The Temponauts - Mail, 23-05-2008

(I Temponauts - Foto da Internet)

Grazie al passaparola il loro "A Million Year Picnic" è stato ascoltato in tutto il mondo. Un album pazzesco, dove le sonorità sixties si adattano agli anni zero. Li abbiamo voluti al MI AMI. Alla vigilia del loro concerto all'International Pop Overthrow di Liverpoll, Mario Panzeri ha intervistato i Temponauts.



Chitarre Rickenbacker dappertutto! Jingle Jangle! Quattro cantanti! Coretti! Come e quando è germogliato il coloratissimo fiore Temponauts tra i dolci rilievi piacentini?
Verso il 2005 mi sono trovato con alcune canzoni che andavano assolutamente registrate. Ho chiamato bassista e batterista di una band con la quale cazzeggiavo nei primi anni 2000, poi sono arrivati i chitarristi. Abbiamo iniziato a provare e mentre suonavamo pensavo: che figata, questi qui mi leggono nel pensiero! Abbiamo registrato un promo di quattro canzoni che ha cominciato a girare. Poi c’è stato l’incontro con i ragazzi della bellissima webzine Retrophobic che sono diventati i nostri produttori. Da lì arriviamo a Massimo Del Pozzo che fa uscire il nostro primo disco "A Million Year Picnic" sulla sua Teen Sound Records. In mezzo un po’ di concerti, alcune compilation, casini incredibili, canzoni e tanto ridere.

La cosa che più stupisce è la maturità: stento ancora a credere che "A Million Year Picnic" sia il vostro esordio e non il parto di un affiattato gruppo di veterani anni Sessanta. Ma quanto Paisley avete masticato in questi anni? Ah, vi andrebbe di spiegare ai lettori cosa si intende per "Paisley underground"?
Il termine si riferisce ad una "inconsapevole" scena di Los Angeles di metà anni Ottanta, che in un'epoca di totale tripudio synth pop traghettò la forma-canzone verso il futuro a botte di chitarre jangle, linee armoniche deraglianti e melodie sorprendenti... Anche se poi dilatarono tutto con minutaggi eccessivi e si fecero prendere un po’ troppo la mano dalla psichedelia: Three o’Clock, Dream Syndicate e Long Ryder per dire tre giganti del genere. Ma "Paisley" è anche un modo di intendere la canzone, che viene intessuta nota per nota dalle chitarre che si inseguono, giocano sull’armonia e sul tempo, insomma la ricetta del '60s guitar pop, in contrasto con il tipico pezzo rock in cui una chitarra di solito spara i power chords mentre l’altra persiste in solo.

Brucianti momenti pop, intarsi di arpeggi sottilmente malinconici, folk elettrificato imbevuto di colorata psichedelia: abbracciate uno spettro sonoro che non sembra volersi far mancare niente...
È il suono che ci accompagna da una vita, a casa, in auto, ovunque. Siamo irrimediabilmente persi tra i dischi dei Byrds, dei primi Stones, dei Turtles, dei Kinks, ma anche dei favolosi acquarelli pop folk dei Buffalo Springfield, Bacharach... E non manca un po’ di garage beat che a volte ti salva la giornata. Poi riuscire a rendere queste atmosfere in un disco è tutt’altra battaglia! Siamo nel 2008, e non mi andava l’idea di scopiazzare semplicemente canzoni di quarant'anni fa: bisogna mettere le cose in prospettiva, e come gli eroi del Paisley negli Ottanta suonavano necessariamente differenti da quelli dei Sessanta, così bisogna imbottigliare l’aria di questi anni zero a futura memoria. La forma canzone rimane quella, e la sfida anche: hai le chitarre, un basso, la batteria e tre minuti di tempo. Inizia a cantare e dimostra quello che sai fare.

"(She's an) Animal" è pura materia Stone Roses: anche il titolo mi pare un simpatico omaggio ai mancuniani, mi sbaglio?
Gli Stone Roses sono una band talmente importante per noi che a volte non ce ne rendiamo neanche conto... Ma in questo caso non è proprio così, il titolo è più che altro è stato ispirato da una mia amica che ama vivere le cose molto liberamente. Solo che, essendo lei bella da togliere il fiato, le capita spesso di lasciare la gente a guardare il soffitto con il telefono in mano mentre si chiedono dove cazzo sia finita. Capita d’imbattersi in tipi così, può essere una fortuna o una maledizione. Oltre che ai Roses forse deve qualcosa anche ai fantastici La’s.

