Yuppie Flu - e-mail, 14-04-2003

La storia degli Yuppie Flu è una storia rara, in Italia. E, come buona parte delle storie rare nate nella piccola famiglia indie nostrana, non ha mancato di scatenare attorno a sé un gran movimento di voci ed opinioni, che ne hanno fatto una sorta di caso. Abbiamo perciò posto qualche domanda a Matteo Agostinelli, voce e chitarra degli anconetani, le cui risposte risultano, in questo contesto, più che mai interessanti e necessarie.



Dopo quattro anni esce “Days Before The Day”, quello che possiamo quasi definire come il disco delle conferme. Che cosa vi aspettate da questo disco?
Beh, ci aspettiamo che piaccia alla gente e che dia delle emozioni a chi lo ascolta… questa per noi è la cosa più importante, condividere emozioni con altri. E divertirsi il più possibile.

“Days before the day”, un titolo emblematico per affermare quanto questo disco sia il frutto di tutti i giorni (1380, se non mi sbaglio) che sono passati prima della sua uscita? Le canzoni al suo interno sono state scritte durante tutti questi giorni o sono cronologicamente tutte recenti?
In realtà i brani sono stati scritti in un lasso di tempo che si può racchiudere in un anno. Poi le registrazioni sono state effettuate ad intervalli discontinui, un po’ perché occupati da altre cose, un po’ perché disporre di un nostro studio che ci ha permesso di prendercela con comodo… :-)

Quattro anni non sono pochi... seppur abbiate vissuto questo tempo producendo/facendo moltissime cose - tra cui il bellissimo “The Boat EP” ma anche gli splits con GDM, Tarwater e con i canadesi Three Pieces, così come l’accordo con la Rough Trade ed i moltissimi concerti – come mai avete deciso di lasciare passare così tanto tempo prima di pubblicare questo nuovo album?
Il tempo ci è passato sotto i piedi senza che ce ne accorgessimo, ma c’è anche da dire che il disco è rimasto ‘congelato’ per quasi un anno perché avevamo un contratto per un singolo con la XL Recordings di Londra ed un opzione per l’album. Abbiamo quindi aspettato di vedere se andava in porto la licenza dell’album, ma poi non se n’è fatto più nulla ed è uscito soltanto un singolo per il mercato inglese. Non volevamo attendere ancora ed abbiamo deciso di pubblicarlo a fine febbraio.

Credo che ormai si possa affermare con certezza che abbiate lasciato del tutto da parte l’influenza dei Pavement a favore di una sensibilità musicale più europea, vicina ai Notwist e ai Grandaddy (ma ormai del tutto Yuppie Flu). Che cosa è successo? Siete maturati, vi siete evoluti, siete cresciuti? Credete che sia ormai tempo di poter parlare definitivamente di stile Yuppie Flu?
É fuori di dubbio che agli esordi avessimo delle forti influenze, come lo è per tutti i gruppi che cominciano a suonare. Credo che gradualmente abbiamo trovato la nostra strada e soprattutto sono certo che l’ultimo album sia il migliore tra i nostri lavori. Lavorando nella musica per tanti anni è inevitabile che si migliorino le capacità di composizione e di arrangiamento, o almeno speriamo sia così.

Sonorità indie-rock con venature che spaziano dalla psichedelia al lo-fi, arrangiamenti ora scarni ora incredibilmente orchestrali con l’utilizzo di synths, moogs, mellotrons, batterie elettroniche ed acustiche. C’è molta attenzione ai suoni nella vostra musica, al mood e alle atmosfere, così come alle melodie. Siete veloci nel comporre e nell’arrangiare un pezzo o siete invece molto più lenti e meticolosi? Come nascono e si sviluppano le canzoni?
Io lavoro come tecnico del suono da tanti anni e sono molto appassionato nell’elaborazione del suono e nelle tecniche di registrazione, per questo diamo molta attenzione agli arrangiamenti ed alla parte produttiva…
Per alcuni brani occorre pochissimo tempo a realizzarli, mentre per altri ce ne serve molto di più. Di certo non mettiamo fine ad un pezzo finché non ne siamo completamente soddisfatti.

I brani in genere (ma non sempre) nascono da mie idee che poi elaboriamo e modifichiamo al computer. Insieme poi facciamo dei provini - questo comporta una buona dose di tempo – e infine li registriamo in studio piuttosto velocemente. Anche Francesco ed Enrico si occupano della parte compositiva, sempre più spesso ultimamente.

In uno dei miei pezzi preferiti, la crepuscolare e desertica “Dreamed Frontier”, canta (benissimo, a mio avviso) Francesco al tuo posto. Come mai?
Anche per me “Dreamed Frontier” è una delle preferite… Francesco mi ha passato questo suo provino molto bello che ho leggermente rielaborato nelle parti musicali e missato. Non è stata registrata a Firenze come le altre ma successivamente nel nostro mini-studio: la melodia vocale era di Francesco e si adattava perfettamente alla sua voce ed ho spinto perché la cantasse lui e con ottimi risultati direi.

