Come Franco126 ha lasciato Roma, difeso il cuore e scelto di crescere

Ce lo ha detto con un caffè, in un vecchio albergo, mentre ascoltavamo "Stanza singola"

Tutte le foto sono di Nicoló Chignoli per Rockit.it
Tutte le foto sono di Nicoló Chignoli per Rockit.it

A Milano questi giorni fa un freddo cane. Faceva un freddo cane anche venerdì mattina, litigando con un cielo azzurro limpido. Non è vero che a Milano il sole non c'è, e quando esci di mattina presto, in hangover e con poche ore di sonno, quell'azzurro ti costringe a fare pace con la sera prima. In due autobus e un paio di fermate di metro arrivo in zona Cimitero Monumentale, in uno di quegli alberghi come non fanno più, col bancone in legno, i mori agli angoli e i divani in broccato. A immaginarmelo uno come Franco126 lo avrei incontrato al baretto, con una Peroni o qualcosa del genere, ma Franco126 è diverso da quello che ricordavo. Franco sta scendendo, ora arriva, lo aspetto qui su un divano.

Scusami il ritardo, dovevo prendere un paio di cose. Ci prendiamo un caffè prima?

Non sono l’unico in hangover. Il mio però è più un incidente, il suo è giustificato. Quella mattina esce “Stanza singola”, il primo disco solista di Franco126 dopo “Polaroid” con Carl Brave. Se non si fosse capito già la Lovegang non è solo Carl Brave x Franco126, ma una manciata di autori indipendenti per vocazione che per caso si sono trovati amici da una vita. Questo ha creato delle alchimie, come con Ketama126 e Pretty Solero, che nel caso di Carletto e Franchino si è dimostrata tanto forte in un dato periodo da creare un disco importante come è stato "Polaroid". Il disco solista di Franco126 quindi, come quello di Carl Brave prima, non è John contro Paul ma un’evoluzione fisiologica, “Stanza singola” allontana un qualche “sono passati due anni e devo fare un disco anch'io”. Franco126 sostiene da solo il peso di un album solista coerente e lucido, oltre la necessità e più verso l'urgenza. Venerdì mattina ho scoperto un Franco126 che non è solo quello coi baffetti e gli occhialini, la bira, lo zozzone e la pischella, ma uno in grado di sostenere se stesso oltre le aspettative.

Mentre penso a questa frase quindi, nel pieno delle facoltà cognitive che solo una sbronza la sera prima sa regalarti, la prima cosa che gli chiedo è da quanto avesse pronti questi brani. Mi risponde che la maggior parte delle cose le ha scritte nell'ultimo anno e mezzo, lasciate a decantare per trovare una chiave di lettura personale. Provare strade diverse e diverse volte lo ha portato, alla fine e forse per esclusione, a trovare una direzione. "Ho capito che stavolta non volevo metterci Roma.". Forse questo ha a che fare con il volersi allontanare da uno stato in luogo che alla lunga poteva diventare una caricatura.

"Roma tornerà, di sicuro, ma qui volevo qualcosa di diverso, senza una collocazione spaziale né temporale. Non mi andava un disco legato al momento storico in cui vivo, non ci sono i social, non ci sono i cellulari. I riferimenti sono stati molto più anni ’80, al massimo ci ho messo la piadina. Ho cercato invece di portarmi vicino l'universo dei cantautori. L’hotel, se ci pensi, è un topos di quella tradizione."

Le note audio che si sentono in alcuni brani, unico accenno a quei social che non avrebbe voluto mettere, sono vere. La prima è di Gigi Barocco, che ha curato (splendidamente, ndr) mix e master di tutto il disco. Quando in quella prima nota parla di un’eleganza quasi anni’70 in realtà si sta rivolgendo a Ceri, produttore dell'album, ma i due hanno poi pensato che la frase fosse giusta per l'intero disco. 

"Ceri ha portato un suono molto retrò. Lui viene dal disco di Frah (Quintale) che è qualcosa di molto più up, attuale. È riuscito a dare una pasta unica al disco, coesa. Ci siamo conosciuti per "Frigobar", la produzione di tutto il disco non è durata più di due mesi e mezzo. Io per scrivere ho bisogno di tempo, di diluire le idee in vari momenti e recuperarle. Ma finalizzarlo velocemente, da quando siamo entrati in studio a quando abbiamo chiuso il disco, ci ha aiutato a non uscire mai da una bolla creativa in cui eravamo sintonizzati sulla stessa visione. Questa attitudine l'ho scoperta di recente". Ma questa scoperta non è l'unica cosa che negli ultimi due anni è cambiata nella sua vita.