La cover "That's How Strong My Love Is" di Otis Redding è uno dei momenti più emozionanti dell'album, raccontatemi come e perchè l'avete scelta.
È uno dei miei pezzi preferiti di tutti i tempi, è stato naturale provare a cimentarsi. Come ha scritto qualcuno, abbiamo fatto la versione Dinosaur Jr. di una canzone soul! E a dire il vero nel riarrangiarla avevo in mente il Neil Young di "Zuma", quindi in pratica tutto torna. Mentre la stavamo registrando siamo stati contattati da quelli del Circolo Fantasma in Romagna che stavano preparando una compilation di cover '60s - '70s ("Wild Sound From The Past Dimension", Go Down Records NdR). Gliel’abbiamo spedita e l’hanno inclusa tra i Not Moving, i Gorilla (UK) e tanti altri. Bella soddisfazione. Ancor più sorprendente ritrovarla nelle playlist di tantissime radio in giro per il mondo, tra gente del calibro di Raconteurs, Duffy e Last Shadow Puppets. Potenza della Teen Sound!

Eh sì, pare che all'estero si siano accorti di voi: "The Down Bums" è finita su una compilation dell'etichetta americana Series Two Records, tra l'altro in compagnia di band targate Sarah Records. Un bel colpo, com'è andata?
In pratica un giapponese ha preso il nostro album, ne ha scritto benissimo ad un suo amico tailandese, che a sua volta l’ha passato ad una sua amica DJ, la quale si è messa a trasmettere i pezzi sul suo network a Bangkok e in streaming sul web. A questo punto Chris, (la Series Two è quasi una one man label) dagli USA ha ascoltato le nostre canzoni, mi ha contattato e me ne ha chiesta una. È saltato fuori davvero un bel progetto e sulla compilation ci sono anche i Warm Morning, la band di Simone, uno dei nostri chitarristi, che ovviamente non sapeva che c’erano anche i Temponauts. A lui sono arrivati tramite il distributore di Berlino della Shelflife, l’etichetta californiana dei Warm Morning... Piccolo il mondo! A parte queste coincidenze tra radio e web-radio siamo finiti nelle playlist di tantissimi paesi, USA, UK, Canada, Europa, Australia, Brasile, Giappone (ovviamente stiamo parlando di situazioni "tra amici"). Gran parte del merito è di Massimo della Teen Sound, che ha un intreccio sotterraneo che porta avanti con amore e pazienza da venti anni, e in parte credo perché io stesso sono un fanatico di web radio e ho il feticismo da playlist.

"Baby I can't resist, everybody wanna watch your tits / Baby I can't resist, everybody wanna touch your tits!": a chi è dedicato l'esplicito ritornello di "Atomic Fire Sister”?
Ah no, nessuna dedica. Questa è essenzialmente una gag, un po’ la parodia Temponauts delle puttanate sessiste-machiste dei cosiddetti supergruppi rock (sai, "I want to give you every inch of my love…Let me put my love into you..., etc.etc). L’ho buttata dentro un po’ così per scherzo, non pensavo che sarebbe stata notata, e invece ha colpito un po’ tutti!

Parliamo di "Pretty Face", cover dei Beat Merchants suonata con i Sinnersaints per lo splendido album di ritorno di Lilith...
Mi ha contattato Tony Face, il ModFather d’Italia, già batterista di Not Moving, Link Quartet oltre che di Lilith, inviandomi il pezzo. Mi è piaciuto subito e l’abbiamo registrato. Con Tony abbiamo suonato anche per il quarantennale del "Sgt. Pepper" dei Beatles e per il suo album solista di prossima uscita. È un piacere e un onore per noi suonare con lui e Lilith, che oltre a essere signori musicisti sono persone estremamente vere. Tornando all’album di Lilith, beh, è incredibile quanto sia bello e potente. C’è su un pezzo scritto appositamente per lei da Tav Falco, "Secret Rendez-vouz" che ritengo tranquillamente essere la canzone dell’anno. E poi ci sono anche i Julie’s Haircut, Santo Niente, François Regis Cambuzat, Giovanni Ferrario, gente dei Link Quartet e Dome dei Not Moving. Un piacere grandissimo essere tra questi qui.

L'attesa per il vostro concerto al MI AMI cresce, cosa ci dobbiamo aspettare dal vostro set?
Delle canzoni da fischiettare nel tornare a casa!

Siete pronti per i vostri concerti di fine maggio 2008 al Cavern di Liverpool per l'International Pop Overthrow festival? Come ci siete arrivati?
Per l’IPO siamo stati contattati dall’organizzatore che ha preso il nostro Cd in USA (dove è distribuito via BOMP): gli è piaciuto e ci ha chiamati, una cosa molto diretta, almeno questo è quello che mi ha detto lui. In questo periodo purtroppo stiamo lavorando talmente tanto (intendo i nostri rispettivi lavori, quelli del pane e companatico) che non ci abbiamo ancora pensato tanto. E domani sera partiamo… Un po’ della serie "Ci troviamo là di botto e giù tutta!”. Chissà, forse è meglio così!

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L'articolo The Temponauts - Mail, 23-05-2008 di Mario Panzeri è apparso su Rockit.it il 2008-05-28 00:00:00

COMMENTI (2)

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  • enver 16 anni fa Rispondi

    e filologico

  • faustiko 16 anni fa Rispondi

    oTTIMA Intervista!
    Visto anche uno sprazzo del concerto al MIAMI e devo dire che mi hanno impressionato perché sembrano conoscere bene la materia....