Linea 77 - Milano, Uffici Spin-go!, 23-09-2005

(Foto di U. Nicoletti da Linea77.com)

Sono la voce più autorevole di una generazione di giovani turbolenti con una voglia impellente di divertirsi e fare casino, e basti sentire quante volte usano il concetto di “paranoia” per capire perchè. I loro dischi sono quelli che girano nelle cuffie dei ragazzi vestiti un po’ larghi e vita non bassa, di più. Per chi è già cresciuto sembrano una macchietta di cattivo gusto, per altri sono i Green Day di un mondo rock che è sempre più parodia di se stesso. Indipendentemente da tutto ciò, “Available For Propaganda” – il loro ultimo disco – spacca. E li proietterà alla definitiva conquista del mondo, statene certi.



Available for Propaganda. Forse il titolo più politico che avete mai dato ad un album. Come mai questa scelta, se è una scelta politica?
Nitto: In realtà non è una scelta politica. Il significato di questa scelta – come per tutti i titoli che abbiamo dato ad un album – è più una provocazione. Il fatto di essere disponibili alla propaganda tutti i giorni – da quando ti alzi la mattina e bevi quel tipo di caffè con quel tipo di zucchero fino a quando vai a dormire guardando quel film – di riceverla e farla, è ormai cosa accettata.

Tokio: I titoli sono comunque condizionati dalla situazione che viviamo in quel periodo. Come “Ketchup Suicide” era questo doppio gioco del suicidio al ketchup che in realtà era la nostra paranoia di non avere cibo decente da mesi, così vivere in una città dove ogni angolo è coperto da manifesti, pubblicità, ci ha ispirato ancora di più. Ormai siamo completamente vittime della propaganda, e forse la cosa migliore è scegliere a chi fare propaganda per le cose che ritieni più giuste.

Io ci avevo visto un messaggio non tanto partitico, ma politico nel senso di legato a questo particolare momento, dove al posto dei prodotti ci saranno dei voti, da vendere.
Nitto: Si, è anche in parte quello. Alcune canzoni parlano di questo periodo dove ci sono guerre e personaggi che fanno propaganda.

Trovo che quest’ultimo sia il vostro album più riuscito, meno convenzionalmente nu-metal e più core-melodico. Che mi piace. Anche il song-writing è maturato. Che meriti ha in ciò Dominguez?
Dade: In realtà il disco è stato composto prima di andare in America, là abbiamo solo registrato. Lui ci ha aiutato a fare uscire un certo tipo di sonorità che magari non ci appartenevano totalmente: siamo arrivati e ci ha consigliato strumenti vintage per registrare chitarre, e magari combinare questa chitarra con quell’amplificatore, piuttosto che suonare tutto quanto in un certo modo... insomma, sul song-writing non ha influto, ma sulle sonorità sì. La cosa che ha fatto meglio è riuscire a metterci totalmente a nostro agio. Ogni volta che vai a fare un album sei nel panico, perchè hai paura di rovinare tutto con le tue mani, e hai paura che lui ti rovini tutto con le sue mani.

Lui ha lavorato fra gli altri con i Papa Roach. Ma perchè l’avete scelto?
Dade: Non ci eravamo mai conosciuti di persona. Aveva lavorato con dei gruppi della Earache, che è la nostra etichetta, la quale ce l’ha proposto. Ne abbiam parlato, abbiamo ascoltato alcuni dei dischi che aveva prodotto e ci son piaciuti. In realtà l’abbiamo scelto un po’ a scatola chiusa. Per fortuna si è dimostrato un ottimo tecnico e un’ottima persona. Si lavorava sedici-diciotto ore al giorno, e se volevamo lavorar di notte non c’era problema...

Nitto: Non abbiamo usato il solito metodo che avevamo utilizzato per gli altri dischi, cioè registrare separatamente batteria, basso, chitarra, voce. Questa volta abbiamo mischiato parecchio. E’ stato bello perchè non avevamo mai tempi morti, e se uno quel giorno non aveva cazzi di suonare, si trovava qualcos’altro da fare.

Tokio: Siamo anche arrivati più preparati, con meno paranoie e sbattimenti. Prendere o lasciare.

