Lorenzo Senni - Focus e ossessione

Gli inizi, il background rock, la passione per la fotografia e gli energy drink: un'intervista-fiume a Lorenzo Senni

Lorenzo Senni
Lorenzo Senni - Illustrazione di Michele Papetti

 

Lorenzo Senni per me è una specie di rockstar. Sarà il ciuffo, sarà che si veste sempre uguale, come in divisa (bomber del suo progetto Stargate, pantaloni neri, scarpe nere), saranno i tour internazionali che intraprende, sarà che è l’unico italiano su una delle etichette più importanti del mondo. Ma è una rockstar particolare, che non beve e non si droga, che gira in bicicletta e che mi dà appuntamento al bar sotto casa sua alle 10 di mattina di un giorno di festa. Riesco a strappargli le 11 e facciamo quattro passi fino al parco Ravizza, dove ci sediamo a un tavolo tra i pollini che volano (nessuno dei due è allergico, per fortuna), la gente che fa jogging e quelli che portano a spasso il cane. Parliamo per due ore (“sono un chiacchierone”) mentre pioviggina, torna il sole, si alza il vento, il clima continua a cambiare. Di Lorenzo si sa tutto, ha fatto un sacco di interviste e alcune cose sono abbastanza fisse, sono quelle che ovviamente ritornano sempre: Senni che cresce a Cesena, suona la chitarra in gruppi punk hardcore del giro straight edge ma con i suoi amici ogni weekend va nelle discoteche della riviera, unico sobrio, come una specie di voeyeur del divertimento (un pezzo del suo ultimo lavoro si intitola “Rave Voeyeur”), gli restano in testa i suoni della trance. Studia ossessivamente la batteria, poi scopre la musica elettronica, Mego, Raster-Noton e si iscrive a musicologia a Bologna, incomincia a studiare MAX/MSP e a ispirarsi agli artisti di quelle etichette, entrando in un mondo a cavallo tra musica e gallerie d’arte. Poi ritorna alla trance e in particolare ai suoi build-up, a quei momenti svuotati, senza cassa, di pura melodia, quelli che preludono all’esplosione. Si compra un Roland JP8000 ed è su questa destrutturazione che si basano i suoi lavori più recenti, usciti proprio per editions Mego, Boomkat e poi per Warp, la storica etichetta di Aphex Twin, degli Autechre e dei Boards of Canada, dove è il primo italiano in assoluto. Speriamo di riuscire a fare venire fuori anche qualcosa di più.

“Non mi è difficile fare le interviste, anzi mi interessa. Ho imparato un sacco facendole”.

È un momento di riflessione su se stessi.
Io poi ho sempre letto quelle di tutti, è stato fondamentale per me.

Leggevi riviste musicali?
Sì, sì: Rumore, Blow Up, Il Mucchio... Tutte. Studiavo a Bologna e prendevo il treno da Cesena, avevo quei 45 minuti: ascoltavo la musica e leggevo riviste di musica. Anche perché non c'era lo smartphone! Per me le interviste erano proprio il secondo step automatico dopo la musica vera e propria.

Che è un grande classico insieme a leggere le note dei dischi.
Chiaro! Adesso con il digitale si perde qualcosa, a me un po' dispiace. Non sono mai stato un nostalgico, però quella cosa mi dispiace non averla più. 

Del resto tu sei uno che ci crede, visto che hai un’etichetta (Presto!?, ndr) da dieci anni e stampi ancora, in un ambiente in cui non sarebbe neanche strano fare uscite solo in digitale.
Mi accorgo dai feedback che potrei tranquillamente fare uscire solo digitale, e risparmiare molte energie, non solo economiche. Tutto quello che serve per mettere insieme un artwork… Però ci ho sempre creduto, non sono un collezionista ma mi piace avere i dischi, vinili e cd, non sono neanche legato a un formato preciso, ma mi piace avere qualcosa. Ci sono informazioni in più, mi piace che chi spende un po' di più si porti a casa qualcosa di bello che si possa mettere sul tavolo. Per ora, magari cambierà.
Presto!? è sempre stata importante per me, si riesce un po' anche a seguire il mio percorso tramite l'etichetta, non solo attraverso la mia musica. Lì c'è tutto quello che non mi sono permesso di fare io.

E poi dicevi che ti piaceva usarla per entrare in contatto con persone che stimavi, creare rapporti.
Quella è stata una cosa fondamentale anche per la mia musica e per trasformarla in un lavoro. Mi rendo conto solo adesso di quanto importante fosse partire con l'etichetta per avere un contatto con gli altri musicisti che non fosse solamente scrivere una mail con i complimenti, ma più un contatto collaborativo. Vedere come studiare le uscite, come funziona una promozione o la risposta del pubblico. Anche nel piccolissimo, tutti anche in un contesto sperimentale o noise pensavano a come sarebbe stato percepito il lavoro, anche se li seguivano in cinque.
Per me è molto interessante. Tutti diciamo che facciamo la nostra musica e poi la lasciamo andare, però quello su chi la incontrerà è un pensiero che comunque fai, e Presto!? per entrare in contatto, collaborare, diventare un po' più intimi, condividere preoccupazioni, onestà, è stato utilissimo. Valutare traccia per traccia, confrontarsi. Palmistry non è un'uscita vecchissima ma è un esempio perfetto: quasi tutte le tracce dell'EP erano già uscite in qualche modo, soprattutto sul suo Soundcloud. Lì abbiamo fatto un lavoro insieme, io ho chiesto a Benji di fare un’uscita, e gli ho detto che ci voleva un disco, per dare credibilità, per far vedere che ci credevamo davvero. E l'abbiamo messo insieme noi due, studiando che forma dargli.

