Tiromancino - Milano, 24-10-2002

Incontro Federico Zampaglione nella nuova sede milanese della Virgin per scambiare più di una battuta in merito al loro ultimo album intitolato “In continuo movimento”. Molte le domande del sottoscritto, soprattutto dopo il successo del precedente lavoro e la ‘frattura’ con i vecchi compagni; il deus ex-machina dei Tiromancino si dimostrerà però molto disponibile nel soddisfare ogni nostra curiosità, forse perché eccitato dallidea che proprio a una settimana dalluscita, il cd esordiva in classifica al secondo posto...



L’ultima volta che vi ho visto in concerto risale all’estate del 2001, in un live in quel di Rovereto (TN), quando il vostro nome cominciava a fare capolino nelle classifiche?
Beh, in effetti è passato un po’ di tempo, e a pensarci bene quella era proprio la serata in cui avevamo preso il ‘disco d’oro’ per le vendite de “La descrizione di un attimo”.

E siete così giunti al quarto disco per una major - anche se è il sesto come Tiromancino. Ci avete però fatto caso che è il secondo consecutivo che incidete per la stessa etichetta?
Per una volta nella vita siamo riusciti a ‘replicarci’, ma questi continui cambi non erano certo pianificati e né, tantomeno, mosse di marketing da parte nostra. Forse era un po’ il nostro destino, ma al momento siamo molto contenti di questa situazione.

Vi aspettavate una risposta positiva da parte del pubblico così repentina? Anche perché a ben vedere, il primo singolo “Per me è importante” non è esattamente il classico pezzo radiofonico
In teoria sì, potrebbe anche essere, ma alla fine anche stavolta la risposta è stata positiva e sta andando benissimo…

Allora mi chiedo perché anche all’epoca “Strade”, che se vogliamo era più facile, non riscosse lo stesso successo
Beh, sai… “Strade” era il pezzo con il quale ci ripresentavamo e dovevamo ricostruire un po’ tutto, quindi abbiamo un po’ pagato lo scotto di questa rentrée. Però la cosa importante sulla scelta dei singoli è quella di seguire l’istinto, di fare quello che ognuno sente sia la cosa migliore.

Nel caso di “Per me è importante” anche con la casa discografica si è ragionato del possibile rischio, ma siccome piaceva all’unanimità abbiamo pensato: “Ma perché agire diversamente?”. È così è stato, perché almeno siamo convinti di uscire con una cosa che ci piace…

Di fatto, però, anche all’epoca del secondo singolo de “La descrizione di un attimo”, i risultati commerciali stentavano ad arrivare. Cioè, anche in quei frangenti rischiavate di passare nuovamente inosservati?
Questa cosa mi fa ridere, perché fin da “Strade”, che all’epoca si piazzò comunque al secondo posto, ci dicevano che sarebbe stato molto difficile replicare e superare quel successo. Poi venne “La decrizione di un attimo” e si disse lo stesso, come anche per “Muovo le ali di nuovo” e “Due destini”. Adesso stesso discorso su “Per me è importante”, ma in fondo credo sia una sfida che quasi quasi mi diverte affrontare di volta in volta, forse perché significa che non siamo a corto di idee e che facciamo di tutto per non farcele mancare…

La cosa che mi ha colpito positivamente è che avete evitato l’effetto Manu Chao, o se preferisci l’effetto Moby, cioè non avete optato per il classico disco-fotocopia che replicasse le idee de “La descrizione di un attimo”?
Assolutamente, anche perché quello non era nei piani. D’altronde io mi sento di fare questo mestiere perché mi piace fare musica indipendentemente dai risultati - ho fatto per anni dischi senza ottenere grossi risultati. Tra l’altro la prospettiva di fare un disco-fotocopia era deprimente, anche se so che si può ‘cadere’ in errori del genere, soprattutto quando capisci che la cosa fatta precedentemente ha avuto successo e magari, con la certezza che quello funziona, tendi a ripeterti. Ma sono convinto che un procedimento del genere non porterà quasi mai a buoni risultati…

Ciò senza considerare le pressioni
Ti dirò… non ce ne sono state moltissime. Tutto è stato fatto con molta armonia e spirito di ‘condivisione’: noi facevamo i nostri pezzi e in seguito li facevamo ascoltare in Virgin. Tutto molto semplice alla fine dei conti…

