Punkreas, 30 anni vissuti pericolosamente dal pogo ai consigli di classe

Prima del live celebrativo all'Alcatraz, la band ripercorre una carriera di lotta e divertimento: dalla rissa con i buttafuori assieme ai Rage Against the Machine alle udienze dei figli

Un disco celebrativo che ripercorre un'intera carriera – XXX – 1989-2019: The Best – e una grande festa di compleanno il 25 gennaio all'Alcatraz di Milano. I Punkreas hanno superato la boa dei 30 anni di vita e musica assieme, hanno visto la musica dei garage arrivare su Mtv, il tempo del punk rock sparato dalle casse dei furgoncini in manifestazione, i featuring con Fedez, ragazzi che pogavano ai loro concerti diventare uomini, e la fine di tutto questo, senza scomporsi troppo. I loro pezzi rimangono inni, da Acà Toro a Disgusto totale, da Canapa a Sosta e ora hanno lanciato un nuovo singolo, Sono vivo, un bel manifesto programmatico. Noise, storico chitarrista della band, ci racconta come sono trascorsi questi trent'anni assieme. Anni in cui il nemico è cambiato, ma i Punkreas da Varese sono sempre rimasti loro stessi.

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Cosa è cambiato in questi trent'anni di musica (a parte tutto)?

Rispetto a quando abbiamo iniziato noi, credo che questo sia il periodo migliore per avere un'attitudine punk, per pretendere dei diritti e tirare anche dei metaforici calci nel sedere a chi ci ha messi in questa situazione, fra precariato, la pensione che sembra più un miraggio e cose di questo genere. Nella scena attuale vedo una tendenza a soffermarsi su temi comprensibili, per carità, come l'amore o i propri turbamenti personali, però molto spesso egocentrici. Va benissimo, per l'amor di Dio, fa parte tutto della resistenza, però mi sembra che manchi un po’ di voglia di pretendere i propri diritti e di contestare questa situazione.

Cambieranno le cose?

Come dicevamo un paio di dischi fa ci vorrebbe un po’ più di “lato ruvido”, secondo me ce ne sarebbe la necessità e l’esigenza. Poi non è che uno deve fare quello che facevamo noi: le cose cambiano, i gusti musicali cambiano, solo ci piacerebbe vedere di più un atteggiamento ribelle e antagonista.

C’è qualche artista italiano che in qualche modo incanala questo sentimento?

Di artisti italiani che ci piacciono ce ne sono tanti. Fra quelli moderni ti direi Brunori Sas, scrive testi intelligenti e a volte riesce a interpretare bene proprio questo atteggiamento, penso per esempio a L'uomo nero. A volte ci è riuscito anche Lo stato sociale.

Cosa ha comportato per voi la fine del mercato musicale per come lo conoscevamo?

Penso si sia perso tanto. Personalmente faccio veramente fatica ad acquisire un disco che mi piace, se non ce l'ho fisicamente in mano. Credo che sia un limite del fatto che sono di epoca pre-digitale, però ho la sensazione che in generale avere tutto a disposizione e tutto in maniera liquida porti alla fine a non avere niente. Ai nostri tempi se volevi ascoltare qualcosa andavi in negozio, ti cercavi il tuo disco, te lo portavi a casa, te lo sfogliavi, ti sedevi tranquillamente nella tua cameretta, ti mettevi ad ascoltarlo leggendoti i testi e in qualche maniera lo facevi più tuo, faceva parte della tua vita. Con la musica liquida, invece, hai tutto quanto a disposizione, però incominci a skippare la canzone se non ti piace, non ti fa entrare dentro realmente nella musica. La musica liquida scivola tra le mani troppo velocemente, non si fa in tempo a trattenerne l'essenza.

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Non vi siete mai tirati indietro per quanto riguarda l'impegno politico. Come vedete il casino là fuori?

È una battaglia che facciamo da tanti anni con noi stessi, quella di cercare di trovare la speranza dove è difficile trovarla. È un periodo particolarmente complesso: ci sono sempre stati politici e una politica che a noi piaceva poco, però raramente come in questo periodo è stato sdoganato il peggio delle persone. Fino a poco tempo fa ci si vergognava di essere ignoranti, razzisti e seminatori di odio, adesso lo si fa quasi con orgoglio. Se invece cerchi di portare avanti discorsi di tolleranza e di aiutare chi è più debole, vieni tacciato di buonismo. Si sono inventati il termine buonista come se fosse brutto e negativo cercare di dare una mano a chi ne ha più bisogno. Da questo punto di vista siamo veramente molto preoccupati, è un periodo pessimo e gran colpa è anche di chi dovrebbe portare avanti altri valori.

