Ulan Bator - Mail, 08-04-2007

(Amaury Cambuzat - Foto da internet)

Sono francesi. Arrivano a noi nel 1997 grazie alla collana "Taccuini" del Consorzio Produttori Indipendenti, da lì i tour con i CSI, moltissimi concerti, cambi di line up, trasferirsi in Italia. Da poco la Jestrai ha pubblicato "UlaanBaatar" l'album che raccoglie materiale inedito registrato dal 93 al 98. Amaury Cambuzat e la storia degli Ulan Bator.



Gli Ulan Bator approdano in Italia nel 1997 con la pubblicazione di "Polaire" per la collana "Taccuini" del CPI, come ne siete entrati in contatto?
All’epoca vivevamo a Parigi, avevamo un'amica in comune (Claude Guyot che lavorava per i Litfiba negli anni 80) che ci aveva detto che la nostra musica poteva interessare ai CSI, sapendo che erano pure intrippati con la Mongolia.

Dopo è successo tutto in fretta: l'uscita di "Polaire", l'apertura del concerto dei CSI al Palaeur di Roma davanti a 10.000 persone e 10 altre date con loro durante tutto il 97. …poi la pubblicazione di “Végétale” e la decisione di Gianni Marrocolo di fare uscire per la sua etichetta, la Sonica, il nostro quarto cd: “Ego:Echo” prodotto allora da Michael Gira (Young God Records).

E come siete stati accolti nel nostro paese? Considerando che la vostra musica era d'avanguardia e che cantavate (anche se poco) in francese, lingua che da noi non ha un grandissimo appeal in ambito rock?
Il nostro approccio è sempre stato “rock”, non abbiamo mai voluto dare un'immagine ermetica o intellettuale alla nostra musica, anzi!

Dal nostro cuore con sincerità fino alle vostre orecchie. Se la nostra musica è sembrata a volte avanguardista è perché abbiamo sempre cercato l’originalità: mai ripetere una cosa già sentita, anche se è difficile e quasi utopico riuscirci.

Credo che se sei sincero riesci a comunicare in qualsiasi lingua. Lo stesso fenomeno succede con l'inglese; quando avevo 14 anni ascoltavo i Velvet Underground, Tom Waits, Bowie senza capire tutte le parole ma comunque intuivo qualcosa. Poi, più avanti, quando ho iniziato a conoscere meglio l'inglese, ho riletto quei testi e mi sono accorto che già allora ne avevo capito più della metà.

E dal 1997 in poi, come si è sviluppato il tuo rapporto con l’Italia? I dischi sono stati pubblicati da etichette italiane ed all’interno degli UB ci sono stati molti musicisti italiani: quindi siete diventati un gruppo “italo-francese”…
Diciamo che mi sono spostato pian piano verso l’Italia e quindi per un periodo ho frequentato più musicisti italiani che francesi.

Il primo contatto con musicisti italiani si è verificato quando Franck Lantignac ha smesso di lavorare con noi per motivi personali, ed il caso ha voluto che quasi subito dopo incontrassimo Matteo Dainese. Poi, c'è stato Egle Sommacal che ho invitato a raggiungere il gruppo perché avevo voglia di cambiamenti musicali: avevo suonato con i Massimo Volume nel loro ultimo tour e mi era piaciuta l’idea di allargare la formazione. Oggi il gruppo è composto da due francesi (Olivier Manchion al basso + io) e da un italiano (il batterista Alessio Gioffredi): al 67% francese diciamo...

Ti sei anche trasferito a vivere in Italia..
Sì, a Napoli nel 99 e poi nel 2001 a Milano. Motivo? Lavoravo molto con l’Italia e l'azzardo della vita mi ha fatto incontrare un ragazza di Napoli.

C’è una cosa in particolare che devo assolutamente chiederti: è vero che quando eravate in Francia provavate in una grotta di tufo?
A Parigi provare in città costava tanto e poi, all'epoca, eravamo molto impressionati da gruppi come i Can che intendevano il loro studio (l’Inner Space) come un laboratorio musicale. Per noi era fondamentale registrare in modo autonomo la nostra musica.