So che l'hai fondata con i soldi del tuo lavoro estivo (Lorenzo ha lavorato ogni estate per dieci anni in un’azienda di sementi della sua zona caricando pesanti sacchi sui pallet, ndr).
Sì: un anno, appena finito… bam, speso tutto per stampare i primi tre cd.

E come mai l'hai chiamata Presto!?
Mi piaceva. Studiavo musica al Dams e lì è tutta teoria, analisi di partiture, e ci sono queste indicazioni musicali: presto, andante, prestissimo, tutte in italiano. Però conosciute da tutti.

Era il linguaggio comune, come l'inglese adesso.
Tutti sanno leggere queste parole in italiano. Da sempre vorrei fare la sub-label Prestissimo! Il punto esclamativo e interrogativo sono per una questione estetica, una specie di altra P. Una cosa grafica per un eventuale logo.

Come i Sunn O))))
Esatto. Dal punto di vista burocratico è stato un inferno, e lo sbagliano sempre tutti.

(Lorenzo Senni e Ruggero Pietromarchi, socio di Presto!?)

Io mi sono perso un passaggio nel racconto della tua storia, cioè come da chitarrista hardcore hai finito per iscriverti a musicologia a Bologna.
Ho suonato la chitarra per diversi anni, poi sono passato alla batteria. Perché volevo formare un gruppo più post-rock, stavo cambiando un po' genere, anche come ascolti. Godspeed You Black Emperor, Mogwai, Explosions in the sky... Cose molto distese, crescite... volevo fare un gruppo di quel tipo e non trovavo un batterista. Ho cominciato a studiare come un matto. Poi dopo un paio di anni siamo partiti con un altro gruppo (Le Harmacy), più noise e sperimentale che post-rock, e loro avevano un sintetizzatore, che io non avevo mai toccato in vita mia, mai toccato uno strumento elettronico - avevo tipo vent'anni.
Musicologia poi era uno spettro ampio, non era solo musica elettronica, e i miei genitori mi hanno sempre supportato al punto da farmi fare l'università che volevo. Studiavo batteria sei ore al giorno, e scoprivo nuova musica: Animal Collective, concerti a Bologna, Black Dice, mi ricordo la prima volta che ho ascoltato "Beaches & Canyons" che botta. In quel periodo mi si è un po' rivoltato tutto: ho scoperto l'Underground che era un negozio di dischi, e poi Alva Noto, Mego, Fennesz... cose che non avevo mai sentito. Tutto questo, anche l'università, fu un periodo di grandissima scoperta, anche perché avevo il tempo per dedicarmi del tutto a queste cose. E partendo da quei nomi lì, bastava leggere un'intervista, comincio a mettere le mani su MAX/MSP. Un'accelerazione proprio quel periodo, conta che fino a 17, 18 io l'elettronica non l'avevo proprio mai cagata.

A parte andando in discoteca con i tuoi amici.
Inconsapevolmente. 

Eri molto coinvolto nel discorso hardcore e straight edge?
Ci sono delle gerarchie anche in quegli ambiti lì, io ero piccolo e ero un po' in disparte a osservare, mai stato un leader. Però mi piaceva tantissimo, abitavo vicino a un centro sociale di Cesena che si chiama Il Confino che era un bel punto di riferimento. Andavo a vedermi i concerti ma molto timidamente, e non eravamo i tipi giusti con la maglietta giusta. Poi ho cominciato a girare coi Sentence, che uscivano per Good Life ed erano un gruppo conosciuto, poi con due di loro abbiamo fatto un altro gruppo, pian piano mi sono inserito ma mai da "quello lì è Lorenzo che suona negli Out of bounds".

Però a differenza di molti di loro (probabilmente) tu sei ancora straight edge.
Sì quello fa un po' ridere perché io non ci ho mai creduto al punto da farmi le x sulle mani come i ragazzi con cui uscivo, però ero del tutto affascinato dal contesto e dal modo in cui facevano le cose: i flyer messi bene sul banchetto, le magliette, i dischi... era una cosa seria. Anche nel modo, non solo per l'ideologia. Io poi ero uno dei pochissimi che non giudicavano se uno usciva da un locale sbronzo. Ai tempi c'era il Vidia a Cesena dove suonavano tutti, anche band grosse, e ovviamente lì fuori a fine serata qualcuno non stava in piedi: c'erano molti giudizi, tensioni. Io mi sono sempre tenuto fuori. Adesso sono l'unico che continua a non avere mai bevuto o provato alcun tipo di droga a differenza dei miei amici con le x sulle mani! Ma va benissimo così, è giusto così. 

Con gli anni ha preso anche un aspetto più ideologico questa cosa?
No, è più una cosa con me stesso, ho un bilanciamento così. Funziono bene così, non sono particolarmente interessato. Poi se provi a vent'anni lo fai inconsapevolmente, provi e poi ti rendi conto che non è neanche chissà cosa, o qualcosa di estremamente pericoloso. Allora magari poi lo fai una volta all'anno e sai di cosa si tratta. Io non so di cosa si tratta! E a quasi 34 anni sono non dico più spaventato... però sono troppo cosciente, sarei troppo consapevole di cosa sto facendo, e non mi viene. Probabilmente se avessi provato a vent'anni mi sarei reso conto che non è niente di particolare, solo che ora sono troppo consapevole.

