Massimiliano Cubello, è cresciuto tra l’eco delle radio private anni ’90, i testi appuntati a matita sui banchi di scuola e una storia che lo ha portato da Firenze a Bari, da Catanzaro a Milano. In arte è Manzish, classe 1985, nato a Catanzaro, anche se ora vive nel capoluogo lombardo.
Catarsi è il suo primo album completamente autoprodotto, un mosaico di skit strumentali, reggae, dancheall, hip hop, lo-fi, funk ed elettronica. Lui racchiude tutto nella definizione di cantautore raggamuffin. Ora canta in italiano ma forse un giorno tornerà al dialetto. Tra tutte le sue metamorfosi una cosa che non ha mai accettato è la confusione tra dancehall e reggaeton.
Come hai cominciato a fare musica?
La passione per la musica nasce presto perché fin da piccolo ascoltavo di tutto, principalmente musica italiana che sentivo in famiglia o che andava in radio. Erano i primi anni '90, mio fratello maggiore si avvicinò alla musica rap e sono cresciuto principalmente con quella, ma ascoltavo anche musica leggera italiana, reggae, punk e ska. Erano gli anni di tmc2 e i canali radio tv privati, erano i miei primi videoclip musicali. Ho iniziato a scrivere i primi pensieri e le prime rime alle scuole medie, un po' per gioco.
Un giorno ascoltai per caso una canzone di dancehall giamaicana e da lì sbocciò un grande amore che condizionò per sempre il mio approccio al canto, come attitudine, musicalità ed energia. Uno dei miei vecchi anthem, Cangiala, nacque tra i banchi delle superiori come anche la maggior parte dei miei primi brani successivamente incisi (Videogioco, Soldi,No Future e Niente da dirci per citarne alcuni).
Con chi collabori?
Sicuramente il mio primo collaboratore è Fra, in arte Catchy. Un rapporto musicale e professionale che dura da più di 10 anni. Il suo ruolo di ingegnere del suono è fondamentale e nel corso del tempo abbiamo acquisito una confidenza e conoscenza tale l'uno dell'altro da lavorare nella pace più totale. Per me registra, mixa e masterizza i miei brani e le mie produzioni.
Ci siamo conosciuti a Milano nel 2008 circa, c'era un contest di cantanti reggae/dancehall organizzato al Rolling Stones (un locale che adesso non c'è più) e io ero salito da Firenze con altri amici per partecipare.
È stata un'ottima occasione per conoscere e stringere le prime connessioni musicali con la scena underground nazionale dell'epoca. Ho collaborato con molti artisti e spero di continuare a farlo con tanti altri ancora, l'ultima collaborazione è con Max Bertoli che ha realizzato un remix del brano Tuttappò, canzone del mio nuovo album Catarsi.
Mi affascina molto il lavoro di autore e sarebbe interessante farlo per qualcuno, allo stesso tempo, per quanto riguarda il produrre strumentali mi piacerebbe molto lavorare con voci femminili. Ultimamente cerco di collaborare come producer per altri cantanti o rapper, prevalentemente hip hop, reggae o dancehall ma non ho limiti di genere musicale e anzi, cerco sempre talenti da poter produrre.
Come definiresti la tua musica?
Mi hanno sempre affibbiato etichette fuorvianti di ogni tipo, dal definirmi un rapper fino a dire che faccio reggaeton. Ma tra la dancehall giamaicana, il dem bow e il reggaeton c'è differenza!
Mi definisco un cantautore raggamuffin, approccio alle rime e alla scrittura molto rap ma con flow e stile più fluido e musicale come nel reggae. Ho sempre cantato su strumentali rap, reggae e dancehall ma da quando produco sto cercando di creare un sound mio, personale, una formula di cantautorato moderno.
Il fatto di autoprodurmi mi sta dando modo di sperimentare e migliorare sotto certi aspetti musicali che mai avrei mai immaginato. Prima cantavo esclusivamente in dialetto catanzarese ma nel corso degli anni ho iniziato a produrre testi esclusivamente in italiano anche se non escludo un ritorno di fiamma alle origini perché sono un fervente sostenitore delle tradizioni.
Quali sono i tuoi ascolti?
Mi piace conoscere quanta più musica possibile, di qualsiasi genere e ciò che ascolto dipende dal mio umore o da cosa devo fare in quel momento. In questo periodo vado a ruota di mix anonimi su Youtube con brani strumentali random o ascolto qualche selezione, generi prevalentemente jazz-hip hop, lo-fi, reggae. Ogni tanto ascolto qualche disco nuovo, di artisti internazionali, ma quasi niente di musica italiana.
Non mi ispiro a nessuno in particolare ma prendo spunto dalla mia conoscenza musicale. Ci sono molti artisti che adoro e seguo dal punto di vista delle produzioni musicali: FKJ, Daft Punk, Home, C2C, Gramatik, Joji, The Alchemist, Dj Premiere, Di Genius solo per citarne alcuni. Mi è sempre piaciuto scavare nella musica, di qualsiasi nazionalità e genere quindi ho una collezione musicale abbastanza varia, dalla tarantella calabrese passando per la cumbia fino alla musica tradizionale asiatica o araba.