"Prima riparavo i cellulari e facevo le colazioni in un albergo, un due stelle. Era un lavoro da paura, prendevo poco ma, devo dire, facevo anche poco. Il cambio più grande è il fatto che ora ho un lavoro, che coincide con una passione. Il vero switch però è stata l'autostima. Non sono uno che crede così tanto in se stesso, vedermi riconosciuto che sapevo fare quello che stavo provando a fare mi ha aiutato a vedere la vita in modo molto più positivo."

video frame placeholder

Forte di una sicurezza in più al cuore, forse, "Stanza singola" è un album malinconico che non cede mai alla disperazione, piuttosto galleggia su una tristezza che alla fine risulta dolce, leggera, quasi consolante. “Insomma a me non va di fare quello che s’accolla. Spero che sto disco non si accolli, quello è il rischio quando fai i piagnistei. C'è molto di me in questo, perchè in generale non sono la persona più sicura del mondo. Ho ancora parecchi momenti di down, ma ho imparato a gestirli ed affrontare le cose in modo più maturo. Se ci sono io dentro i brani la vena malinconica diventa molto presente, alla fine però ne esce digerita, dopo aver fatto il giro del metabolismo, non in maniera dolorosa."

"Stanza singola", il singolo intendo, è l'unica traccia in cui è presente un featuring. L'idea nasce dagli editori, che fanno girare le prime tracce del disco tra gli autori. Lì Tommaso Paradiso sente "Frigobar" e, sarà per il suono o per la reference a quel pantheon di cantautori che per anni sono stati la sua fonte d'ispirazione, i due decidono di lavorare insieme. "È un pezzo fuori dalle corde del Tommi attuale, più vicino ai primi album dei Thegiornalisti. "Fuoricampo" ricorda quel suono, tornare a quella cosa per lui e farlo accostare al mio lavoro per me è stato naturale. Il video è stata una sua idea, devo dire ha avuto un grande occhio, sono contento di quello che è venuto fuori".

"Ho un amico che non fa questo lavoro, ci conosciamo da una vita e basta. Il suo punto di vista è fondamentale in quello che faccio. Nella prima fase, quando si decide la direzione, lui mi ha aiutato tantissimo. Mi fido molto delle persone che mi circondano. Bomba Dischi, Ceri, mio fratello. Dola e Giorgio Poi, che hanno messo la vena per le chitarre, altra idea di Ceri. O i cori di Frah Quintale alle fine di "Fa lo stesso". Sono persone che stimo, credo sia importante perché nelle cose che fai non hai un occhio obiettivo se resti da solo. Certe cose a volte ti sembrano più fighe di quello che sono, mentre tanti pezzi li avrei scartati se non fosse stato per loro. Per ogni brano avevo almeno dieci idee di ritornello buttate lì. Prendi "Brioschi" ad esempio, sono stati Ceri e gli altri a trovare la quadra tra le mie idee che si inseguivano. Fidarsi delle persone è fondamentale, soprattutto per uno come me. Confrontandosi e senza paraocchi, accettando le critiche e i consigli. Credo questa sia stata la mia forza più grande, non restare sulle mie posizioni per partito preso, solo perchè è il mio disco, ma lasciare che gli altri mi aiutassero a definire quello che voglio diventare.".

Non sa dirmi se questo è un punto di arrivo, se continuerà su questa strada o tornerà a quelle già percorse. Questo è Franco126 oggi, ma stavolta non è una polaroid, non è la fotografia di un momento. È invece un acquerello, il ritratto sghembo di un'idea priva del momento in cui è stata pensata. Il racconto di un sentimento che nasce da una situazione, certo, ma senza descriverla, togliendo i protagonisti dal diorama che aveva creato un'immaginario intorno ai due dei 126 scalini nel disco precedente. Meno zozzoni e ciospe al contrario e più luoghi e momenti meno definiti, con non-personaggi che proprio per questo non sono solo la gioventù romana che diventa gioventù qualsiasi, ma esperienze singole che potrebbero essere esperienze qualsiasi. Per dirla con meno menate? Un disco maturo, fatto da uno che ha saputo sfruttare un'occasione per crescere come artista e, probabilmente, come persona. Fidarsi degli altri, togliere le coordinate di spazio e di tempo, tenersi la tristezza di una situazione, togliere la situazione e farla diventare una malinconia vaporosa dove galleggiare per 10 brani. Bel lavoro Franco, a presto.

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L'articolo Come Franco126 ha lasciato Roma, difeso il cuore e scelto di crescere di Vittorio Farachi è apparso su Rockit.it il 2019-01-28 12:05:00

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