Egreen: "Oggi è sucker chi non è sincero con se stesso"

Dopo il primo disco in major, il rapper di Busto Arsizio riconquista il cuore della fanbase con il mixtape “I Spit Vol.2”. Disponibile su un canale Telegram, si ispira al progetto culto “SoundBombing II” ed è il modo più underground di tornare a gasarsi sulle barre

I Spit Vol. 2 gang - foto di Alessandro Vullo
I Spit Vol. 2 gang - foto di Alessandro Vullo

È (quasi) tutto illegale: campioni rubati, affissioni sui muri, pezzi sui treni. Un nuovo mixtape I Spit Vol. 2 (che in realtà è poi il quarto della serie, qui il teaser) da scaricare su un gruppo Telegram creato per l'occasione (con al momento quasi 6k iscritti). Una raccolta di dodici tracce da ascoltare come se fossero note audio. Il diciannovesimo capitolo della sua discografia, dal 2002 ad maiora.

È così che Egreen, il T.O.M.A. rapper di Busto Arsizio nato a Bogotà, cerca di riprendersi il cuore dei suoi fan più intransigenti, quelli che hanno storto il naso (e bestemmiato, com'è tradizione di casa) per il suo passaggio a Sony dopo anni di indipendenza sbandierata. Facendo qualcosa che non andrebbe fatta, solo per il gusto di farla: per tornare a gasarsi riaccendendo la scintilla che ha fatto iniziare tutto.

Egreen - foto di Alessandro Vullo
Egreen - foto di Alessandro Vullo

Lo incontro in un bar in zona Conca del Naviglio a Milano. Mi mostra un video notturno di gente mascherata (i leggendari Canemorto) che pitta cartelloni pubblicitari, altri che scavalcano recinzioni, tipe che si rovesciano vodka in bocca direttamente dalla bottiglia. Poi la scritta gialla come i fari della Punto: "Fuck Hype, Solo Barre". Ovvio chiedergli cosa stia combinando. "Sono impazzito in quarantena e ho scritto un sacco di barre", racconta ridendo. "Ho raccolto molti freestyle, da non confondere con quelli improvvisati nelle jam o nelle sfide: sono cose scritte di getto su basi perlopiù strumentali americane". 

Per capire I Spit Vol. 2 e questa presentazione tutta matta bisogna però fare un passo indietro. Dopo anni di militanza hardcore, di totale indipendenza, del gioco di ruolo contro il rap commerciale, Egreen pubblica il 21 febbraio 2020 il suo primo disco su major. E, niente, arriva il coronavirus in Europa e in effetti il mondo praticamente finisce. "Fine primo tempo ha rappresentato per me una serie di prime volte e relative scottature. Uscito da tre settimane, poi, arriva il lockdown: tour annullato e morale sotto i piedi", si confessa. "In quel disco ci ho messo come sempre la faccia e ho fatto degli statement. Ho sbagliato, ad esempio, è un singolo molto forte e fraintendibile", dice.

In quel singolo Egreen è severo con sè e con tutti: "Ho creduto nell’hip hop italiano / bella sola, bella presa per il culo". Un processo di riflessione iniziato già tempo prima. Forse nella barra che chiude il pezzo – "Questo è hip hop / Col cazzo, questa è guerra" – ci svela che la guerra in questione è anzitutto con se stesso.

Foto di Gamma Film
Foto di Gamma Film

Ricordo di aver visto un suo concerto nell’estate del 2018 e di aver scritto questo: "Quanto in fondo sia difficile per Egreen essere Egreen. Lavorare onestamente e umilmente sui propri limiti, sulla propria 'mediocrità', accettarsi. Dirsi 'Io sono il terzino in questa merda / A me non interessa fare Maradona'. Quanto, poi, sia complicato dire la propria senza compromettersi, accettare il cambiamento (o la 'sconfitta') di un'idea che ti ha cresciuto, lasciare dietro di sé alcune convinzioni. Soprattutto per chi rappresenta il 'risultato dei Novanta': un rapper che ha iniziato la propria carriera nel 2002, diventato, forse suo malgrado, l'ultimo reduce di una generazione che è quella appena precedente alla sua".

