Marta sui Tubi - È come suonare con la minchia di fuori

Dicono che i concerti in piazza - quelli dove la signora anziana scende portandosi la sedia da casa - sono una delle cose che ogni band dovrebbe provare. In pratica ci raccontano undici anni di carriera in una lunga chiacchierata che comprende amore, stupidaggini, errori di percorso e, soprattutto,

All'undicesimo anno di carriera i Marta sui Tubi si concedono un Best Of. Si fa quindi il punto della situazione su come sono cambiate le cose in tutto questo tempo: in primis le canzoni ma anche l'amore, le passioni, le stupidaggini, gli errori di percorso e, ovviamente, il rapporto con il pubblico
All'undicesimo anno di carriera i Marta sui Tubi si concedono un Best Of. Si fa quindi il punto della situazione su come sono cambiate le cose in tutto questo tempo: in primis le canzoni ma anche l'amore, le passioni, le stupidaggini, gli errori di percorso e, ovviamente, il rapporto con il pubblico - Foto di Benedetta Balloni

All'undicesimo anno di carriera i Marta sui Tubi si concedono un Best Of. Si fa quindi il punto della situazione su come sono cambiate le cose in tutto questo tempo: in primis le canzoni ma anche l'amore, le passioni, le stupidaggini, gli errori di percorso e, ovviamente, il rapporto con il pubblico. E si scopre che i concerti in piazza - quelli dove la signora anziana arriva portandosi la sedia da casa - sono una delle cose che ogni band dovrebbe provare. L'intervista di Sandro Giorello.

Perché un Best of? Non c'è nemmeno una ricorrenza precisa.
Il decennale era l'anno scorso ma c'era Sanremo e andare a Sanremo con un Best of sarebbe stata una cosa un po' paracula. Avevamo già iniziato i lavori per "Cinque, la luna e le spine" e abbiamo puntato su quello. Nel frattempo abbiamo continuato a scrivere canzoni: sono venute fuori “Salva Gente” e “A modo mio”, per un altro album di inediti era troppo presto, fare un solo un ep non ci andava, allora abbiamo pensato a questa raccolta. Abbiamo avuto la possibilità di ripescare alcune canzoni vecchie e riregistrarle nel modo in cui le facciamo adesso dal vivo.

Stiamo parlando di “Vecchi Difetti”, “L'abbandono” e “Il giorno del mio compleanno”.
Si, in più c'è il duetto con Malika Ayane per “La ladra”. Sono contento, è stata una bella operazione. E poi ci siamo resi conto che molti dei nostri fan, diciamo quelli che hanno scoperto i Marta a Sanremo, non conoscono le canzoni vecchie, normalmente accade il contrario. E poi, oggi, con le varie piattaforme di streaming non hai una visione d'insieme della discografia di un artista.

In realtà sarebbe l'esatto contrario, poi può capitare che una pagina di Spotify sia incompleta, certo, ma di base credo sia il miglior modo per scoprire una band che non conosci.
Diciamo che volevamo dare ai nostri fan un bignami con i nostri pezzi più significativi. Ovviamente abbiamo lasciato fuori diverse canzoni belle e importanti ma avremmo dovuto fare un triplo album, non aveva senso.

Perché no? Mica lo dovevate stampare, si allungava solo la playlist.
Mah (lunga pausa, NdA). Non so dirti, più avanti mi piacerebbe far uscire una cosa tipo bootleg e mettere tutta una serie di provini che abbiamo ritrovato ultimamente. Ci sono versioni di canzoni con altri testi o con i testi non definitivi, altri arrangiamenti. Ogni pezzo ha la sua storia, insomma.

Mi racconti quella di “Vecchi difetti”?
Non è una canzone didascalica o descrittiva come spesso mi capita di scrivere, racconta più che altro uno stato d'animo. E' una delle primissime canzoni che venne fuori con Carmelo, parla del fatto che spesso ricadiamo in vecchi errori in una maniera quasi sistematica, da mulo, con l'ostinazione di un mulo. L'unica cosa che potrebbe darti un po' di serenità è l'affetto di una donna, che vorresti coinvolgere nel tuo delirio ma allo stesso tempo cerchi di salvaguardare dai tuoi lati negativi, salvarla, in qualche modo.

Si può dire che – pur con le dovute eccezioni – difficilmente uno riesce a leggere la tua vita nelle canzoni che scrivi? Intendo proprio il lato più doloroso e personale.
Prima il dolore poteva anche essere una fonte d'ispirazione, anche importante, ma penso che fosse una coda adolescenziale. Adesso non mi interessa più, la vita mi ha sottoposto a dei momenti molto pesanti per cui non mi va di andare ancora a scandagliare quegli aspetti o i motivi per cui sto male. Preferisco sorridere, diciamo. Preferisco esprimere dei concetti facendo delle metafore, inventando delle storielle che possono anche sembrare un po' assurde se vuoi.

