"Stiamo lavorando ad un nuovo album che dovrebbe vedere la luce agli inizi del 2026. In questa ottica abbiamo deciso di fare pochi concerti nel 2025. Cmq non potevamo mancare alcuni dei festival indigeni fra i piu’ importanti. Sono questi: Iqaluit Nunavut in Canada all’Alianait festival il 20.06.25, il Riddu Riddu Festival in Norvegia il 10.07.25, e poi la data di casa: l'Akisuanerit Festival a Nuuk in Groenlandia".
Effettivamente, per quanto il mondo si sia parecchio rimpicciolito e il turismo festivaliero si sia consolidato, sono posti parecchio fuori mano. Dovrebbe fare non meno di 4mila km chi quest'estate volesse andare a sentire i Sauwestari, la band groenlandese del momento. Le informazioni qua sopra non sono frutto di Google Translate, ce le ha comunicate in italiano il fondatore del gruppo: Fabrizio Barzanti.
Nato a Torino nel 1964, inizia a fare musica "all’eta di 16-17 anni, strimpellando una chitarra classica lasciata a prendere polvere da uno zio". Da quel momento suona ovunque e ogni genere musicale. "I primi concerti in birreria, poi ho fatto per diversi anni la professione (credo si chiamasse così) dal liscio alle discoteche, passando per le crociere, e ancora night club a Torino e in Svizzera, hotel di vario tipo in giro per l’Europa e non solo. Ho suonato con molti gruppi, generi diversi, dal pop al funk ma adoro il blues e jazz".
Oggi ha un trio Jazz, il Jim Milne Trio, che suona brani originali composti dal pianista Jim Milne, e i Sauwestari, in cui suona chitarra, basso, tastiere e armonica a bocca. Una piccola particolarità, anzi due. La band viene dalla Groenlandia, un Paese dimenticato da tutti prima che di recente se ne accorgesse Donald Trump, che ha dichiarato di volerla invadere. Inoltre i Sauwestari fanno reggae, non proprio le sonorità che associeresti a un Paese composto per la maggior parte da un ghiacciaio.
Eppure è così, e a rendere ancora più colorata e imperdibile questa storia è proprio la figura di Barzanti, che qui vive da tempo ormai. È semplicemente irresistibile quando racconta la sua vita e le cose assurde che gli sono capitate nell'ultimo periodo. Ecco la nostra chiacchiera con questo globetrotter della musica italiana.
Alla Groenlandia arriviamo tra poco. Prima vorrei sapere come hai iniziato a lavorare sulle navi da crociera.
Non ricordo bene come ho iniziato, credo che il gruppo con cui all’epoca suonavo, tra la fine degli anni '80 e l'inizio dei '90, fosse stato ingaggiato dalla Costa Crociere. Le società che operano nel business delle crociere si appoggiano a impresari che gestiscono diverse band e in genere mandano chi hanno a disposizione al momento. Sulla Costa eravamo la band dedita all'intrattenimento, perché una nave di quelle dimensioni ha in genere più di una band. È un lavoro molto ripetitivo, si suonava tutti i giorni dalle 17-18 fino alle 22-23, nessuna giornata libera, non ci sono grandi stimoli musicali: dopo l’eccitazione iniziale per le novità di una nave da crociera cosi grande, la nave diventa un luogo noioso, artificiale. Ho fatto anche le crociere della Viking Line, che fa la tratta Stoccolma-Helsinki, con ritorno nel Mar Baltico.
Immagino tu abbia visto cose...
Due aneddoti, il primo triste: eravamo nella stessa zona quando la nave Estonia è affondata con tutto l’equipaggio a bordo. Secondo: ricordo come fosse oggi la prima volta che ho visto un palco con una protezione a mo' di recinzione, tubi stilizzati che proteggevano il palco per un metro di altezza e per tutta la sua lunghezza, dava l’impressione a noi musicisti di essere animali in gabbia. Non riuscivamo a trovare una spiegazione logica, poi appena cominciato a suonare abbiamo capito e ringraziato mentalmente chi ha avuto quella brillante idea. Il motivo era semplice: la gente si ubriacava così tanto che non stava in piedi e ballando ruzzolava rovinosamente sul palco e sui musicisti.
