Elisa Bee - Che cos'è un dj?

Storia di una ragazza che sin da piccola sognava di diventare una dj. Elisa Bee ci ha raccontato la sua personale visione del mondo del djing.

- ph: Luca Benedet

Storia di una ragazza che sin da piccola sognava di diventare una dj. Tantissima gavetta, che l'ha aiutata ad approfondire tutti i lati tecnici della faccenda, e dopo qualche anno la sensazione di avercela fatta e poter vivere finalmente del proprio mestiere. Dalla Sardegna a Milano, passando per gli studi di Radio Rai (dove produce Babylon) e i diversi riconoscimenti ottenuti all'estero, che gli hanno permesso di pubblicare la sua musica per etichette di primo piano come Fool's Gold, Enchufada e per ultima Booty Call Records. Elisa Bee ci ha raccontato la sua personale visione del mondo del djing.

Ciao Elisa, comincio con il metterti sull'avviso perché sei la prima dj donna che intervisto per questa serie, quindi sappi che ti beccherai la fatidica domanda...
Oddio... 

Non ti preoccupare, ce la teniamo per ultima. Partiamo pure dalla tua storia: come sei arrivata a fare la dj?
Guarda, al contrario di molti colleghi non vengo da una famiglia particolarmente interessata alla musica e non sono fra quelli cresciuti con in casa dischi di jazz o rock ascoltati dal padre, come spesso capita. Nonostante questo, sin da bambina ho sentito che prima o poi mi sarei occupata di musica in qualche modo. Ho cominciato quindi ad essere affascinata dal mondo dei dj e presto mi sono procurata l'attrezzatura per poter sperimentare per conto mio e mi sono ritrovata a fare qualche serata in Sardegna, la mia terra d'origine, in bar e locali dove mancava tutto a livello tecnico... La mia gavetta consiste anche di ore passate a scaricare l'auto, montare tutta l'attrezzatura, suonare, smontare e caricare tutto... Questo ti dirò mi ha dato una consapevolezza di come funziona il mestiere del dj anche da un punto di vista tecnico, che è una cosa che alle volte manca ad altri dj che vedo suonare in giro.

Dici quelli a cui si inchioda il portatile e non sanno che fare?
Esattamente. Quando mi capitano questi episodi mi stupisco perché mi chiedo come facciano a non essere incuriositi anche dal lato tecnico del mestiere, che vuol dire pure dove metto quel cavo e a che serve... Comunque come ti dicevo la mia passione mi ha portato anche a metter mano a queste cose, e mi è servito.

Niente laptop per te?
No, l'ho sperimentato ma non mi trovo a mio agio. Non mi piace proprio l'idea che ci sia il portatile fra me e il pubblico, mi sembra che crei una barriera che mi impedisce di capire come sta andando la serata, se la gente si sta divertendo e come sta reagendo alla musica.

(foto via)

Torniamo un attimo ai tuoi inizi: visto che accennavi alla tua famiglia e al rapporto con la musica, come l'hanno presa i tuoi quando hanno visto che cominciavi ad orientarti verso il mondo dei dj?
All'inizio non capivano, e infatti mi hanno spinta a continuare gli studi perché volevano che avessi il famoso pezzo di carta. Quindi piuttosto di malavoglia mi sono iscritta all'università e mi sono laureata alla triennale di architettura.

Questo sempre in Sardegna?
Sì. Una volta liberatami con gran sollievo di questo impegno, ho deciso di trasferirmi a Milano per dedicarmi a tempo pieno alla musica. Ho cominciato a preparare qualche mixato per promuoverlo su Facebook, ma senza troppe pretese. Dei ragazzi che organizzavano delle serate a Milano mi hanno notata e mi hanno chiesto di suonare, e così ho cominciato a prendere il ritmo e ad essere chiamata anche in altre città italiane. Ora posso dire che vivo di questo, fra i dj set e gli impegni in radio con il programma di Carlo Pastore, Babylon [in onda ogni fine settimana su Radio 2, NdR]. Anche se a livello burocratico gestire questa attività in Italia è un bel casino. 

