Home - Mail, 15-08-2007

(gli Home - Foto da internet )

Gli Home: tre ragazzi di Verona con una passione spasmodica per i Beatles e i suoni sixties. Sono giovani ma non inesperti, hanno alle spalle moltissimi concerti e un mini tour a Liverpool dove - ci dicono loro - hanno fatto sfigurare i gruppi locali con un uno spettacolo a dir poco incendiario. Mario Panzeri li ha intervistati.



La prima domanda cade inevitabilmente sul MI AMI: avete suonato alla Collinetta, com'è andata? Impressioni sul festival?
Al MI AMI è andata molto bene. Abbiamo aperto alle 6 del pomeriggio, non c’era tantissima gente ma è bastato suonare le prime note perché si formasse davanti al palco una discreta schiera di persone. Dobbiamo dire che il pubblico era molto interessante ma soprattutto molto interessato. Questo è di sicuro quello che ci ha colpito di più. La gente era molto attenta alla nostra proposta musicale e complice l’orario e la presenza di parecchi "addetti ai lavori", non si è scatenato il wild party in stile confraternita a cui di solito assistiamo dal palco. Tutti erano propensi ad assorbire la nostra proposta musicale e tra teste ondeggianti e sguardi compiaciuti siamo scesi e abbiamo ricevuto un sacco di complimenti. Intendiamoci, non ci dispiacciono affatto i live incendiari a cui siamo abituati ma non è affatto male confrontarsi con situazioni diverse. Abbiamo girovagato un po’ nel festival e tra interessanti proposte musicali e arti grafiche siamo usciti compiaciuti da una piccola summer of love, dove al posto di incensi al sandalo e spinelloni trascendentali, cappelloni e gente nuda c’erano sintetizzatori, pop d’avanguardia, grossi occhialoni, vestitini a pois, un pizzico di punk… Insomma una figata.

Le vostre sono canzoni pop praticamente perfette: come fate a raggiungere un equilibrio così preciso in fase di registrazione?
L'album che hai sentito è in primo luogo frutto di un’intensa gestazione in sala prove. E’ li che le canzoni e gran parte degli arrangiamenti hanno preso forma. Siamo molto scrupolosi quando si parla di linee vocali e di ritmica. E’ abbastanza difficile mantenere un impatto sonoro credibile con una formazione ridotta come la nostra in concerto, ma pensiamo di cavarcela abbastanza bene e perciò non abbiamo portato pesanti cambiamenti quando siamo entrati in studio. Il periodo di registrazione con Luca Tacconi ( proprietario dello studio Sottoilmare) e i suggerimenti del nostro produttore artistico Nicola Zerbinati non è stato breve: non ci siamo fatti le classiche due settimane rinchiusi, ma data la nostra scrupolosità nei suoni e nelle registrazioni abbiamo impiegato poco più di sei mesi. Fare un album è una cosa fantastica, lasciare crescere le tue canzoni, imprimerle nel tempo ha un qualcosa di emozionante. E’ stata la nostra prima vera prova in studio e ciò che abbiamo imparato ci sarà di prezioso aiuto nel nostro prossimo imminente lavoro che cominceremo alla fine della stagione estiva. Cercheremo di portare un’atmosfera più sanguigna, cercando di trasmettere la carica che abbiamo nei live anche sul disco e date le nostre nuove canzoni che già stiamo rodando dal vivo probabilmente tutto suonerà un po’ più rock’n’roll.

L'amore per i Beatles è lampante, ma poi? Cos'altro vi spinge e ispira nella stesura di un pezzo?
I Beatles sono una parte importante della cultura musicale di ognuno di noi. Al di là della lezione musicale che ci hanno impartito ci piace fare un paragone tra noi e loro a livello umano, cioè ci sentiamo vicini ai Fab Four perché come loro siamo un gruppo di amici molto affiatato, stiamo sempre insieme e non ci molliamo mai. In questi anni siamo sempre stati vicini nel bene e nel male, uniti nel nostro obbiettivo di fare bella musica. Per farlo al meglio è necessario provare tanto e di conseguenza stando così tanto assieme abbiamo consolidato una forte amicizia. Questo penso si senta anche nella nostra compattezza nel suonare e nel comporre assieme i pezzi. Infatti tutti e tre, ovviamente non in maniera omogenea, contribuiamo alla stesura delle canzoni. Delle volte nascono dalla mente di uno che li mette a disposizione della band per essere sviluppati, delle altre si parte da un’improvvisata in sala prove e chi ha un testo lo mette, chi ha un’idea la si ascolta, e così via. Lo stesso vale per i testi, usiamo un linguaggio fondamentalmente molto semplice per parlare di amore, rabbia e notti brave.