Quando hai cambiato vita?
Nel 1995, dopo diversi anni passati a suonare in giro, decido di smettere: ne ho le palle piene, ma un ultimo ingaggio di tre mesi arriva alla band con cui avevo suonato negli ultimi tre anni. Lavoro ben pagato, apparentemente un piacere che il nostro impresario fece a un collega di Amsterdam. Doveva essere un ingaggio come gli altri, in un hotel come tanti, ma per me è stato un giro di boa. L’hotel era l’hotel Godthåb di Nuuk in Groenlandia.
Che poi... dove cazzo è la Groenladia esattamente?
Era quello che mi chiedevo allora anch'io. Alcuni di noi c’erano stati con le navi da crociera a visitare i grandi ghiacciai da dove era nato l’iceberg che affondò il Titanic, visto che gli scienziati credono si sia staccato dal ghiacciaio più prolifico del mondo, situato ad Ilulissat, nel Nord della Groenlandia, un posto di una bellezza unica. La mia band era composta da musicisti molto bravi: era un quintetto basso, batteria, chitarra, due tastieristi di cui uno suonava anche il sax e tutti cantavamo. Il posto era fuori dal mondo e sicuro fuori dal nostro immaginario. Non eravamo preparati a quello che ci si presentò davanti a noi la prima serata. La musica italiana non sapevano nemmeno cosa fosse (forse un paio di brani della Nannini, e qualcuno conosceva la PFM, pensa un po): regnava incontrastato il Rock, e poi il Soul e qualcosina di pop. Nel weekend si suonava dalle 19.00 (il posto faceva anche da ristorante, era dinner music) alle 3 di mattina, 8 ore con una pausa di 15 min ogni 45min.
Che ricordi hai di quell'esperienza?
Il nostro debutto è stato un venerdì di fine mese, quando la gente aveva appena preso la paga mensile. Abbiamo suonato una quindicina di canzoni in loop, perchè non ne avevamo altre: erano quelle che ci ricordavamo cosi al brucio. Hai presente i Blues Brothers, quando vanno a suonare in quel locale country e suonano l’unica canzone country che sanno tutta la sera? Ecco, più o meno così. Siamo sopravvissuti e abbiamo completato con onore i tre mesi. Tornato in Italia, ho resistito un mese e sono tornato in Groenlandia.
Cosa ti aveva conquistato del posto?
Il posto mi aveva flashato, doveva essere un po come il mal d’africa di cui parla la scrittrice Karen Blixen nel suo libro La mia Africa. Sto in Groenlandia un po’ e poi ricomincio a viaggiare: Canada, ancora un po d’Italia, e dal 2000 circa comincio a lavorare serio come fonico. Capito in Danimarca, dove mi trasferisco nel 2005 per essere più vicino ai Savage Rose, una band storica e molto famosa nel Paese con cui avevo iniziato a lavorare dal 2003 come fonico live. Resto a Copenhagen fino al 2012, lavornado soprattutto come fonico sia live sia in studio. Ma io volevo essere sul palco a suonare, non dietro a un mixer a guardare gli altri suonare. Quando incontro mia moglie nel 2013 decidiamo di trasferirci in Groenlandia.
Come descriveresti il Paese?
