Kaos - Milano, 18-10-2007

(Kaos dal vivo - Foto di Radish)

E' uscito "kARMA", il nuovo disco di Kaos. Figura fondamentale per il rap e l'hip hop italiano, portavoce di un'attitudine DIY e persona di grande coerenza, che ha insegnato a molti. Nonostante la nomea di cattivo, risponde gentile (ma deciso) alle nostre domande. L'intervista di Francesco Cremonese.



La bella signora che gestisce il bar in cui ci siamo trovati io e Kaos per l’intervista, ci chiede scusa per quello che stanno suonando in radio. Che se vogliamo possiamo cambiare stazione. Dice che ormai in radio parlano e basta, e che poi a lei, la musica moderna non le dice niente. Ormai è fatta tutta con i computer. E a lei piacciono i Deep Purple (“però forse non li conosci, è normale”). Quella è musica!

Poi mi chiede che musica ascolto. Io sto sul vago, cose diverse, ma la signora incalza. A me piace il rap, le dico. E lei: Quello che si fa con i computer? Tipo Eminem? E io: Mmm beh, si, più o meno… non solo però… E lei: Io non la capisco sta musica. I Deep Purple se volevano fare più rumore dovevano battere più forte! Adesso, con i computer è tutto più facile… Beh, vi lascio stare. Cosa volete? Un tè freddo al limone, e uno caldo, verde, se c’è… grazie. Ma certo, arrivano subito.

Kaos: La signora non ha tutti i torti, però…
Io: Effettivamente…

Ok, cominciamo… Un preambolo per chi non ti conosce e pensa che quello che c’è scritto su wikipedia non sia abbastanza.
Io faccio ‘sta roba e la faccio da una vita, e niente… chissà perché, non me lo so spiegare, sono più felice di fare un’intervista per una testata che si chiama Rockit, che farla su altre, che in teoria dovrebbero parlare della mia musica. Sul fatto poi che questa musica si possa considerare una musica seria, se ne può discutere, come diceva la signora. Ma questo so fare, e lo faccio da tanto tempo.

Questo terzo disco è, secondo me, il più comprensibile tra i tuoi album solisti. A parte il mix della voce, che è molto più fuori rispetto alla base, mi sembra tutto più chiaro.
La differenza sostanziale tra questo album e gli altri è che, tra i primi due ("Fastidio", 1996, e "L’Attesa", 1999) non era passato così tanto tempo, e poi non c’era stata la rivoluzione tecnologica che c’è stata invece negli ultimi 5 anni. È cambiato profondamente non solo il modo di fare musica, ma anche quello di ascoltarla. Ora i supporti sono profondamente diversi rispetto a quelli che c’erano 10 anni fa. La musica è digitale, ed è destinata ad essere sempre più digitale. Lavorare in analogico per poi uscire in digitale, secondo me è uno spreco di qualità e di energie. Non è la giusta direzione. Io ho visto che la maggior parte sente la musica con l’Ipod, e cose del genere. E ho cercato di avere un suono che potesse render bene su questo supporto. Questo è quello che mi son sentito di fare. Il suono classico è penalizzato da morire con l’mp3. Le frequenze sono tutte tagliate. Ma io voglio la pacca anche con quello. È inutile che a casa mia le mie basi facciano tremare i muri, e a casa di "mc tispaccoilculo” siano delle scoreggine. Poi mc tispaccoilculo mi dice: "Ma chi sei? Ti spacco il culo!" E io invece, almeno ancora per un po’, voglio fare io il culo a mc tispaccoilculo! Riguardo alle voci… in realtà non ho mai fatto un disco con tutti i crismi. Ho sempre fatto il disco che potevo fare. E anche questo, bene o male, è il disco che sono riuscito a fare. Mi sono affidato completamente ai produttori, sia per le registrazioni che per i mixaggi finali, sono state scelte loro. Nel quadro generale del master però, sono stato convinto a tenere le voci più fuori, nelle passate esperienze erano troppo dentro. So che era una cosa che tendevo a fare. Comunque son contento della resa audio, cioè, è un po’ una sfida, che non so se ho vinto o perso. Io volevo fare una roba che suonasse… intendo, live. Cioè, io voglio essere enorme, live. E i produttori che hanno lavorato con me l’hanno capito… hanno lavorato bene. Insomma, ho avuto la fortuna di lavorare con persone che hanno raccolto un po’ ‘sta sfida, che era impegnativa, sia per me che per loro. Certo, io sono sempre più legato al suono dell’hip hop classico ma farlo adesso sembra quasi revival. Nel senso, io non so dove sto andando, e se sto andando bene, ma di sicuro non sto fermo. Non l’ho mai fatto. Poi la gente se ti ha identificato in un modo, non gli importa se invece non sei in quel modo lì. Appena cambi o disattendi le loro aspettative… ma io… mica faccio sta roba per le loro aspettative! E poi, guarda, veramente, devo fare in modo di togliermi da quella immagine… di appartenere per forza a quella fetta di gente... quelli che hanno deciso quale è la musica giusta, il suono giusto… cioè, a me non me ne frega niente, né di loro né di nessun altro. Bon, toglimi da lì e mettimi dove cazzo vuoi. A me non mi interessa assolutamente. Stiam parlando di rap! Veramente c’ha ragione la signora! Io gli do ragione tutta la vita! Ci si mette a cercare il pelo nell’uovo, e stiam parlando di che cosa? Del rap! Una musica che è nata con l’808…! (drum machine della Roland, 1980. NdR).

