Millelemmi e il lampredotto rap: una questione di interpretazione

È la C aspirata che fa la differenza

Millelemmi ha appena rilasciato il nuovo album "Cortellaha 2.0", in cui si cerca di tracciare una mappa dei migliori produttori di musica elettronica
Millelemmi ha appena rilasciato il nuovo album "Cortellaha 2.0", in cui si cerca di tracciare una mappa dei migliori produttori di musica elettronica

Con "Cortellaha 2.0" cerca di tracciare una mappa dei migliori nuovi produttori di musica elettronica in chiave black, un incontro tra funk e rap in vernacolo. Millelemmi incarna quella vena irriverente e goliardica fiorentina con la C aspirata, anche se il confine tra dialetto fiorentino e italiano è labile. Una questione di abitudine e di interpretazione, ma anche di fidelizzazione dell'ascoltatore, come è stato per il rap napoletano. L'intervista di Francesco Fusaro.

Ho un po' la sensazione che tu sia stato il primo mc in grado di cogliere il potenziale rap insito nei suoni di produttori come Railster, Kappah, Digi, ecc. Quelli che finirono sulla compilation Beat.it e che potremmo definire come dei "beatmaker 2.0". Ricordo fra l'altro i primi tuoi pezzi su Soundcloud dove, se non ho capito male, eri tu stesso a produrre la musica.
Sì, quelle erano delle cose prodotte proprio da me. Io ho iniziato come mc; ho anche alle spalle altri generi musicali ma l'hip hop ha finito per dominare i miei interessi. Su quello che dicevi tu, il cogliere le potenzialità del wonky beats eccetera...be', il discorso è un po' complicato. In Italia molti beatmaker negli anni '90 avevano preso come riferimento (o dogma) musicale la Golden Age americana. A me è sempre piaciuto non rimanere fermo per cui, trovandomi circondato qui a Firenze da persone aperte mentalmente, ho continuato questa ricerca sui suoni che ci ha spinto tutti verso altre cose. Fare nel 2004 i beat come DJ Premier era una cosa già vecchia, insomma. Questa commistione fra elettronica e hip hop qui funziona perché come saprai gli Ether, uno dei più importanti act di IDM italiani, composto da Biga e Colossius, sono fiorentini. Ci sono dei precedenti cittadini insomma.

L'hip hop italiano mainstream si è allontanato dall'uso dei sample in favore di suoni elettronici presi in prestito dalla techno, dalla trance eccetera. Le produzioni del (se mi passi il termine) tuo giro mi sembra che abbiano mantenuto un buon bilanciamento fra l'organicità data dal campionamento e la potenza dell'elettronica. Vorrei capire con te se ci potrebbe essere un potenziale di filiazione in questo tipo di suono.
Per quanto riguarda la questione del campionamento nel mainstream secondo me ci sarebbe da chiedersi prima di tutto se questo non dipenda dall'industria discografica. All'estero, e penso all'America, le etichette sono più versate nel sample cleaning, cioè nell'utilizzo legale dei campioni; in Italia questa cosa mi pare si faccia poco quindi potrebbe anche essere una questione meramente legale. Questo lo dico io eh! Certo poi come sound si deve fare una cosa piaciona e quindi ci metti i suoni che richiamano la dance e in Italia hai fatto, ti ritrovi il rap anche al luna park! [ride] Per quanto riguarda invece l'uso del sample in altri tipi di produzione credo che sia una questione di attitudine: ricerca sonora, acquisto di dischi, ascolto di cose disparate sempre alla ricerca del suono figo. Mi sembra che anche nell'underground più ortodosso questo approccio si sia un po' perso. Se pensi che all'estero uno come MF Doom ha fatto un disco con Jneiro Jarel, solo per farti un esempio a caso... Per quanto riguarda la filiazione, non ho dubbi, mi sembra fisiologico che ci sia.

La tua città occupa una posizione particolare all'interno del panorama hip hop italiano; per certi versi sembra quasi giovane per quanto riguarda il suo contributo a quella cultura. Ma anche parlando di musica in genere, è come se da Firenze arrivassero queste fiammate improvvise (la new wave del giro di Robotnick, la house di Alex Neri e del Tenax) che poi spariscono dai radar.
Mah, innanzitutto bisogna fare una distinzione. L'hip hop a Firenze c'è da tanto e per quanto riguarda ad esempio il writing e il breaking non abbiamo niente da invidiare ad altre città. È vero che c'è un'indole cittadina particolare: stiamo parlando di un luogo che ha un fortissimo legame con il proprio passato culturale e quindi con tutto ciò che questo comporta a livello di promozione di esperienze artistiche contemporanee. Insomma, se già in generale in Italia si fa poco per la cultura giovane, immagina a Firenze!



Mi viene da fare un parallelismo con Venezia...
Sì, esatto, bravo! Solo che noi non abbiamo una Mestre dove andare! Questo situazione si innesta su un carattere fiorentino che tende all'isolamento, allo star nel suo, alla gelosia creativa del tipo "Questa cosa è figa e me la tengo per me". Fino a che poi succede che la cosa si fa troppo grossa ed esplode. Non lo so, questa forse potrebbe essere una lettura. Poi considera anche la posizione geografica, a metà fra Nord e Sud: un "in medio stat virtus" che permette anche una somma ragionata di esperienze esterne che devono essere per forza tradotte in un ecosistema culturale dove le cose, non essendoci "in natura", vanno un po' inventate, create da zero.