Si è creata anche un'aspettativa.
Esatto. Poi nel mio lavoro, tutti i miei colleghi... Considera che io ho un progetto con Oscar Powell... (risate) ci siamo capiti. Si possono dedurre tante cose: in primis che non ho nessun problema col fatto che qualcuno lo faccia, con la cosa in sé, però anche che è difficile che poi io mi possa immedesimare in quella cosa. Suoniamo insieme, lui è completamente fatto e io completamente sobrio. Però ci divertiamo... funziona.

(Lorenzo Senni e Oscar Powell. Foto di Vicky Grout)

Non hai mai pensato che magari in qualche misura ti potessi stare perdendo una parte dell'esperienza? Mi viene in mente l'introduzione di Energy Flash di Simon Reynolds in cui dice "ok ho deciso di tuffarmi in questa roba dei rave e quindi ho voluto fare per intero il rituale, l'esperienza completa"?
Anch'io ho scoperto tante cose tramite Simon Reynolds, perché pur avendole vissute in un certo modo non ero consapevole di cosa stava succedendo, cosa stavo ascoltando o la storia che avesse. Però no perché io ci sono sempre stato dentro. In maniera personale ma c'ero, ero lì in mezzo. Non è che mi ci sono tuffato improvvisamente, perché in quei contesti io ci sono sempre stato, solo a modo mio, molto diverso da quello di altri. Probabilmente se non fossi vissuto vicino Rimini-Riccione a un certo punto, più avanti, magari avrei anche provato; ma per me era un ambiente abbastanza naturale, al quale ero abituato, e che vivevo a modo mio. Ci capitavo tutti i weekend in quei contesti: Cocoricò, Geodrome, Energy... Mi sentivo abbastanza di casa.
È strano perché non l'ho mai considerato come qualcosa con una connotazione artistica, da ragazzino. E non mi è mai venuto in mente di dover far qualcosa per cambiare il mio stato.    

La tua musica come sappiamo è legata alla trance e a un mondo che hai frequentato fatto di discoteche sulla riviera, come la vedi rispetto a quel tipo di pubblico? Pensi che sia completamente distante da te, tu parli ad altri, o pensi di poterlo toccare in qualche modo? Questo riferendoci anche al fatto che sei solito dire che quando suoni in contesti tipo teatro la gente vorrebbe muoversi, mentre quando suoni nei club non sei davvero "da ballo", e questo ti pone sempre un po' "fuori posto". Chi è il tuo pubblico?
Il mio pubblico è molto trasversale. Quando mi capita di ricevere complimenti da fan di musica trance inizialmente sono felice ma poi se ci penso cerco di capire dove posso avere sbagliato, perché non è esattamente quello che cerco di ottenere. Mi piace pensare che ci siano tanti punti di vista differenti e sono tutti validi.   

Ti ho sentito dichiarare che per te fare musica non è divertente.
Lo confermo! È nato tutto da un'intervista su Fact a Ron Morelli di diversi anni fa. Lui parlava del suo ultimo disco e diceva "è stato così divertente, so much fun in the studio", io forse sono anche un po' invidioso ma per me non lo è per niente. Capisco cosa vuole dire, però non puoi usare la parola fun, è fuorviante per un ragazzino di 18 anni che ti legge. Almeno se stai cercando di fare musica difficile, per come la intendo io, per come cerco di farla io: quando sei in studio e vuoi fare qualcosa di nuovo, qualcosa che ti sfidi, che vada oltre. È un processo stressante di alti e bassi, una montagna russa, sei entusiasta poi il giorno dopo riascolti e ti fa schifo. C'è un sacco di tempo in cui impazzisci per fare funzionare tutto... Non è divertente. È divertente quando sei soddisfatto, il disco esce, vai a fare le date, tutto il resto. Ma il processo di fare il disco non è divertente. Perché è difficoltoso. Secondo me, se ogni artista guarda veramente il processo di essere stato in studio e fare il disco, pochi riescono a definirlo divertente. 

Lo applichi anche a un progetto come Stargate, in cui magari ti lasci un po' più andare?
Stargate per sua natura è un po' più libero. Io sono molto critico nei confronti delle mie cose, sto molto attento a tutto il concept, la copertina, tutto quanto, ed è un lavoro continuo per stare dietro a tutto. Stargate è un po' più libero di così: volevo provare a fare delle cose diverse dalle mie solite, usare dei sample vocali... Anche mettere insieme il disco di Stargate non è esattamente divertente, però è una cosa che prendo un po' più alla leggera. Anche perché non ho delle deadline, il disco è uscito per Hundebiss quindi in famiglia, gli assoli me li ha fatti un amico di Cesena... Era tutto più libero, come veniva. Sono contentissimo di come è venuto, non mi aspettavo che andasse così bene, ho fatto tanti concerti, il disco ha venduto. Per quanto fosse un po' più libero gli dedico però tempo solo quando ce l'ho, quindi è anche un po' meno rifinito, non solo dal punto di vista musicale, tutto il progetto. È anche quello il bello. Tanti ci trovano qualcosa perché è meno inquadrato, meno di Lorenzo Senni, più libero da schemi e concept.

