Numero6 - mail, 03-04-2007

(I Numero6 - Foto da internet)

Un anno fa il disco, ora di nuovo in studio con una collaborazione di cui si chiacchiera da mesi e a breve in tour con un "reading in concerto" (passerà anche dal MI AMI). Bilanci e progetti di Michele Bitossi, che divide con il batterista Stefano Piccardo la ragione sociale Numero6.



Ad un anno dall'uscita si può ragionare a freddo su "Dovessi mai svegliarmi". Come è nato?
Dopo "Iononsono", il primo album come Numero6, abbiamo vissuto un periodo, diciamo così, di "assestamento" e transizione. Prima di approcciare alla scrittura dei brani per il nuovo disco abbiamo preso atto del fatto che, per una serie di ragioni, l'atmosfera all'interno della band non era più delle migliori. Così i Numero6 sono di fatto rimasti in due: per quanto in "Dovessi mai svegliarmi" esistano peculiari "tracce" dei vecchi membri si tratta di un album concepito, registrato, arrangiato e prodotto fondamentalmente da me, ovviamente con l'importante contributo di Stefano Piccardo.

Un bilancio sulla vita del disco fino a questo momento?
Siamo sostanzialmente contenti di come sta andando il disco. Trattandosi di un progetto indipendente, che non si avvale di grandi budget, eravamo e siamo consci del fatto che in questi casi la "carburazione" può essere lenta. Così è stato: siamo stati pazienti e, finalmente, sentiamo di veder riconosciuti grandi sbattimenti e sacrifici, sia in termini di tempo dedicato all'album e alla sua promozione, sia in termini meramente economici.

E per quanto riguarda il tour (MI AMI compreso)?
Quanto al tour, premetto polemicamente una cosa. In Italia la situazione è abbastanza tragica per le band di ambito indie, non ancora nel giro dei superclub o situazioni simili. Esiste un triste ricatto per cui sembra che i locali, i promoter, i circoli, si abbassino tutte le volte a farti un enorme piacere per invitarti a suonare. Ti offrono cachet demenziali e, quando va bene, una cena calda. Non parliamo poi delle situazioni tecniche che si trovano in giro, anche in posti diciamo così "blasonati"; posti che, evidentemente, marciano sul loro nome e se ne battono il cazzo di mettere i musicisti in condizione di suonare in maniera degna.

Detto questo noi abbiamo fatto una cinquantina di date, Mi AMI compreso. Ci è servito e ci è piaciuto farlo. Abbiamo macinato chilometri da Trieste a Lecce come dei ragazzini indiavolati.

Si parla ormai da tempo del vostro nuovo EP con Will Oldham come ospite d'eccezione. Quando uscirà e in cosa consiste questo nuovo lavoro?
Siamo entrati al Greenfog studio di Genova con l'idea di registrare un EP, il cui pezzo di "punta" avrebbe dovuto essere la nuova versione di "Da piccolissimi pezzi", cantata interamente in italiano (!) da Bonnie "Prince" Billy. Dopo qualche session, per diverse ragioni non ci convinceva più il fatto di uscire con un mini: non si vende più un cd normale, figurarsi un EP. In più i media non sembrano affatto intenzionati a dare spazio e considerazione a questi formati. La conseguenza è stata che il lavoro si è focalizzato sull'album nuovo dei Numero6, che uscirà dopo l'estate e che vedrà, oltre a Will Oldham, altri prestigiosi ospiti. Cito per ora il grande Davide Toffolo, al quale abbiamo affidato la voce di un brano nuovo.

Tra primo e secondo disco si avverte uno sbalzo di sonorità e di impostazione, scatta quindi la domanda marzulliana: è stato il netto cambiamento musicale tra "Iononsono" e "Dovessi mai svegliarmi" a portare ad una maggiore introspezione nei testi o viceversa?
Ammetto di non aver pensato a questa possibile chiave di lettura. In effetti "Iononsono", cui peraltro mi sento ancora affezionato, era qua e là piuttosto ingenuo (mi riferisco sia alla musica che ai testi) credo che con "Dovessi mai svegliarmi" si sia individuata una strada più matura, peculiare, interessante, sia dal punto del vista del suono che per quanto concerne le liriche. L'obiettivo era di rendere le canzoni meno involute possibili, tagliando fronzoli, cercando soluzioni che permettessero ai pezzi di andare al punto in maniera più immediata possibile evitando gli autocompiacimenti, gli inutili vezzi, le "maschere". Per quanto riguarda i testi, volevo che fossero più diretti, che non si rifugiassero in un ermetismo a volte fine a se stesso.