Siete stati al Cavern di Liverpool per suonare all'IPO ( il festival International Pop Overthrow, NdR): com'è stato confrontarsi oggigiorno con la città?
Liverpool ci è piaciuta parecchio. Anche se dovevamo suonare solo due giorni, abbiamo scelto di starci una settimana e farci le ferie li, visto che quest’estate siamo impegnati in numerosi concerti. Di sicuro è una realtà diversa da Londra, una città dove conosci i veri irriducibili inglesi da pub impegnati a spaccarsi il venerdì sera, tra improbabili sbronze e gente scalza in strada. A parte questo al Cavern abbiamo fatto la nostra sporca figura, guadagnandoci anche un live in più dei due previsti: dopo il primo abbiamo infatti colpito l’organizzatore dell’IPO che ci ha dato la possibilità di suonare al Lennon’s, un pub sempre convenzionato con il festival. Siamo stati molto contenti dei live, e abbiamo ricevuto un ottimo riscontro anche da parte del pubblico, siamo rientrati con una buona vendita di cd e magliette (cosa rara ai concerti italiani). Non vogliamo peccare di presunzione ma eravamo nettamente differenti nei live rispetto ai britannici, molto più caldi e scatenati, più rock’n’roll: le band che abbiamo visto erano molto simili agli Strokes, nel look e nelle canzoni, con la testa bassa e senza coinvolgere più di tanto il pubblico. Non scambiare la prossima riflessione come presunzione o eccessivo patriottismo, ma penso che i gruppi di Verona e perciò anche Canadians, Fake P e Mur Mur, si sono distinti con successo in quel di Liverpool. E poi è inutile dire che ci siamo divertiti a manetta.

E Verona? Raccontatemi qualcosa, c'è vita oltre l'Interzona?
Degno di nota e per noi punto fermo musicale di Verona, in questo caso provincia, è il Jack the Ripper di Roncà. Il posto perfetto per andare a sentire gruppi sempre interessanti che vanno dal beat, al garage, al punk, il rock’n’roll e il rockabilly. Al sabato invernale ci puoi trovare sempre un gruppo figo spesso di livello internazionale, in un posto accogliente con un pubblico sorprendente, sempre pronto a scatenarsi. D’altronde è ormai decennale (forse più) l’esperienza del locale e in particolare di Alberto, il gestore.

Fate parecchie date per l'Italia: vi piace essere seguiti da una certa scena mod/beat oppure preferireste un pubblico più trasversale?
Non pensiamo che un gruppo possa avere la presunzione di scegliersi un pubblico. Noi suoniamo quello che ci piace e non abbiamo mai scelto di abbracciare un genere ben definito. Comunque non possiamo negare di avere nei suoni e nell’attitudine un orientamento agli anni ’60: questo ci ha permesso di avere l’onore di richiamare l’attenzione della scena mod e beat di cui parlavi prima. Lo consideriamo un onore perché si parla di persone con una profonda cultura musicale direttamente proporzionale all’esigenza come pubblico nei live. Perciò è una soddisfazione essere stati scelti sia per partecipare per esempio al Festival Beat a Salsomaggiore così come per aprire per i Bluebeaters o i Mudhoney. E poi avere un pubblico cosi stiloso è un piacere anche per chi viene a vederci e non conosce il mondo sixties.

Girate in furgone? Anedotti sulla vita da rock n roll band?
Te ne possiamo raccontare uno fresco di Liverpool. Abbiamo prenotato il posto sull’aereo anche per gli strumenti, compresa una tastiera lunga un metro e mezzo. Non ti diciamo la diffidenza e la trafila per imbarcarla da parte degli operatori al check-in: detto questo al primo live al Cavern la custodia di questa tastiera la adagiammo per terra in fianco al palco. Teo, che sta alla batteria, era un po’ indietro perché il Cavern è molto lungo e stretto: durante lo show Nicola al basso rocckeggiando decide di scendere dal palco e di andare a suonare in fianco a Teo come fa spesso durante i live… per risalire sul palco appoggia il piede sulla custodia rigida modello bara della tastiera, che con il buio aveva tutta l’aria di uno scalino: oltre a sfondare la custodia Nicola cade rovinosamente sulla batteria spostando piatti e qualche microfoni, ma la canzone non si ferma e il pubblico va in delirio. Perfetto. Questo ci sembra abbastanza rock’n’roll.

