Montag ha staccato il Wi-Fi

"Dati" è il primo disco solista della voce dei Giallorenzo, dove il canto di chi cerca di scappare da cookies, algoritmi e le invasioni della privacy nell'era dell'iperconnessione diventa un rifugio prezioso. Lo troveremo a MI AMI venerdì 26 maggio, sperando nel frattempo sia migliorato con la guida

Montag in montagna - foto di Carlo Banfi
Montag in montagna - foto di Carlo Banfi

Come quella Toyota Corolla sia finita lì, incastrata all’incrocio tra un vicolo e una stradina di periferia a Gradisca d’Isonzo, nel Friuli più sperduto, lo sa solo lui. Io, al massimo, posso raccontarvi come ci è uscita. La fiancata dal lato del guidatore gratta contro un muretto all'altezza del passeggero posteriore, non c’è spazio di manovra. La soluzione è unica e non proprio piacevole: si più solo andare dritti, dare 'sto colpo letale alla carrozzeria e sperare che in officina siano clementi. E quindi, dai col gas. Shrrrrriiiiiieeeeeeekkkkk.

Perché non vieni giù ad aprire
Le mie chiavi non so più dove stanno
Usciamo a caso a camminare
Che ho distrutto la portiera dell'auto

Montag - 0,5 kb (Giusto)

Quindi sì, nel caso ve lo steste chiedendo: quella portiera dell'auto è stata davvero distrutta. Questo bizzarro incidente succedeva nel settembre del 2020 a un festivalino in provincia ed era solo la seconda volta in vita mia che incontravo Pietro Raimondi, aka Montag. Non ho fatto in tempo a lavorarci insieme a Rockit perché lui usciva dalla redazione appena prima che io ci entrassi proprio per non dover vivere l'ambiguità di scrivere di musica mentre si cerca di fare musica, ma nella mia testa rimaneva uno di quelli che il MI AMI lo faceva. Adesso è uno di quelli che al MI AMI ci suona, per la precisione venerdì 26 maggio. Era già successo lo scorso anno coi Giallorenzo, la band con cui ha suonato un po' ovunque nell'immediato post Covid, ma questa volta è diverso.

L'autista incastrato, qualche anno dopo - foto di Carlo Banfi
L'autista incastrato, qualche anno dopo - foto di Carlo Banfi

È diverso perché Dati, il suo primo disco da solista pubblicato negli scorsi giorni, aleggia da tanti anni, la storia della portiera qua sopra ne è solo un esempio. C’è tanto del vissuto di Pietro, tanto del suo privato che si schiude e fa capolino mentre si parla di big data, algoritmo, intelligenza artificiale, privacy e di quanto tutto questo ci schiacci, senza per questo annullare la nostra umanità. Ci sono anche Generic Animal alle chitarre e Fight Pausa alla produzione, che portano l’indie folk à la Bright Eyes di Pietro verso territori più emo e alt rock. È il disco che sapevamo potesse tirare fuori, chissà se lo sapeva anche lui. 

Ciao Pietro, come sta la Corolla?

Sembra in ottima forma, nonostante anni al servizio delle vacanze di famiglia e soprattutto anni di mia guida, come dire… creativa. Si è fatta un bel tour coi Giallorenzo fino in Puglia, è salita poi a Utrecht e questa estate ha ancora tanto da dare, sperando che il GPL resti tutto sommato immune al caro benzina. Le abbiamo dedicato un pezzo peraltro: Corolla dei Giallorenzo è per lei.

Cos'è quel mezzo kilobyte che citi nel brano? È il corrispettivo dei 21 grammi dell'anima?

Quando i miei coinquilini erano in salotto a vedere 21 grammi io ero troppo preso male per guardarlo (quella sera uscii e conobbi in piazza dei giovanissimi Tropea, ma questa è un’altra storia). Per cui non so dirti se il parallelismo regge. Credo che l’idea di 0.5 kb dipenda dal concepire in byte le basi del DNA, come per confondere informazioni genetiche e informazioni non-genetiche. Mi colpisce pensare che abbiamo fondato la civiltà, la cultura e tutto quanto sul tentativo di comunicarci informazioni non-genetiche, ma alla fine l’unica possibilità che abbiamo di scambiarci informazioni senza nessunissimo fraintendimento (senza ricorrere alla cultura) è quella della riproduzione, dove due DNA si mescolano. Possibilità data peraltro molto prima che ci inventassimo il linguaggio. 

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Ok ma questo cosa c'entra con la canzone?

Niente. Semplicemente a volte vorrei essere in grado di comunicare senza linguaggio, senza possibilità d’errore. Ci sono stati momenti in certi rapporti dove l’unica possibilità mi sembrava davvero dare il mio DNA in pasto a qualcuno. Vale la pena accollarsi il rischio di sbagliare e ricorrere al linguaggio, con tutta la sua limitatezza. In genere è il primo passo per uscire da certi vicoli ciechi relazionali. E non ti sembrerà giusto ma non voglio sembrarti qualche cosa di giusto.