Un personaggio fondamentale è stato Robert Cantet che tagliava la pietra tutto il giorno davanti a questo posto intrigante: si vedeva solo l’inizio di una galleria da fuori sulla strada. Un giorno siamo andati a parlargli, ed abbiamo scoperto che era anche uno filosofo! Da quel momento abbiamo visitato le gallerie di tufo e scelto un posto dove costruire delle pareti di quasi 6 metri di altezza. “Ulaanbaatar” riflette questo desiderio e questo periodo: non volevamo trovare limiti dentro uno studio “classico”.

“Ulaanbaatar” è davvero un ottimo disco, svela la vostra vena più estrema ed avanguardista: come è nata l’idea di realizzarlo?
Ti ringrazio, l’idea ci è venuta durante le feste di Natale 2006. Mi annoiavo e per sentirmi vivo ho dovuto darmi da fare.

Ho parlato con Olivier del fatto che eravamo particolarmente affezionati a versioni dei nostri brani mai uscite su cd. Ci siamo ascoltati tutto quello che avevamo nei nostri cassetti, dal 93 fino al 98: cassette ferro, dat, vinili. Abbiamo fatto una scelta molto curata dopo di che l'etichetta Jestrai ci ha convinto a realizzarlo il più presto possibile.

Dall’idea fino alla sua realizzazione sono passati 2 mesi soltanto!

Tra gli altri, mi ha molto colpito la canzone “…Jun” che nel booklet si dice essere tratta dalla colonna sonora di “Bye June”: di cosa si tratta esattamente?
“…Jun” in realtà è una versione di “Episcope”, uscito su il nostro secondo cd “2°”, con sopra la voce di un attrice coreana.

Questa versione è uscita sulla colonna sonore del film Coreano: ”Bye June” (EMI) dove troviamo anche “D-Press TV”. Il regista del film era a Parigi nel 97 dove ci ha scoperto e credo sia rimasto flashato dalla nostra musica.

La cosa prestigiosa è che nella colonna sonora ci troviamo a fianco di gruppi come Radiohead, Blur o Mazzy star

Sul disco c’è scritto "Archivio 1", ci saranno degli altri capitoli?
Ci siamo preparati nel caso volessimo fare uscire qualcos'altro dai nostri cassetti.

Già “Ok:Ko” poteva entrare nell'archivio. Ora abbiamo un sacco di altre cose da fare uscire: tra l’altro c'è anche un disco registrato una notte in Provenza nel 1999 insieme a Ron Anderson dei Molecules.

Riesci a raccontarmi qualche aneddoto sugli album pubblicati dagli Ulan Bator fino ad ora?
Più che aneddoti un po' di storia... "Ulan Bator" (il primo): è stato l’incontro con la etichetta Les disques du soleil et de l’acier nel 94. Siamo andati in macchina in pieno inverno fino a Nancy (non lontano dalla Germania) con un demo di 3 pezzi da fare ascoltare. Eravamo convinti. Abbiamo dormito in macchina e il giorno dopo siamo tornati a Parigi con un contratto per 3 dischi.

"2 Degrés": è stato composto e registrato da noi stessi in 10 giorni. Emergenza totale; il bisogno di mettere a fuoco un aspetto più "atmosferico" che avevamo un po’ trascurato sul nostro primo album. Per tanti è il nostro "capolavoro"...fa piacere.

"Végétale": tornavamo da un tour con i Faust con una grande voglia di registrare. Eravamo in Italia perché mi ricordo che più della metà dei testi ("Lumière Blanche" di sicuro) sono stati scritti di fronte al mare Adriatico.

"D-Construction": mini album composto di quattro remix inediti. Quattro incontri: Scanner, Carl Stone, Erik M e Otomo Yoshihide. La voglia di concretizzare un “feeling” profondo provato con questi personaggi della scena elettronica di allora. Jim O’Rourke voleva anche lui fare un remix ma era tropo preso con la sua attività.

"Ok:Ko": raccolta di demo prima di "Ego:Echo". Mi ricordo che eravamo gli unici consapevoli che stavamo lavorando su qualcosa di valido. Nessuno intorno a noi ci credeva: sapevamo che Michael Gira era molto interessato alla nostra musica ma sembrava non bastasse... Brutto ricordo riguardo ai tanti casini economici (un classico!) ma bellissimo dal punto di vista creativo.