Quando avete cominciato voi, però, c'era Bettino Craxi, che sta andando ora incontro a un processo di beatificazione. 

Noi abbiamo vissuto anche l'epoca della Prima Repubblica e io credo che il vero problema della sinistra sia cominciato lì. Ci si è molto concentrati sulla demonizzazione del nemico, in quel caso era Craxi, poi si è passati a Berlusconi, poi, non avendone uno proprio a destra, è diventato anche un nemico interno, ossia Renzi. Era giusto così, ma ci si è tanto concentrati sulla lotta del nemico che ci si è dimenticati di costruire anche qualcosa di propositivo, di creare una narrazione di un Paese diverso. Era sufficiente per ottenere consensi andare contro l’avversario di turno, solo che non è rimasto nulla.

E le Sardine?

Un piccolo bagliore di speranza ce l’hanno dato. Anche lì poi sono subito partiti i distinguo, perché è tipico della sinistra fare la guerra a chi ce l’ha più puro (il pensiero di sinistra). Di questi tempi non farei tanto la gara: se ci sono dei ragazzi che riempiono le piazze dicendo che sono antirazzisti e antifascisti, dato il deserto che abbiamo, va già bene così.

Alla loro manifestazione di Bologna ci sono stati molti artisti che si sono esibiti: quindi c’è ancora spazio per la politica nella musica?

Io credo che ci sia posto ovunque per la politica perché credo che tutto sia politica. In qualsiasi attività che fai nella vita non ci può non essere politica perché porti quelli che sono i tuoi valori, i tuoi ideali e il tuo immaginario. Per esempio, io faccio anche il rappresentante di classe per mia figlia: noi del gruppo viviamo questa vita per certi versi bipolare, durante la settimana abbiamo le stesse dinamiche di tutte le famiglie, poi quando ci mettiamo sul furgone per andare a suonare torniamo i cinque pirla di prima in un attimo. Sembrano due cose separate, però in realtà le nostre battaglie le dobbiamo fare anche nel quotidiano: ti posso assicurare che a volte un consiglio di classe può essere più punk di un nostro concerto. Immagina solo dover fare un consiglio di classe con un professore come quello di Fiorenzuola che ha minacciato i suoi studenti che se fossero andati a manifestare gli avrebbe fatto passare una vita d'inferno. Ci sono anche dei professori così: io ho trovato un allenatore di pallavolo terrificante, insultava gli arbitri, mentre le bambine che giocavano avevano 11 anni. La politica c’è sempre ovunque, a maggior ragione nella musica.

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Il momento più alto della vostra carriera?

Personalmente dico quando abbiamo suonato prima dei Rage Against the Machine, perché io adoro quel gruppo. Aver suonato sullo stesso palco e aver potuto vedere da vicino Tom Morello e Zach de la Rocha mi ha dato un'emozione fortissima. Tra l’altro in quell'occasione ricordo che la sicurezza trattava molto male i ragazzi in prima fila. Tim Commerford, il bassista, mi guarda, capisce la situazione, non ci vede più, molla il basso e si lancia contro i buttafuori. Mi sono lanciato con lui. A un certo punto vedo un’ombra gigante nera dietro di me, il responsabile sicurezza dei Rage Against the Machine, che prende il bassista, lo tira sul palco e lo porta in salvo. Allora mi giro e ci sono solo io contro i buttafuori. Non so come ho fatto, sarà starta la paura, ma sono riuscito a risaltare sul palco dell’Heineken, e ti assicuro che è altissimo. Il giorno dopo i giornali hanno scritto: “Zach de la Rocha e Tim Commerford si lanciano contro la sicurezza”. Invece non era vero, ero io.

Quello più difficile, invece?

Momenti difficili ne abbiamo passati tanti, non abbiamo mai avuto dei santi in paradiso, nel senso che siamo sempre stati visti male dal mainstream, perché difficilmente etichettabili. Contemporaneamente anche per la scena alternativa eravamo troppo famosi, quindi faceva poco figo seguirci. A volte gli alternativi sono più modaioli di Chiara Ferragni. Siamo abituati alle difficoltà, le affrontiamo, le superiamo e stiamo bene così.

Qual è il politico che avete più odiato in questi trent'anni?