Nel tuo modo di fare musica la fiorentinità passa anche attraverso certe scelte linguistiche. Se penso al rap vernacolare però penso subito a Napoli: il loro dialetto per il rap è davvero fenomenale. Per te il discorso ovviamente è diverso perché tu ti esprimi in una lingua che è la lingua franca di tutti gli italiani. La commistione fra un suono internazionale che può far pensare a etichette come Brainfeeder o Stones Throw e cose più regionali come il tuo riferimento al lampredotto potrebbe far drizzare le orecchie all'estero, che dici?
Beh però innanzitutto per quanto riguarda l'uso del dialetto bisogna ricordare anche le esperienze salentine, quelle siciliane, e sarde... Oppure pensa a Il Tenente dei La Kattiveria che rappa in dialetto reggiano! Certo sul discorso linguistico in generale sarei d'accordo con te, c'è un potenziale di esportabilità perché se pensiamo ai pischelli inglesi che rappano in cockney o ai Die Antwoord che usano l'afrikaans... Però c'è a priori il muro dell'italiano che secondo me è bello grosso.

Però voi a Firenze avete una colonia di inglesi e americani impressionante. Non si sa mai che da questo possa venire fuori qualche cosa...
Ma in realtà non è che ci sia tutto questo scambio. Per la maggior parte di loro si tratta di un soggiorno mordi-e-fuggi che non porta ad una vera interazione. Quelli che si fermano a lungo sono pochi.

Tornando al discorso dialettale, vorrei capire che funzione ha per te l'uso dei regionalismi. Io, ad esempio, se devo esprimere un concetto ho bene in mente alcune parole del mio dialetto che sarebbero una bella scorciatoia comunicativa...
Innanzitutto il registro dialettale è una risorsa in più da utilizzare anche nel rap. Dipende da ciò che vuoi comunicare; fai delle scelte in base alle necessità. Lo switch mentale nel fiorentino è diverso perché lo scarto fra dialetto e italiano è piuttosto labile. Però il gioco, cioè il processo mentale vale, un po' per tutti: l'italiano regionale è veloce, i processi di ragionamento sono abbreviati, è una sorta di freestyle senza rima. Questo facilita nel rap ma per quanto mi riguarda è più un discorso sonoro: serve a far quadrare il personaggio nell'immaginario dell'ascoltatore, a dare un'impronta. È una questione di interpretazione.

È una questione di predisposizione dell'ascoltatore ad accogliere il messaggio in un certo modo? Tipo il grammelot di Dario Fo?
Sì, esatto.



Tutto sommato non è un'operazione dissimile da quello che fanno anche i Club Dogo quando utilizzano lo slang stradaiolo milanese.
Lì secondo me è anche una questione di fidelizzazione dell'ascoltatore. Pensa a che cosa sono riusciti a fare in questo senso i Sangue Misto. Tutti quelli che li ascoltavano parlavano il loro slang, che era una cosa che si erano inventati loro per il proprio gruppo di amici. È la cosa figa del rap. All'inizio in Italia si usava l'inglese perché si pensava che l'italiano suonasse male. Poi si è cominciato con l'italiano e poi si è arrivati agli accenti regionali, ai dialetti, ovviamente agli slang. È solo una questione di abitudine, come quando senti per la prima volta la tua voce registrata. Pian piano si impara a trarne il meglio ed è un bellissimo percorso da fare.

Che ne dici invece del futuro del rap in Italia? Ti aspetti un apporto dalle prossime generazioni di immigrati presenti nel nostro paese?
Eh, lì dipende da quanto queste nuove generazioni riusciranno a mantenere per quanto riguarda il legame con le loro radici. Se sei di origini etiopi ma poi rappi con accento milanese utilizzando lo slang di quella città capisci che la cosa si fa difficile... Forse sono più interessanti a livello linguistico e fonetico le persone che sono arrivate da poco nel nostro paese. Questo approccio incosciente alla lingua può aver del potenziale, però poi bisogna vedere se si va più in direzione Bello Figo Gu o che altro... Rischia di essere un'arma a doppio taglio! [ride]

Già che ci siamo, che cosa pensi di tutto quel "fenomeno" lol rap emerso negli ultimi anni? Potrebbe essere preso, diciamo, come termometro di un momento storico, anche da un punto di vista non strettamente musicale?
Innanzitutto bisogna vedere se il personaggio che fa il lol rap ha coscienza di fare ciò che sta facendo o meno. Per me il fenomeno si esaurisce nel modo seguente: lo guardo, mi fa ridere, fine. Come guardare il tipo che cade dalla biclicletta e si fa male, insomma. Ci può essere il rap demenziale di qualità che è frutto di una scelta artistica consapevole, come si diceva. Mi viene in mente ad esempio Mortecattiva che ha scelto di fare quello e ci sta. Però attenzione perché il fenomeno in sé potrebbe avere anche dei risvolti negativi. Nell'Italia di oggi le risate del lol rap rischiano di diventare una cosa seria, che rischia di fare paura. Per me deve rimanere un fenomeno da Youtube, sennò, ragazzi!, qui sarebbe il caso di chiedersi quanto la lobotomia di massa abbia effettivamente avuto effetto. Ciò nonostante, per carità, non drammatizziamo: grasse risate!

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L'articolo Millelemmi e il lampredotto rap: una questione di interpretazione di Francesco Fusaro è apparso su Rockit.it il 2014-07-16 00:00:00

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