Dal punto di vista del suono abbiamo lavorato molto sulle dinamiche dei brani per ottenere sbalzi umorali significativi: se in tanti casi abbiamo "svuotato", in altri si è cercato di creare più livelli sonori e atmosfere armonicamente complesse. Questo anche grazie all'uso delle seconde voci e dei cori, che abbiamo curato per la prima volta in maniera assai meticolosa.

Dopo la compresenza fisica di racconti e canzoni nel booklet dell'ultimo disco, nel mese di luglio realizzerete fino in fondo questo incontro con una serie di "reading in concerto", come li avete definiti, in compagnia di Enrico Brizzi. Come nasce questa collaborazione e in cosa consiste lo spettacolo?
Circa un anno fa, Brizzi mi scrisse una mail in cui diceva di aver apprezzato moltissimo il nostro nuovo album. La cosa ci fece enorme piacere perché Enrico è un autore con cui siamo "cresciuti" e che apprezziamo da sempre. Abbiamo avuto subito l'idea di fare qualcosa insieme ed è nata "Navi stanche di burrasca", una canzone che sarà nel prossimo disco, il cui testo (bellissimo) è suo.

Col passare del tempo siamo diventati amici e abbiamo deciso di realizzare qualcosa di più impegnativo. Quest'estate faremo infatti un tour insieme in cui presenteremo il suo nuovo romanzo ("Il pellegrino dalle braccia d'inchiostro") con una serie di canzoni inedite che conterranno suoi reading, parti cantate, e sorprese varie. La cosa ci affascina molto perché troviamo stimolante il comporre, di fatto, la colonna sonora di un romanzo.

Dopo aver saputo della collaborazione di Oldham pensavo ad un indirizzo ancora più intimista per i vostri pezzi. Poi invece inizia a girare la nuova versione di "Verso Casa", che sembra tornare verso "Iononsono" ma contiene anche una citazione dei Laghisecchi, vostro vecchio gruppo: qual è la direzione futura dei Numero6?
Il fatto è che non ci interessa per niente arroccarci su una sola posizione, su un solo suono. Se è vero che i toni acustici e intimisti sono nelle nostre corde, è altrettanto vero che ci piace scrivere anche cose movimentate, esplosive, danzerecce pure. È questo il caso di "Verso casa", che nella nuova versione remixata riporta ad atmosfere indie-troniche, presenti nel nostro album precedente ma sicuramente anche in quello che andremo a fare. Mica abbiamo voglia di diventare dei pallosissimi trentenni che la menano coi loro fallimenti amorosi ed esistenziali… Un po' va bene ma non esageriamo.

Proprio in "Verso Casa" hai un moto di rabbioso sconforto nei confronti della scena indie nostrana, criticandone soprattutto la forma e i comportamenti. Questi due fattori rischiano di essere limitanti?
Abbiamo scelto "Verso Casa" come nuovo singolo proprio perché, a nostro avviso, rappresenta in pieno una delle nostre anime. Nel testo, costruito volutamente a scarti narrativi anche piuttosto secchi, parlo di varie cose, alcune delle quali molto delicate e personali. Nella seconda parte del pezzo ho voluto descrivere una delle scene tipo che si possono vedere spesso a certi concerti: schiere di inutili poser mostrano spillette, scarpette e quant'altro, blaterando sterile nozionismo indie e perfettamente incuranti della band per cui, solo in teoria, sono in quel posto, molte volte senza aver pagato il biglietto. Non ho affatto una bella opinione della cosiddetta scena indie italiana o, per lo meno, di molti atteggiamenti che nulla hanno a che fare con il tentare di scrivere canzoni vere, sincere e possibilmente originali.