È una bella gara, credo sia l’ultimo. Tempo fa abbiamo fatto questa riflessione: prima c'è stato Disgusto totale e quando l’abbiamo suonata Craxi è andato via, poi è arrivato Berlusconi e allora ancora avanti con Disgusto totale. Andato via lui è arrivato Renzi, ancora Disgusto totale, va lui e arriva Salvini, allora forse è meglio se non la facciamo più, tanto andiamo sempre peggio! Comunque credo che Salvini sia il peggiore, nel senso che il danno culturale che sta facendo, a prescindere dalla questione semplicemente politica, è veramente grave ed è quello che ci porteremo dietro per più anni. Convincere così tante persone che il problema loro non è il datore di lavoro che paga poco, non è il sistema economico, ma il poveraccio che viene da un altro Paese, che scappa da una guerra, che non ha niente e che non sa parlare italiano, è un danno che purtroppo credo che sarà duraturo. Ci vorranno tanta arte e tanta cultura per cercare di uscire da questa situazione.

Qual è la cosa più punk che avete fatto nella vostra carriera?

A parte il consiglio di classe, dici? Siamo stati a Genova nel 2001, a oggi credo la peggior esperienza della mia esistenza, ancora faccio fatica a vedere i filmati, perché quello che ho visto coi miei occhi non avrei mai voluto vederlo. Andare il giorno dopo davanti alla questura di Milano in quattro gatti a protestare contro la macelleria messicana è stata veramente tosta, punk.

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Com'è cambiato il rapporto tra di voi in questi anni?

Come una specie di piccolo miracolo e di privilegio che ti regala il rock'n'roll, ti dà sette giovinezze come i gatti hanno sette vite. Senza sforzo, appena ci troviamo per suonare torniamo esattamente le persone che eravamo trent’anni fa. Funziona come nelle famiglie: la chiave è riuscire a gestire e ad accettare anche i difetti degli altri, qua si vede la coesione di un gruppo. Se non ci vedessimo per tre anni magari potremmo apprezzare di più i cambiamenti, mentre noi ci vediamo tutte le settimane, proviamo tanto, è un quotidiano che evolve lentamente.

Qual è il vostro rapporto con le collaborazioni?

Tendenzialmente ci sono delle situazioni che ci coinvolgono e poi arriviamo a fare la collaborazione. Per dire, Lo stato sociale erano venuti in sala da noi e a far due chiacchiere, ci siamo trovati bene, abbiamo capito che pure facendo generi diversi abbiamo un’attitudine simile. Anche le idee più strampalate funzionano, come con Shiva: io avevo un piccolo bar a Rho dove faceva suonare chi potevo, lui è venuto, mi ha lasciato dei suoi pezzi, ho pensato che fosse molto bravo e l’ho fatto suonare. Poi dopo ci siamo affezionati, lo portava a casa perché era ancora minorenne, e alla fine abbiamo fatto un pezzo insieme. Uno con cui mi piacerebbe fare un pezzo ma purtroppo non siamo riusciti è Adriano Viterbini

Siete mai stati vicini a finire a Sanremo?

Ne abbiamo parlato, ce l’hanno anche proposto, ma ci sono state visioni contrastanti all'interno del gruppo. Tempo fa abbiamo rifiutato di andare al Festivalbar, da lì è passato il fatto che siamo difficilmente addomesticabili. Lì non avevamo dubbi perché era tutto registrato, quindi puoi anche fare quello che vuoi, ma alla fine o te lo montano o te lo tagliano del tutto. Io personalmente a Sanremo ci andrei, però è vero anche che devi essere talmente bravo e talmente forte da sovradeterminare una situazione che ti determina tantissimo. Devi essere molto capace, ci andrei con l'idea giusta e con la capacità di raccontare qualcosa. Elio e le Storie Tese sono riusciti ad andare a Sanremo uscendone da vinctori. Paletta, invece, non ci andrebbe mai, e probabilmente ha ragione lui.

La canzone a cui siete più legati?

Direi Aca' Toro perché è un concetto animalista, è tra le canzoni più conosciute di tutte e perché recentemente, nel nostro best of XXX uscito poco tempo fa, l’abbiamo suonata con gli Ska-P.

Com’è stato collaborare con loro?

