Pacifico - Milano, 31-05-2001

Ho sentito parlare bene di Pacifico dai fonici delle Officine Meccaniche, dove ha registrato il suo album d'esordio. Questa cosa, insieme al nome d'arte che mi ricorda un amico, mi ha subito incuriosita. In realtà dietro a questo nome d'arte si cela Gino De Crescenzo, autore, chitarrista e paroliere, per dieci anni nei Rossomaltese. Ha appena pubblicato il suo primo album da solista, e di questo e d'altro parliamo durante una pausa-pranzo.



Rockit: Mi ha incuriosito subito il tuo nome d'arte... Anche perchè c'è un mio amico che si chiama Pacifico di cognome!

PACIFICO: ..ed è di Napoli?

Rockit: No, è di Brindisi.

PACIFICO: Ah... E' un cognome molto diffuso a Napoli, l'ho scoperto per caso...

Rockit: Come mai Pacifico? Ho letto nella tua bio che ci sono riferimenti all'oceano Pacifico, io pensavo invece che avesse a che fare con la quiete... O sono cose correlate?

PACIFICO: Sì, sono correlate, Ma come sai spesso sono nomi che nascono un pò casualmente. Perchè poi mi chiamo Gino De Crescenzo, allora pensi "Accidenti, un disco etnico! Sei parente di Luciano De Crescenzo?". C'erano tutte queste complicazioni. E dato che sin da piccolo mi dicevano sempre che sono una persona molto mite, molto quieta e molto posata, e sempre da ragazzini si impara sui sussidiari che il Pacifico si chiama così, ma in realtà nasconde una forza tremenda, che poi scarica nei cicloni, quindi era un modo per segnalare le tempeste...

Rockit: Anche per avvisare che tu apparentemente...

PACIFICO: Sì, è così! (ridiamo - ndi) Poi magari ci sono modi meno spudorati che fare un disco, ma in qualche modo...

Rockit: Uomo avvisato mezzo salvato! Questa del tuo album - che tra parentesi ha una bellissima copertina, so che è il tuo cane - è la tua prima esperienza come solista, dopo una lunga militanza nei Rossomaltese, in cui fondamentalmente lavoravate come una band vera e propria. Hai anche scritto delle colonne sonore, ma è la prima volta che ti cimenti nella scrittura. Come è nata l'idea di fare qualcosa da solo?

PACIFICO: Guarda, è una cosa che mi sono trovato per strada, perchè io non ho mai pensato di fare un disco da solo - o forse l'ho fato quando muovevo i primi passi - anche perchè richiede una dose di esibizionismo, cosa che adesso in qualche modo mi sto inoculando. Invece io avevo sempre fatto la spalla, scrivevo le musiche, stavo dietro, arrangiavo il gruppo, ma c'era il cantante, non ho mai scritto i testi... Poi quando è finito il gruppo, e come al solito intorno ad un'età che è quella in cui cominci a dire "Ma cosa è successo, cosa ho fatto, cosa devo fare?", capita a tanti della mia generazione, ho cominciato a scrivere in continuazione, fino proprio alla pedanteria, e quindi da lì sono venute fuori tantissime canzoni, che inizialmente ho pensato di dare a qualcun altro. Poi erano così autobiografiche che diventava difficile. Il tutto si è fermato ed ha preso corpo un album quando il produttore, che è un caro amico, è venuto a dirmi che le dovevo cantare io, ed è stato l'unico, la prima persona che mi ha detto, proprio a casa mia, di fare quest'album qua. E quindi da lì è nata questa cosa, e poi via via ho cominciato a prendere sempre più coraggio e consapevolezza, e la cosa ha preso forma. Quindi non è un progetto meditato. Mi sono trovato poi alla fine a registrare ed a fare il mix.

Rockit: Ora che sei da solo, sei tu il frontman, quindi c'è stato anche un cambio dell'attenzione che c'è nei tuoi confronti. Come ti trovi in questa situazione?