La Groenlandia è un posto meraviglioso, quasi fiabesco. La natura la fa da padrona, non è certo un posto per gli amanti del caldo perchè le temperature medie sono basse tutto l’anno. Per un italiano qui ci sono due inverni, uno bianco e uno verde (ride). Ma ripaga con pace e tranquillità, paesaggi mozzafiato, esperienze uniche e una popolazione Inuit gentile e buona che ti accoglie con un sorriso disarmante.Si vive bene e non ci sono grandi pericoli, è un gran bel posto dove tornare dopo essere stato fuori per due mesi. I musicisti di qui, per lo più suonano in bar e birrerie musica da ballo: ogni città ha diversi bar con musica dal vivo nei weekend. Concerti piu grandi e festival vengono tenuti nei palazzetti dello sport.
Si può vivere di musica lì?
Si può vivere di solo musica in Groenlandia se non si è troppo schizzinosi sul genere musicale e il luogo dove si suona. In genere si suona dalle 22-23 alle 3 del mattino con pause di 15 min ogni 45 e la paga può andare dai 300 ai 500 euro lordi (sisi esiste anche qui il nero, ahhaha). Di certo è una buona paga, però la vita qui ha un prezzo molto più elevato che in Italia. Essendo una colonia danese ha preso molto dalla Danimarca in quanto a leggi e regole: i musicisti sono lavoratori professionisti a tutti gli effetti con tutti i diritti e doveri di altri lavori, hanno un sindacato, sono tutelati. In media un musicista danese guadagna intorno ai 341k dkk all’anno (46k euro).
Dove vivi oggi?
Vivo a Nuuk, che è la capitale della Groenladia e ha approssimativamente 20mila abitanti. Un groenlandese su 3 vive a Nuuk. È un paesone con tutti i confort di una citta più grande e dinamica. La chiamano "la piccola Danimarca", perché è una città molto "danese" ed essendo la capitale è attiva e multietnica, molto diversa dalle altre citta groenlandesi. Mia moglie e io abbiamo una casa di nostra proprietà con vista sul fiordo, abbastanza vicino alla spiaggia, un gran bel posto: abbiamo una terrazzona che è uno spettacolo. È il luogo dove passiamo più tempo d’estate perché è sempre soleggiata e ben protetta dal vento del Nord.
Come si svolgono le tue giornate?
Sono un libero professionista, ho uno studio che lavora in diversi settori legati alla cultura fra cui quello cinematografico, documentaristico e musicale. Faccio lavori musicali e composizione per documentari, film e commercials, missaggi, registro Voice Over, ADR. Sostanzialmente lavoro tanto da remote. Sono il boss di me stesso e quindi vado a lavorare quando c’è da lavorare, altrimenti faccio altro. Mi ritengo fortunato perche’ faccio un lavoro che mi piace, se non ho da lavorare studio musica e composizione, un’esigenza che è anche una grande passione, non smetterò mai di suonare e studiare, per il semplice motive che non si smette mai di imparare e progredire. E poi viaggio e suono, sempre meno avendo diminuito dopo il covid, ma è sempre qualcosa che mi piace fare, soprattutto quando la musica che suono è la mia. In media sto via da casa dai due ai quattro mesi all’anno.
Con la tua band suoni reggae. Come è possibile?
Allora, questa è una storia lunga che ha inizio il 28 giugno del 1980 allo Stadio Comunale di Torino. Si esibiva Bob Marley dal vivo, Mitico! Grande! Io ho 16 anni e Bob mi ha toccato per sempre: in inglese si chiamanocore memories, ricordi fondamentali che sono x sempre. Quella notte Bob Marley ha creato una core memories in me. Ho amato il reggae da sempre, per i testi ma soprattutto per quella pulsione nella musica, un mix unico e perfetto nel suo genere. Sembra facile da suonare il reggae, ma non lo è, soprattutto se lo vuoi fare come si deve. Nella mia carriera di musicista non ho mai suonato reggae con continuità. Tanti anni dopo, nel 2018 decido di smettere di fumare cannabis. Ho fumato per tutta la mia vita da adulto, ma era diventata un’abitudine insostenibile. Il vuoto lasciato è stato grande. Mia moglie era via per lavoro cosi mi sono chiuso in studio e ho registrato i demo di 15 brani in meno di un mese. Avevo la musica, ma non i testi e nemmeno i musicisti per formare una band. Cosi ho chiesto a un amico poeta di scrivere i testi in Kalallisut (la lingua Inuit), e poco a poco abbiamo creato con musicisti locali che stimavo e conoscevo, lo zoccolo duro dei Sauwestari che comprende:
Minik Hansen, paroliere
io, bassista e chitarrista
Jonas Nilsson, batteria
Paaliit Mølgaard, lead vocal
Pilutaq Lundblad, rapper
Il resto della band (2 tastieristi, 2 backing vocals, 2 fiati e un chitarrista) si è aggiunto dopo, quando è stato necessario esibirsi dal vivo. Oggi abbiamo uno show live decisamente di qualità.