Glielo chiedo, e mi conferma che è così: "Per quanto riguarda il mio retaggio ero arrivato a un punto di saturazione mentale, dettato da molti dogmi malsani, che hanno fatto partorire quel singolo. Ho voluto uccidere il personaggio che ero diventato, una gabbia per me. Immagina, quindi: primo disco in major, critiche della fanbase, pandemia… ho preso una serie di calci in faccia non indifferenti". Prosegue: "la verità è che io sarò per sempre un figlio di una certa cifra stilistica, un approccio, un’attitudine. È difficile esprimersi in Italia con quel codice. Io ero stanco di tutto questo, ma non rinnego ciò che ho fatto, e ancora oggi ascolto e scrivo hardcore quando ne ho voglia".

foto di Alessandro Vullo
foto di Alessandro Vullo

Prendere calci in faccia, però, vuol dire anche capire delle cose e potersi dire liberi e orgogliosi di fare ciò che è importante. Per sè, per il rap. Ecco, quindi, l’idea di un nuovo capitolo della saga di I Spit: "Dopo questo mio passaggio in major, in parte per l'atmosfera del progetto, volevo fare un free download, ma nel 2020 non ha più senso usare mediafire. Ci sono i social. Per gestire e creare una community, Telegram è perfetto, posso anche caricare un wav e farlo scaricare in buona qualità. Da un punto di vista emotivo io sono sempre stato for the people, anche se la gente mi prende per paraculo. Volevo fare qualcosa per i miei fan". 

Ecco allora I Spit Vol. II: un progetto matto che ha coinvolto personaggi underground della città in una notte di vernici e telecamere, una street festa che è diventata clip: "Mi sono complicato la vita", spiega Egreen. "Fatte le barre, volevo spingere questo progetto con serietà e creatività. Di sponda, io arrivo dal mondo delle scritte fin da quando ero preadolescente. Oggi giro con i Lords Of Vetra, un'importante crew di Milano, molti amici dipingono. Volevo ci fosse del writing. Così ho chiamato i Canemorto, che sono un collettivo artistico che non vuole essere rilegato a niente in particolare. Si sono occupati della comunicazione grafica, abbiamo sviluppato assieme il concept. Abbiamo impostato tutto in maniera ironica: sfanculiamo l'hype per creare hype. È una super presa per il culo, in primis a noi stessi", dice Egreen.

video frame placeholder

Si tratta di un tributo a un progetto culto dell’hip hop americano: "L'idea del Vol.II è nata dalla copertina della Rawkus, etichetta indipendente di fine anni novanta. Nel 1999 pubblicarono un mixtape che ha cambiato la vita a molti di noi, SoundBombing II", spiega Egreen. Che prosegue: "Fra le altre figate lì dentro c’era un freestyle di Eminem prima che diventasse famoso, AnyMan. Fecero un’operazione internazionale di street promo pazzesca. Io all’epoca abitavo a Ginevra e vedevo in giro gli adesivi per la città. Tutte le tracce di quel mixtape hanno il nome di un personaggio, e così ho fatto anche io".

I Spit Vol. 2 ha quindi 12 tracce. Ogni traccia è dedicata a un personaggio e ognuno dei personaggi è ritratto in copertina come su SoundBombing II, ma in stile Canemorto. "I personaggi li ho scelti in maniera casuale, magari sono lì nell’angolo della mia testa senza che me ne accorga", racconta Egreen, e continua: "Per esempio il Colonnello Kilgore arriva da Apocalypse Now, che è uno dei miei film preferiti di sempre".