PACIFICO: E' strano questo... Perchè mi sono reso conto che se entri nella cosiddetta "civiltà dello spettacolo" - lo so, questo termine è orrido - della comunicazione, la distanza tra me e Laura Freddi non è tantissima... Nel senso che poi alla fine anche lei usa i suoi metodi nel suo campo... Però anch'io mi sono trovato di fronte a degli apprezzamenti tipo "Sei bello, sei brutto", che potevo aspettarmi, ma arrivandoci abbastanza avanti non ero più... Sono arrivato anche con molta più ironia e più serenità, magari a vent'anni sono cose che ti shockano. Però sei anche più inconsapevole, più incosciente. Quindi è strano ed è una cosa interessante, anche perchè a me interessa moltissimo, nella musica e nei musicisti, quello che fanno a casa, quello che fanno sul pianoforte. Mi piacerebbe essere lì per capire cosa sta succedendo in quel momento. Di tanti musicisti invece, e lo dico qua - forse non è proprio la sede più adatta (siamo negli uffici del suo management - ndi) - a me arriva prima il lavoro di tante altre professionalità. Pensa a Madonna... Non riesco a vedermela che ha una chitarra e che suona, magari lo fa. Per cui per il fatto di entrare adesso in questo non avrò quel tipo di esposizione, ma mi presenta anche degli equilibri e dei meccanismi nuovi. Per ora non è ancora successo, ma penso che saranno anche scomodi, oppure dovrò cominciare ad interrogarmi su quello che dico durante le interviste...

Rockit: Per la prima volta, nel corso degli ultimi anni, ti sei dedicato alla scrittura dei testi. testi che non sono per niente banali, e che mi sembrano, come hai detto tu stesso, molto autobiografici. Come hai iniziato? Nel senso che ti sei sempre dedicato alla musica, come è nato lo stimolo a scrivere dei testi, e soprattutto come ti sei trovato a scriverli?

PACIFICO: Avevo questa reminescenza che andava bene alle superiori... Però non è sufficiente... Non lo so... E' stata una cosa, devo dire anche dell'ultimo periodo dei Rossomaltese, non lo facevo perchè poi sai, le band hanno necessariamente dei ruoli abbastanza definiti... Solo col tempo si superano le varie fasi dell'evoluzione e cominciano ad esserci dei cambiamenti, e noi non siamo riusciti a fare proprio quella evoluzione. Sentendo gli ultimi provini vedevo che cominciavo a dare le canzoni... Prima era solo inglese maccheronico, poi istintivamente veniva una frase, più o meno stupida ma che in qualche modo rappresentava qualcosa per la canzone. Mi sono reso conto che quando scrivi tutte quelle cose, se il risultato è riuscito ci sono delle cose che tu esprimi già con la musica, sensazioni che poi prendono forma con la parola che dici. E quindi in qualche modo non c'è uno stadio successivo di valutazione. E' chiaro, ci sono delle alchimie che succedono - storiche, meravigliose... - però come ti dicevo anche prima è una cosa che appunto è successa, ed ovviamente ho provato a muovermi in vari ambiti. La chiave autobiografica forse era la cosa che in qualche modo mi riusciva meglio in questo periodo, però era anche l'unica cosa forse di cui veramente potevo parlare adesso, per tutte le cose che mi sono capitate... Avevo scritto anche altre cose un pò più sul sociale, però non riuscivo a calarmici dentro tantissimo, e poi c'era anche il problema della voce, di quello che potevo cantare. Per cui le cose che mi sembrava riuscissero meglio erano quelle... E' anche faticoso, molto faticoso, anche perchè prima io scrivevo, cantavo... canticchiavo delle frasi un pò celentanesche, e questo era il pezzo. Poi ci pensava il cantante. Adesso devo trovare la quadratura, quindi è ovviamente un lavoro molto difficile. Quando riesce è molto gratificante.

Rockit: La cosa che ho notato ascoltando l'album è che ha una vena particolarmente pop (annuisce - ndi), pur essendo un album tendenzialmente cantautoriale. Riesce anche ad abbracciare molto bene l'elettronica senza strafare. Come sono nati anche questi giochi di musica particolari?