In Italia siete ormai diventati un punto di riferimento importante per un bel po’ di giovani turbolenti. Come credete sia stato possibile diventare una sorta di icona, se di icona si può parlare?
Dade: Ce lo chiediamo anche noi! (Ridiamo, NdR)
Tokio: Credo perchè siamo rimasti sempre gli stessi, nonostante siano cambiate tante cose, nelle nostre vite. Quando incontro una persona per strada, non faccio finta di niente... Probabilmente è il non pensare di essere un’icona. Lo vedo nei festival: ci prendiamo meno sul serio di altri gruppi, forse...

Dade: Siamo arrivati in un momento in cui l’Italia ne aveva bisogno. C’eravamo tutti rotti i coglioni dei Jannacci e Celentano. I giovani c’erano, la musica arrivava, c’era già stata la rivoluzione dei Nirvana. La testa e gli ascolti dei giovani erano già avanti. Per fortuna Mtv e altri media come i giornali e tutti quelli che ci hanno supportati dall’inizio ci hanno spinto poco più dei gruppi che c’erano già. Ma non c’è stato nepotismo di alcun tipo: noi siamo cinque scemi di Venarìa e non siamo figli di nessuno, soprattutto del Presidente del Milan (Ridiamo e Nitto si fa battere il cinque da Dade, bella lì regiz, NdR). Quindi, boh. Però ce lo siam conquistati, non siamo passati sopra le teste di nessuno, abbiamo fatto il nostro e siamo qua.

Nitto: E’ ora che arrivi qualcun’altro, oltre ai Linea 77. Ci sono un sacco di band interessanti che spaccano il culo.

Dade: Che si sveglino tutti, discografici e non, e facciano uscire qualcuno.

Io, invece, credo sia anche dovuto alle tematiche dei vostri testi, che possono rappresentare per un adolescente lo spirito dei tempi, la rabbia, l’indignazione, la turbolenza giovanile, il nichilismo. Ma, in tutto questo, c’è una causa, un fine, un obiettivo? Se è solo rabbia o frustrazione, che senso ha?
Nitto: Credo che sia io che Emiliano, quando scriviamo i testi, parliamo di ciò che ci succede intorno. Dalle sensazioni a quello che guardi alla tivù. E’ un discorso di sensazioni, di momenti. Non c’è un messaggio a tutti i costi: parliamo di quello che sentiamo noi. Non vogliamo educare le persone: le persone pensano quel cazzo che vogliono. Non c’è nessuna educazione delle masse.

Ma oltre alla sensazione – tipo la rabbia, l’indignazione, il momento – che cosa c’è? Ci deve essere qualcos’altro. Forse non lo esprimete.
Nitto: Il trovare una giusta via di fuga o un mondo perfetto sarebbe l’ideale. Però è difficile esprimerlo a parole.

Quando sentiremo una canzone felicissima dai Linea 77?
Nitto: Non c’è un cazzo da ridere.

Dade: In realtà abbiamo anche fatto delle cose ironiche, tipo “Walk Like An Egyptian” (cover delle Bangles, NdR). Secondo me i Linea 77, se li conosci come ragazzi con cui uscire la sera, sono persone totalmente diverse da come li si vede sul palco. In realtà noi siamo persone assolutamente positive, diciamo un sacco di cazzate, siamo gioiose e allegre e non stiamo qui a pigliarci male.

Tokio: Ognuno di noi si fa un’idea di ciò che succede nel mondo. Però a volte ci ubriachiamo e facciamo i coglioni per due ore. Praticamente tutte le sere che suoniamo.

Ho letto la recensione ultra-positiva Kerrang: lodi sperticate. Avete suonato al Reading, celeberrimo festival inglese... vi raccontano come una band famosa, all’estero. E’ proprio così?
Tokio: E’ un alto e basso continuo. Non avendo una grossa major che ci aiuta non possiamo essere bombardati tutto il tempo su Mtv. Magari ci apprezzano, ma non possiamo fare un lavoro di promozione serio in tutta Europa come facciamo in Italia, che è casa nostra. Ovviamente continuamo a suonare all’estero, ma ci piacerebbe crescere ancora di più, come abbiam fatto qua. Fuori è rimasta una situazione stabile, ma non potendo andare a suonarci spesso, ogni volta devi rialimentare il fuoco. Questa cosa di Kerrang è una grossa soddisfazione.