Come è stato lavorare, registrare e mixare in così tanti posti diversi? E con così tante persone diverse…
Eh… perché non sai il resto! Ho anche registrato altre cose in altri posti, con altri produttori e altri rapper… che poi sono state tagliate. Insomma, ho fatto più giri della merda sui tubi. È stato un incubo ed è per questo che ci ho impiegato tanto. Un conto è se hai un ufficio stampa, o un manager che ti dice quello che devi fare. Io me lo sono inventato strada facendo, con degli errori di percorso e dei grandi punti di domanda, sul come fare, sulla sua manifestazione fisica. Perché un conto è scrivere e avere in testa più o meno cosa fare, un altro è fare. Questa roba è, bene o male, un processo, e io non sono mai riuscito a portarlo avanti in maniera lineare… cioè, l’ultimo pezzo che ho fatto è stato l’”Intro”… che è stato fatto veramente 10 giorni prima di andare in stampa, scritto di getto, cosa che di solito non faccio mai. L’aspetto tecnico dell’intro è la mia massima espressione, anche se non sembra. È molto complessa come costruzione. E poi in questo disco ci sono anche pezzi di 6 anni fa (sono uno dei più lenti scrittori di sempre…). È stata proprio una cosa strana…

Questo disco è tutto autoprodotto, perché?
Guarda, onestamente credo per orgoglio. Nel senso che se fosse arrivato qualcuno a bussare alla mia porta con una proposta, probabilmente l’avrei anche valutata. Non è una scelta. È un non avere altre scelte. E andare in giro per etichette, a 36 anni, col demo, è una cosa un po’ così… e poi non ho i numeri per andare con un’etichetta. Non ci sono abbastanza ascoltatori di rap oggi per supportare i numeri che servono a un’etichetta. Per me ci sono! Per supportare un’autoproduzione! Ma per tutto il lavoro che dovrebbe giustificare un’etichetta non ci sono. Un’etichetta giustifica il lavoro di promozione per un artista minimo dopo le 15 mila copie. Lì comincia ad avere un senso per loro. Se no un cazzo…

Beh, per una major forse, ma per un’indipendente…
Mah, io non ho ancora capito cosa sia un’etichetta indipendente. Non capisco cosa voglia dire. Un telefono con due linee è essere un’etichetta indipendente! Perché è quello. Fanno 4 telefonate al giorno e in realtà alla fine hanno bene o male le stesse pretese di una major. Per cui, per me, le indipendenti sono peggio delle major. Perché nelle major, quando qualcuno si convince che tu puoi avere un senso da portare avanti, magari una promozione seria te la fanno… le indipendenti no. E comunque, anche volendo, non ce la possono fare… La mia esperienza con le case discografiche è stata fallimentare in ogni occasione…

Stando sull’album invece, cosa vuol dire “D.C.V.D.”?
Ahhh! Questa è una gran domanda! DCVD è l’acronimo di “Detto Come Va Detto”, che è l’incipit delle frasi importanti pronunciate dj Trix. Quando un suo pensiero viene presentato con questa formula, bisogna sempre prestare molta attenzione, perché sta per dire una cosa molto saggia. E soprattutto se chiude anche con un “Boia Ladro”, allora bisogna cominciare a preoccuparsi…

I live con Moddi e Trix, come sono nati?
Trix lo conosco da una vita intera. Quando sono andato a vivere a Bologna l’ho conosciuto. Ci siamo frequentati ed è diventato il dj di "Melma E Merda" (album del 2001 assieme a Sean e Deda, NdR). Da lì è nata una grande amicizia, tuttora, mi sento di famiglia quando sono a casa sua. Anche Moddi lo conosco dai tempi di "Melma E Merda", ce l’ha introdotto Trix. Ed è una persona con un’umanità incredibile. Poi per tutti e due, al di là dei meriti tecnici e artistici, sono persone dallo spessore umano veramente particolare, molto forte.