"Ego:Echo": un bisogno di uscire dalla denominazione “post-rock” che ci seguiva. Lavorare con Michael Gira credo ci abbia aperto la mente al massimo. Abbiamo composto e registrato con una libertà totale dentro lo studio Emme di Calenzano; mi ricordo particolarmente le facce dell'etichetta discografica al primo ascolto del disco, appena il missaggio era finito. Dicevano: "forse troppa libertà!"

"Nouvel Air": volevo fare un disco “pop” prodotto da Robin Guthrie. L’idea di base era di inspirarmi dalla scelta fatta dal “Gun Club”: avevano scelto come produttore Robin G. quando erano un gruppo con un suono piuttosto “grezzo”.

Mi ricordo ancora l'ingresso nello studio di Robin, mi fece come prima domanda : ti piace il “delay” sulla chitarra?

"Rodeo Massacre": disco della rabbia. Certi testi sono di un'acidità tale che mi dispiace un po'… ma la musica spesso le fa sembrare più dolci. Per quanto riguardano le musiche di "Rodeo Massacre", mi piace ricordarmi la casa totalmente isolata di Claudio in Umbria dove é e nato questo album.

E per il futuro? Che direzione sta prendendo la vostra musica dopo la pubblicazione di “Rodeo Massacre”?
Ci stiamo lavorando. Sarà ancora diverso. Lavorando molto con i Faust devo dire che mi è tornata la voglia di spontaneità compositiva che avevo un po’ perso.

Mi piacerebbe lo registrassimo da soli come nel passato. Ora ne abbiamo le possibilità, abbiamo il materiale per farlo e anche il tempo necessario.

Hai prodotto alcuni gruppi italiani: tra cui i TV Lumiere. Come ti trovi in questo ruolo? Attualmente stai lavorando con qualche nuovo artista?
La collaborazione con i TV Lumière mi è piaciuta molto. Mi sono ritrovato su tante cose, sui gusti musicali... E' stato piacevole e fluido come lavoro. Tra l’altro darò una mano per la registrazione del loro prossimo cd perché siamo diventati amici.

Ho sempre delle richieste ma non credo di essere la persona giusta oggi per fare questo lavoro. Sarò onesto, faccio fatica a sopportare i musicisti. Me compreso… Mi spiego: la produzione artistica significa attraversare le tue convinzioni artistiche, orientare, guidare le persone (musicisti) verso uno scopo che hai fissato tenendo conto dei limiti delle persone che hai di fronte. Devi essere uno che dà l’esempio. Sa di dispotismo: è così! I gruppi spesso aspettano da te che li fai sognare, suonare bene, vendere dischi e che racconti i tuoi aneddoti da musicista.

Subito dopo, a lavoro terminato, pensano che sei stato inutile, che erano capaci di fare la stessa cosa senza di te. Ti odiano… Poi il disco esce, le recensioni sono buone e diventi un “grande”... Funziona spesso così. A meno che non lavori con un gruppo che ha un manager che tratta con il tuo manager, orari di studio ben definiti, i soldi non li mette il gruppo, hai l’albergo per non lasciare entrare le persone nella tua vita privata, ecc. ecc. Per questi motivi evito ora di buttarmi in qualsiasi produzione amatoriale.

E riguardo le collaborazioni? Nel tuo curriculum ce ne sono parecchie: ora stai lavorando con qualcuno?
Stranamente i miei progetti futuri sono portati verso l’Inghilterra. Quest'anno collaborerò con James Johnston (Gallon Drunk, Bad Seeds), con Gordon J. Watson (Terminal Cheescake) e sempre con i Faust insieme a Collin Potter & Steven Stapleton (Nurse with Wound)

Tempo fa mi sembra di aver letto che c’era l’idea di ripubblicare i vecchi dischi degli Ulan Bator (pressoché introvabili): è un progetto ancora valido?
Abbiamo dei problemi contrattuali e quindi siamo bloccati ancora per un po’. Ma ci siamo messi all’opera per risolvere tutto a breve.

Per esempio i nostri due primi cd non sono mai usciti in Italia: "Polaire" raccoglieva una gran parte di questi ma non le versioni integrali. Ci vuole ancora un po' di pazienza...

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L'articolo Ulan Bator - Mail, 08-04-2007 di Federico Linossi è apparso su Rockit.it il 2007-07-16 00:00:00

COMMENTI (2)

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  • utente0 16 anni fa Rispondi

    grandissimi ulan bator!

  • marigold98 16 anni fa Rispondi

    super!