodo in cui il contatto con gli altri era molto limitato”.
E perché, quindi, mi trovo qui proprio per un pranzo? Non solo per sfruttare il passato da cuoco del padrone di casa per avere un pasto ottimo e rifarmi da una settimana di pasta fredda consumata sulle scale dell’università, ma “perché il pranzo, che rappresenta il coefficiente umano del cucinare, è significativo, è quello che facciamo noi creando - ci mettiamo seduti insieme e tiriamo fuori degli arrangiamenti vocali, che sono il cuore del progetto”. Come specifica Ester mentre ci sediamo intorno al tavolo, per i Delta del Rio “...il tempo di condivisione al di fuori della musica è un aspetto essenziale delle prove, e quasi sempre ruota attorno al cibo; Gianleonardo cucina e si prende cura di noi, mangiamo insieme dopo aver lavorato”.
Iniziamo con un’insalata di frutta, verdure, robiola e anacardi, un piatto in apparenza semplice, ma che dalla prima forchettata è un’esplosione di sapori diversi, certo, ma armonizzati tra loro alla perfezione. È stato chiamato Rehersal, in onore degli spuntini fatti alla fine delle prove. Mentre mangiamo, Miriam mi racconta che dopo essere state contattate, lei ed Ester non si aspettavano quello che è poi accaduto. Loro si conoscono da sempre, da quando sono nate: hanno cantato insieme dall’asilo, condividendo le classi a scuola e l’amore per la musica, oltre a qualche band. Valle a trovare due migliori amiche, cresciute come sorelle, che per volere del destino sono una contralto e una soprano!
In questa intesa a due non era scontato continuare a trovare equilibrio anche con l’arrivo di un terzo elemento. Gianleonardo invece è proprio quello che mancava per bilanciare il candore delle loro voci, con un tono più caldo e profondo: l’inaspettato ma perfetto accordo. “È come se ci fossimo innamorati a vicenda”, prosegue Miriam. “È un progetto, un mondo sonoro che ha preso forma stando insieme. Abbiamo costruito tutto a misura su di noi”.
Andiamo avanti con il secondo antipasto: sgombro, crema fredda di patate, salicornia, uova di trota, intitolato “The river meets the sea on his Delta”. Un sapore più deciso e uno più delicato, un gioco di consistenze avvolgente, esattamente come la musica dei Delta del Rio. Un indie folk che molto deve alla tradizione americana, ma che nella morbidezza del suo sound racconta la personale storia del gruppo; evocaatmosfere rarefatte e inafferrabili, che hanno però le loro radici nelle pareti ricoperte di poster di quella casa, nelle strade di Garbatella, in un progetto che è prima di tutto un’amicizia creativa, uno scambio continuo. “Fare musica in questo modo è molto emozionante, soprattutto in un momento storico in cui hai a disposizione qualunque tipo di strumento o di macchina per lavorare sui suoni: qui c’è solo l’idea umana”.
A contraddistinguere il loro intreccio d’anime è anche l’aver scelto un genere che non faceva parte del background di nessuno di loro, e che forse, proprio per questo ha potuto trovare una sua dimensione specifica. Una forma che fa sembrare naturale e semplice l’incontro e l’armonizzazione di tre voci, di tre personalità differenti, entrate in contatto in un periodo preciso delle loro esistenze e cresciute insieme, a modo loro, anche attraverso la scoperta di nuove possibilità vocali. Per questo processo é stata utile la scelta di Gianleonardo di scrivere in inglese, una lingua meno dispersiva, su cui lavorare come se si stesse risolvendo un rebus. Consente da subito di mettere in evidenza alcuni concetti specifici, riuscendo così a cogliere nel racconto personale storie in grado di parlare a una collettività più vasta.
È arrivato il momento del primo. Ci spostiamo in sala da pranzo, dove ad accogliermi trovo As My Eyes Do, i tubetti limone e parmigiano. È il piatto che Gianleonardo prepara spesso alla moglie, in apparenza semplice, ma in cui si sente la passione e la dolcezza della confidenza. Una ricetta che va scoperta boccone dopo boccone, come concerto dopo concerto i Delta del Rio hanno approfondito la loro conoscenza.