Come sono nate le collaborazioni in questo disco?
A parte i Club Dogo, tutti gli altri (Colle Der Fomento, Moddi e Turi) sono persone che o sono già state sui miei dischi, o io sui loro o entrambi i casi. Quella con i Dogo è stata una collaborazione che ho voluto fortemente. Loro mi avevano già chiamato per il loro secondo disco, ma io non riuscii a chiudere in tempo le mie robe, e mi dispiacque. E poi loro, secondo me, in questo momento hanno impostato il nuovo standard tecnico per la nuova generazione, ed è uno standard elevato che può fare solo bene, alla tecnica del rap, e comunque alla qualità del rap, intrinsecamente tecnico. Perché comunque siamo un po’ indietro. Alla fine, non conta neanche tanto essere tecnici, ma un minimo almeno… In Italia si sentono veramente le cose più brutte a livello di rap… ma quello mainstream, quello pop… Nel resto del mondo ‘sta roba è fatta bene, ma non ti parlo di America, ma di Francia, Spagna… è fatta bene! Qui non c’è stata educazione da parte delle radio. Hanno saltato 15 anni di musica che nelle altri parti del mondo hanno messo. Vaglielo a dire adesso ad Albertino che ha messo dieci anni di merda… e oggi la gente si trova a fare i conti con la roba che sente in internet, e non capisce perché non ha avuto modo di arrivarci gradualmente. Oggi si, anche in America c’è brutta musica, ma 10 anni di golden age hanno dato modo di poter cambiare suono, trovare alternative digitali, o comunque mediare il suono elettronico col background… Noi non ce l’abbiamo ‘sto background, perché l’hanno rifiutato, non ci credevano, pensavano fosse una moda passeggera e nessuno ha puntato su 'sta roba. Oggi stanno pescando dal mazzo alla cieca. E se ne risente ancora di più. E di tutte le scelte che le major hanno fatto, nessuna ha colto nel segno. Nessuna ha fatto il botto. Probabilmente l’Italia non ha i numeri per sostenere questo. Ok, l’America è enorme, ma perché coinvolge diverse tipologie di persone. In Italia il rap deve essere inteso sempre e solo in una sola maniera. Non è per fare sempre paragoni con l’America, che è inutile, ma qui si cerca tutto tranne la qualità. E per me è una roba boh… Ha ragione ancora la signora, ormai le radio non fanno più musica, fanno cabaret, e allora chi cazzo è che si deve prendere la briga di… non dico di spiegare, perché la musica non va spiegata, però se non c’è alternativa uno non può avere neanche la libertà di scegliere. Qui non c’è mai stata un’alternativa.

"kARMA": cosa vuol dire per te, perchè è scritto così e perchè l'hai scelto come titolo. E poi, credi nel Karma?
Ogni cultura ha una propria visione e una propria interpretazione del Karma, io ne ho data una mia personale, partendo da tante riflessioni e da tante esperienze, che tuttavia non hanno fatto altro che portarmi di fronte solo altri di punti di domanda. Mi piace il concetto di inevitabilità degli eventi, e per quanto razionalmente non lo possa accettare, talvolta ho assistito a concatenazioni particolarmente complicate di fatti, che mi hanno instillato il sospetto che possa esistere la possibilità di un disegno superiore. Per quanto riguarda il titolo del disco, è per sottolineare il fatto che la considero una mia personale visione, e che reputo le manifestazioni del Karma, qualunque esse siano, oggettivamente pericolose (almeno per me). Per questo ho voluto giocare con le parole mantenendo minuscola la "k" e maiuscolo il resto, che forma, ovviamente, la parola ARMA.

