Joe Leaman - e-mail, 05-05-2005

L'ultima intervista del sottoscritto alla band emiliana risaliva a più di un lustro fa. Stavolta l'occasione é data dall'uscita di "Truly got fishin'", e Giancarlo (da sempre leader della band) risponde alle domande togliendosi anche qualche sassolino dalla scarpa...



Dopo lungo peregrinare, siete approdati alla Black Candy per il vostro terzo disco. Come fu all’epoca per GammaPop, credete che l’etichetta fiorentina sia attualmente la migliore sulla piazza?
Speriamo più che altro non faccia la stessa fine… Con la massima sincerità ti rispondo che Black Candy non è la migliore etichetta sul mercato, ma potrebbe tranquillamente diventarlo, non si sa mai. Di sicuro è un’etichetta che ama i suoi gruppi, nella quale c’è un bello spirito di collaborazione, accettano suggerimenti e sono sempre molto disponibili. Non saranno smaliziati nei rapporti con i ‘canali giusti’, ma persone come Giuseppe e Leonardo non si trovano sotto i cavoli e non le porta la cicogna. Sono molto contento di come ci trattano e credo sinceramente che staremo con loro per un bel po’. Almeno me lo auguro, visto che dipende anche da loro…

2/3 della band sono cambiati, tu dalla chitarra sei passato al basso, eppure il tiro sembra sia rimasto sempre lo stesso, come probabilmente tutte quelle sfumature che rendono tipico il sound dei Joe Leaman. Non c’è il rischio che il vostro sound diventi monotono e che i detrattori abbiano pane per i loro denti?
I detrattori il pane lo trovano sempre, basta vedere tutti quelli che stanno dicendo peste e corna sui Settlefish solo perché MTV passa il loro video. Veniamo spesso ‘ripresi’ perché non abbiamo un suono preciso, mentre tu ritieni che il nostro suono sia abbastanza ben definito. Posso solo dire che noi suoniamo le cose che ci piacciono e continueremo a farlo rispondendo sempre e solo al nostro gusto personale senza badare ad altro. Se poi qualcuno ci trova ‘monotoni’ mi spiace, ma non penso di poterci fare granchè.

Continuate ad affidarvi alle sapienti mani di Andrea Rovacchi, il che fa dedurre che siate pienamente convinti del suo operato. Ma non vi ha mai stuzzicato l’idea di provare con altri?
Se potessi scegliere un produttore ‘altolocato’ sceglierei Tim Friese Greene, il tastierista dei Talk Talk. Sono convinto che cambierebbe il nostro suono non poco e sarebbe una bella scommessa. Il punto è che lavorare con Andrea è fottutamente divertente e quindi perché dovremmo cambiare? Abbiamo essenzialmente voglia di divertirci, non di dimostrare chissà che cosa. Non è comunque escluso nulla, potremmo anche cambiare… perché no?

Nessuno vi ha detto che la copertina scelta per l’album è veramente brutta? Ok che ci sono delle affinità con il titolo, ma proprio quello scatto?
E a te l’hanno mai detto che sei una testa di cazzo? Sto scherzando, però a noi la copertina piace, l’abbiamo scelta tra tante diversissime idee. E poi le affinità con il titolo non ci sono. Sono tre pensionati in strada che giocano a Tavli, la versione greca del Backgammon. Lo so che dietro sembra ci sia il mare e sembra che ci siano delle reti da pesca in mezzo a quel tavolino, infatti ci eravamo detti “Chissà chi sarà il primo che ci casca e ci fa una domanda a riguardo…”. Mi dispiace che sia stato tu (bel modo di vendicarsi :), ndr), visto che sei stato il primo giornalista in Italia ad occuparsi di noi - e di questo te ne darò sempre merito finchè vivrò.

Per comporre le canzoni di questo disco hai usato lo stesso metodo anche con i due nuovi arrivati?
Le canzoni di quest’album sono il frutto di una quindicina di prove e tre giorni di studio. Non avevamo mai suonato insieme prima e a sentire il disco sembra incredibile. Per quel che riguarda il metodo direi che sia il metodo che usano tutti i gruppi: uno arriva con un’idea, a volte rimane fedele altre volte viene stravolta.