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E com'è scrivere una canzone d'amore a quarant'anni rispetto che a trenta?
La canzone d'amore per eccellenza dei Marta Sui Tubi è “Cromatica”, che è un'allegoria dedicata all'amore in generale ma anche a quel tipo di tolleranza e di rispetto che puoi scoprire nei confronti di amori diversi, avuti in momenti diversi della tua vita. Prendi invece una canzone come “Cenere”, scritta quasi dieci anni fa, parla di un certo tipo di disponibilità assoluta, il mettersi nella condizione di dare tutto e, di contro, rendersi conto che non otterrai mai cosa hai bisogno. Capisci che ora c'è un distacco maggiore, una serenità. Sarà che sono cresciuto, sarà che mi sento più appagato dal punto di vista affettivo e vivo la cosa in maniera diversa.

Penso che una delle cose più belle dei Marta sui Tubi sia che molte canzoni sono, passami il termine, facili. Creano un tipo di empatia particolare con il pubblico, non è una cosa che riesce a tutti. Ovviamente ci sono anche pezzi molto più articolati ma se prendi “La Ladra” non è nient'altro che una lettera d'amore scritta ad una donna...
...sì ad una ragazza, ma è vero, il succo è quello. Abbiamo scritto canzoni facili, e ne siamo contenti. Io sono molto felice di potermi esprimere in maniera libera, ci sono dei brani dei Marta che sono dei puri divertissement, cose che facciamo per noi stessi, che ci fanno ridere, tipo "Muraturi", o "Tre". Se ci diverte, un pezzo può anche essere facile o stupido, ne abbiamo fatti tanti di pezzi così, figurati. Prendi le “Le cose più belle”.

Quella non sembra nemmeno così stupida.
E' una canzoncina con un impianto ritmico veramente elementare, con un testo che si presta a riderci su, e ne andiamo orgogliosi. E poi io vedo sempre tutto dal punto di vista del live che è il nostro core business (sorride, NdR), queste canzoni diventano i momenti dove la gente sbrocca, salta, fa casino, si diverte. L'elemento d'intrattenimento non è secondario nel nostro modo di lavorare. E' importante che non si trasmetta un solo tipo di sentimento in un nostro concerto. E siamo felici che ci siano canzoni che possano sembrare terra terra, se vuoi, ma magari poi contengono sfumature tecniche anche abbastanza complesse.

Certo, è vero.
Se facessimo tutti pezzi in quattro quarti ci romperemo le palle, ognuno di noi lavora tanto sul suo strumento. Io mi diverto a velocizzare tutto con qualche scioglilingua, negli anni ho sviluppato una tecnica vocale che mi porta a fare delle cose molto complesse. La cosa bella di fare musica è quella di cercare qualcosa di diverso, di più complicato, a nessuno di noi piace la musica semplice, la musica semplice è quella da discoteca.

Hai mai studiato?
No, mai studiato. Mio padre canta cantava con gli amici, sai, canzoni degli anni 60, Don Backy, Tenco, Celentano. Io cercavo di imitare la sua voce e quella è stata la mia scuola.

Prima parlavi di "Cromatica", ed è una canzone che mi piace molto, è davvero scritta bene. E' elegante, le parole sono in costante equilibrio, tra di loro e con la musica – e oltretutto descrivono delle figure colorate si mischiano e si lasciano andare come se fossero acrobati; nel suo insieme ha una potenza d'immaginario davvero forte.
Quando l'ha sentita Dalla ha detto: sì, la facciamo. Noi gli abbiamo fatto notare che era già edita, e lui: non mi interessa. Ovviamente Dalla non è una di quelle persone che puoi mettere in discussione e ci siamo inventati una nuova edizione del disco. Ed è una canzone che è nata in modo veramente casuale, oltretutto è una seconda stesura, prima parlava di un altro argomento.

Tipo?
Un altro argomento che mi ero inventato ma non aveva la stessa forma espressiva.

Ma tipo?
Parlava dell'amore e del fatto che scopri cos'è l'amore solo quando non hai più l'amore. Era una storiella, non voglio spiegarla più di così, se no poi qualcuno legge l'intervista e me la copia (ride, NdA).