Un’altra curiosità è relativa ai testi che, in base a quanto riportato nelle note del booklet, è come se fossero pagine di un ‘diario emotivo’. Però potrebbero anche sembrare (col)legati alla frattura con il resto della band
Beh, ovviamente ci sono delle cose ispirate al distacco con gli ex compagni, ma sempre in termini positivi e senza alcun rancore nei loro confronti. Chiaramente c’è stato un po’ di malinconia e di dispiacere di non lavorare più con persone con le quali avevi rapporti, umani e di lavoro, da anni. Ma nella vita ci sono anche dei momenti in cui ti accorgi che stai facendo le cose un po’ per forza, che non ti va, e allora è bene che ognuno si riprenda il suo spazio…

Forse perché l’idea di gruppo stava svanendo
No, più che altro perché siamo stati investiti da un successo improvviso che ha generato tensioni e responsabilità ingigantitesi poi in un attimo. Aggiungici poi che ognuno aveva pochissimo tempo da dedicare a sé, sicché la convivenza era diventata a tratti drammatica. La stampa, da parte sua, non ha certo aiutato questa situazione ed ha contribuito ad arroventare il clima, malignandoci sopra in maniera gratuita. Quindi, alla fine, è venuto fuori quel ‘papocchio’ che tutti conosciamo…

In compenso hai trovato due nuovi validi collaboratori che contribuiscono al progetto. Uno è Andrea Pesce e l’altro è Luigi Pulcinelli
Andrea Pesce era già in tour con noi alle tastiere, mentre Luigi Pulcinelli l’ho contattato perché sapevo fosse un esperto di elettronica che aveva già lavorato a Londra con gente tipo The Orb. Ci siamo così chiusi in studio e abbiamo lasciato scorrere la musica per mesi e mesi…

Con Pulcinelli l’incontro è stato fortuito?
No, lo conoscevo e avevo sentito le cose che aveva prodotto. Lui è molto ‘fresco’, ha un bel modo di trattare i suoni elettronici e quindi era inevitabile che ci fosse convergenza…

A dirla tutta voi con l’elettronica ci ‘giocate’ da sempre, no?
L’elettronica per noi è sempre stato un modo per divertirsi a (ri)arrangiare i pezzi in studio, perché dal vivo mi piace invece suonare gli strumenti classici - anche perché certe cose non riesci comunque a riprodurli.

Riccardo Sinigallia (coproduttore del cd precedente, ndi) fa quindi parte della storia vecchia?
Sì, assolutamente. In questo lavoro non ha avuto nessun ruolo…

E si potrebbe quindi pensare che l’accoppiata Pesce-Pulcinelli oggi ricopre il ruolo di Senigallia?
Sì, diciamo di sì. Più in generale, comunque, con Sinigallia - che è un grande musicista - ci siamo divertiti molto nel realizzare “La descrizione di un attimo”, ma alla fine anche con lui è andata un po’ come con gli altri ex: ci si ama ma poi a un certo punto finisce. Non bisogna però fare l’errore di rinnegare le cose del passato, anche perché Riccardo credo abbia fatto un grande lavoro…

Hai mai riflettuto sul fatto che i titoli dei vostri due ultimi lavori descrivono prima la ‘stasi’ e poi la ‘dinamica’? Magari è casuale
Sì, credo sia casuale, ma se vengono messi di seguito possono far pensare a quanto tu dici, cioè di un attimo che si sposta. E ad essere sinceri penso che l’attimo sia sempre in continuo movimento, perché la nostra vita è composta da un insieme di attimi se ci ragioni su…

“In continuo movimento” mi sembra sia un po’ un’opera in cui serpeggia un sentimento di disillusione?
Beh, c’è anche molto amore, molta voglia di vivere… la vita che poi uno fa: dei momenti in cui sei felice, in cui ti senti di essere riuscito nelle cose in cui credi, mentre il giorno dopo ti svegli e ti accorgi di aver perso delle cose che non hai più. Credo sia un disco costruito sulla sensazione della realtà che ci circonda, sempre in bilico tra certezze e incertezze, sempre teso, però, alla ricerca di nuovi stimoli.

Si potrebbe anche pensare che sia un disco per certi versi ‘distaccato’, come se il tuo occhio critico analizzasse freddamente la situazione
Tutt’altro credo… perché in quest’album ho scavato molto dentro di me e ho messo dentro delle cose che appartengono al mio vissuto, tanto da farmi pensare che oltre ad essere una sorta di diario, assomigli quasi a una ‘radiografia’…
Volevo che venisse fuori un disco ispirato, che in qualche modo trasudasse emozioni, tanto che quando ci trovavamo in studio e intuivamo che stavamo per imboccare una fase di routine, ci fermavamo e riprendevamo a lavorare quando tornava veramente la voglia, la magia… Anche perché in studio ci siamo stati mesi e mesi, non avevamo orari e quindi decidevamo noi cosa fare e quando farlo - e quest’aspetto ritengo sia fondamentale per la riuscita emotiva ed espressiva dell’opera.

