Lucio Leoni: "Non mi manca il palco, mi mancano le persone"

"Dove sei pt.1" è il nuovo disco del cantautore romano, il secondo capitolo sarà in autunno. Un lavoro "politico", che guarda, in questo momento di tempesta, al mondo dell'arte finalmente come a un collettivo

Lucio Leoni - foto Simone Cecchetti
Lucio Leoni - foto Simone Cecchetti

Vi ricordate quella cosa sui profeti e la loro patria? Lucio Leoni viene da Roma, dove tutta la sua storia e il suo talento sono riconosciuti da un pezzo. Altrove meno, ma lui è un cantautore come pochi se ne vedono in giro. Sarà il fascino della sua teatralità, figlia dei suoi trascorsi da attore, o magari il fatto di aver vestito sia i panni del produttore che del gestore di un locale, sarà che il nome Lucio nella musica italiana sembra essere un sinonimo di garanzia: in ogni caso è un artista che ha sempre qualcosa di interessante da raccontare, mettendo in discussione la sua stessa musica e saltando con disinvoltura da un genere all'altro. 

Classe 1981, lo ha dimostrato più volte nel corso di questi anni. Si è innamorato della musica da piccolo, poi ha iniziato a giocare a calcio e ha ripreso in mano le canzoni dopo essersi trasferito negli Stati Uniti. Nel 2000 a Roma ha creato la sua prima band, gli Yugo in Incognito, con cui ha pubblicato un disco e due ep. Ha studiato Scienze dello spettacolo alla Sapienza e poi ha fatto il conservatorio. Oltre all'attore, ha fondato uno studio di registrazione e gestito per anni il live club La Riunione di Condominio, locale culto della scena musicale romana. Nel 2011 ha iniziato la carriera da cantautore sotto il nome di Bucho con l’album Baracca e Burattini, per poi passare al suo vero nome, con cui nel 2015 ha firmato il disco Lorem Ipsum e nel 2017 Il lupo cattivo.

Ora la sua nuova fatica, Dove sei pt. 1 (Lapidarie Incisioni/Black Candy), uscito qualche giorno fa, è la prima metà di un nuovo percorso per Lucio, una riflessione su quello che significa essere qui e ora. Per la seconda parte dovremo aspettare l'autunno, intanto queste prime otto canzoni si fanno parecchio apprezzare.

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Perché un disco in due parti?

Abbiamo lavorato su 16 brani, ma il mio approccio alla scrittura e il mondo dell’ascolto oggi non vanno molto d’accordo. Da un lato si ascoltano sempre meno i dischi, dall’altro io non conosco il dono della sintesi, dunque abbiamo pensato fosse meglio separare il lavoro per lasciare più spazio, respiro alle canzoni.

Hai detto "Dove sei non è una domanda, ma la consapevolezza di essere qui e ora". Tu dove sei adesso?

Sospeso in uno spazio che non conosco. Come tutti immagino. È come se fossimo in assenza di gravità, dunque anche localizzarsi non è facile.

Nel disco citi John Cage e Gianni Rodari. Cos’hanno in comune, e come ti hanno ispirato?

Hanno in comune la curiosità, che è motore della ricerca. Uno usava i suoni, l’altro le parole. Un approccio mai scontato ai temi e alle forme. La domanda vera è: come possono non ispirarti, se ti occupi di suoni e parole?

C.U.B.A. Cabbal, Francesco Di Bella e Andrea Cosentino, tre nomi molto diversi tra loro. Come mai li hai voluti nel disco?

Li hanno voluti le canzoni. È molto poetico e retorico da dire, ma è così. Ogni collaborazione nasce da un’esigenza diversa: per C.U.B.A. è stato il bisogno di confrontarmi con un mondo – quello del rap – che amo e rispetto tantissimo e farlo con un gigante di questo calibro è stato pazzesco. Francesco è un amico ed è la poesia. Il brano chiedeva poesia, profondità, cura: la sua voce, il suo timbro, il modo con cui mette l’accento sui vocaboli sono cose preziose e rare che possono portarti in altre dimensioni. Andrea è un genio puro. Il suo testo è stato fulminante per me e aver avuto la possibilità di lavorare su un materiale non mio, di valore così alto, è stato un onore.

Come ti sei avvicinato al mondo dello spoken word? 

C'entra la mia passione per il teatro, quello di narrazione è stato un pezzo della mia vita; in qualche modo è un punto d’incontro tra i due spazi artistici e performativi.

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Qual era il tuo obiettivo quando stavi realizzando il disco?

Fare il miglior disco che potessi fare. Oltre ciò non ho quasi mai grandi obiettivi, non me li posso permettere

Tanti artisti hanno rinviato l’uscita del disco durante la quarantena, tu perché hai voluto pubblicarlo lo stesso?

Mi sembrava giusto dare segnali di vita. Se è vero che gli artisti in un momento così possono anche essere inutili – fuor di polemica e con la tranquillità di concederselo –, la loro produzione non lo è mai.

Ti manca il palco?

Relativamente direi, mi mancano di più le persone.

Cosa ne pensi del decreto con le nuove indicazioni per lo svolgimento dei concerti in sicurezza?

Sono un po’ preoccupato, non so quanto sarà effettivamente percorribile e interessante. I rischi economici potrebbero essere troppi per tutte le parti in causa, e lo sfondo performativo poco stimolante: è difficile. Da qualche parte, però, in qualche modo, si deve ricominciare.

Hai gestito il locale romano La riunione di condominio. Dal punto di vista di chi organizza i concerti, quanto sarà duro il periodo che ci aspetta?

Sarà devastante, amici. Bisognerà starsi molto vicini, tutti. Io in una situazione così, posso dirverlo con certezza, non avrei potuto riaprire.

Lucio Leoni - foto Simone Cecchetti
Lucio Leoni - foto Simone Cecchetti

C’è invece qualcosa di positivo che questo periodo di quarantena ti ha dato?

Qualcuno ha detto: quando finisce la speranza, inizia la fiducia. In questo momento ho fiducia che si possa costruire un percorso politico collettivo e condiviso, per organizzare finalmente il tessuto del mondo dello spettacolo in questo Paese. Si muovono tante cose, se ne parla, ci si confronta: spero sia la volta buona.

Non appartieni alla "generazione d'oro" dell’indie italiano: ti ha penalizzato? nel corso della tua carriera?

In termini economici è evidente che avrei guadagnato qualcosa di più, ma forse non avrei scritto quello che sto scrivendo, non avrei fatto i dischi che ho fatto e tutto sommato sono felice del mio lavoro fino a qui.

Come hai vissuto l’esplosione dell’itpop degli ultimi anni?

Anche solo per distacco generazionale io non l'ho capita. Mi interessa poco.

Cosa ci sarà nella parte 2 del disco?

Se la prima parte si apriva con il teatro – Mi dai dei soldi – la seconda si aprirà con il cinema.

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L'articolo Lucio Leoni: "Non mi manca il palco, mi mancano le persone" di Vittorio Comand è apparso su Rockit.it il 2020-05-22 09:46:00

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