Non voglio essere complice di tale furto, figurati. Raccontami di questa seconda stesura allora.
(Ride forte, NdA) L'idea dei colori è venuta fuori casualmente, ho trovato su internet un sito che ti permetteva di fare dei mix di colori, tu abbinavi le tinte e lui ti creava un nuovo colore. Questo è stato il trampolino di pensieri che ha mi portato a costruire tutto il testo su questi incroci. Che è poi la vita di noi uomini, nel senso che quando un uomo e una donna fanno un figlio, questo è l'incrocio dei colori di tutti e due, e questo figlio troverà la sua compagna e farà la stessa cosa. E la cosa bella è che tanti colori che magari tu immagini lontani invece ti appartengono, te li porti dentro inconsciamente.

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Continuando a parlare di canzoni. “Salva Gente” potrebbe essere scambiata per grillina. “La gente” è tornata ad essere un soggetto importante per la politica, per i giornali, ecc ecc – non so se hai presente la pagina lol Siamo la Gente, Il Potere ci temono – il rischio è che ogni protesta, ogni critica, ogni iniziativa sia poi fine a se stessa.
Mah, guarda, io faccio un elenco di attitudini sbagliate che ho vissuto e che mi è capitato di vivere spesso. Ho fatto per 10 anni il manager per una compagnia di assicurazione, ho vissuto anche un'altra vita diciamo. E la canzone parte con la frase “c'è gente che così povera che non ha nient'altro che il denaro”, per tanto tempo mi è capitato di aver a che fare con delle persone che giudicavano gli altri in base alla macchina o ai vestiti. Magari è banale ma non mi sembra così povera come espressione.

Non volevo dire che è banale, figurati. Ma converrai con me che oggi è molto facile indignarsi per qualsiasi cosa. Si genera di continuo un grande e grosso discorso da vecchi al bar. E' molto più difficile esser presi sul serio.
La canzone racconta il voler abbattere determinati pregiudizi mentali, ovviamente è un'utopia, ma pur essendo utopica “Salva gente” non è totalmente astratta o didascalica. Parla soprattuto di un cambio di prospettiva: se ognuno di noi riuscisse mentalmente a cambiare prospettiva, le cose probabilmente risulterebbero diverse perché lo sono già. Mi spiego meglio, ad esempio: il viaggio. Quando sei in viaggio hai un'abitudine mentale diversa, apprezzi le cose banali che diventano subito le più fantastiche, e magari sono peggiori di quelle che hai a casa tua, nella tua città, nella tua via. Magari il tuo panettiere fa un pane buonissimo ma il pane che hai mangiato in Francia è meraviglioso per definizione. In vacanza le persone ti sembrano sempre più interessanti, migliori, ma perchè siamo più rilassati noi, perchè siamo programmati mentalmente ad apprezzare di più le cose. Ecco se si riuscisse a riprogrammarsi e ad apprezzare le cose di ogni giorno come se fossimo in viaggio, il mondo ci sembrerebbe diverso e probabilmente sarebbe migliore. E lì arriva l'altra frase importante “la gente che non si sorprende è la gente che non riesce a sorprenderci più”: è avere a che fare con le persone che non riescono a sorprendersi più di niente, le più scettiche che adottano l'atteggiamento di chi ha già visto tutto, che il tal disco l'ha già sentito 20 anni prima perché quelle cose le facevano già i Joy Divsion...

...ma perchè siamo vecchi. Non facciamo figli e di conseguenza ci manca l'essere a contatto in maniera frequente con quel tipo di freschezza lì, che poi è l'entusiasmo del quindicenne che ascolta tutto per la prima volta.
Probabilmente.

Tu sei il musicista con la testa quadrata, quello che tiene tutte le cose ordinate, ecc ecc?
No, diciamo che lo sono con Musicraiser, sono il presidente del consiglio di amministrazione, ma con Musicraiser non ho un ruolo tipo artistico, non seguo la scelta dei progetti. Come vedi qui ci sono tre scrivanie e al piano di sotto c'è un altro tavolo pieno di computer, siamo in 7 a lavoraci, il che mi permette di dedicare del tempo al lavoro con i Marta. Io mi occupo del rapporto con gli investitori, con le aziende partner, le strategie di comunicazione e di marketing, ecc ecc. Lì sono molto preciso e meticoloso, la musica invece è la mia valvola di sfogo, e allora lascio che la testa vada dove vuole.

Parlando di strategie di comunicazione, Google immagini non perdona: vorrei commentare con te qualche foto. Alcune superano il nonsense.
Le canzoni facili, “Salva Gente” è banale, le foto sono brutte, tutti complimenti stasera (ride, NdA). Magari facciamo i cretini, ma è un modo  per non prenderci troppo sul serio. Penso che la musica italiana alternativa sia piena di aspiranti idoli del cazzo, che si sparano le pose senza motivo. Che poi molti li conosco e sono pure dei bravissimi ragazzi ma non non vedo la necessità da fare continuamente questa faccia da Zoolander.

