Verily So: Orgogliosamente provinciali

Uno dei nomi più belli scoperti questo 2011. I Verily So hanno dalla loro molte qualità: sanno scrivere canzoni importanti, sanno evocare paesaggi mentali a dir poco immaginifici, sanno dare il giusto peso alle cose (soldi, contratti, il posto che deve avere la musica nella vita di tutti i giorni). Finalmente li abbiamo intervistati. Di Fausto Murizzi.


 

Partiamo, com'é logico, dai fondamentali: a chi di voi va il merito di essersi dati un nome come Verily So e perché...
Simo: Era il titolo di una foto che mi affascinava, con una didascalia apocalittica. Ho poi scoperto che quelle parole volevano dire: "in verità è così", in inglese arcaico. Era il manifesto ideale per il nostro neonato progetto.

Siete tutti e tre polistrumentisti, per cui mi chiedo con quale criterio decidiate il ruolo da ricoprire nelle rispettive canzoni...
Mari: Diciamo che ci siamo rimboccati le maniche per colmare l'assenza innegabile ed irrinunciabile di una sezione ritmica. E' li che ho messo da parte la chitarra e preso in mano bacchette e battenti. La sola parola, polistrumentista, presuppone qualità che, ahimé, purtroppo non mi appartengono. Detto questo, i drumming sgangherati dei pezzi, sono stati "studiati" in tre ma live vengono suonati solo da me. Ciò dipende solo ed esclusivamente dal fatto di voler rendere il live più "coeso" possibile. Inizialmente ci cambiavamo piu' volte i ruoli all'interno di un concerto, ma le perdite di tempo e concentrazione erano evidenti. In piu', per la felicita' degli altri, sono mancina e ciò presuppone un continuo capovolgimento del set di batteria.

In studio vi ha aiutato qualcuno nella produzione dei suoni o é completamente farina del vostro sacco? E chi vorreste che un giorno bussasse alla porta per proporsi? Se dicessi John Parish sarei scontato?
Mari: L'intero disco è stato registrato in casa, grazie anche alla collaborazione del un nostro caro amico Massimo Cuomo e alle conoscenze tecniche di Simone. Direi perciò di no, nessun aiuto dall'esterno. il disco è nato da solo senza sovrastrutture, fra quattro amici che passano qualche ora insieme ascoltando musica e facendo quattro chiacchiere. Non avevamo né le attrezzature né tanto meno il budget per costruire qualcosa di più sofisticato ed è forse questo che lo ha reso cosi' apprezzabile. Se John Parish bussasse alla mia porta gli offrirei un buon caffè meledicendomi per la casa disordinata.



C'é qualche (anche più d'uno) album il cui sound, prima di entrare in studio, era l'ideale riferimento a cui tendere?
Mari: Senz'altro, chiunque si approcci alla registrazione di un disco ha sempre un sound a cui tendere. Il nostro suppongo sia stato "The suburbs" degli Arcade Fire, almeno per i pezzi con maggiore tiro. Certo, stiamo parlando di aspirazioni non certo di obiettivi, concedeteci però di sognare.
Simo: Quello è un discone, suonato e registrato divinamente. Per quanto riguarda l'approccio più minimale e radicale, Steve Albini rimane assolutamente il capo.

Che rapporto avete con la fede, non necessariamente quella cattolica?
Mari: Più che fede la parola chiave è fiducia. La fiducia che ognuno di noi ripone negli altri, è questo che ci sostiene.
Luca: Personalmente sono felicemente ateo. Ed evocazioni di spiritualità coatta tipo "vado on India a cercare me stesso" mi provocano un misto di ilarità e pena. Detto questo appartengo al genere umano, che vede le forme nelle nuvole: il "magico", "l'altro" è parte del nostro sentire. Basta solo ascoltarlo.
Simo: Io vorrei essere zen ma poi m'incazzo oppure ci vado in paranoia, pertanto tiro a campare.

Siete fra quelli che sognano ancora il fatidico contratto con la major o, al contrario, vi rallegrate del fatto che quello sia un mondo di cui si possa ampiamente fare a meno?
Mari: Certo che no, quei tempi non esistono più da un pezzo. Le nostre canzoni nascono da sole, da una vera e propria esigenza viscerale. Non ci sono mai stati scopi di lucro. Siamo sereni, lavoriamo come tutti durante la settimana e nel weekend se capita, ci facciamo una suonata in giro.
Simo: Grazie alla rete si è azzerata la distanza tra chi propone musica e chi ascolta, è questa la cosa fondamentale. La musica è il fine, non il mezzo per raggiungere altri scopi.

Economicamente avete fatto finora tutto da soli oppure avete chiesto aiuto ad amici e parenti?
Mari: Non c'è mai stato un "economicamente" nei Verily So. Le cose sono nate con le passioni e non con i soldi. Come già ho detto, abbiamo registrato in casa con quello che potevamo.

Qual é stato l'ultimo concerto (o il prossimo) a cui avete deciso di andarci tutti e tre insieme? Ve lo chiedo per capire quanto ci sia spirito di gruppo fra di voi anche verso l'esterno...
Mari: Lucca, Arcade Fire. Il secondo loro concerto che ci siamo visti tutti insieme. Il prossimo probabilmente sarà quello dei Low, una band che veneriamo e che da un pezzo non si facevano vedere in italia. immancabile.

Vi siete presi una bella responsabilità nel momento in cui avete deciso di rifare un pezzo come "Idioteque" dei Radiohead, senza timore di adattarlo alla vostra cifra stilistica. Cosa vi ha spinto a questa scelta?
Simo: In realtà quella è stata presentata come la cover di una cover. I Calico Horse ne avevano fatto una bella versione acustica, quindi la nostra interpretazione è un omaggio doppio. Ci piace riarrangiare classici di diversi stili col nostro, abbiamo iniziato così, è un ritorno al passato.

Quale evento (e a quale età), per ognuno di voi, é stato decisivo affinché il rock'n'roll divenisse una delle ragioni per cui vivere?
Luca: Personalmente non c'è mai stato un ''punto di rottura''... ricordo chiaramente che fin da giovanissimo la musica mi incuriosiva e mi attirava (con immancabile carico di air guitar e plettrate a giro): ma dire ''una delle ragioni per cui vivere'' mi sembra eccessivo. Non mi fraintendere, sarebbe impossibile immaginare la mia vita senza: solo che questa presenza c'è e basta, a prescindere che tu viva o no per lei. come la fame. se non mangi, inizi a sentirla.
Simo: per me i Kiss a Sanremo nell'82. Mi facevano paura e ne ero terribilmente attratto. Oggi ascolto le colonne sonore di Joe Hisaishi in treno. La musica è una necessità viva, che muta con il tempo.

Siete una band che passa molto tempo in sala prove oppure non sentite questa necessità come una priorità?
Luca: Diciamo che facciamo i salti mortali fra lavori ed impegni vari per essere in sala prove il più possibile. Per noi è fondamentale impastare insieme il suono. Le idee migliori vengono suonando, sempre. Ed è qui che possiamo contare su di un piccolo ''trick'': Simone e Marialaura si sono fatti decine e decine di ore di jam casalinghe, sfornando sempre ottimo materiale su cui lavorare in sala: è qui che insieme coloriamo queste idee... tutte le direzioni e gli arrangiamenti dei pezzi nascono in ''reharse mode'' spietato!

Come "consumate" i vostri ascolti musicali? Qualcuno di voi é ancora affezionato ai vinili al punto da comprarli con regolarità e rifiutare in toto il digitale?
Luca: Personalmente non avendo ancora una ''fissa dimora'' (vivo a Firenze per lavoro ma appena posso torno nel cecinese) uso ancora parecchio il digitale. Ultimamente però ho riscoperto un sacco di bella roba black metal ambientale ed affini, e quei gruppi hanno un vero feticismo verso il vinile. Ne ho comprati 4 solo negli ultimi 2 mesi! A parte tutto, una volta conseguita un minimo di stabilità abitativa, l'impianto vinile sarà una priorità.
Simo: Ho tutti i vinili dei Kiss originali. Sono monomaniaco. Mi piacciono i vinili vecchi, per il resto mediafire o i cd ai concerti.

Il fatto di essere originari di Cecina quanto pensate possa realmente influire sulle scelte di gestori di locali e/o promoter?
Luca: E' una cosa che non mi interessa affatto. Per come ci approcciamo alla musica siamo orgogliosamente provinciali.

E a tal proposito qual é la vostra idea sulla dimensione provinciale, ovvero se abbia ancora senso parlarne oggi in tempi di globalizzazione e se rappresenta un'opportunità o, per molti versi, é una limitazione...
Luca: Questa è una domandona. Dunque, come ho detto poco fa, la provincia è molto importante per noi. E' il non-luogo dentro al quale si mischiano piccole storie, promesse disattese, meschinità quotidiane... ma anche gioie che sono nulla e che sembrano immense, colori mozzafiato e scorci nei quali perdere lo sguardo. Le nostre canzoni, la nostra urgenza espressiva, partono ineluttabilmente da qui; è questo non luogo a dilatarsi tanto da rendere labili, se non invisibili, i confini tra ''globale'' e ''locale'', sovrapponendoli. Credo infatti che le piccole cose accomunino gli esseri umani l'uno all'altro, senza differenze di latitudine, censo, età o simili.
 E' quindi impossibile dire se l'essere provinciali aiuti o se invece sia solo un limite espressivo.
 Ma per quanto ci riguarda è una condizione data, un modo di raccontare il mondo che vediamo.

Chiudo l'intervista chiedendovi di mettervi in gioco: qual é l'artista/band che nel panorama indipendente ritenete sia sottostimato e, quindi, anche quello più sopravvalutato... 

Luca: I Cani sono decisamente sopravvalutati. Se poi abitassimo in un paese normale gli Appaloosa, band schiacciasassi di Livorno, suonerebbero nelle colonne sonore della Rai.
Simo: Io oggi mi riascoltavo gli ep dei Girless and the Orphan e sono la colonna sonora perfetta per guardare fuori dall'autobus. Il Pan del Diavolo personalmente lo adoro. Fuori Italia, Radical Face, Mount Eerie.

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L'articolo Verily So: Orgogliosamente provinciali di Faustiko Murizzi è apparso su Rockit.it il 2011-10-12 00:00:00

COMMENTI (3)

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  • pain 13 anni fa Rispondi

    "''una delle ragioni per cui vivere'' mi sembra eccessivo. Non mi fraintendere, sarebbe impossibile immaginare la mia vita senza: solo che questa presenza c'è e basta, a prescindere che tu viva o no per lei. come la fame. se non mangi, inizi a sentirla." Grande!
    Credo di essermi un po' invaghito della loro musica...

  • pain 13 anni fa Rispondi




    (Messaggio editato da pain il 12/10/2011 22:26:03)

  • badlove 13 anni fa Rispondi

    bravi!