Che musica producete?
Alla fine è uscito un onesto album reggae con tante influenze musicali, dal pop al blues: la cantante Paaliit ha una voce spettacolare e il rapper Pilutaq non è da meno. Il mix del disco e’ stato fatto da un famoso produttore reggae danese di nome Pharfar. Nessuno di noi era davvero un’artista reggae, solo uno dei nostri tastieristi ha suonato reggae tutta la vita con artisti giamaicani di tutto rispetto. Sapevamo di avere un buon prodotto ma non ci aspettavamo di avere un successo cosi.
Avete avuto un problema con Spotify, proprio per questo...
E invece la gente è letteralmente impazzita per la nostra musica quando è uscito l’album, Sauwestari veniva cliccato cosi tanto che il nostro music distributor, una società newyorkese di nome Tunecore, ha creduto che il nostro volume di streaming fosse taroccato e ci blocca su tutte le piattaforme, da Spotify a Tidal fino ad Apple Music. Ci hanno oscurato da un giorno all’altro congelando il nostro account e i soldi che l’album aveva guadagnato, un po' meno di 10k dollari. La scusa che ci hanno propinato è stata quella di aver riscontrato irregolarità Cioè in altre parole sostenevano che noi avremmo fatto i furbetti ingaggiando dei bot per maggiorare il numero di streaming. Ovviamente nulla di tutto ciò: non sapevamo nemmeno che fosse possible pagare qualcuno per aumentare le cliccate, abbiamo provato a spiegare le nostre ragioni e la peculiarità della situazione della Groenlandia, che non essendo sulle mappe di streaming del mondo come nazione (è una colonia danese a tutti gli effetti), può far apparire che tutte le attività vengano da una sola località in Danimarca. Nulla da fare, la decisione era presa e i nostri sforzi non sono serviti a nulla anzi ci hanno cagato poco o niente e minacciato tanto. Cmq hanno oscurato l’album e ci hanno letteralmente sottratto i soldi, ci siamo sentiti dei perfetti coglioni che si son trovati nelposto sbagliato al momento sbagliato: ci hanno truffato facendoci passare per truffatori. Abbiamo imparato molto dalla vicenda e adesso facciamo parte di un’associazione di distribuzione danese che conosce la realtà groenlandese e i cui membri sono proprietari dell’associazione stessa. Oggi Sauwestari è ascoltato in più di 100 Paesi in tutto il mondo, siamo spesso al numero uno della chart danese degli album reggae piu ascoltati su Apple Music. I sauwestari sono al 65% groenlandesi, al 25% danesi e al 5% Italiani.
Com'è logisticamente suonare in Groenlandia?
Lo scorso anno sull’onda del successo abbiamo organizzato un tour nelle maggiori città di Groenlandia e Danimarca. A Nuuk abbiamo fatto il tutto esaurito, non succede spesso e nelle altre città siamo andati alla grande. La Groenlandia presenta delle logistiche complicate perché tutto deve essere trasportato via mare o in aereo, non ci sono strade che comunicano tra le città, inoltre i prezzi x il trasporto sono davvero alti, proibitivi oserei dire. Quando suoniamo al completo siamo 11 musicisti più un fonico, un bel po di gente da spostare.