Ci abbiamo messo un anno a partorire, proprio per il piacere (sottolinea questultima parola, ndi) e la voglia di dedicare tempo ai suoni e alla musica, senza scadenze da rispettare e la necessità di avere subito un risultato da spendere…

Con i Morcheeba all’epoca come andò?
Con loro è stata una bellissima parentesi: loro avevano ascoltato l’album, gli era piaciuto, e con nostra grande sorpresa ci chiesero se volevamo seguirli in questa piccola tournée che loro facevano in Spagna e Portogallo proprio per aprire i loro concerti.

È stata una bella esperienza, oltre che un riconosimento per quello che stavamo facendo da parte di grandi musicisti, così abbiamo deciso di realizzare il video di “Muovo le ali di nuovo” raccogliendo le immagini di quel momento che per me rimarranno indimenticabili…

E a proposito di video, come è nato quello di “Per me è importante”, che se non erro è stato realizzato in 3D con il supporto della computergrafica?
Sì, è stato fatto in 3D ma ha avuto una lavorazione molto lunga perché altrimenti si rischiava di ottenere un prodotto un po’ ‘freddo’, che un po’ avrebbe contrastato con l’idea musicale della canzone. Per cui con la Direct 2 Brain di Latina c’è stato un lavoro molto meticoloso sui particolari affinché venisse fuori qualcosa di più ‘caldo’ rispetto a quello che il 3D permette solitamente. Ci sono voluti insomma 6 mesi di lavoro, a testimoniare che il tempo è fondamentale se vuoi un risultato che ti convinca fino in fondo e hai, appunto, il piacere di farlo…

Due parole su “Il progresso visto da lontano”, molto bella anche come struttura
Dici la canzone con la voce di Jack Folla, giusto?

Sì, esatto
Beh, semplicemente noi avevamo fatto la base e il ritornello e stavamo cercando qualcosa da mettere sulle strofe che parlassero del progresso o che, comunque, lo evocassero. Un nostro amico ci ha sottolineato la possibilità di metterci sopra la voce di Jack Folla, così si è fatto scrivere il testo da Adelchi Battista…

Invece la collaborazione con Elisa e Meg com’è andata?
Io già conoscevo Elisa, che in passato aveva fatto delle cose con noi. Poi lei ci ha presentato Meg, con la quale è nato anche un bellissimo rapporto di amicizia e di stima, e subito dopo ci siamo chiusi in studio per una settimana finché non è venuto fuori il pezzo che trovi sul disco.

Comunque sia è venuto fuori un esperimento molto bello, soprattutto perché viene fuori la voglia di sperimentare e di condividere l’idea di musica.

Volevo però capire se le rispettive parti delle ospiti sono autografe oppure partorite in collaborazione
Meg la sua parte se l’è scritta, mentre Elisa di fatto doveva fare dei vocalizzi, molto importanti anche questi nella struttura del pezzo e nell’arrangiamento. Tutto è insomma venuto fuori con molta naturalezza…

Le aspettative relative a questo disco suppongo non siano esattamente le stesse del precedente
Beh, questo disco sta vendendo tantissimo, forse anche grazie al successo dell’album scorso. Devo però dire che il primo singolo è piaciuto subito a tutti, oltre ogni più rosea aspettativa. Perciò sembra che stia andando bene sia dal punto di vista del gradimento che da quello delle vendite…

La mia riflessione finale, che spero tu condivida, è che quindi la vostra forma di pop sia ormai tanto raffinata quanto accessibile da una cerchia di persone sempre molto più ampia
Menomale mi viene da dire… anche perché negli altri dischi c’era una ricerca più estrema e io ero ancora poco esperto, dovevo maturare, canalizzare le mie qualità e arginare i difetti…

Quindi qual è il tuo giudizio oggi su dischi quali “Alone alieno” e “Rosa spinto”?
Considerando che da allora di acqua sotto i ponti ne è passata tantissima, ti posso dire che “Alone alieno” all’epoca fu un disco abbastanza pioneristico e tuttora lo considero uno degli episodi più belli della nostra discografia pur non avendo avuto quel successo che secondo me si meritava… e chissà che un giorno qualcuno non decida di ristamparlo.

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L'articolo Tiromancino - Milano, 24-10-2002 di Faustiko Murizzi è apparso su Rockit.it il 2002-12-29 00:00:00

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