E nei progetti più collaborativi, tipo CB21?
Confermo il fatto che non lo trovo divertente, però adesso sembra che io sia lì in studio che bestemmio tutto il giorno perché mi tocca fare musica... e non è così! (ride) Le collaborazioni come possono essere CB21 o Hot Shotz con Oscar per me sono un po' mal comune mezzo gaudio, nel senso che condivido le responsabilità, e posso fare delle cose che non mi permetterei da solo. CB21 nasce dal fatto che abito in via Cesare Balbo 21 e avevo tutti i synth lì e ci trovavamo giorni interi a suonare a casa mia, buttando su video: suonavamo per giorni senza sosta con Simone di Hundebiss, i Primitive Art, Massimiliano Bomba... e così è nato CB21, che ogni tanto portiamo in giro, abbiamo suonato anche a Terraforma.
Questi progetti hanno una componente di divertimento, sono con amici, per me per collaborare con qualcuno la componente umana è molto importante. Non è così scontato nell'ambiente musicale. Ovviamente anche per questioni di business, che capisco e posso condividere: se devo fare un disco con uno, ci troviamo in studio, questo canta e chiusa la baracca io mi compro una casa magari ci penso anche! Però le collaborazioni per me sono anche qualcosa di umano. 

Hai cominciato a ricevere richieste?
Sì, sì. Remix... Io non ho mai fatto un remix! Me li chiedono, eh.

Però vuoi in cambio una casa!
(ride) Mai dire mai, però per ora non me ne hanno mai offerte, quindi non ho dovuto scegliere! Un remix lo farei solo per un pezzo che mi piace davvero tanto.

Non hai mai provato neanche per conto tuo, con qualcosa che ti piace?
Il fatto è che io vengo da un ambito rock, non ho mai fatto il dj e non lo so fare, e non trovo neanche particolare divertimento nel remixare delle tracce. L'idea mi può piacere, però dev'essere veramente qualcosa in cui mettermi con lo stesso impegno con cui farei una mia traccia, e dev'essere un pezzo che mi piace tanto di un artista che mi piace tanto. Ancora non è venuta fuori l'occasione. Sono venute fuori le possibilità di collaborazioni diverse, per delle strumentali, ma con artisti che non mi ispiravano tanto. L'unica cosa che ho fatto è quella con How To Dress Well, lui mi è sempre piaciuto, e ho fatto due synth per il penultimo disco. 

Parliamo di questa famiglia allargata di Hundebiss.
Hundebiss è nata nello stesso anno in cui è nata Presto!? Io e Simone (Trabucchi, ndr) ci siamo conosciuti perché avevo ordinato tre delle sue prime uscite su MySpace, ho pagato e poi mi sono dimenticato di dargli l'indirizzo. L'avevo contattato da un profilo di un progetto harsh noise (Human Missile) che avevo con un amico che abbiamo lasciato perdere presto, e Simone mi ha mandato dieci messaggi lì e non riusciva a contattarmi. Poi mi ha trovato per vie traverse e ci siamo dati appuntamento al Netmage di Bologna, dove anch'io partecipavo con Presto!? per il primo anno, ognuno col suo banchetto. Ci siamo incontrati lì, amicizia dal primo secondo, e qualche mese dopo lui mi chiama e mi dice "io vado a vivere a Milano perché c'è questo imprenditore edile collezionista d'arte che ha questo spazio, gli uffici di una fabbrica dismessa a Lambrate, e vuole farli diventare studi per artisti. Vieni anche tu?" La mia ragazza andava a studiare all'estero quindi era una buona occasione e ci sono andato. Quindi Presto!? e Hundebiss si sono trovate a vivere insieme. Simone come Hundebiss organizzava dei concerti nel seminterrato di questi uffici, tutto illegalmente, ogni settimana almeno uno. E sono passati tutti, perfino gli Emeralds o i Wolf Eyes, U.S. Girls, ho suonato anch'io e portavo artisti miei... Siam venuti su insieme, è uno dei miei migliori amici, abbiamo fatto un sacco di cose insieme e siamo cresciuti in parallelo, in un ambito un po' diverso, complementare. Presto!? più computer music, un po' di noise, un po' di ambient, e Simone più noise con attitudine un po' punk, molto legato a band, insieme coprivamo un bel range. Abbiamo conosciuto a Milano i Primitive Art e sono stati adottati, abbiamo fatto diversi tour insieme e condiviso un sacco di cose. Ci sono state più di quaranta Hundebiss night. Era importante, era l'unico modo per alcune cose di venire a suonare qua a Milano. Prima c'era Giuseppe Ielasi che faceva cose di quel tipo, poi lui ha smesso un po', c'è sempre stato O' e altri spazi, però noi essendo a Lambrate insieme, facendo tutto illegalmente, era ancora un'altra cosa che non esisteva. È stato un momento importante per tutti. E insieme abbiamo conosciuto e collaborato con tanti artisti.

(Hundebiss Family. Foto di Piotr Niepsuj)

Tu soprattutto all'inizio eri legato un po' al mondo dell'arte, delle gallerie, dei progetti audio video.
Sì. Semplicemente per il fatto che io, prima anche di fare dischi miei, ho fatto musiche per spettacoli teatrali o installazioni, le mie prime piccole fonti di guadagno legate alla musica. Sono sempre stato un po' a cavallo, non ho mai pensato a fare "dei live", anche le cose che seguivo erano nell'ambito della sound art, Alva Noto... Uscivano dischi ma anche libri, poi facevano installazioni.

