Johnny Marsiglia & Big Joe: nuova e vecchia scuola Intervista


È tempo di tirare un attimo le somme, ripensando a questo 2012 quasi arrivato alla fine: c'è qualcosa, che ci ha regalato quest'anno solare, di cui possiamo dirci davvero orgogliosi? Sì, c'è. E vogliamo suggerire due nomi: Johnny Marsiglia & Big Joe. Vengono da Palermo, e sono sicuramente una delle realtà più interessanti del momento. Il primo racconta in maniera lucida e attenta la realtà dei nostri giorni, senza mai una posa. Il secondo fa dei beat da fare invidia a buona parte dei produttori della Penisola. Già attivi insieme nel collettivo Killa Soul, hanno da poco pubblicato “Orgoglio”, sicuramente un album da avere. E di cui essere orgogliosi.
Se chi non vi conoscesse troppo bene volesse sapere qualcosa su di voi?
Johnny Marsiglia: Johnny Marsiglia e Big Joe, nati e cresciuti a Palermo, la città che più influenza i nostri pezzi, come si può facilmente intuire ascoltando l'album. Abbiamo iniziato a fare rap grazie a Stokka & Mad Buddy, insieme ai quali siamo anche nella crew Gotaste. Una volta iniziato, non ci siamo più fermati: abbiamo pubblicato due album a nome Johnny Marsiglia, un EP come Killa Soul, collettivo composto da me, Joe e Louis Dee. Abbiamo anche registrato un sacco di altre cose che però non sono mai uscite. E forse è meglio così. [Ride, Ndr].
Ma oggi, in Italia, c'è davvero qualcosa di cui essere orgogliosi?
JM: Il nostro è l'orgoglio di essere palermitani, di avere a fianco la nostra gente, di fare la nostra musica. Siamo orgogliosi di riuscire a essere sempre noi stessi, continuando a fare le nostre cose e mantenendo una nostra identità, senza farci influenzare dagli altri.
Orgoglio puramente personale, quindi?
JM: Sì, anche se in realtà rimane comunque legato alle nostre origini, alla nostra cultura e a tutto quello che ci ha permesso di sviluppare il nostro particolare approccio alla musica, che per noi è una cosa molto importante. E poi c'è l'orgoglio della nostra terra, l'amore per la nostra Sicilia.
“Io voglio stare qua anche se va tutto peggio”
JM: Ho scritto quel pezzo (“Nella Mia Città”) per descrivere la difficoltà di vivere a Palermo. Eppure, ogni volta che ci torno, per me è come prendere una boccata d'aria fresca. Nello stesso brano – a rendere ancora meglio l'idea – c'è la strofa di Louis Dee che racconta di un ragazzo che vive a Palermo, e nonostante tutte le difficoltà continua a essere estremamente orgoglioso della sua città. Palermo è difficile e bellissima, quando ci vivi crei con lei un legame che definirei “biologico”.
Big Joe: Sono molto combattuto, perché spostarmi al nord potrebbe aprirmi nuovi sbocchi dal punto di vista lavorativo, e prima o poi sarò costretto a trasferirmi. Ma è davvero dura lasciare la propria città, lasciare il posto in cui sei cresciuto e di cui sei orgoglioso.
Definireste il vostro come un Suono del Sud?
BJ: Assolutamente sì, anche perché siamo cresciuti con Stokka e Buddy, e sicuramente ci siamo ispirati a loro. Può essere che ascoltando loro e poi noi riconosci un sound caratteristico dell'area geografica.
JM: Le nostre radici sono lì, e nel disco si parla molto della vita in Sicilia, forse è anche per quello che l'ascolto può dare la sensazione di avere fra le mani “qualcosa del Sud”.
È più difficile riuscire a farsi notare se si arriva da un posto come la Sicilia?
JM: Io sono a Varese da tre anni, e devo dire che qua ci sono molti più contatti e possibilità. Ho avuto la possibilità di conoscere praticamente da subito Ensi, che ha iniziato a farci suonare ai live dei Onemic. Ho trovato chi ha saputo darmi una mano per iniziare a farmi conoscere. Per chi fa musica, è difficile emergere rimanendo a Palermo. Mancano gli eventi, le strutture, e in generale le possibilità di farsi vedere. Quando stavo in Sicilia non suonavo quasi mai, mentre salendo si incontrano molte più possibilità.
BJ: Anche per me – nonostante finora sia rimasto a Palermo – il meccanismo è stato lo stesso. Ho iniziato a produrre beat per Ensi, i Onemic, Stokka e Buddy, e pian piano la gente ha cominciato a chiedere di noi e sono arrivate le richieste.
JM: Comunque credo che, al di là della provenienza geografica, se c'è qualcosa di originale da dire – e c'è determinazione – i risultati prima o poi si raggiungono. Anche se il livello attuale in Italia è altissimo, e c'è molta più competizione. L'importante è essere se stessi, senza forzare le cose.