Per concludere, ho un amore incondizionato per Battiato fin da quando ero piccolo, lo riascolto sempre con piacere.
Come è nato Catarsi?
È stato un processo più lungo di un parto perché Catarsi rappresenta il mio primo lavoro interamente autoprodotto e totalmente indipendente, dalle strumentali fino al concept grafico, visual e video compresi. La metà dei brani presenti (skit strumentali compresi) risalgono a prima del Covid, quindi il materiale da cui partire era pronto da tempo ma ci sono stati diversi incidenti lungo il percorso che mi hanno rallentato nella pubblicazione. Catarsi descrive ciò che mi è accaduto tra il 2019 e il 2023 e, nonostante il tempo passato, testi e argomenti risultano comunque attuali.
Rispetto a tutto il mio repertorio passato questo progetto è un punto di rottura. Per una vita ho cantato su ritmi reggae, dancehall e hip hop ma volevo creare un sound che fosse più personale e legato alle preferenze musicali di quell'ultimo periodo, un mix di reggae, dancheall, hip hop, lo-fi, funk ed elettronica. È un viaggio sperimentale narrativo che racconta Massimiliano, Manzish, sotto diversi aspetti, sia musicale sia introspettivo.
Alcune strumentali erano già pronte mentre altre le ho create dopo, quelle già esistenti le ho comunque lavorate ulteriormente e impreziosite, come quella di Fatti così che avevo già pubblicato anni in Emotional Waves, un concept lo-fi strumentale.
Ho scelto volutamente di non avere collaborazioni con altri artisti ad eccezione delle voci femminili presenti nel brano Carpe Diem a cura di Alexya Salari, in arte Safari Eco. Devo dire che lei è stata fenomenale, il brano era finito ma sentivo che mancava qualcosa che rendesse il tutto più musicale come avrei desiderato.
Ho pensato subito a lei. Le ho spiegato la mia idea inviando la prova del brano, dopo poco mi risponde che ci sta e di inviare il testo, invio tutto e le dico che due giorni dopo sarei andato in studio a registrare delle cose e se voleva poteva approfittarne per fare delle prove. Alexya si presentò in studio col testo ancora fresco in testa ma nel giro di mezz'ora registrò una serie di voci one-shot che sono poi le voci utilizzate nel master finale che potete sentire. Il disco è composto da 17 brani intervallati tra loro da skit musicali, escluso il primo (Previsioni), gli altri hanno ognuno il nome di un principio attivo specifico che mi ha fatto compagnia durante quegli anni.
Per le foto del concept grafico che ho realizzato devo ringraziare la mia migliore amica alias La Sime, ho preso alcuni scatti effettuati a Borghetto Santo Spirito due giorni prima che mia madre venisse improvvisamente a mancare. Era un momento di cambiamento, era appena iniziato il 2023 e uscivo da una situazione di burnout professionale durata quasi due anni in cui ero finito a fare dei lavori logoranti, per ricominciare appena dopo la fine del Covid.
A lavoro finito mi è sembrato di aver fatto un percorso di riabilitazione ma più che uno strumento di beneficio è stata una presa di consapevolezza.
Ricordi l'ultimo live che ti ha colpito particolarmente?
La frenesia del live è una delle sensazioni più belle sicuramente, ogni volta è come la prima e nonostante l'esperienza ho sempre quell'adrenalina tale da far salire energia e agitazione allo stesso tempo. Mi ha colpito l'ultimo mini live che ho fatto un mese fa a Milano. Era un contesto abbastanza variegato e si esibivano diverse realtà musicali però mi ha fatto strano vedere che ormai c'è la tendenza nel fare live in playback. La base su cui si esibiscono gli artisti oggi non è la strumentale del brano con al massimo le doppie voci ma direttamente il brano fatto e finito. Questa curiosità mi è rimasta molto impressa, per il resto amo avere un pubblico davanti che si fomenta quando canto, specie se non mi conosce nessuno in quel momento.
Progetti futuri?
Ho tanta carne sul fuoco e mi auguro che non si bruci o diventi dura come una suola di scarpa perché sarebbe un vero peccato. Sto lavorando in collaborazione con un vecchio socio della scena reggae/dancehall italiana per una compilation, ma non posso svelare di più. Ho diverse produzioni in circolazione tra artisti rap nazionali e altro materiale reggae/dancehall sparso tra artisti esteri quindi quando sarà il momento giusto uscirà qualcosa. Sul fronte personale ho sempre cose in cantiere e vorrei pubblicare tante cose sia lato producer che cantante ma come diremmo dalle mie parti, jendu videndu! (trad. andando vedendo).
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L'articolo Non dire a Manzish che la dancehall è come il reggaeton di Redazione è apparso su Rockit.it il 2025-06-05 18:00:00
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