Il pubblico com'è?
L'alcol qui e’ un problema serio come lo è un po in tutti i luoghi dove ci sono popolazioni indigene emarginate da una società industrializzata, vedi i nativi americani come gl Iinuit del Canada. In Groenlandia la musica è legata a doppio nodo all’alcool, perchè la musica fa vendere alcol a un gran numero di persone. I concerti iniziano tardi, tipo le 23, con tanta gente sversa che vuole fare festa. Sauwestari prova a rompere questo trend: certo che trovi una birra ai nostri concerti, però cominciamo a suonare presto e il costo dei biglietti è alto, devi scegliere se vuoi vedere e ascoltare la nostra musica oppure vuoi sbronzarti: in genere è troppo presto per bere forte e non hanno i soldi per fare entrambe le cose. L’intenzione è quella di educare il pubblico a un modo diverso di attendere a un concerto, dove la musica la fa da protagonista. Non siamo proibizionisti, siamo ovviamente per la legalizzazione della cannabis e non abbiamo nulla contro l’alcool, ma non vogliamo che la musica venga sfruttata e strumentalizzata.
Di cosa parlano le vostre canzoni?
I testi seguono la tradizione reggae, che utilizza spesso testi tradizionali radicati nella critica sociale, in particolare a favore degli emarginati. I testi affrontano temi come il rispetto per la natura, il colonialismo, l’ingiustizia sociale, amore, umanità e pace.
Come vedi la questione dell'indipendenza del Paese?
C’è un detto: non ci sono buoni colonizzatori, un colonizzatore buono è un colonizzatore morto. Un po’ estrema la cosa, però rende bene l’idea. I groenlandesi sono stanchi di essere una colonia danese, o almeno una parte cospicua la pensa così: vogliono l’indipendenza. I danesi si danno l’apparenza di volerla concedere, fanno i magnanimi, ma raccontano ancora la storiella del buon colonizzatore che è venuto a salvare il selvaggio portando la parola di dio e la civilizzazione. Sono tutte balle, i tempi sono cambiati, i danesi hanno interessi enormi in Groenlandia. È vero che pagano 3 miliardi di corone all’anno, ma si rifanno con gli interessi, sono razzisti e trattano i groenlandesi con altezzosa superiorità. Dovrebbero voltare pagina e accettare di essere i cattivi in questa storia. L’Europa ha una grande tradizione colonizzatrice, abbiamo sottomesso e sfruttato mezzo mondo. Se la Danimarca perdesse la Groenlandia diventerebbe un insignificante foruncolo sulla scacchiera geopolitica mondiale, perderebbe il 95% della linea costiera.
Trump vi fa paura?
Trump è un pericolo planetario, un coglione ignorante che sta facendo danni irreparabili. Il palazzinaro vuole la Groenlandia, in un modo o nell’altro, non per salvare i groenlandesi dal giogo danese (non potrebbe fregargliene di meno) e nemmeno per la sicurezza nazionale degli Usa, la vuole x tutte le terre rare e materie prime che la Groenlandia ha sotto i ghiacci. Money money money!!! Certo che sono preoccupato, chi non lo sarebbe al posto mio? Non vorrei svegliarmi una mattina e trovare un invasore a stelle e strisce. Non mi sono mai piaciuti i cowboys, facevo sempre il tifo per gli indiani da bambino e non ho cambiato idea.
Pensi di rimanere in Groenlandia a lungo?
Per adesso non ho nessuna intenzione e voglia di fare trasloco, sto bene dove sono. Magari fra qualche anno tornerei volentieri in Danimarca. In Italia? No grazie.
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L'articolo Fabrizio Barzanti: l'uomo che ha portato il reggae in capo al mondo di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2025-06-13 09:47:00
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