Sicuramente nel nostro paese domina la mentalità per la quale tutto ciò che riguarda l'intrattenimento non è lavoro, ma un passatempo. Mi sembra cioè che non si riesca a pensarlo come “industria”, con tutte le conseguenze in termini di professionalità, organizzazione e, come dici giustamente tu, di burocrazia.
Sì, e questo si riflette molto anche nella mia esperienza di dj: a fronte di tante serate belle e ben gestite, non hai idea di quante volte mi sia trovata in situazioni di qualunquismo, improvvisazione, eccetera. Sembra insomma che un rider tecnico sia troppo da gestire per improvvisati promoter e gestori di locali.

Hai mai avuto dei momenti di stanca, in cui ti sei detta di voler prendere una pausa da questo mestiere? Te lo chiedo perché anche con Alessio Bertallot è venuto fuori la difficoltà nel gestire la mole di informazioni alla quale siamo sottoposti quotidianamente.
Sì, alle volte è facile sentirsi schiacciati dalla marea di informazioni, soprattutto se si considera che il dj deve per forza seguire una miriade di stimoli: promo ricevuti, feed sui social, ricerche sui portali online, ecc. La tecnologia che uso oggi per mixare mi serve proprio per rispondere a questo. Mi spiego: quando ho iniziato con i cd (e ancora più con i dischi in vinile) mi ricordavo abbastanza bene la struttura di un brano perché avevo avuto il tempo di impararlo, di farlo mio. Ora invece non posso dirti di sapere esattamente come proceda ogni cosa che suono, perché magari ho scaricato il promo un'ora prima, mi è piaciuto e ho deciso di portarlo con me. Mi affido dunque necessariamente alla tecnologia, in questo caso alla visualizzazione della forma d'onda che mi forniscono i lettori cdj. In quel modo so come si sviluppa la traccia e capisco quando sia più opportuno mixare il brano successivo. 

(foto di Luca Benedet)

Certo, e questo discorso in generale vale anche per come consumiamo le notizie su Internet, come manteniamo i legami interpersonali, eccetera. Queste riflessioni ti hanno mai fatto sentire meno innamorata di quello che fai?
Non del tutto. Temo più che altro la routine, il pensiero che possa diventare una cosa che fai col pilota automatico. E non amo nemmeno troppo ritrovarmi a suonare ad eventi dove la musica rappresenta solo un accessorio promozionale. Svilisce l'amore che ho nel condividere la musica che mi piace con gli altri.

Ed ora la fatidica domanda cui accennavo all'inizio della nostra chiacchierata: come ci si sente ad essere una donna dj? Mai passata per episodi spiacevoli?
No, direi di no. Non posso certo nascondere che ci siano dei pregiudizi intorno all'essere una donna dj: è successo che venissero a controllare che fossi effettivamente io a mixare e che non stessi usando un mixato pronto! [Ride, NdR] Però in generale ti posso dire che non mi sono mai trovata davvero male nel confrontarmi con il mondo maschile che domina numericamente questo mestiere. Quello che conta alla fine è dimostrare di saper fare quello che fai come si deve. Per dirti, io non sono neanche come altre mie colleghe che vogliono solo lavorare con altre donne se si tratta di fare delle foto o un video o anche produrre musica assieme. A me basta che ci siano bravura e professionalità, se sei uomo o donna o quello che vuoi  non mi interessa.

Credi che le donne partano da una posizione di svantaggio rispetto agli uomini in questa professione? Facciamo campagna per avere le quote rosa anche nella musica?
No, per carità! Io sono contro alle quote rosa nella politica, figuriamoci! Credo che servano solo ad auto-ghettizzarsi ancora di più. Come ti dicevo secondo me bisogna lasciar parlare la personalità di un individuo, e verificare che sappia fare il proprio mestiere. Certo, come ti dicevo non ti nascondo che non è stato sempre facile essere una ragazza che vuole mettere i dischi. E nel dire questo penso all'ambiente famigliare: se fossi stato un uomo forse i miei genitori avrebbero fatto meno resistenza all'inizio. Ma hanno capito presto quanto mi faccia stare bene fare questo mestiere e sono diventati i miei più grandi fan.

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L'articolo Elisa Bee - Che cos'è un dj? di Francesco Fusaro è apparso su Rockit.it il 2016-06-08 15:53:00

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