Dade: Il feedback che stiamo ricevendo è positivo. Nel periodo di “Ketchup” eravamo al top, con “NAMB” siamo scesi un po’ perchè – fra la collaborazione con i Subsonica in “66” (presente in “NAMB”, Earache Rec., 2003, NdR) e quella con Roy Paci – ci siamo concentrati sull’Italia. Finalmente eravamo accettati nel nostro paese dopo anni che ci sbattevamo.

Paradossale diventare famosi perchè percepiti come prodotto d’importazione...
Dade: Anche se noi decidessimo di smetterla con l’estero, continuerebbero a dire: “Ah, i Linea 77, quelli che hanno suonato al Reading!”.

Tokio: Ci sono altri gruppi che lavorano con l’estero, però non ricevono lo stesso trattamento. Vallo a capire... probabilmente siamo più bravi! (Ridiamo, NdR)

E’ un suono che va ancora, all’estero, il vostro? Insomma, ora ci sono i Franz Ferdinand.
Tokio: Si, c’è spazio per tutti.

Dade: Non ci interessa che vada. Quando finiranno quelli con la riga da una parte torneranno quelli con la parrucca. Mica possiamo cambiare look ogni volta! Rispetto a quattro anni fa, il nu-metal è accettato.

Poi ormai voi passate su Mtv.
Dade: Si, ma non perchè facciamo nu-metal. Perchè siamo i Linea 77. Ce lo siamo conquistato. Sono i media che danno un target alla musica. Quando decideranno che l’indie è finito, tornerà ad essere roba underground. E magari si tornerà al glam.

Si continua a parlare di rinascita di Torino. Le olimpiadi del 2006, il movimento... però ormai tutti quei gruppi che hanno reso la città importante per la musica – Subsonica, Mau Mau, Africa Unite, Perturbazione, ecc. – sono band già uscite. Che rinascita è, allora? Sociale?
Tokio: Si, c’è un cambiamento enorme. E’ un processo ancora lungo, ma c’è una grande differenza rispetto a tanti anni fa, quando magari nessuno si avvicinava a te, in un locale, per presentarsi. Tutti chiusi nel proprio mondo. Oggi invece con le olimpiadi e i nuovi locali, la gente si è accorta che c’è una vita sociale. Che favorisce un’ondata di positività per chi fa un lavoro come il nostro.

Nitto: Lo strapotere della FIAT ormai sta calando. La gente ha aperto gli occhi. Bisogna reinventarsi. E deve reinventarsi anche il lavoro. C’è un clima di cambiamento, e si sente.

Ma Ibrahimovic lo vedete in giro?
Tokio: Io l’ho visto ad una festa di compleanno...

Juventini, vero?
Nitto: Si, tutti e tre.

Bene. Fra gobbi ci si intende meglio (Ridiamo). Ultima domanda: in un’intervista successiva a “Ketchup” avevate dichiarato che senza droga non sareste sopravvissuti. E’ ancora così? (La domanda li imbarazza un po’.)
Nitto: Io ho smesso, bevo solo come un matto.

Dade: Fumatori incalliti ce ne sono ancora, però qualcuno di noi sta avendo un momento di crisi. Generazione vuota che non riesce a divertirsi neanche con la droga. Ho detto una stronzata? No, scherzi, a parte. Questa cosa appartiene un po’ al lato privato della faccenda... non siamo degli artisti che hanno bisogna della droga per creare.

Tokio: Non abbiamo pregiudizi. Se vedo uno che si fa di eroina, penso sia un coglione. Però le droghe diciamo convenzionali, le trovi dappertutto.

(Cala il silenzio, NdR).
Dade: Andiamo a fumare una sigaretta?

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L'articolo Linea 77 - Milano, Uffici Spin-go!, 23-09-2005 di Carlo Pastore è apparso su Rockit.it il 2005-10-06 00:00:00

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