Inevitabile quesito: ci provate con la stampa inglese?
Ti diciamo la sincera verità. Non ci avevamo mai pensato prima d’ora. Ti diremo anche che dei rapporti con la stampa se ne occupa esclusivamente la nostra cara etichetta, Manzanilla Musicaedischi. Dello storico NME ce ne sarebbe da dire però: troppe band a nostro avviso che da Next Big Thing si sono poi rivelate fuochi di paglia. Di tutto il carrozzone brit degli ultimi tempi ci sentiamo in dovere di salvare gli Arctic Monkeys, i quali, ci hanno assicurato fonti di tutto rispetto, in live sono delle belve. E’ proprio li che devi saper fare la differenza. In fondo presumiamo che la maggior fonte di guadagno per una band emergente e il mezzo per creare interesse ed una sincera schiera di buoni fan, è il live. Il rock’n’roll va professato dal palco, va sparato alle orecchie della gente in un buon live. Non avendo accesso a canali riservati alle band già affermate è nostro dovere farci apprezzare in concerto, anche perché il contratto che ti cambia la vita, non arriva certo con una botta di culo, anzi non vorremmo che arrivasse per questo, ma perché dimostri di fare la differenza.

Negli Anni '60 l'Italia ha sfornato una marea di gruppi beat più o meno validi: vi hanno influenzato in qualche modo?
Anche qui ci trovi un po’ in fallo. Oltre a qualche pezzo sentito per radio non ce ne intendiamo molto. Ma ti diremo che uno dei due Andrea che fanno capo alla Blitzstudio (nostra cara agenzia di booking) ci ha aperto gli occhi sul beat italiano. Infatti, ad un raduno per vespe e lambrette tenutosi a Trento, ha fatto un dj set con pezzi veramente assurdi, di cui non puoi che andare orgoglioso ripensando a quel periodo. Molti i pezzi stranieri ricantati in italiano con un’attitudine da far invidia ai migliori gruppi garage americani o inglesi. Emblematico il "Lambretta Twist" (o almeno ci sembra si chiami cosi) o una "Sugar Sugar" tradotta in "Asciuga Asciuga".

Pezzi in italiano, li farete mai? Perchè sì, perchè no...
Dopo aver sentito i pezzi al raduno una pulce nell’orecchio ci è pure arrivata ma non è il caso per ora. Le nostre canzoni vengono in inglese perché sentiamo che, avendo sempre ascoltato pezzi in lingua anglosassone, un po’ questo tipo di linguaggio ci appartiene. Sentiamo nostre e dirette certe locuzioni perché le abbiamo sempre sentite e interpretate come tali dalle canzoni dei nostri artisti preferiti. Scrivere in inglese non è una cosa che ci siamo imposti per apparire più "contemporanei", ma ci è sembrato naturale agire così. Ti dicevamo prima che noi non mettiamo mai fine alla nostra evoluzione musicale, perché così deve essere. Perciò potrà pure capitare che scriveremo dei pezzi in italiano, non lo sappiamo. Perché no anche in spagnolo per l’America Latina, ahahhahaha… una bella "Sunday Morning" tradotta in "El Domenico Por La Mañana" oppure una "I Know That You Know" in "Yo Se Que Tu Sabes".

Infine qualche consiglio musicale: cosa vi piace ultimamente?
Abbiamo appena sentito l’ultimo dei Gomez. Un gruppo che ci fa letteralmente impazzire da quando sono usciti. E’ un peccato che abbiano rischiato di non essere distribuiti in Italia con questo nuovo lavoro. Per fortuna una distribuzione indipendente ha risolto la cosa, e direi che ne vale veramente la pena. E per chi non li conoscesse oltre che ascoltare "How we operate", consigliamo di spararsi tutta la loro discografia immediatamente.

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L'articolo Home - Mail, 15-08-2007 di Mario Panzeri è apparso su Rockit.it il 2007-10-16 00:00:00

COMMENTI (3)

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  • mickhy 17 anni fa Rispondi

    non posso che confermare sui gomez e sugli Home of course, soprattutto live, ma sono sicuramente di parte :] , ma non al 100% ahah

  • nicko 17 anni fa Rispondi

    bravi bravissimi braverrimi!
    il loro disco è una figata, il loro live pure, teniamoceli stretti!

    P.S. sarà, ma a benicassim gli arctic monkeys sono stati pietosi, gli Home avrebbero spaccato il triplo.
    P.S.2 concordo in pieno sui Gomez!
    :)

  • utente0 17 anni fa Rispondi

    un olè a Mario Panzeri e alla sua intervista di Ferragosto!

    :D