PACIFICO: L'elettronica del disco è nata in questa camera in cui vivo, in questo luogo minuscolo, con una tastiera da 300.000 lire. Era un limite economico che avevo, ma spesso quando sei in queste condizioni devi tirare il meglio da quello che hai. Quindi, dopo aver suonato per anni la chitarra mi son trovato lì, e continuavo anche per il lavoro che ho fatto con le colonne sonore, con Roberta Torre, ed anche altre produzioni ed arrangiamenti. E' come se avessi registrato con un 8 piste, quindi avevo 8 piste davanti con questi suonini, e lì ha preso un pò questa forma elettronica, per necessità. La questione ad esempio della vena pop è vera, era proprio un bisogno che avevo, perchè io ho questa fissazione per le belle canzoni, perchè è una cosa che ho sentito dalla tradizione napoletana, non è che sono un cultore, però l'ho nelle orecchie sin da piccolo... Poi il cantautorato brasiliano, i cantautori italiani... Anche se poi seguo tutti i gruppi, mi piace... Io credo che cercherò sempre questo equilibrio, tra queste radici e le antenne, come fanno tanti adesso, con questa trasversalità su questo. Per cui ho questa ambizione a scrivere una canzone in realtà, più che fare un disco in cui c'erano dei rumori, chitarre reverse... Ci sono tanti che lo fanno ed anche bene... Mi sarebbe piaciuto trovare la canzone come Trenet (Charles Trenet, canatutore francese - ndi), capito? Quello sarebbe stato un bel risultato per me... Poi magari il prossimo disco magari sarà completamente diverso... Anche perchè tieni conto che su 60 pezzi ci sono davvero tantissime anime, quindi alla fine questa è stata la compilation dei miei brani.

Rockit: E' stato anche difficile, immagino fare la scelta dei brani, perchè, come si dice, "Ogni scarrafone è bello a mamma sua"... (ridiamo - ndi)
PACIFICO: Sì... Però in quello son fortunato, perchè essendo anche arrangiatore sono abbastanza spietato. Mi disaffeziono, poi magari recupero qualche cosa... Però a questo momento anche Paolo Iafelice (il produttore - ndi) ha detto "Basta. 60 pezzi non li sento neanche dei Radiohead, devo sentire i tuoi!" (ridiamo - ndi) Era sfinito, per cui alla fine...

Rockit: Cosa ti aspetti dal futuro?

PACIFICO: Ehm... (ridiamo - ndi)

Rockit: Almeno... Quali sono i tuoi programmi futuri e quali vorresti che fossero?

PACIFICO: La chiaroveggenza... Questo ovviamente un punto di arrivo, però è anche una cosa che parte per me con Pacifico. E' chiaro che io, per necessità proprio di sopravvivenza, faccio di tutto, farò una produzione, farò anche altre cose. E' stata un'esperienza molto forte e vedo anche nelle persone che ho coinvolto - alcune volentieri, altre loro malgrado - che sta suscitando molta aspettativa e molto interesse. Quindi in qualche modo credo che avrà un seguito, e quindi mi ci vorrei dedicare, spero di riuscirci. E' una cosa su cui anch'io ho molte aspettative, anche se più che altro - anche questa è una cosa un pò strana - è una cosa quasi di ricerca anche su una canzone, mi piacerebbe continuare a scrivere canzoni, continuare a spostare un pò un'ottica, cercare queste cose... Ora c'è un cambio generazionale nei cantautori, i migliori alcuni se ne sono andati... Mi chiedo sempre de qualcuno di quelli che arrivano adesso, di cui a questo punto faccio parte anche io, è fatto della stessa pasta dei grandi. Io non so se è così, perchè questa è anche una questione sociale, non lo so... è difficile da capire... Mi auguro appunto di partecipare a questo ricambio.

Rockit: Rockit è un sito Internet. Tu che rapporti hai con la rete?

PACIFICO: Abbastanza sporadici. Però in realtà mi muovo abbastanza bene, ma non navigo moltissimo, mi rendo conto anche del linguaggio, mi sembra di avere 85 anni... Credo che ci sia sulla musica una rivoluzione in atto, come ho letto qualche giorno fa, paragonabile solo all'introduzione del carattere di stampa, per cui si una portata che sicuramente non riuscirò a comprendere, perchè è veramente enorme. E su questo, sulla vendita dei dischi, sui supporti, se ora si entra in classifica con 3.500 copie di vendita, vuol dire che il rapporto col supporto è completamente cambiato... Quindi sono lì con gli occhi aperti... Forse non sono tanto attivo, sono lì un pò che guardo, che osservo...

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L'articolo Pacifico - Milano, 31-05-2001 di Roberta Accettulli è apparso su Rockit.it il 2001-06-19 00:00:00

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