Siete una delle poche band italiane che può vantare una consistente risposta di pubblico e critica anche all’estero. È corretto per te parlare di successo, seppur in ambito indipendente? E se si, in che termini?
Il nostro successo è poter fare quello che ci piace, suonare in Italia e all’estero, fare musica. Non credo che si possa parlare di successo in termini economici o di fama: noi guadagniamo molto meno che un operaio e dobbiamo fare altre cose per tirare avanti. La nostra è una realtà piccola che si autoalimenta, ci piace così.

Sarà sempre la mitica Rough Trade ad occuparsi della produzione estera del vostro disco? Che aspettative avete per i paesi oltre confine? Dove sarà distribuito “Days Before the Day”?
La Rough Trade Publishing non è un’etichetta o un distributore, è una società editoriale. Praticamente ha acquisito il nostro repertorio per promuoverlo nel mondo: più i nostri dischi vengono stampati e la nostra musica diffusa e più loro guadagnano. La differenza fra loro e gli editori major è che sono una publishing indipendente che ama molto la buona musica e che ha piacere a lavorare con artisti che ama. Ovviamente loro ci aiutano nella promozione, distribuzione e contatti con i promoter soprattutto in UK.

Il disco esce a fine aprile in tutti i paesi europei per Homesleep, e verrà distribuito in ogni paese da un distributore locale diverso. In maggio ed ottobre abbiamo due tournè in Europa che attendiamo con trepidazione perché suonare dal vivo è quello che più ci piace di tutta la nostra attività.

Vi hanno affibbiato moltissime etichette, da quella de “i migliori d’Italia” o quella de “i più pompati”; vi accusano di snobismo o vi incensano senza se e senza ma (!); vi odiano o vi amano, quasi che con voi non fosse possibile nessuna via di mezzo. Cosa dite a chi vi accusa di snobismo? Anche una non risposta è pur sempre una risposta con un significato importante.
Personalmente non ricordo di essere mai stato accusato di snobismo, ma ne ho sentito parlare da altri. Questa è una cosa molto strana che mi rattrista: noi veniamo da una città piccola di provincia, lontano dai luoghi di movimento, dai concerti e dai punti di incontro tra la gente che segue la musica indipendente, per questo conosciamo poche persone dell’ambiente musicale. Forse questa non presenza nella vita mondana ci fa apparire come tu dici, snob. Ma mi sembra un po’ una forzatura, tu che dici? Siamo contenti che ci sia un mucchio di gente che ama la nostra musica, questa è la soddisfazione più grande. Riguardo a chi dice che siamo pompati anche qui mi sembra un po’ una forzatura: Yuppie Flu è un gruppo che suona da 12 anni, che ha 4 dischi alle spalle e che si è costruito la propria strada senza scendere mai a compromessi, facendo i suoi dischi con l’etichetta che ha inizialmente fondato (la Homesleep). Certo, non siamo dei gran chiacchieroni ma non è mica colpa nostra!

Quando andavo a scuola mi dicevano che ero timido, non snob, ma ognuno può pensarla come vuole per fortuna.

Sei stato molto chiaro e te ne ringrazio: riguardo il vostro snobismo si discute e straparla in certi casi a vanvera, e mi sembrava giusto sapere che cosa ne pensaste a riguardo.

Comunque, cambiamo discorso. La vostra storia è iniziata all’insegna dei Pavement, e proprio pochi giorni fa avete aperto il live set della mente e il genio della band, Stephen Malkmus. Che esperienza è stata? Avete avuto modo di conoscervi reciprocamente?
Un’esperienza molto rapida direi!

Abbiamo suonato appena 25 minuti perché il locale doveva chiudere per le 11. Ma è stato divertente: abbiamo conosciuto Malkmus e scambiato i dischi. I Pavement sono stati importanti per noi in passato ed è stato un incontro emozionante.

Se c’è una cosa che rispecchia il mood trasognato e sognante del disco, quasi immerso in un opaco immaginario autunnale (a dispetto di questa stagione), questa è la copertina. A chi si deve il concept e la realizzazione dell’intero artwork?
L’artwork è opera di un nostro amico, Gianluca, che lavora come grafico alla Irma, poi Francesco ha ritoccato un po’ il tutto.

Ultima domanda: oltre conquistare il mondo intero, quali sono i progetti, le speranze e le attese per il futuro prossimo a venire?
La conquista del mondo mi sembra eccessiva! :-)
A noi basta continuare in questa strada, con passione, coerenza e soprattutto divertimento. Come ti dicevo prima la conquista più grande è continuare ad emozionarci e ad emozionare gli altri ancora per un po’, il più possibile speriamo… :-) e poi per quello che mi riguarda nella vecchiaia mi dedicherò completamente ad Homesleep.

Buona fortuna allora, e a presto!

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L'articolo Yuppie Flu - e-mail, 14-04-2003 di Carlo Pastore è apparso su Rockit.it il 2003-04-17 00:00:00

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