Ketama sotto i ponti di Roma

Il musicista romano ci racconta "33", il suo disco che scava nella tradizione degli stornelli romani e che parte dal compimento dei famigerati "anni di Cristo". Il tutto accompagnato da una speciale live session in anteprima, girata sul Tevere

C’è una barca che scivola placida sul corso del Tevere. A bordo si trova un’insolita ciurma di pirati, un gruppo di musicisti disposti a semicerchio, guidati da una figura che in realtà conosciamo bene da queste parti: Ketama 126. È da questa immagine che si sviluppa una speciale live session realizzata da Ketama e dalla sua band in cui vengono suonati i brani di 33, il nuovo disco del cantautore romano. La potete vedere in anteprima nel video qua sopra.

La scelta di un luogo così suggestivo non è casuale. Se la musica di Ketama ha sempre avuto un legame molto stretto con Roma, 33 porta questa interconnessione al livello successivo, andando a scavare nella tradizione della musica popolare romana. Lo si capisce ancora prima di mettere play, dando uno sguardo alla copertina del disco: il profilo in bianco e nero di Ketama richiama evidentemente quello di Gabriella Ferri nel suo disco omonimo del 1970 (quello di Sinno me moro, per capirci).

Ma non c’è solo questo in 33. Ci sono suggestioni che arrivano dalla musica latinoamericana, c’è il confrontarsi con “gli anni di Cristo”, con la vita adulta e con tutto ciò che ne consegue, a distanza di quella Rehab uscita nel 2018 in cui, tra le altre cose, sentenziava: “Parlo sempre di droga perché non facciamo altro”. L’abbiamo sentito, per farci raccontare questo disco e questa inedita session fluviale.

Da dove sei partito per 33?

Era da un po’ che ero alla ricerca di un sound nuovo, negli anni ho sperimentato in varie direzioni. Viaggiando mi sono reso conto che nel resto del mondo la musica italiana è molto rispettata e richiesta, almeno quella con cui ci conoscono all’estero. In questo rientrano anche le cose più tradizionali. Ho pensato fosse un peccato che questa sia stata abbandonata e che gli artisti giovani oggi guardino solo all’America. Mi sono detto: “Perché cercare di imitare qualcosa che non mi appartiene e che non potrò mai fare ai livelli di un americano?”.

Che rapporto hai con gli stornelli romani e, in generale, con la musica della tradizione?

È musica che ho sempre ascoltato. Quando ero piccolo la si sentiva talmente tanto in giro, magari nei ristornati a Trastevere, era una cosa quasi kitsch. Non ho subito il fascino di quella cosa lì finché non ho capito che poteva essere fatta in maniera figa, questo grazie alla musica latina. Se guardi al Messico o all’Argentina, per esempio, o anche l’ultimo disco di Bad Bunny: sono casi in cui hanno modernizzato la tradizione e sono riusciti renderla internazionale. Nel mondo sembra esserci voglia di sentire cose così, io per primo mi rendo conto di volerne. Certo, è bello fare musica internazionale, però è brutto quando senti la stessa musica che senti a casa tua ovunque nel mondo.

La copertina di 33
La copertina di 33

Chi ti ha ispirato di più per 33?

Tutti quelli romani: su tutti Franco Califano e, ancora di più, Gabriella Ferri. Lei questa cosa di mischiare la roba romana con quella sudamericana l’ha sempre fatta.

Per quanto riguarda la scrittura, invece, come hai lavorato su questo album?

Dal punto di vista della scrittura c'è stata un’evoluzione. È un disco molto più complesso a livello melodico, ma non penso di essermi snaturato. Lo stornello è sempre stato musica di strada, ha parlato di qualsiasi cosa, anche di argomenti pesanti senza problemi, quindi per quanto riguarda i temi non è cambiato nulla.

Come hai vissuto il compimento dei 33 anni?

Per me hanno più che altro un valore simbolico. È stata l’età che mi ha fatto fare il passaggio da ragazzino a uomo. È stato un percorso graduale, non è che mi sono svegliato la mattina del mio compleanno e mi sono sentito diverso. Diciamo che mi sono successe tante cose nella vita da considerarla sotto altri punti di vista.

Ketama - foto di Lola
Ketama - foto di Lola

Come nasce la live session, invece?

Volevamo suonare. Venivamo da una settimana di prove per portare il disco live con la band, volevamo avere un banco di prova che non fosse un vero concerto. E poi suonare su un barcone nel Tevere non l’aveva mai fatto nessuno. Mi dispiace che avevo la sinusite, avevo vari problemi di voci, se fossi stato in forma come ai concerti che ho fatto poi a Roma e Varese sarebbe stato migliore. Ma va bene così, l’obiettivo di questo disco era fare musica casereccia, che possa trasmettere qualcosa, non cercare la perfezione.

In quali canzoni del disco pensi di esserti aperto di più? 

In ogni canzone mi sono cercato di aprire in modo diverso. La title-track sicuramente è una delle più personali, così come Luna chiara. In 33 parlo di solitudine, che è una cosa che ha segnato molto il mio percorso. Per uno come me, abituato a stare in comitiva, mai da solo, arriva un certo momento in cui qualche amico prende strade diverso, da chi mette su famiglia a chi sta in galera. Non è più come quando hai 15 anni e sei sempre in giro, circondato da persone. Dopo i 30 anni non può essere più così. La solitudine è abituarsi a una condizione nuova.

---
L'articolo Ketama sotto i ponti di Roma di Vittorio Comand è apparso su Rockit.it il 2025-08-01 14:00:00

Tag: roma

COMMENTI

Aggiungi un commento Cita l'autore avvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussione Invia