In generale mi sembra che in quest’occasione ci abbiate messo solo chitarra, basso, batteria e voce. Mi aspettavo che provaste a sperimentare altre strade
Come ti dicevo è stato un disco profondamente istintivo, nato velocemente. Al momento stiamo lavorando su nuovo materiale e forse sperimenteremo un poco di più, anche se basso, chitarra e batteria non le puoi battere, Lou Reed insegna.

Mi chiedo se avete mai pensato a lanciarvi in un’avventura spericolata per suonare in America. Cosa vi blocca? Il lavoro, le morose, la voglia, lo sbattimento?
Beh, il lavoro di sicuro ne risentirebbe. In ogni caso credo che con i tempi che corrono sia più spericolato suonare in Italia che negli Stati Uniti. Noi suoniamo dovunque ci chiamino, comunque.

Quali band - musicalmente parlando - detesti nel panorama italiano?
Parto pescando le prime che mi vengono in mente. Ad esempio Violetta Beauregarde: non capisco tutto questo interesse intorno ad un paio di tette! Non ce l’ho con lei, non la conosco e magari è una bravissima persona, ma ho sentito il disco ed evidentemente continuo a non capire. Idem per le Bambole di Pezza: ho avuto una loro locandina davanti a casa mia per un mese e non ne potevo più! Dal vivo le ho sentite una volta e sono imbarazzanti. La cosa che mi fa sorridere e che fanno delle foto vestite come delle sciantose e poi si lamentano di essere considerate per fattori esterni alla musica. Inoltre detesto i gruppi ska-punk-oi e cose del genere, roba tipo i Los Fastidios tanto per darti un’idea.

Più in generale mi irrita il rapporto musica-politica fatto all’italiana, tutta quella retorica in stile “Per il nostro compagno Carlo Giuliani” e cazzate del genere. Inoltre i Los Fastidios sono musicalmente mediocri, fanno musica mediocre per gente mediocre. Non sopporto nemmeno quelle band che fanno del finto reggae cantato in dialetto, tipo gli Après La Classe, per intenderci… anche se pure loro li vidi dal vivo al ‘Babilonia’ di Ponderano (BI) e devo dire che tengono il palco molto bene, suonano benissimo, e il loro bassista è veramente fantastico e disponibile tanto che facemmo una bella chiacchierata che ricordo volentieri. Però tutta questa cosa del “Salento=sole=mare=reggae” mi ha rotto il cazzo!

Capitolo a parte dovrei spenderlo per Meg e O’ Zulu dei 99 Posse, che vedrei volentieri a lavorare in fonderia o in catena di montaggio alla fiat di Melfi.

E quale(i) band invece, ti ha(nno) appassionato ultimamente?
Mi piacciono un casino gli Arcade Fire, ci ho trovato quel gusto epico alla Flaming Lips che mi mancava un sacco. Per quel che riguarda l’Italia i Settlefish e i Franklin Delano iniziano a godere di buona visibilità e devo dire che era ora; Paolo ha visto dal vivo i Testa de Porcu e mi ha detto che lo hanno impressionato molto. Non ho ancora sentito il nuovo Red Worms’ Farm ma conoscendo Pier e soci direi che non ci si possa aspettare che un gran disco.

Venendo a casa Black Candy, attendo il nuovo album dei Milaus e soprattutto terrei d’occhio i Velvet Score, siccome penso abbiano notevoli margini di miglioramento e potrebbero sfornare un secondo album da lasciare a bocca aperta parecchia gente.

Quali atteggiamenti non fanno bene, secondo te, a questo (piccolo) luogo di perdizione che è la scena dell’indie italiano?
Siamo pieni di gente invidiosa pronta ad urlare dei venduti a tutti coloro che hanno un passaggio su MTV o che hanno due articoli sui giornali. Il problema è che il 99% di questi qui farebbero carte false per un articolo di giornale, non parliamo poi per un passaggio sul divano di ‘Brand New’.

Siamo pieni di bloggers che si gongolano nel loro essere fighi nel loro piccolo mondo virtuale, esattamente come i bulletti degli autoscontri quando avevamo dodici anni e avevano il loro mondo che finiva quando finiva il gettone. Solo che questa gente di anni ne ha spesso intorno ai 30/35…
Ma il vero problema è che questi qui non fanno niente, nemmeno scopare, senza pensare a “Dio mio, cosa diranno gli altri…”. Si tratta di gente frustrata che non sa cosa voglia dire divertirsi e ai quali vorrei chiedere: “Ma vi ricordate almeno la prima volta che vi siete infilati in questa spirale di noia e frustrazione?”. Personalmente suggerisco loro una vacanza e dico con tanto affetto che mi fanno pena. Insomma, l’indie-rock italiano è come un pollaio: qualcuno ogni tanto tira delle briciole e… “Quante stupide galline che si azzuffano per niente”, per dirla con Battiato.