È gente che vedi suonare all'Hangar Bicocca, nei musei.
Esatto, io seguivo esattamente quelle cose lì. Anche all'università ho studiato quello: David Tudor, John Cage. Mi sentivo bene in quel contesto e pensavo in quella direzione, di stare in quell'ambiente.

E non di finire su Warp.
Assolutamente, anche perché, l'ho detto anche in altre interviste, Autechre sì, e ho tanti dischi Warp, però per esempio Aphex Twin non è che io lo conosca alla perfezione o ne sia un fan sfegatato.

Eri più uno da Mego.
Assolutamente, io guardavo in quella direzione, e a tutti quegli artisti che facevano un disco e due mesi dopo facevano un'installazione: pensavo in quella maniera e mi vedevo in quel contesto lì. Anche per piacere personale a casa, prendevo un laser, pensavo a un'installazione, le ho fatte anche... Le mie prime cose, quando ho vinto Iceberg, un premio per giovani artisti a Bologna, avevo fatto un'installazione sonora in una chiesa, con un'idea, un concept. È utile per capire che anche quando faccio un disco su Warp a me piace ritagliarci sopra tutta un'idea e un immaginario, perché ho sempre ragionato in quell'ambito lì: Steve Roden, Rolf Julius... Ordinavo i dischi su Microsuoni, e mi arrivava un disco che magari era tutto solo cccch ffffzzzz cscs: Bernhard Gunter. Però c'era un libretto di cento pagine, me lo leggevo e capivo. Ho imparato a ragionare, e a pensare al mio lavoro. A differenza dei miei colleghi inglesi, per esempio, che vengono da un contesto completamente diverso (e non dico che sia meglio uno o l’altro): loro a quattordici anni facevano i dj e poi si son messi a produrre. Produrre cioè fare musica, senza un'idea o un concept - non è necessario che ci sia, è proprio un approccio molto diverso. Io invece vengo da questo background quindi per me è normale vedere come anche "Persona" per esempio potrebbe funzionare come installazione. Perché poi l'idea c'è: avere un banner differente per ogni live del tour, e ogni banner di pvc ha una tag dove io scrivo a mano ogni volta il nome della venue, la capacity, la data e la città è in previsione del fatto che faremo una mostra alla fine dell'anno con tutti i banner. Mi viene naturale, proprio perché vengo da quelle cose. 

Cosa ci dobbiamo aspettare dal live del 4?
Sarà in un teatro (il Teatro Principe, ndr) che non sembra un vero teatro all'italiana, neanche come il Parenti: è un locale a due piani che è una via di mezzo tra un teatro e un club, è affascinante. Ci sarà il live di "Persona", che spero di avere affinato come si deve, le ultime due volte ho suonato anche un paio di pezzi nuovi, ci sarà un bel bannerone gigante, viene Josh (Evian Christ), che mi fa un piacere perché siamo amici e quindi viene a supportare, suona XIII che è un ragazzo di Torino che fa parte di Gang of Ducks, l'ho sentito un paio di volte suonare live e mi è piaciuto e ci stava come live un po' più tranquillo all'inizio. Anche perché questa volta a Milano non volevo coinvolgere nessuno dei miei amici perché o li coinvolgo tutti o niente. Infatti la presentazione del disco a Londra siamo andati in spedizione: ha suonato Mino (Luchena, ndr), Pigro, Simone, Pit di Primitive Art... L'entrata è free, speriamo vengano un po' di persone a divertirsi e prendersi bene e bona. (in fondo all’intervista trovate l’indirizzo mail per la registrazione, ndr)    

A cosa stai pensando per il futuro? Negli ultimi tre lavori ti sei mosso in un ambito preciso, anche se con dei cambiamenti. Pensi di continuare su quella linea o di provare qualcosa di completamente diverso, o una via di mezzo?
Completamente diverso no perché sento che ancora posso spingere oltre quella visione. Tra "Superimpositions" e "Persona" c'è un po' di gap, e almeno quel gap lì vorrei riproporlo, ci dev'essere sempre uno spostamento, un'evoluzione della cosa.

Però non pensi di fare un disco ambient o un disco noise.
No, in studio mi piace sperimentare in direzioni anche molto lontane, però penso che come Lorenzo Senni adesso devo lavorare su quella cosa lì. Però si deve evolvere, ed è lì lo stress, i tentativi che falliscono, l'impazzimento. Non dico che un disco come "Persona" lo saprei rifare in un attimo, però potrei usare gli stessi preset, la stessa ricetta semplice. Io sono un po' lento a scrivere le melodie, però vorrei spingere un po' più avanti, si deve spostare qualcosa. Stargate invece mi aiuta a compensare il fatto che mi manca suonare in un gruppo, quindi Stargate potrebbe diventare una band.
Non sono un fan di chi ha troppi monicker però è bello pensare anche a compartimenti. Che siano davvero stagni è difficile, è quello il problema, pensare a compartimenti stagni è complicato, però le cose devono un po' evolversi. Non credo ci sarà la cassa in un disco di Lorenzo Senni, quello no. A meno che non ce la metta qualcun altro, a meno che il featuring non sia di uno che fa quello, che è conosciuto per fare dei beat, quello mi interesserebbe. Però deve funzionare.