Cosa dicono i dati di noi?

Parlandone con qualcuno a queste date di presentazione del disco, riflettendoci per altri progetti su questi stessi argomenti, mi sto accorgendo che alla fine ciò che più mi interessava è quello che i dati non dicono di noi. C’è qualcosa che i dati non dicono di noi? Un margine d’errore nella profilazione dell’algoritmo? Qualcosa che possiamo chiamare “io” e non coincida con i nostri gusti, idiosincrasie, spostamenti, nevrosi, complessi, reti relazionali? Tra tutte queste cose in qualche modo “datificabili”, si può trovare una caratteristica incomprensibile anche alla più perfetta delle intelligenze artificiali ricorsive? Parlando con amici che di lavoro fanno data cleaning si è trovato un inizio di risposta nell’importanza che i cosiddetti “dirty data” rappresentano per le AI che devono capire il nostro linguaggio. Mentre in genere si puliscono le banche dati di tutti gli errori fatti in fase di inserimento (errori grammaticali, ad esempio), quando all’AI di Google Traduttore è stato dato in pasto anche ogni singolo typo commesso dagli utenti, ha iniziato a riconoscere gli usi del linguaggio per come lo adoperiamo effettivamente, non solo in base alle regole.

Quanto tempo passi online?

Sto online più di quello che vorrei e soprattutto sto spesso online nei posti più inutili della rete. Non nascondo che sia una dipendenza, anche abbastanza invasiva. Ciò che mi salva dalle conseguenze peggiori di questa dipendenza è il contesto (avere un lavoro, vivere con delle persone, suonare). Una parte di questo album è stata scritta in lockdown, quando ho sperimentato la più pesante solitudine che abbia mai vissuto e la mia giornata sembrava ormai completamente un fatto di connessione, qualcosa di virtuale. Sapevo già dal 2019 che il disco si sarebbe chiamato “Dati”, ma in quel periodo parlare di queste cose non era più un approfondimento artistico, una cosa particolare: i dispositivi erano letteralmente l’unica cosa con cui mi interfacciavo. Era la realtà. Non c’era molto altro da cantare.

Foto di Marco Previdi
Foto di Marco Previdi

Ti chiami come il protagonista di Fahrenheit 451. Qual è il corrispettivo del segugio meccanico all'interno del romanzo, per te?

Ce l’ho in tasca il segugio meccanico, su un altro ci sto scrivendo. Qualcuno sta leggendo queste parole su un altro segugio meccanico ancora. Ma soprattutto: nemmeno serve più un dispositivo repressivo, perché i dispositivi sono talmente pervasivi da formare la mia stessa idea di libertà, di giusto e sbagliato, la mia capacità di immaginare alternative. Insomma: la tecnologia mi ha sedato ancora prima di dovermi reprimere. Forse Bradbury non aveva del tutto chiaro che anche i libri, le parole, il linguaggio stesso funzionano proprio come i segugi meccanici, sono semplicemente dispositivi più limitati dei nostri telefoni. Siamo sempre stati oggetto di dispositivi. In un certo senso è un elemento fondante della società. Io in tutto questo mi chiedo cosa realmente mi aiuti, alla fine della fiera, a riconoscermi invece come un soggetto.

Chi sono i personaggi che hanno ispirato Open Access?

Elbakyana e Swartz sono due attivisti di Internet. Alexandra Elbakyana ha fondato Sci-Hub, la più usata piattaforma per leggere studi scientifici senza pagare milioni alle case editrici, Aaron Swartz è l’ideologo alla base della cultura dell’Open Access, quella per cui la conoscenza dovrebbe essere accessibile a tuttx, possibilmente gratis. Aaron è morto tragicamente dieci anni fa, suicida al centro di processi, sottoposto a una pressione insopportabile da chi aveva interesse che la sua idea di Internet non prendesse piede. Hanno vinto i cattivi, ora Internet è un posto in mano a poche società, controllate a loro volta da pochi personaggi. Il grosso si è consumato proprio negli ultimi dieci anni. Le conseguenze le vediamo tutti i giorni. Persone come loro ci ricordano che un modo diverso di utilizzare la più importante tecnologia di sempre era (e forse è) possibile.

In questo senso, come si pone il tuo disco in rapporto al diritto d'autore?

È un controsenso voler guadagnare dall’aver scritto canzoni che tra le altre cose parlano di libertà di piratare la cultura? Sì e no. Sì, se hai un'ideologia fottuta in testa su come gli altri dovrebbero essere coerenti. No, se pensi che occorra cercare alternative tanto al modello di assoluta inesistenza del diritto d’autore quanto all’attuale modello per cui, di mezzo tra chi fruisce e chi crea, ci stanno tanti enti complicati che non sempre fanno bene il loro lavoro. Un esempio positivo? I Creative Commons (inventati da Swartz stesso), ma le possibilità sono tantissime altre.

