Furgoni, salopette, porte in faccia e cazzimma: i Malvax raccontano la vita di una band di "provincia"

In occasione dell'uscita del loro disco “Il Viaggio Non Mi Pesa”, la band del modenese ("ma ai fonici diciamo di essere di Milano") racconta cosa significa essere un gruppo oggi e com'è fatta la gavetta quella vera, macinando palchi e km, partecipando ai contest, vivendo di passione

I Malvax
I Malvax

Siamo al Circolo Arci la Bellezza di Milano e i Malvax (membri della nostra community PRO) hanno appena finito il sound-check per il release party del loro primo album: Il viaggio non mi pesa. La storia è quella di quattro ragazzi di un paesino in montagna nella provincia di Modena (Lorenzo, il cantante, Giacomo, il batterista, Francesco, il tastierista, e Jurij, il bassista e produttore, l’unico che viene da Como). Hanno iniziato a suonare da giovanissimi seguendo la ripida salita della gavetta e affrontando tutti gli ostacoli e le porte chiuse in faccia che comporta, ma procedendo sempre con la convinzione che per vincere servono duro lavoro e tanta tanta passione.

Le salopette appese vicino al palco sono inconfondibili e rappresentano sia l'anima della loro musica, sia la fatica degli inizi. Proprio di questo parla il nuovo album che contiene dieci pezzi molto diversi tra loro ma altrettanto efficaci, simbolo di una maturazione anche stilistica della band. A quanto pare non è solo la loro musica ad aver un effetto benefico perché dopo una chiacchierata di più di mezz’ora, in cui abbiamo toccato tante parti della loro storia (no spoiler), la sensazione è quella di aver cambiato le batterie e di essere stati contagiati dalla determinazione e dalla passione della band. 

video frame placeholder

Partiamo dalle origini: come nascono i Malvax?

Lorenzo: All’inizio eravamo io e Giacomo, che ci siamo conosciuti in una scuola di musica del nostro paesino, poi Francesco è stato rapito dal nostro fascino e abbiamo creato la band. Molto dopo è arrivato Jurij e ci ha finalmente completato.

Voi nascete nella provincia di Modena, siete più tipi da “lascio la provincia che mi sta stretta” o da “mantengo la provincia come radice nel mio lavoro”?

Lorenzo: Ci sono pareri contrastanti su questo argomento: io e Francesco non rinneghiamo le nostre origini mentre Giacomo una volta, alla domanda di un fonico sulla nostra provenienza, ha risposto: “Siamo di Milano”. (ridono, nda)

Giacomo: Insomma non è che nasconda le mie radici ma sono più un tipo da città, mi sento più a casa anche solo a Modena che a Pavullo nel Frignano. (il paese da cui viene la band, nda)

Francesco: Al di là di quello che amiamo, sappiamo che la città di Milano rappresenta un grande aiuto a livello musicale.

C’è già stato un momento in cui avete capitoche la vostra musica effettivamente funziona?

Lorenzo: Quando succederà ti chiamiamo (ride, nda). Sicuramente ci sono stati dei momenti in cui abbiamo visto dei risultati e ce ne siamo compiaciuti, partendo dal concerto di Radio Italia Live al Duomo con un pubblico di più di 20 mila persone e passando a Musicultura, Music for change e ai tre anni di Sanremo (per tre anni sono arrivati vicini alle finali di Sanremo Giovani, ndr). Poi c’è stata una discesa per qualche anno e una risalita quando è arrivato Jurij a darci una mano, ora stiamo crescendo ancora molto.

Giacomo: Ci sono state tutta una serie di esperienze, secondo me però il vero passo lo abbiamo fatto con quest’album, non è il passo decisivo ma vi ho trovato una maturità che mi piace molto e che spero possa piacere anche al pubblico. Poi è chiaro che la crescita debba essere costante e che di lavoro da fare ce ne sia ancora tanto però è un bel cambiamento.

Avete citato Sanremo, cosa vi ha lasciato quell’esperienza?

Lorenzo: Ci ha lasciato tre bei pali in fronte.

Jurij: Io suonato con la band solo l’ultima volta (ha coscritto il testo della seconda, nda) e Amadeus prima che suonassimo ci ha detto “Be' ragazzi comunque è già un ottimo risultato arrivare fino a qui, non mollate”. Lì abbiamo pensato “siamo venuti fino a Roma e ci confortano prima di lasciarci dimostrare cosa sappiamo fare”. (ride, nda)

Giacomo: Poi come si dice, Sanremo è Sanremo, il livello è inevitabilmente altissimo. Arrivare a giocartela con artisti di quel calibro ti permette di dire “Ok sono comunque tra i migliori d’Italia” e la pressione si sente. È sicuramente un bel modo per mettersi a confronto con altri artisti più o meno emergenti.

Sentite che vi ha cambiato come band?

Giacomo: Forse meno di altre esperienze, lo vediamo più come un traguardo personale. È soprattutto la nostra solidità come band la priorità; siamo riusciti ad allineare gli obbiettivi con il tempo, nonostante le litigate e nonostante ognuno abbia ovviamente il suo carattere.

Cosa vuol dire essere una band oggi?

