quella che segue è l’intervista avvenuta prima del concerto del 22 novembre ‘97 in una specie di ghiacciaia del Palavobis e da me (pons, in compagnia di giuseppe, rupi, max e luca - vi ho citati, contenti? -) condotta con un po’ di imbarazzo e di incoscienza tanto che credo che Franco, flautista dei m.c.r. e nostro interlocutore, si sia fatto qualche risata... eh già, perchè scritta sembra un’intervista seria, ma a risentire la cassettina ci sono diversi punti comici. Tra l’altro la prima domanda non è stata registrata perchè non avevo acceso il microfono... (evitate commenti eh..) è scritta come me la ricordo io.
ROCKIT: prima di parlare di Terra e Liberta’, visto che questa intervista andra’ prima di tutto su internet volevo chiederti se conoscete il mondo di internet e se collaborate in qualche modo ai siti su di voi.
FRANCO: si’, conosciamo internet e siamo presenti in un paio di siti, uno su Rock On Line, nelle pagine della Black Out e uno tenuto da un ragazzo di Modena, il sito e’ ospitato nelle pagine del comune di Modena. Quello della Black Out e’ gestito direttamente dalla casa discografica e quindi e’ piu’ o meno aggiornato, l’altro invece e’ un funclub (ancora un-official, ma credo per poco! ndPons) sui m.c.r., ci sono gia’ una trentina di iscritti, a cui collaboriamo un po’ di piu’: gli mandiamo del materiale, qualche foto dei concerti e altro... qualche giorno fa abbiamo fatto un’ intervista anche con loro...
ROCKIT: ok, passiamo al disco. come siete venuti a conoscenza del Sud America o meglio cosa e’ che ha fatto scattare questo amore per il Sud America: libri, persone?
FRANCO: mah, non e’ proprio un’amore che e’ scattato, e’ un immaginario un po’ diverso dal nostro solito dell’ Irlanda, dei pub, delle ubriacature, delle donne ed e’ anche un po’ al di la’ dell’ immaginario padano fatto di piccole storie di partigiani, di gente comune. Ci sono dei confini molto piu’ netti fra quello che e’ il bene e che e’ il male e la letteratura Sud Americana ha proprio come immaginario questi orizzonti molto grandi e ampi con sfumatore di colore diverse... noi non abbiamo idea di che cosa sia il Sud America, noi ci siamo stati recentemente, siamo stati in Bolivia un mese fa e in effetti quello che e’ descritto in Cent’anni di solitudine - uno dei romanzi a cui ci siamo ispirati - e’ proprio vero, la solitudine della gente che vive la’ nella miseria e nella poverta’... siamo venuti in contatto con alcuni scrittori Sud Americani un po’ casualmente, ma forse era anche destino... abbiamo conosciuto Paco Taibo II che ha scritto una biografia su Che Guevara, una delle tante ma una delle migliori, non perche’ sia un nostro amico ma perche’ ha dietro uno studio storico di una decina d’anni. L’abbiamo conosciuto attraverso amici comuni di Torino e siamo andati una prima volta a suonare ad una sua conferenza, ci siamo subito presi e siamo diventati amici, lui ci ha invitato al festival alla "settimana negra" a Gijon nella Asturie a suonare gratis, noi ci siamo andati per fare un’esperienza un po’ perche’ ci piace girare... li’ abbiamo conosciuto altri scrittori tra cui Sepulveda, Daniel Chavvarria, personaggi che ci hanno influenzato anche per scelte non solo musicali.
ROCKIT: ma rispetto al Sud America, anche dai vostri testi, mi era sembrato che qua manchi qualcosa, io ho pensato all’utopia, e’ una visione corretta oppure e’ un po’ riduttiva?