“Andare in tour ci è servito per scoprirci di più come persone”, dice Miriam, seguita da Ester che ridendo sottolinea quanto sia stato importante per loro due, già amiche, conoscere meglio Gianleonardo, i suoi lati più nascosti e privati. Anche la scelta dei luoghi in cui portare live le canzoni ha un ruolo essenziale, "perché i luoghi hanno un’essenza, ed è importante che risuoni con noi per riuscire a comunicare quello che proviamo quando suoniamo dal vivo. Cerchiamo di ottenere una certa frontalità con il pubblico”.
Dopo aver parlato di tour, non poteva mancare un piatto in onore dei concerti: First Gig, pollo e carciofi - giuro, dopo questo, purtroppo il pranzo è finito. Mentre concludiamo il pasto, parliamo un po’ del nuovo disco. Quello su As My Eyes Do è un lavoro che è iniziato circa un anno e mezzo fa, ma che è sfociato con naturalezza nelle onde di suoni che sentiamo ora. Gianleonardo mi racconta che essenziale è stato tutto il tempo passato a costruire un’intesa, a provare, in questa casa qui, che accoglie in sé l’anima creativa del gruppo, un’intimità che non scompare una volta incise le canzoni, ma che continua a risuonare tra gli accordi di chitarra e pianoforte. È il primo disco, ma è anche uno specchio sincero del cuore dei Delta del Rio. È essenziale nel sound, è così delicato da apparire quasi fragile, e allo stesso tempo è un esordio che con coraggio non pone limiti alle sperimentazioni corali, alla ricerca delle suggestioni che le loro voci possono creare una volta che l’acqua dolce del fiume incontra le correnti salmastre dell’oceano.
“Quando dobbiamo creare, di solito stiamo qui. Questo è anche il luogo in cui scrivo di solito, altrimenti vado davanti al mare”. Non è un caso che nei testi di Gianleonardo un ruolo centrale sia affidato alla natura, elemento preponderante nell’indie folk in generale: “è essenziale per me tornare a parlare di processi naturali in questo momento, dalla fotosintesi, al vento, arrivando fino al crepitio del fuoco. La natura aggiunge un elemento cinematografico alla musica, anche a livello narrativo. In questo caso specifico, il nucleo dei brani è un processo naturale che affonda le sue radici nello scambio continuo con gli altri, nel rapporto umano tra le persone, una coesistenza che ci consente di trovare una nostra naturalezza nell’esistere e nel fare le cose, nell’affrontare la vita con qualcuno. È anche da qui che nasce il titolo: il brano che dà il nome all’album è incentrato sul momento in cui a volte non si hanno più le forze per capirsi da soli”.
Qual è, quindi, il loro processo di fotosintesi, la rinascita quotidiana? “Siamo tre essenze vitali, abbiamo bisogno di rigenerarci in continuazione. Il momento in cui prendiamo aria, in cui trasformiamo qualcosa in vita, è proprio il momento in cui proviamo insieme. Forse è proprio questa ricerca della naturalezza nell’esistere e nel fare le cose, nell’affrontare la vita con qualcuno, l’elemento che più si trova nelle canzoni dell’album e che più ci lega”.
Vorrei poter descrivere in poco spazio quello che ho provato quando nel soggiorno, con il sole che lento iniziava a tramontare alle loro spalle, Miriam, Ester e Gianleonardo hanno cantato per me due pezzi, When my Demons Walk e Dewdrop, ma è impossibile catturare quella dimensione così privata e familiare, accompagnata dall’odore del caffè quasi pronto e dai sorrisi d’intesa che si scambiano davanti al pianoforte. Quando ci salutiamo, so di non aver trovato una risposta a tutte le domande che all’inizio avevo segnato su quel foglio di carta. Avremmo potuto continuare a parlare dei nuovi brani, ma avremmo violato quella dimensione magica che prende vita ascolto dopo ascolto in As My Eyes Do, quello spazio che consente a ogni ascoltatore di ritrovare nelle parole e nell’intesa di voci sconosciute un pezzetto della propria storia.
Risalgo sul bus con la testa ancora piena di suoni, e dal finestrino per un istante mi sembra che tutta la città si muova al ritmo dei Delta del Rio: un intreccio di armonie che si toccano e voci che si cercano. Forse è questo il loro dono - riuscire a trasformare l’ordinario in un racconto non così semplice, un pranzo in una canzone, un accordo di pianoforte in una casa accogliente per tutti, un breve incontro in un delta che si apre verso l’immensità di un nuovo mare.
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L'articolo Cosa stanno cucinando i Delta Del Rio? di LucreziaLauteri è apparso su Rockit.it il 2025-11-03 12:48:00

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