Sono meravigliosi, è uno di quei gruppi che ammiriamo da sempre. Ci conosciamo da tanto, abbiamo fatto tanti concerti insieme e loro hanno anche dichiarato in alcune interviste che quando hanno cominciato si sono ispirati a noi e quindi erano il gruppo migliore, con il pezzo più adatto. Parla di corrida e anche loro sono contro la corrida, è ska-punk come il loro, coi fiati: è stato bellissimo perché abbiamo potuto suonare una canzone, che noi abbiamo sempre fatto solo con i nostri cinque strumenti, con anche i fiati e la voce di Pulpul. Speriamo quest’estate di farla insieme dal vivo.

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Ci parli del brano inedito Sono vivo?

Ho scoperto che è molto trasversale, ognuno ci vede un po’ quello che vuole. Può parlare genericamente di quando esci da una situazione molto difficile, per cui sei già contento a prescindere. Nello specifico in ci siamo immaginati quello che potesse vivere una persona che arriva adesso con i barconi sulle spiagge italiane. In realtà è venuta in mente a me la canzone, perché avevo parlato con un genitore di un compagno di classe di mia figlia, arrivato dall’Albania a metà anni Novanta. Mi ha raccontato che appena è riuscito ad arrivare in Italia aveva perso la casa, i soldi, il lavoro, aveva lasciato la famiglia là, ma si sentiva felice di essere vivo. Mi è rimasta molto impressa questa cosa. Quello che vogliamo far passare è che in fin dei conti siamo umani, quindi cerchiamo di trattarci come tali. L’abbiamo scelta con Tommaso Colliva, che ci ha fatto notare come in italia adesso pochi fanno rock vero e anche quelli che lo facevano si sono fatti attrarre dalla musica più cantautoriale, che va più di moda oggi. Per cui era importante che ci fosse un gruppo che faccia ancora rock come deve essere fatto. 

Come avete scelto le canzoni da inserire nella compilation celebrativa?

Abbiamo optato per mettere le canzoni che abbiamo suonato di più dal vivo. Non lo consideriamo un vero greatest hits, nel senso che per ognuno di noi sono rimaste fuori delle pietre miliari. È più una colonna sonora di questi trent'anni, sono le canzoni che ci siamo portati in giro, che abbiamo suonato mille volte e immaginiamo sia la colonna sonora dì tutte le persone che sono venute in questi anni a vedere i concerti più e più volte. 

Cosa succederà all'Alcatraz?

Sarà un concerto speciale, abbiamo voluto festeggiare così perché alla fine la nostra dimensione è quella dei live, credo sia anche la chiave del fatto che siamo ancora qua dopo trent’anni. Noi non ci siamo mai sentiti diversi dal pubblico che viene a sentirci, ci piace che i nostri concerti siano delle feste sia per noi sia per chi viene. Infatti spesso il pubblico sale sul palco, o scendiamo in mezzo, cose così. Paletta è il professionista di tutto ciò, credo che conosca uno per uno tutti i nostri fan. Per il 25 abbiamo fatto due scalette, perché il live è diviso in due parti: la prima scaletta è un estratto delle canzoni prima del duemila e l’abbiamo chiamata Paranoia domestica, la seconda sarà dal duemila e l’abbiamo chiamata Pelle ruvida.

Ospiti?

Abbiamo invitato gli amici per noi fondamentali, che ci hanno accompagnato in questi anni: Zulu dei 99 Posse, di cui ricorderò sempre l'abbraccio quando ci siamo incrociati a Genova nel 2001, in quei momenti l'abbraccio di una persona amica non te lo scordi più. Poi i Modena City Ramblers, i Ministri che sono un po’ i nostri cuginetti – sono più giovani di noi (ma non tanto), sono di Milano e sono una delle poche rock band vere rimaste in circolazione –, Auroro Borealo che abbiamo conosciuto recentemente ed è fortissimo, Seby dei Derozer, che è proprio nostro fratello, e i Rezophonic, perché ultimamente abbiamo registrato da Mario (Riso) con Olly (Riva) Inequilibrio instabile.

E poi?

Puntiamo almeno ai cinquant’anni. Vediamo se arriviamo alle nozze d’oro, ma nel nostro caso si chiameranno nozze di canapa. Scherzi a parte, sicuramente ci prendiamo tutto il 2020 per festeggiare, quindi non facciamo niente di nuovo, però quando festeggiamo di solito lo facciamo con gli strumenti in mano e non ti dico altro. 

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L'articolo Punkreas, 30 anni vissuti pericolosamente dal pogo ai consigli di classe di Vittorio Comand è apparso su Rockit.it il 2020-01-22 15:21:00

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