Tutti per uno.

Sanremo, non aggiungo altro.


Questa è surreale.


Ma non capisci la prospettiva, Paolo e Carmelo hanno alle spalle un letto. Io sono in piedi ma, in realtà, non potrei esserlo se la prospettiva di loro due è di essere sdraiati. Capisci l'effetto straniante?


Qui si usa un delfino come fucile a canne mozze.

Ma no è un violino, non si vede bene ma c'è l'archetto.


E questa si commenta da sola.

Ci presentammo in Rai, a Scalo 76, sarà stato il 2008, ci avevano invitati a fare una cover di Giorgio Gaber che si chiamava “Se fossi Dio”. Io mi ero vesito come un improbabile Gesù Cristo senza capelli lunghi e Carmelo da Barabba. Quelli della trasmissione ci dissero: noi non vi possiamo impedire di apparire così, ma se apparite così ci licenziano. Alla fine cambiammo vestiti, ci stanno a cuore i lavoratori.

Per terminare con il capolavoro: i prezzi da bancherella del mercato sul bel Carmelo.


Questa è veramente un capolavoro, ma dove li trovi cinque deficienti così? Ma non li trovi, neanche Elio ha osato tanto (ride, NdA).

La tua più grande paura quando sei sul palco?
Di diventare sordo perchè mi scoppia un ear monitor, gli auricolari che ho nelle orecchie quando canto. Ci è già capitato, ti fischia tutto per giorni e giorni. Ecco, non poter più ascoltare è la cosa che mi spaventa più della morte.

La parte più stressante del tuo lavoro?
Le ore in furgone e le attese lunghissime. Io, a differenza dei miei colleghi, non ho niente da montare, e mi rompo i coglioni, e allora rompo i coglioni agli altri Marta. E poi fare 700 km, arrivi con il culo piatto la schiena a pezzi, la testa che vuole solo riposare e invece hai ancora un concerto da fare. Poi per fortuna c'è sempre quel nonsoché di salvifico che ti fa dimenticare qualsiasi cosa e ti permette di salire sul palco anche sei sbattutissimo e frullato. Vedi la gente sotto palco e ti passa tutto.

La volta che te la sei vista più brutta?
Se non conti le quattro volte dove ci sono scoppiate le gomme in autostrada e abbiamo rischiato la vita, quelle sono state le peggiori, tutto il resto si controlla. Una delle volte che mi sono vergognato di più era per una data a Marcon, aprivamo ai Verdena, era una delle prime date importanti che facevamo, ti parlo di 10 anni fa. Prima di quel concerto ne avevamo altri quattro e, siccome non avevo l'esperienza di oggi nel dosare le mie energie vocali, arrivai alla data con i Verdena completamente scannato e senza un filo di voce. Feci veramente una figura di merda, posso dirlo. Mi sono sentito malissimo, soprattutto per la responsabilità verso gli altri Marta.

Quando mollerete?
Non vedi l'ora, immagino (ride, NdA).

Ma figurati.
Quando non avremo più niente da dire, quando smetteremo di scrivere canzoni. Sicuramente non saremo la band che non fa più album ma continua a suonare in tour. Per quanto sia importante il tour, per noi è fondamentale. Ti racconto solo questo: dopo Sanremo, per la prima volta nella nostra carriera, abbiamo fatto tante date nelle piazze. Ed è la situazione dove c'è la vecchietta che scende in piazza portandosi la sedia da casa. Alle prime bordate di chitarra elettrica vedevi subito il ricambio: gli anziani passano nelle retrovie e magari i rocchettari si avvicinano. Un'esperienza di questo tipo è importante, è il mettersi in gioco sul serio. Da noi si dice: suonare con la minchia di fuori.

E abbiamo trovato il titolo dell'intervista.
(ride, NdA) Suonare con la minchia di fuori vuol dire: io faccio questo, non me ne frega un cazzo, questo è il nostro lavoro e se non ti piace ti sposti. E' troppo semplice per un musicista suonare davanti al suo pubblico mentre suonare davanti a gente che non ti conosce è una prova del nove continua, ti metti in gioco fino alle mutande. Il senso di fare il musicista è proprio questo.

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L'articolo Marta sui Tubi - È come suonare con la minchia di fuori di Sandro Giorello è apparso su Rockit.it il 2014-06-30 00:00:00

Tag: concerti

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