Cosa vuol dire che “Niente è Abbastanza”?
È una frase di cui posso quasi andare orgoglioso, perché afferma una cosa e contemporaneamente anche la sua negazione. Mi piace, ognuno se la può scegliere. Sei te che lo decidi. Io te la butto così, ma non ti dico come la vedo io. È giusto così.

Il mondo va a puttane, e non c’è dubbio, ma c’è un futuro possibile? O siamo davvero alla fine?
Futuri possibili, miliardi. Ma secondo me siamo oltre la sostenibilità del sistema da un bel po’. Non capisco se veramente c’è qualche sucida che ha detto: "Scommettiamo che riesco a far estinguere il genere umano in meno di duecento anni?" E un altro coglione ha risposto: "Si dai, bella!". Sembra proprio che facciamo di tutto per ammazzare ‘sto pianeta, e noi. Io non la vedo bene, la vedo andare sempre peggio. Che poi, va beh, il mio punto di vista è quello della parte più privilegiata del pianeta è indicativo, ed è anche molto ipocrita, lo riconosco, però non è che nel momento stesso che so che nelle altre parti del mondo stanno peggio, mi sento automaticamente meglio. Io mi sento una merda lo stesso. Ma non ho scelto io di stare qua, e nel mio piccolo posso tentare di fare qualcosa, ma non è che posso fare molto. Sono veramente l’ultimo cazzo di stronzo del mondo. Che lo faccia chi ha potere, chi ha l’esperienza e chi è pagato per farlo! Io sono uno stronzo, che cazzo volete da me?

Cosa hai voglia di fare ancora in futuro, che non hai ancora fatto, visto che nell’hip hop, hai fatto praticamente tutto (breaking, writing, mcing, djing…)?
Vorrei approfondire un po’ le nuove tecnologie puntando ad essere competitivo nelle produzioni… anche perché oggi lo puoi fare con una spesa abbastanza contenuta, rispetto a dieci anni fa. È una roba che ho sempre voluto fare. Mi piacerebbe avere uno studiolo. Però non ho più intenzione di stare ancora dei mesi per chiudere una misura di rap. Un’altra cosa che mi piace molto fare, e che vorrei continuare a fare, è il selecta. Ma non riesco mai: ogni volta che vado vogliono che faccia il rap. Non gliene importa molto che io faccia il dj. E poi forse ho gusti un po’ legnosi per quello che va oggi…

Cosa stai ascoltando in questo periodo?
Adesso in macchina c’ho tutti e tre gli album dei Rage Against The Machine, e anche gli ZZ Top (ci sono un po’ di brani che mi piacciono un casino). In realtà ascolto proprio poco rap… ma perché c’è poco che mi piace… Poi la radio non la ascolto, i dischi ho smesso di comprarli, mi passa un po’ di roba Trix, ma al momento non ho un buon rapporto con la musica. In questo periodo siamo come due separati in casa. Perché ora sono entrato nel loop che quando la ascolto comincio ad analizzarla. Per cui cerco cose che non riesco ad analizzare, perché non ci capisco una minchia, allora mi piacciono molto di più. Tipo il blues. Ne sto ascoltando parecchio. Anche moderno.

Cos’è per te l’hip hop?
Oggi è una cosa diversa da quello che era per me. Quindi, non lo so. Oggi non lo so più. Una volta era il mio posto. Gli altri posti o erano tutti occupati, o non mi piaceva starci. Ti potrei dire, è stato un abbaglio oppure è stato la mia salvezza. Te lo saprò dire più avanti. Fino adesso è stata una tappa importante. Una cosa che ha riempito tantissimo la mia vita.

Cosa vuol dire per te essere hardcore?
Essere hardcore non ha nessun senso. Non l’ho mai capito. Si, mi piace come concetto, ma è una definizione. E come tale va avvolta nel suo contesto, se poi riesci a capire quello che significa… E comunque io posso avere un’idea che è completamente l’opposto della tua, e stiamo parlando della stessa cosa. È tutta una questione di percezione.

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L'articolo Kaos - Milano, 18-10-2007 di FrancescoRadio è apparso su Rockit.it il 2007-10-22 00:00:00

COMMENTI (1)

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  • kontrasto 17 anni fa Rispondi

    il disco ancora non lo sento, ma lo prenderò a breve.. intanto kaos lo apprezzo perché, almeno da quanto leggo dall'intervista, sta guardando avanti. nell'hip hop in italia è facile fossilizzarsi, lui sta cercando di non farlo. fa bene.