FRANCO: e’ molto difficile parlare di utopia, anche io mi trovo in imbarazzo, anche perche’ semanticamente l’utopia e’ quello che non si puo’ raggiungere e noi abbiamo un concetto di utopia che e’ molto diverso da quello Sud Americano, andando in Sud America ti accorgi che forse il concetto e’ uguale ma quello che vuoi raggiungere e’ in realta’ diverso, noi qui lottiamo per la disoccupaziuone allo 0% la’ invece lottano per mangiare... e non e’ un luogo comune, e’ proprio vero. Anche le citta’ piu’ progredite hanno al loro interno una percentuale di popolo che sta veramente male, che vive con il minimo necessario. Si’, parlare cosi’ di utopia forse e’ un po’ riduttivo, noi che al confronto siamo dei ricconi... ma non per questo qualcuno deve rinnegare le sue origini e rinunciare di lottare per un mondo migliore, del resto il nostro mondo e’ anche il loro mondo. I Sud Americani hanno una cosa molto bella: pensano sempre come se fossero tutti una grande nazione, gli scrittori che abbiamo conosciuti sono tutti di diversa nazionalita’, ma quando pensano al "nostro popolo" pensano al popolo cileno, messicano, cubano, boliviano, argentino... e questo un po’ manca a noi europei perche’ siamo abituati a parlare per nazioni, per regioni, per quartieri e per vie... e’ un’altra dimensione. Anche nel nostro disco speriamo - nel nostro piccolo - di aver trasmesso quello che gli artisti Sud Americani vogliono trasmettere alla loro gente, nei libri, nella musiche...
ROCKIT: in questo disco mancano cover e non ci sono pezzi rifatti come nei precedenti, e’ stato piu’ difficiel fare questo disco o eravate carichi di idee?
FRANCO: e’ stato sicuramente piu’ difficile, prima abbiamo fatto quello che volevamo senza porci nessun problema, ne’ nei confronti del pubblico, ne’ verso di noi. senza pensare alle conseguenze di qualsiasi nostro gesto. Abbiamo fatto delle cover non perche’ volessimo sfondare con Contessa o La Locomotiva, semplicemente ci piacevano e volevamo fare. Col terzo disco e’ stato piu’ difficile perche’ abbiamo voluto provare a vivere di questa cosa, di questo "lavoro"... chiamiamolo lavoro anche se e’ un insulto verso chi lavora alla catena di montaggio, abbiamo dovuto capire dove volevamo iniziare ad andare, sia musicalmente, sia come testi, sia come gruppo. Non abbiamo volutamente utilizzato ospiti ne’ tanto meno cover perche’ volevamo vedere la nostra forza. E’ stato quasi un esame, non e’ sicuramente un punto di arrivo e le cover sarebbero state fuorvianti ancora una volta, perche’ noi siamo sempre quelli che hanno fatto "contessa" "bella ciao", siamo meno quelli che hanno fatto "un giorno di pioggia" e gli altri pezzi scritti da noi. La realta’ e’ questa, non l’abbiamo neanche mai negata, anzi, ci ha portato questa sera al Palavobis ad avere 3-4mila persone cosi’... non dico come ridere, pero’ rispetto al cammino di altri gruppi per noi e’ stato anche piu’ facile, cavalcare queste tigri... ci siamo guardati in faccia e abbiamo detto "no, non chiamiamo nessuno, perche’ se no dopo dicono ... ah, si’, Paolo Rossi, Bob Geldof..." Con Paolo Rossi collaboriamo ancora e parteciperemo alla sua trasmissione, magari potra’ capitare che suoneremo ancora con lui o con qualcun altro, anzi lo spero, perche’ suonare con della gente, con degli altri musicisti e’ sempre bello.
ROCKIT: il personaggio di paddy garcia, ho letto su un’altra intervista che e’ un personaggio inventato preso da un brano dei Pogues. Anche per i Pogues e’ "la parte migliore di noi" come dite all’inizio del disco?
FRANCO: ah! io non so loro cosa ne pensino, quella e’ una frase di Paco Taibo e’ una figura immaginaria, e’ una metafora e anche per i Pogues e’ l’eroe neanche senza macchia, ma e’ quell’eroe che - come dice la canzone - "combatte per gli occhi dei bambini", non tanto per le bandiere, per i partiti... ha degli ideali molto puri. E’ sicuramente la parte piu’ pura, non so se la migliore...