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"La rivoluzione industriale e le sue conseguenze sono state disastrose per la razza umana" è la frase con cui Ted Kaczynski, ossia Unabomber, ha iniziato a compiere i suoi attentati. Ora, non dico di far esplodere i social, ma anche quella digitale ha avuto le sue conseguenze terribili.

A volte fantastico su cosa veramente potrebbe bloccare lo sviluppo perverso di Internet e della tecnologia oggi. La vicenda di Kaczynski testimonia che qualcuno si poneva già la domanda in fasi molto più arretrate del processo. Dobbiamo fare dei Nuclei Armati che vadano a distruggere i server di Facebook?Sarebbe una gioiosa fatica e non credo servirebbe a molto, ma questo tipo di fantasia è utile a ricordarci che ogni volta che carichiamo qualcosa online non stiamo mandando messaggi, idee e nudes in uno spazio metafisico pressoché divino, ma semplicemente nel computer di qualcun altro. In un disco fisso fatto di materiali semiconduttori, tangibile e concretissimo. Che potrebbe anche essere distrutto. Questa consapevolezza della fisicità dei media, a mio avviso, è un primo passo protorivoluzionario.

Torniamo un attimo dal virtuale al mondo reale. In Dati c'è spazio anche per storie di provincia, come si incastrano nel contesto generale?

Sì, in questa intervista ci siamo lasciati molto andare alle pretese “sociologiche” di questo disco, ma includere Palta o Pezzettino di fuoco mi è servito molto a non ridurlo a un’operazione saccente, intellettualoide. “Palta” in lombardo vuol dire “fango”. Mi piace che nel mio disco più ambizioso a livello di contenuti ci si ritrovi a un certo punto su un treno regionale. Perché i media si basano sull’illusione di vivere ovunque, ma io non mi sono mai davvero spostato da poche centinaia di chilometri attorno a Bergamo/Milano (purtroppo). È come alzare lo sguardo dal telefono e accorgersi che ci sono altri passeggeri sul treno: chissà che storie hanno loro, inaccessibili dal mio feed.

L'ultima traccia si chiama Beatrice. Chi è?

È una mia amica che ha accusato molto i danni lasciati dalla fine di una lunga relazione, qualche anno fa. Quando ha iniziato ad accorgersi di che razza di peso si stesse portando in spalla, abbiamo avuto un dialogo commovente. Le ho scritto questa canzone che parla di scoprire di non essere solo il proprio nome proprio, magari nelle poesie che il poeta di turno ti ha dedicato, con qualche infelice sovrapposizione allo Stil Novo. L’ho messa alla fine perché c’è un discorso diretto di un personaggio diverso dall’”io” che invade tutto il resto del disco, e perché racconta dell’insufficienza delle parole. Mi sembrava un bel modo per concludere un disco così sovraccarico di parole.

Montag tra i tralicci - foto di Carlo Banfi
Montag tra i tralicci - foto di Carlo Banfi

Ci presenti la band che suonerà Dati con te al MI AMI?

Ho presentato questo disco per la prima volta in assoluto a Santeria in apertura della festa conclusiva del tour dei Post Nebbia. Era un momento particolare, era la primissima emersione pubblica dell’album (quasi un mese prima dell’effettiva release) e meritava una band d’eccezione, che mi accompagneranno anche al MI AMI: al basso Fight Pausa (produttore di Dati e fondatore dei 72-Hour Post Fight), alla batteria Clauscalmo (cantautrice tra i migliori in lingua italiana), Visconti alla chitarra acustica (la vera speranza del nuovo rock italiano con il suo progetto solista) e alla chitarra elettrica Giovanni Pedersini (attivo nei GIALLORENZO, nei Malkovic, nella cucina sperimentale in casa mia e presto in giro con altra roba; sono di parte ma lo dico: il miglior chitarrista del mondo).

Cosa significa per te portare questo disco su quel palco?

Queste canzoni finora sono state disponibili in apertura del tour di Colombre in un formato portatile, me + chitarra, più o meno come le ho scritte. MI AMI rappresenta il vero e proprio debutto in forma completa dell’album. Per me portare Dati, finalmente pubblico, sul main stage del MI AMI è contemporaneamente suonare in casa e dall’altra parte del mondo. Da un lato è il Festival che mi ha cresciuto in tutti i ruoli possibili (fan, organizzatore, professionista, musicista), dall’altro rappresenta la massima esposizione, la massima messa a nudo di ciò che pazientemente costruisco da anni. Spero sia ciò che MI AMI è sempre stato per me: un incontro.

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L'articolo Montag ha staccato il Wi-Fi di Vittorio Comand è apparso su Rockit.it il 2023-04-28 16:40:00

Tag: album

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