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Tu sei uno ossessivo, vero?
Con me stesso sì.

Mi viene in mente per la batteria il classico Whiplash, e poi, anche per il fatto che giri in bici, un anime che facevano su Mtv molti anni fa, non so se hai presente: Golden Boy. C'era questo ragazzo che girava il mondo in bicicletta e si ammazzava in giro di fatica e di esperienze e mentre pedalava diceva "imparo imparo imparo”, e voleva imparare tutto del mondo e della vita. Tu che sei mega focalizzato sulle tue cose, non ti distrai, non perdi lucidità, vivi per questo... Me lo ricordi.
È un po' così! Lo sono molto.

È una cosa che paga comunque.
È una cosa che paga però... io sono così, ma mi piace e sono un fan di chi ha l'approccio opposto.

Infatti giri con gli sbandati!
(ride) Esatto! E più diventi vecchio più capisci queste cose: capisco perché mi trovo bene con Oscar, lui è esattamente il mio opposto, casinista, ci mette a fare una traccia il tempo che dura… Ne ho bisogno anch'io entro certi limiti. È per quello che c'ho i pantaloni rotti, mi piace avere le scarpe rotte... Se no impazzisco. Ieri sono uscito con la mia ragazza e sono andato a comprare tre paia di pantaloni e ho preso tre pantaloni uguali. Le scarpe le prendo uguali... Sono messo così. Non ci posso fare niente ormai, a maggio ne faccio 34 non ne esco più. Però ho bisogno di quelli che sono l'opposto di me.
Che sono abbastanza ossessivo nelle cose penso si capisca anche dalla musica che faccio. Se una cosa mi interessa ci spendo tanto, la cerco di espandere, capire di più: se una cosa mi entusiasma, tipo i build up, ci lavoro tanto. Però, come ho detto prima, ho imparato a ragionare dagli altri: dal lavoro degli altri ho imparato a pensare al mio lavoro, a approcciare le cose in maniera più scientifica, o comunque come uno studio. Le studio le cose. Anche se sono i build up, o le Magic!

È vero! Ma poi te le sei ricomprate o giochi ancora con quelle fotocopiate? (Lorenzo quando si era appena fidanzato ha venduto tutta la sua collezione per cinquecento euro per portare fuori la ragazza, ndr)
No, purtroppo no. Un amico mi ha stampato un mazzo, o quando vado a Cesena gioco coi mazzi dei miei amici. Solo che il problema qual è? Che lavoro con Yuri Ancarani che anche lui è un impazzito di Magic. Lui è impazzito a livelli che è andato in Svezia a fare non un torneo ma un meeting per chi gioca solo unlimited, alpha, beta, solo anni '90. Ha tutte quelle carte lì, girava con lo zaino con 40mila euro di carte... Ovviamente collezionate negli anni. Ma io l'inglese l'ho imparato così, con le Magic, più che con i testi delle canzoni.

Oltre alle Magic che passioni hai? Essendo uno così focalizzato sulle cose.
Ti dico una cosa che forse non ho mai detto: io sono un fotografo che sopravvive facendo musica. Per un discorso di passione.

Però non viene molto fuori 'sta cosa. Per dire, non hai fatto neanche le copertine dei tuoi dischi, o di altri.
No, no. Non mi sento all'altezza. Io li riconosco i fotografi bravi e io non sono uno di quelli. Però è una passione, e non ci puoi fare niente. All'università ho fatto un esame di Storia della fotografia, e ho visto "Guido Guidi". Ho chiesto ai miei genitori "ma è Guido il fotografo che abita a 500 metri da qua?" "Sì, sì" "Come? Guggenheim, Moma? Io pensavo facesse le fototessere!"
E lì mi si è aperto un mondo. Ho scoperto che i miei nonni hanno lavorato quasi tutta la vita per il padre di questo fotografo, che è un po' l'erede di Ghirri. Sono andato a trovarlo, e lui mi ha tirato fuori foto dei miei nonni, di mio padre da giovane... Foto che erano finite in riviste americane. E io per due anni della mia vita tutti i pomeriggi andavo da lui. E ho imparato a stampare, ho studiato la sua libreria, ho incontrato tutti i fotografi americani, Stephen Shore, figli di William Eggleston, Lewis Baltz, i fotografoni americani. Mi sono appassionato tantissimo, sono andato in giro con lui... E lui mi disse "quando vai in giro portati dietro questa" e io da quando ho iniziato a fare tour ho sempre la macchinetta, e continuo a fare foto. Ho una collezione... C'è un flickr e ho fatto una piccola mostra a Ravenna, però io ne ho cento volte di più. Fotografo tutti i musicisti: Oscar, Evian Christ, Fennesz... Il mio più grande progetto dietro alla musica è un progetto fotografico, personale perché legato ai miei tour, ma con un sacco di musicisti.