Lorenzo: Le band sono ormai poche, una razza a rischio di estinzione come i rinoceronti bianchi, ma essere una di quelle si rivela un grande vantaggio: possiamo darci forza l’un l’altro. Mentre l’artista singolo è solo e probabilmente fa più fatica nei momenti di pressione, noi davvero ci sosteniamo.

Giacomo: Le nostre differenze caratteriali si compensano alla fine.

video frame placeholder

Qual è il momento che vi fa ancora emozionare quando ci pensate?

Lorenzo: Io dico il più recente. La vittoria al Music for change: totalmente inaspettata ma ovviamente ne siamo stati più che felici.

Francesco: Per me invece è quando l’anno scorso in tour su un furgone non proprio nuovo, il tergicristallo è uscito dalla sua posizione “funzionante” e si è incastrato, abbiamo dovuto fare molta strada in quelle condizioni.

Giacomo: Io devo assolutamente citare il Radio Italia Live 2019, eravamo molto giovani e per la prima volta trovarsi su un palco così e di fronte ad artisti come Sting e Mengoni mi ha fatto pensare “Wow nella mia vita voglio fare musica”.

Jurij: Il mio è la prima serata della finale di Musicultura, ha avuto un impatto incredibile con 3 mila persone davanti.

Il furgone è spesso presente nei vostri video o grafiche, per molte band è quasi una figura mitica, per voi?

Francesco: Anche per noi lo è, infatti è il protagonista dei video dei brani del nuovo album. Ci siamo affezionati e, con il tempo, è diventato simbolo del nostro viaggio e della fatica perché non è proprio in ottimo stato e a volte ci rispecchia. (ride, nda)

Mentre scrivete canzoni, qual è il vostro processo creativo?

Lorenzo: In realtà cambia moltissimo da un brano all’altro, l’unica cosa in comune è che non lo iniziamo mai in quattro ma solitamente ci dividiamo, questo è un aspetto positivo perché alla fine diversifica le canzoni, nel nuovo album infatti ci saranno tanti pezzi diversi uno dall’altro, sarà dinamico.

Jurij: Io di solito scrivo i testi e credo mi aiuti a concretizzare la canzone evitando di fare molte melodie senza terminarle e garantendomi di creare qualcosa che abbia un obbiettivo. Ci sono canzoni scritte in 15 minuti e altre per cui ci sono voluti mesi, fa parte del processo.

Qual è il brano a cui siete più legati?

Francesco: Il mio è sicuramente “Fiumi di Plexiglass”, uno dei brani contenuti nel nuovo album.

Jurij: Per me “Semafori rossi”, è in grado di creare un’atmosfera incredibile.

Giacomo: Anche per me, specialmente ai live la gente inizia a cantare e saltare quando parte quella canzone ed è bellissimo. Ci sono inoltre alcuni brani nuovi che trovo coinvolgenti, ma dobbiamo ancora testare la reazione ai live.

Lorenzo: Io concordo con “Semafori rossi”, siamo 3 a 1 Francesco. (ridono, nda) Con i brani nuovi credo però che ci sia stato un grande passo avanti a livello di produzione e testi.

Dove guarda il vostro disco?

Lorenzo: A livello di influenze parliamo di band internazionali come i Phoenix o gli Strokes.

Giacomo: Non c’è una sola influenza, sono varie, anche perché noi ascoltiamo musica molto differente gli uni dagli altri e questo si vede nelle canzoni, in particolare si vede nei differenti stili che permettono di comunicare in modo più ampio.

video frame placeholder

Una curiosità sulla band...

Giacomo: Jurij è il padre fondatore della salopette che usiamo nei live e nei video. Si è ispirato a un video dei Foo Fighters (quello di Big Me, nda) in cui la band, vestita appunto con le salopette, risolve i problemi delle persone che li chiamano. È un po’ un simbolo di quello che vuole essere la nostra musica cioè qualcosa che fa stare bene, per lo stesso motivo ci chiamiamo Malvax.

Francesco: Una volta eravamo in Autogrill, io e Giacomo abbiamo deciso di comprare una bistecca al posto del solito panino… abbiamo speso 50 euro a testa, che erano i soldi del cachet del live che avevamo appena fatto. Da quel momento in poi siamo rimasti fedeli ai panini. 

Quali obbiettivi avete per il futuro?

Giacomo: Intanto piccolo spoiler: il primo maggio suoneremo a Taranto e non vediamo davvero l’ora! Poi personalmente vorrei vivere la mia vita e condividerla con i membri della band, suonando in giro per il mondo, che è la cosa più bella che ci sia.

Lorenzo: I Malvax vogliono essere i Malvax, non vogliamo seguire il percorso di nessun altro ma il nostro.

Jurij: Io per caricarmi prima del tour ho visto molte interviste degli Oasis che mi hanno influenzato quindi ora l’obbiettivo è diventare la miglior band del mondo.

Francesco: Be', a questo punto allora io vorrei suonare a Wembley.

---
L'articolo Furgoni, salopette, porte in faccia e cazzimma: i Malvax raccontano la vita di una band di "provincia" di Giulia Salini è apparso su Rockit.it il 2024-04-15 16:03:00

COMMENTI

Aggiungi un commento avvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussione Invia