Oltre a ciò, mi incuriosisce sapere quali siano le situazioni che più ti infastidiscono quando siete in giro a suonare…
Mi infastidisce quando trovi organizzazioni approssimative e disinteressate, gente che ti tratta come un deficiente al quale hanno fatto un favore - e lì finisce che resto incazzato tutta la sera. Poi mi fa incazzare - e gli altri del gruppo me lo dicono sempre - quando trovo band che suonano prima di te che dovrebbero fare trenta minuti e ne suonano cinquantacinque.

Ma il fatto é che quello dell’indie rock italiano ormai è un ambiente incredibilmente stereotipato, che si parla addosso peggio che i salotti romani, dove c’è poca gente che pensa con la propria testa e troppa gente che non fa altro che guardarsi allo specchio. In linea di massima c’è un sacco di gente noiosa che si incontra quando vai a suonare, gente che si prende sempre maledettamente sul serio e io invece sono lì per suonare, per divertirmi… cazzo!!!

Chiudiamo infine con una bella domanda ‘pilotata’, dove raccolgo il tuo invito quando mi scrivi via e-mail’ “Hai visto che non si trova più un posto da suonare? E' una cosa veramente triste... e tutti a dire che la scena italiana è cresciuta. Ma dove? Stiamo regredendo che nemmeno all'età della pietra.” Cosa sta succedendo esattamente?
Basta guardare il numero di date dei gruppi italiani e confrontarle con quelle di quattro/cinque anni fa... sono molte di meno! Ma non lo dico solo io: se parli con le agenzie, le etichette, i gruppi, ti diranno tutti la stessa cosa - e infatti tutti si scannano per suonare in quei quattro-cinque festival estivi, mentre i locali invernali, che fino a poco tempo fa facevano suonare gruppi italiani, oggi hanno anche e soprattutto gruppi stranieri in cartellone, visto che il pubblico è calato notevolmente anche per chi viene dall’estero.

Il casino è che tutti continuano a dire che la scena italiana “Sta crescendo” mentre la verità è che a pochi frega qualcosa e i numeri sono calati, anche se in molti hanno paura a dirlo, un pò perché continuano a sperare che nessuno se ne accorga e un po’ perché bisogna sempre dare l’immagine di una squadra vincente. In realtà basta guardarsi intorno, un sacco di piccoli locali hanno chiuso e quindi dono sempre più i posti dove vai a suonare e sei costretto a suonare in acustico o comunque a metà del volume che tieni in sala prove. Noi diciamo spesso che in quelle condizioni tanto vale chiamare gente e organizzare dei live nella nostra sala prove, magari con un assaggio di vini e prodotti tipici… Abbiamo già anche il nome dell’iniziativa: “Gnii vueter” (Venite voi, dal dialetto emiliano)!

E’ una questione di cicli, comunque. Ora siamo in un momento di riflusso ed è pieno di gente vuota e finta. Tra qualche anno tutta questa aria fritta che c’è in giro esploderà come è giusto che sia, anche coloro che ora ascoltano della robaccia avranno voglia di tornare a confrontarsi con la musica vera, fatta da gente in carne e ossa, come accadde all’inizio degli anni ’90 dove di colpo persone che mai avresti immaginato iniziarono a conoscere parole/band come Nirvana e Smashing Pumpkins per poi tornare in breve tempo ad appassionarsi alle Destiny’s Child o a serate con balli di gruppo. Ne potrebbero beneficiare le nuove band, quelle che iniziano a suonare in cantina adesso, a condizione che comincino a farsi il culo fin da ora. Peccato, perché secondo me le band che sanno suonare rock in Italia sono davvero tante - a differenza di quando abbiamo cominciato e in giro c’era tanta di quella merda da riempirci una piscina olimpica e farci una gara di nuoto.

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L'articolo Joe Leaman - e-mail, 05-05-2005 di Faustiko Murizzi è apparso su Rockit.it il 2005-05-07 00:00:00

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