(Foto di Lorenzo Senni)

Hai presente il lavoro di Roberto Masotti? È un fotografo italiano che sta a Milano e ha lavorato anche per la Scala. Lui fondamentalmente era uno dei più grossi fotografi jazz degli anni '70, e ha fatto questo progetto con un tavolino, di cui ha fatto varie mostre perché è andato avanti per tipo 30 anni, e a questo tavolino ha fatto sedere chiunque: Stockhausen, Cage, Alvin Curran, Demetrio Stratos, tutti quelli della Cramps...
Bello, bello. Me lo cerco assolutamente. Sono proprio un appassionato. Purtroppo è una passione che ha un costo, perché io fotografo in pellicola - ma non perché sono un purista, è solo talmente un rituale che per me è fondamentale. Se parto per fare una data e mi dimentico la macchinetta, che è una Rollei 35, quasi mi dispiace più che se mi dimentico un synth! E se vado a suonare a Hong Kong sono eccitato perché posso fare delle foto. Quando torno da una data non vedo l'ora di sviluppare i negativi. 

Sai che mi sa che così esplicitamente non te l'hanno mai chiesto: come sei finito su Warp?
0PN (Onehotrix Point Never, ndr) e i ragazzi di Warp sono venuti in contatto con il mio lavoro da Stargate, e mi hanno chiesto di fargli sentire a cosa stavo lavorando. Lo fanno con un sacco di gente, eh. Gli ho mandato delle cose che stavo facendo, mi hanno invitato a Londra, siamo usciti una sera e poi siamo andati avanti. A Londra si sparge un po' la voce di queste cose. Un po' prima che Warp mi contattasse io avevo suonato in uno showcase di Young Turks, avevo incontrato Jamie XX, era preso bene per la mia roba, io ero a Londra, lavoravo un po' negli studi di Young Turks, lui mi ha chiesto di lavorare un po' nel suo studio, sono stato due settimane… e sai a Londra la gente sta attenta a vedere cosa succede, cosa si muove. In quel momento allora il manager di Koreless e Rustie è venuto da me e mi ha chiesto di incontrarci, sapeva che avevo avuto degli approcci, lui aveva lavorato anche con Hudson Mohawke... Tutte queste cose sono successe un po' insieme, ho cominciato a lavorare con lui e poi abbiamo firmato il contratto con Warp. Non ci avrei mai pensato. Però ho avuto due o tre segnali quando ho incominciato a andare a Londra a lavorare e a incontrare persone che qualcosa sarebbe potuta succedere, qualcosa di più grosso di quello cui ero abituato. E quindi son finito lì! L'EP è andato bene, per quello che è meglio di così non poteva andare.  

Non so come l'hai vissuta tu da diretto interessato, ma mi ricordo che il giorno che la notizia è uscita ufficialmente su Pitchfork, Fact eccetera (ovviamente all'interno di una certa filter bubble) è stata veramente la cosa di cui parlavano tutti.
Sì, io capisco perché e mi ha fatto piacere per tutti quelli che son stati presi bene, ogni tanto mi vedo taggato con "orgoglio italiano", che fa megaridere. Però lo capisco. Non so neanche cosa dire, bomba. Ma anche nel male, perché questa cosa non è stata presa bene da tutti. Però è normale che avesse una bella risonanza, dai: Warp pur essendo inglese e non avendo mai avuto nessun italiano, è mega conosciuta e ha sempre avuto un grandissimo seguito qua. Al Link, al Tpo, al Leoncavallo... L'Italia ha sempre seguito tanto. Quindi ci sta, nel bene e nel male. Io mi sono trovato anche taggato tante volte da gente che scriveva "è vergognoso", taggandomi! Ma non sono uno che se la prende. Poi io i dischi prima di quello su Mego suonavo proprio chchhchchcchhchchchch e mentre suonavo la gente mi chiedeva “ma cosa stai facendo”, oppure di passarmi il bicchiere. Quindi è stato bello vedere tutto il range di reazioni. Molti forse si aspettavano che il primo italiano fosse qualcun altro, magari da altri contesti, anche se poi ha senso da un certo punto di vista che ci sia finito io.

Ma io non ti ho mai visto come uno che ha degli "hater", anzi, ti ho sempre visto come uno mega rispettato da tutti, mega riconosciuto. Che anche se a uno non piace o non interessa la tua roba comunque ti rispetta.
Io al mio lavoro ho sempre cercato di dare una consistenza, giustificare le scelte musicali e tutto quanto, e son contento che sia stato sempre percepito così. Gli hater sono una bassissima percentuale, solo che io li vedo se mi taggano (ride), e hanno questa volontà di farmi partecipe della loro disapprovazione. Li vedo e ci sta. Qualche musicista che suona da vent'anni e c'ha la casa piena di synth, e conosce ogni virgola di tutti i pezzi di Aphex Twin a memoria, se ci va Lorenzo Senni su Warp con sta roba... Si va a cercare cosa faccio e si sente un pezzo di Quantum Jelly che fa solo pipipipipi per cinque minuti… dice "cazzo, no”.

A te cosa piace, cosa ascolti ultimamente?
Ultimamente ascolto un sacco di rock. Sono andato a vedere i Deftones venerdì scorso. Purtroppo non riesco a seguirlo così tanto, perché non ci sono tante band nuove.