I Spit Vol. 2 - Cover con i personaggi
I Spit Vol. 2 - Cover con i personaggi

Apre "Oscar De La Hoya", il pugile, ed è un manifesto. È qui che Egreen scaccia gli scarsi ("il rap ti ha friendzonato") e ricorda a tutti che non ha più voglia di farsi ossessionare dal fantasma del suo vecchio personaggio ("per favore non scambiarmi per un 'c'era una volta' che vive nel passato"). Che non ha rinnegato, ma ha semplicemente voluto superare. Conscio, però, delle sue qualità: "Ho ispirato una discreta fetta di nuovi cerimonieri, lo so io e lo sanno loro: risparmiate props e premi"

È un Egreen che prosegue la riflessione su se stesso: "Ogni rapper è convinto di essere speciale. Io più vado avanti con gli anni, meno penso di essere il migliore, salvo quando ho la penna in mano per pomparmi. Però, so una cosa: ci sono pochissimi come me, per background e conoscenza delle lingue. Sono diverso", dice. In JoeyStarr rivendica la propria scuola, rimarcando la differenza semantica fra gli aggettivi "vecchia" e "vera". La punchline è memorabile: "Vengo dai tempi in cui la priorità era l'abc, mo' spopola la monosillaba con l'adv", come a dire che se una volta si studiava il linguaggio, lo stile e il codice, oggi è un fiorire di rapperini buoni a pompare con il denaro le proprie inserzioni su Instagram. Ma non è rifiuto alla contemporaneità, "solo chi non ha più niente da dire rompe il cazzo con il back in the day"

foto di Gamma Film - Egreen nel mezzo
foto di Gamma Film - Egreen nel mezzo

È l’amore per il rap a dettare le parole. In Tracy 168, Fantini dichiara entusiasta: "Amo questa merda" e, infatti, è un esercizio di stile vecchia maniera, sfoggio di tecnica e citazioni, un divertissement che sa di jam. In Eliot Ness, l'atto conclusivo del mixtape, c’è una lettera d'amore all'hip hop, al rap. Base su campione soul, un flusso d'amore verso la disciplina, che ancora dà senso ai giorni. Il tocco di stile è la chiusura in fade out mentre Egreen continua a rappare senza fermarsi. È un amore che continua, è il sole che risorge, è il rap che non muore mai.

E in questo fuoco Egreen non riesce comunque a negare la sua tensione originaria verso il nemico immaginario, a difesa del fortino del rap. In Blutarsky riemerge la sua natura di terzino del rap: "Non faccio il cannoniere, scemo, io difendo". E me lo immagino sulla torre, da solo, pronto a sparare al sucker. "C’hai preso, è più forte di me", ride Egreen. "Non a caso c’è un pezzo nel mixtape che si chiama Private Jackson, che è il cecchino del team di Salvate il Soldato Ryan. Questa roba non mi andrà mai via".

Foto di Alessandro Vullo
Foto di Alessandro Vullo

Ma se puoi togliere una pistola dal bersaglio, non puoi togliere un bersaglio alla pistola: chi è il sucker oggi? "Me lo sono chiesto per mesi prima di rendermi conto d’aver cambiato idea. Oggi è sucker chi non è sincero con se stesso", si confida Egreen. "Se uno alla sera, parlando di musica, va a letto con la coscienza a posto, a me basta così. Il real contro il fake non esiste più". È un concetto espresso in Nate Diaz, peraltro: "Ancora che parlate di real e di fake / C'è musica che resta altra che segue la parabola di Harlem Shake".

E se è vero che solitamente i mixtape sono i passaggi intermedi fra i dischi, viene da chiedersi cosa abbia in serbo ora Egreen. "Un progetto ambizioso, ufficiale. Non posso dire altro", chiude. Ma poi spiega: "Sto facendo il mio percorso con la major, son contento. Un giorno magari tornerò a vendere cinghie industriali o a sbancalare la frutta al Carrefour, non lo so. Ho avuto la fortuna di poter fare un progetto così, e sono contento che Sony l'abbia accolta con lungimiranza e comprensione. Voglio poter essere quello che fa questo e il mese dopo fa uscire Luce a Milano con Memo Remigi. È molto più semplice di tutte le paranoie che la gente si fa".

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L'articolo Egreen: "Oggi è sucker chi non è sincero con se stesso" di Carlo Pastore è apparso su Rockit.it il 2020-10-05 16:30:00

Tag: album

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