Quanto è importante per una canzone la costruzione narrativa?
Ritengo non sia fondamentale per un buon testo essere narrativo, anzi. Sono cresciuto con le liriche di Michael Stipe, fatte per lo più di immagini surreali, e mi ritengo molto influenzato da esse. Per quanto mi riguarda, tento sempre di scrivere le parole che meglio si integrano con la musica, che ne possano esaltare la melodia senza essere invasive o troppo ridondanti. Quando compongo, parto da frasi e concetti che ho precedentemente appuntato in mille agende, foglietti e fogliettini. Di lì parto, poi dove arrivo è ogni volta un mistero anche per me.

Già a partire dal vostro nome fate riferimento ad un immaginario visivo e audiovisivo, ma anche in diversi testi citate direttamente il linguaggio filmico. Quale importanza ricopre la sezione "sguardo" nella vostra produzione?
Una grande importanza e per vari motivi. Innanzi tutto siamo grandi appassionati di cinema. Quando scriviamo una nuova canzone ci capita spesso di arrangiarla attingendo da suggestioni, diciamo così, "cinematiche". Non a caso ci occupiamo da sempre in prima persona della realizzazione dei nostri videoclip, curando ogni particolare. Comunque il nostro nome ha anche un altro significato, riferendosi al ruolo del vecchio "libero" calcistico, ormai in disuso insieme a tanti altri sapori di un calcio che non esiste più. Da grande tifoso genoano tutto ciò mi rammarica non poco.

"La stabilità", contenuto in "Iononsono", era arrivato al primo posto di TRL, nonostante un testo non semplicissimo e, immagino, una promozione non proprio da major. Com'è stato possibile?
Quello di "La stabilità" è stato un exploit tanto inatteso quanto surreale. Ci siamo ritrovati da un giorno all'altro a fare i cretini sul balcone di TRL in piazza Duomo a Milano salutando comitive di ragazzini in gita scolastica che urlavano come dei pazzi. Personalmente non so come cazzo sia potuto succedere, probabilmente siamo stati cavie per l'esperimento sociologico di un team di scienziati assoldati da Mtv... Devo dire che abbiamo vissuto quel momento con l'autoironia e il distacco che ci caratterizza da sempre, ben consci del fatto che con Cristina Aguilera e con i Blue abbiamo ben poco a cui spartire.

"Da piccolissimi pezzi" contiene una precisa dichiarazione di poetica, fatto non comune in ambito musicale (penso a Guccini in "Il tema"). Cosa ti ha spinto a scrivere un autoritratto così esplicito?
Sarò sincero. Ho scritto quel testo più o meno di getto non avendo come obiettivo quello di dichiararmi poeticamente. Comunque mi sta benissimo che la canzone venga interpretata in questo modo e apprezzo molto il paragone con il brano di Guccini che citi, da sempre tra i miei preferiti.

Sta di fatto che "Da piccolissimi pezzi" è in assoluto il nostro pezzo preferito di "Dovessi mai svegliarmi". Non a caso la riproporremo in una nuova veste sul prossimo disco.

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L'articolo Numero6 - mail, 03-04-2007 di Marco Villa è apparso su Rockit.it il 2007-05-10 00:00:00

COMMENTI (2)

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  • bottlebaky 17 anni fa Rispondi

    mhm......però d' altra parte non fare altrettanto le pulci a situazioni tipo TRL non lo capisco del tutto.........fare "cia ciao" da un balcone con un branco di rincoglioniti di sotto, che probabilmente non sanno neanche x chi stanno urlando quel giorno, non mi pare sia molto meglio rispetto alla cosiddrtta "scena indie italiana" (che ha i suoi difetti, x carità...)
    al di là di questo, massimo rispetto x i Numero 6, davvero bravi...

    p.s. non mi piace il linguaggio dell' intervista però, verboso, un pò pesante......avrei gradito piu' leggerezza.

  • alwho 17 anni fa Rispondi

    Daccordissimo con michele sul pensiero riguardante la scena indie italiana ( ma anche quella estera non è da meno) Essere o fare musica indie oramai, anzi già da tempo, non è più uno stile ma semplicemente una moda!!!!:= E che molti se non la maggioranza dei locali non incoraggi e aiuti la musica ITALIANA su tutte è un dato di fatto! So benissimo cosa intendeva Michele! :?
    Grandi Numero6!!
    Alberto