ROCKIT: le frasi del cd che ci sono all’inizio delle canzoni sono tutte di Paco Taibo?
FRANCO: una si’, anzi tutte e due, anche quella all’inizio di Transamerica, si’ si’, tutte e due di Paco.
ROCKIT: c’e’ un aneddoto legato a questo disco, un aneddoto simpatico...
FRANCO: si’, e’ un aneddoto poco simpatico, perche’ io il 23 marzo mi sono rotto una gamba - una frattura della tibia - e sono rimasto tre mesi ingessato e ho registrato gran parte del disco con il gesso a sedere, sulla sedia a rotelle, eh eh, e per fortuna che suono il flauto e non la batteria perche’ non saremmo qui a discutere del disco, perche’ non sarebbe ancora uscito probabilmente
ROCKIT: nei dischi del passato c’era l’irlanda, poi l’italia ora c’e’ il Sud America e il disco del futuro?
FRANCO: no comment eh eh! no, e’ una domanda che ci fanno tutti praticamente, perche’ credono che uno sia li’ sempre che pensa...
ROCKIT: be’, non dico pianificato, ma qualche idea...
FRANCO: guarda assolutamente non abbiamo idea, perche’ magari domani succede qualcosa su cui noi scriveremo delle canzoni su cui non abbiamo idea, sicuramente non ci sara’ un cambiamento radicale... non ci daremo all’elettronica (!) e anche nei temi... non abbiamo idea guarda.
ROCKIT: se c’e’ ancora tempo...
FRANCO: che ore sono?
ROCKIT: nove meno un quarto...
FRANCO: si’ dai fammi qualche altra domanda e poi vado.
ROCKIT: prima di diventare i m.c.r. e fare questo tipo di musica, avete suonato altri generi, avete seguito anche singolarmente strade diverse prima di arrivare al folk?
FRANCO: nel gruppo storico, quando sono nati i m.c.r., eravamo in 5 di cui tre venivano da una esperienza rock, proprio rock all’italiana, con tastiere, chitarre elettriche, con tutti i crismi... io e luciano, quello che suonava il benjo prima, venivamo da un’esperienza piu’ o meno folk, facevamo musica irlandese, un po’ piu’ da camera, avevamo avuto un gruppo che faceva musica irlandese pero’ piu’ classicheggiante, con violoncello... dopo ci siamo fusi. Ognuno il suo patrimonio se lo e’ costruito da solo... Albertino suonava le tastiere e ha iniziato con i m.c.r. a suonare la fisarmonica, ha cambiato radicalmente prospettiva musicale...
ROCKIT: chiudo con una domanda un po’ idiota: preferite il vino o la birra?
FRANCO: questa proprio! (risate) ultimamente sia la birra che il vino sono un po’ scomparse dalle nostre tavole, dopo quattro o cinque anni in cui tutti uscivamo e bevevamo ora non ce la facciamo piu’, io dopo un bicchiere di birra sono gia’...non ne posso piu’ bere... raramente ci troviamo in un pub e ci beviamo le nostre 2 - 3 pinte di guinness che e’ la favorita. Stiamo diventando pian piano non dico non-alcolisti, ma quasi e questo sara’ un colpo gobbo per tutti i birraioli, pero’ provate voi a fare 60 - 70 concerti l’anno e tutte le volte andare a bere... alla fine se sei equilibrato smetti e cominci a calare e comunque il vino e la birra non e’ che siano in antitesi, si sposano benissimo!
lo ringraziamo e ci salutiamo, io gli lascio il numero zero della fanzine che mi promette di leggere - anche perche’ c’e’ su la recensione di Terra e Liberta’ - e ci lasciamo con un "fateci saltare!"... dopo poco piu’ di una mezzoretta inizia il concerto e... mamma mia quanto ho saltato!
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L'articolo Modena City Ramblers - Milano, 23-11-1997 di Giulio Pons è apparso su Rockit.it il 1997-11-23 00:00:00
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