Eh in questo momento non è un ambiente particolarmente interessante.
A me piace un po' di cloud rap, quelle robe lì me le ascolto…

Yung Lean.
Sì, le ascolto, mi piacciono i suoni, mi piacciono le atmosfere. Mi ascolto anche tante cose che escono per essere aggiornato, poi magari ritornarci è diverso, però ascolto tanto di quello che esce. I pezzi che sono usciti del nuovo album di Forest Swords mi sono piaciuti tanto. E tanto rock. Solo che mi tocca ritornare un po' sui dischi che ascoltavo una volta, perché non c'è tanto... Riascolto robe vecchie, non troppo, non sono uno da Grateful Dead, però ritorno a Godspeed You Black Emperor, Silver Mt Zion, tutti i progetti paralleli, oppure tutti i gruppi Revelation Records, gli Elliott, Texas Is The Reason, Farside, anche quelli meno punk-hardcore... i Mineral, l’emo anni 90. Poi Gloria Record, gli stessi Raein, La Quiete che sono i miei amici... che sto cercando di portare a suonare al Berghain oltretutto! Ritorno su quelle robe lì, mi fa piacere ascoltarle, ci trovo sempre anche qualcosa di interessante.

Sei ancora sotto con gli energy drink?
Io sono conosciuto come quello che suona ma di più come quello che beve gli energy drink! Spesso legato al fatto che non bevo alcolici. Quindi tutti, è proprio una gag che va da Berlino a Londra a Stoccolma, mi conoscono per quello. E la gag era anche che io ero l'unico non sponsorizzato, l'unico che la doveva comprare. A tutti i miei amici, da Mark Fell a Oscar, la mandavano a casa, e io ero l'unico che la beveva in continuazione e se la doveva pure andare a comprare. Adesso fortunatamente no. Però ho un po' calato le dosi. Il punto di maggiore consumo è stato Quantum Jelly, lì esageravo. 

È una cosa che si lega anche alla musica che fai
Ho fatto un'installazione in Marselleria un anno prima che uscisse "Persona", che si chiamava "Persona" pure quella e c'era della Red Bull sparsa sul pavimento, avevo fatto un tappeto rotondo di lattine di Red Bull schiacciate, posizionato nel punto migliore di ascolto, e poi c'era questa roba che si chiamava Advanced Abstract Trance, che era una serie di build up.

(L'installazione in Marselleria, con le Red Bull schiacciate)

Il build up che non arriva mai a un drop come un riferimento a un orgasmo sempre differito
Cosa c'è di meglio di quando una ragazza ti invita a un appuntamento e cazzo la sera prima ti dice “guarda non posso, facciamo domani”, e poi dopodomani, anche quello è un build up. Poi alla fine la incontrerai e la bacerai e ok, però le aspettative sono quello che crea quella tensione, che a me è sempre interessata. E in Advanced Abstract Trance, quella performance di due anni fa dei build up, io sono seduto e bevo quattro Red Bull, e ti giuro che alla quarta bevuta in quaranta minuti...

Diventi Powell!
(ride) Io cerco di stare fisso, e fisicamente non ci riesco. Anche con CB21 avevo fatto un'installazione in cui quello che avevo portato io erano quattro casse di Red Bull e basta. Ognuno doveva fare una sua parte di installazione e io quelle poi me le portavo a casa e me le bevevo. Ho delle foto dello studio con tutte le Red Bull impilate. E anche l'anno prima quella cosa per terra: mi piaceva l'odore della Red Bull, il fatto che uno entrasse in questo spazio e lo riconoscesse, con anche l'appiccicaticcio post-serata del pavimento, cic cic, e questo tappetino di lattine schiacciate esattamente nel punto di ascolto, che praticamente non potevi raggiungere. Ancora questo gioco con il non riuscire a raggiungere un obiettivo.

Hai problemi di ansia? Parlavi di tensione, aspettativa prima di arrivare a qualcosa. Mi interessava sapere se questo discorso artistico avesse anche un legame con cose tue personali
No, non più di tanto. Anzi, probabilmente il fatto che sia abbastanza tranquillo da questo punto di vista mi permette di lavorare con queste cose, e anche cercare di spingerle e usarle come concept. Probabilmente se ci avessi a che fare in maniera un po' più seria non vorrei rivederla nei miei pezzi. Però come tutti ci ho a che fare, in qualche misura.

Mi rendo conto che è una domandona, ma immagino che tu ci abbia riflettuto non poco: alla fine di tutto, perché fai musica? - abbiamo chiarito per esempio che non è perché ti diverte
È una bellissima domanda. Più ci penso e più mi rendo conto di non essere in grado di rispondere. Devo ammettere che sono un fan-boy e che una grandissima spinta a fare musica mi viene trasmessa direttamente dall' "intelligenza" e dalla bellezza del lavoro di artisti che seguo e stimo o di altri che ho appena scoperto. E poi... cosa potrei fare nella vita se non facessi musica? Quale sarebbe stata quell'attività alla quale mi sarei potuto dedicare spendendo così tante energie senza aspettarmi niente in cambio? A dire il vero mi capita di pensarci. Ho lavorato in una fabbrica di sementi per undici estati e ho messo da parte tutto per stampare i primi dischi e comprarmi la prima chitarra... mi rendo conto che non ho mai pensato neanche per un secondo che quello che stavo facendo potesse non essere funzionale al mio rapporto con la musica; anche se in pratica stavo facendo altro visto che non potevo aspettare che mi cascasse una Les Paul dal cielo.

 

 

Per partecipare al concerto di Lorenzo Senni del 4 maggio al Teatro Principe di Milano invia un'email con il tuo nome a rsvp@pry.it

 

 

 

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L'articolo Lorenzo Senni - Focus e ossessione di Federico Sardo è apparso su Rockit.it il 2017-05-03 10:07:00

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