Più competizione e più visibilità per tutti, vero. Voi come lo vedete questo periodo di grassa che sta attraversando l'hip hop italiano?
BJ: Sicuramente è più facile emergere oggi rispetto a dieci anni fa, anche grazie a Internet e in generale ai nuovi mezzi di comunicazione, che offrono a chiunque la possibilità di far girare i propri pezzi e farsi conoscere a un bacino potenzialmente enorme di ascoltatori.
JM: Sinceramente non sono uno di quelli che parlano mossi dal classico pensiero secondo cui il rap, ora che è diventato un fenomeno di massa, ha perso le sue radici culturali e ha perso di senso. Sono convinto che l'attuale attenzione mediatica sul fenomeno sia davvero un'occasione imperdibile per chi fa qualcosa di nuovo e originale. Ma è anche vero che molti personaggi non hanno coscienza di tutto quello che è successo prima, cosa che per noi è invece molto importante. Ci sono i pro e i contro.
“L'ignoranza sembra un vanto”
JM: Ho scritto questo verso proprio pensando a quanto detto sopra: molti fra i nuovi rapper di oggi sanno pochissimo di quello che è successo prima. A volte bisognerebbe porsi il dubbio: magari non sono il migliore, ma c'è stato qualcuno prima di me che ha posto le fondamenta.
BJ: Quello che manca nel rap di oggi, secondo me, è l'umiltà. Chiunque prenda in mano un microfono sembra autorizzato a credersi il migliore del mondo, senza troppo rispetto per chi c'è stato prima o chi ci sarà dopo. Se devo trovare qualcosa nell'attuale rap italiano che mi infastidisce, è sicuramente questo apetto.
Meglio esser persone o personaggi?
JM: Noi cerchiamo sempre di essere veri, più persone che personaggi. Se nei miei testi parlassi di cose che non vivo, mi sentirei fuori luogo. Sembrare finto e non essere credibile è la mia paura più grande, credo che in questa musica la credibilità sia tutto.
Cosa ha ispirato il disco?
BJ: Dal punto di vista delle sonorità si parte da J Dilla e in generale dal sound di Detroit, anche se poi ascoltando il disco trovi i riferimenti più disparati, dai pezzi boom bap a quelli con una gamma di suoni più piena e variegata. Volevo essere il più aperto possibile, in modo da non risultare ripetitivo e monotono, dato che il disco è prodotto tutto da me.
Ok, ma alla fine il risultato è molto omogeneo. Qual è il filo conduttore?
JM: A Big Joe è toccato il lavoro più difficile, perché il suo compito era quello di mettere insieme tutte queste influenze per ottenere un prodotto che seguisse una linea musicale unica e riconoscibile. L'obiettivo era proprio quello, riuscire a fare un album vario che comunque non uscisse troppo dai toni. Anche io ho spaziato molto: per quanto riguarda la scrittura, mi sono ispirato a quello che viviamo e abbiamo sotto gli occhi. Tecnicamente invece ho un sacco di modelli e riferimenti, anche se poi i versi sono comunque molto personali, risultato di vita vissuta e frutto dell'evoluzione di quello che può essere definito il mio stile.
Come avete lavorato a “Orgoglio”, considerando che uno sta a Palermo e l'altro a Varese?
JM: Alcuni pezzi li ho registrati io e li mandavo a Palermo a Joe, altri invece li abbiamo registrati insieme quando riuscivo a scendere. Per i beat, invece, abbiamo messo giù alcune idee insieme, per avere una via comune, altri invece me li ha mandati già finiti e mi son piaciuti immediatamente. È stato un lavoro fianco a fianco, nonostante le distanze.
BJ: Sì, anche perché oggi le distanze le senti di meno, anche grazie a Internet. Si è creato un flusso continuo di scambio di materiale e idee, lavorare non è stato difficile. Poi ovviamente trovarsi insieme in studio è più bello, riesci a esprimerti meglio, ma siamo comunque contenti di come è andata.
E per il futuro? Quali sono i progetti?
JM: Spero che presto – magari entro la fine di quest'anno – riusciremo a fare un altro disco. Abbiamo già qualcosa, e contiamo di sfornare qualcosa di nuovo il prima possibile.
BJ: Io ho fatto un EP di strumentali, “Astronauta EP”, l'anno scorso, e non è detto che non faccia di nuovo qualcosa del genere. In più, come ha detto lui, sono al lavoro sul prossimo album di Johny Marsiglia & Big Joe, un progetto con Louis Dee e varie produzioni sparse in giro per l'Italia.
Commenti (1)
Questi scrivono "nella mia città", Duke Montana scrive "la mia città"...
Il rap italiano fa veramente pena, se mai esiste...
Aggiungi un commento: