Proia, ti sorridono i monti...

Giacomo Proia vive in montagna, lontano da tutto e da tutti. Sembra il nonno di Heidi, ma con una chitarra tra le braccia, con cui scrive canzoni tra ambient e cantautorato

Giacomo Proia è nato la notte di Halloween del 1986 a L'Aquila, "in un periodo in cui si dovevano lavare bene le verdure perché c'era stato il casino di Chernobyl", dice. Vive a Borgorose, un piccolo paese tra Lazio e Abruzzo. È una terra di confine, "a livello amministrativo siamo nel Lazio, ma ci sentiamo tutti abruzzesi". In mezzo agli Appennini Proia – il suo nome d'arte – scrive canzoni e racconti, si occupa della sonorizzazione di spot e video e ha lavorato anche a un libro illustrato sulla canzone italiana. Il suo ultimo disco parla della provincia e della montagna. Si chiama Il controesodo, e ce lo facciamo raccontare da lui.

Come ti sei formato a livello musicale?

Ho sempre suonato, almeno così mi ricordo. Fino a un certo punto suonavo solo canzoni di altri, con vari gruppi e gruppetti. Nello stesso periodo ho iniziato a comporre musiche per video e scrivere recensioni di dischi per varie webzines. In quel momento ho capito che potevo dire la mia, e che potevo fare musica e scrivere testi anche migliori di quelli che recensivo.

Con chi collabori?

Per il mio progetto solista faccio quasi tutto da solo, dai testi agli arrangiamenti, fino alle registrazioni. A livello sonoro ho bisogno di un po' di aiuto. Dopo un po' le tue orecchie non riescono più a distinguere le cose giuste e le cose sbagliate, e poi dal punto di vista tecnico ho diversi limiti. Mi ha sempre aiutato Matteo Parolini, produttore, sound designer e amico. Per il master de Il controesodo mi sono affidato a Gabriele Gramaglia, ottimo musicista e produttore in ambito metal. Ha diversi progetti come Cosmic Putrefaction e Vertebra Atlantis, di un certo rilievo anche a livello internazionale. Poi mi piace invitare sempre amici a registrare qualche parte, come Marco Felli alla tromba, che mi aveva già aiutato per il primo ep, o come Dajana Barbonetti e Silvia Franchi per i cori. Per il resto mi piace avere il totale controllo della mia musica, sono un po' narcisista e un po' tiranno.

Proia – foto di Alberto Blasetti
Proia – foto di Alberto Blasetti

Come definiresti la tua musica?

In questo momento la mia musica sembra derivare da un certo cantautorato alternativo, non saprei dire simile a chi. Se dovessi definire o etichettare la musica che ho prodotto fino a ora avrei qualche difficoltà. Ho sempre cambiato, in ogni album. I generi che ho toccato possono essere il pop un po' sofisticato, art pop per così dire, l'indie pop, il folk. C'è stato del prog in qualche episodio, ma anche elettronica. Cerco comunque, pur cambiando spesso stile, di essere riconoscibile.

A chi ti ispiri?

I miei ascolti non si limitano a un tipo di musica che mi piacerebbe replicare. Cerco sempre di ascoltare cose molto distanti tra loro, senza nessun tratto comune. Posso passare nello stesso giorno dal pop all'ambient, dalla contemporanea ai New Trolls. Comunque non ascolto molta musica. Possono passare settimane senza ascoltare nulla. Quando lo faccio però cerco di farlo bene, con grande concentrazione, per prendere appunti mentali su un ritmo o un suono. Per quanto riguarda l'ispirazione, nonostante le mie intenzioni, alla fine approdo sempre a un pop italiano sopra le righe, come Battiato, Battisti, Carella. L'ultimo ep invece credo sia molto più vicino a De André, periodo Buona Novella. Non lo avevo programmato, ma ci sono finito, forse perché dentro di me, negli anni, l'ascolto di quel disco ha fermentato bene, senza che me ne accorgessi.

Di cosa parla Controesodo?

Il mio ultimo lavoro è una raccolta di canzoni che parlano più o meno delle stesse cose. Avevo altri pezzi, ma messi insieme non avevano la stessa coerenza dei cinque che ho fatto uscire. Si parla di vita, di povertà, di cose semplici e di gente ancor più semplice. Insieme queste canzoni formano una specie di grande poster che rappresenta la mia biografia degli ultimi anni. É anche un ragionamento sui desideri e le ambizioni, spesso insensate, delle vite delle persone che incontro.

Proia – foto di Alberto Blasetti
Proia – foto di Alberto Blasetti

Qual'è il live che ti è rimasto più impresso?

Non faccio molti live, un po' per scelta consapevole, un po' per pigrizia. Le vecchie canzoni sono molto difficili da riprodurre, forse per gli strati accumulati di arrangiamenti, a volte eccessivi. A Musicultura 2022 però un paio di pezzi sono venuti bene, avevo un'ottima band ad aiutarmi. I nuovi pezzi escono meglio in situazioni di intimità. L'esecuzione migliore l'ho fatta con una chitarra classica in un piccolo borgo in mezzo alle montagne, dalle mie parti, per un gruppo di ipovedenti che percorrevano il Cammino dei Briganti, in un giro organizzato da Noisy Vision. In quel momento riuscivo a percepire l'emozione del piccolo pubblico che avevo davanti, e loro sentivano la mia.

Progetti futuri?

Voglio fare musica nuova, e i giorni in cui questa attività mi prende sono i migliori. Quando sono ispirato non penso a nient'altro. Ho già dei pezzi nuovi da sistemare e sono completamente diversi dagli ultimi. Sono più movimentati, più colorati, un po' come i miei primi lavori. Sono poi molto più astratti a livello di testi, meno biografici e più tendenti verso l'esterno. Ho un po' voglia di divertirmi e far divertire, non senza una punta di commozione.

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L'articolo Proia, ti sorridono i monti... di Redazione è apparso su Rockit.it il 2023-05-25 12:57:00

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