Le Quattro stagioni di Samuel

Dopo il mito dei Subsonica, i Motel Connection e i fasti “pop” del suo progetto solista, ecco “La cena del tempo”, un disco in cui riprende le partiture di Antonio Vivaldi e le porta in un nuovo caos elettronico. Tornando alle radici dell’indipendenza con la nuova label Stellare

Samuel – foto di Davide Dutto e Four Fork Film
Samuel – foto di Davide Dutto e Four Fork Film

Un disco classico di Samuel o un disco elettronico di Vivaldi? Un podcast che racconta uno spettacolo, una colonna sonora, e molto altro, tutto insieme. La cena del tempo nasce come uno spettacolo scritto da Laura Venturini, andato in scena nell'autunno 2022, sonorizzato dal cantante dei Subsonica. Una cena-evento realizzata a Venezia, cucinata dallo chef pluristellato Alain Ducasse insieme a Davide Oldani, diventa un podcast in cui ritroviamo i personaggi della storia inerpretati da Alice Centazzo e Stefano Cavanna, ma anche un album in cui le partiture originali del "Prete rosso" – aka Vivaldi – si mescolano con synth e trame elettroniche e la voce della soprano Claudia Graziadei.

L'album e il podcast escono per Stellare, un collettivo/factory fondato da FiloQ (Istituto Italiano di Cumbia), Raffaele Rebaudengo (Gnu Quartet) e Ale Bavo (Linea77, LNRipley e collaboratore da molto tempo di Samuel). Una piccola label che vuole muoversi in nuove direzioni discografiche, prendendo il concetto musicale e allargandolo tra i media disponibili. Mi sono fatto raccontare dal collettivo Stellare e da Samuel come questo ambizioso e multiforme progetto sia nato.

Samuel – foto di Davide Dutto e Four Fork Film
Samuel – foto di Davide Dutto e Four Fork Film

Da chi è partito il progetto, e in che momento vi è sembrato che fosse una buona idea?

Stellare: Abbiamo seguito Samuel con grande curiosità mentre preparava lo spettacolo e quando ci ha proposto di diventare la label che avrebbe prodotto disco e podcast di questo esperimento, ne siamo stati entusiasti da subito. È un lavoro che va esattamente nei territori di esplorazione dove ci stiamo avventurando con Stellare, quindi è stato molto naturale seguirlo in questa pazzia. Non vediamo l’ora di vedere quali altre forme potrà prendere questa Cena del tempo.

Roma ha ispirato Il codice della bellezza,  Brigatabianca è un disco viaggiatore, i Subsonica guardano al mondo da Torino, per La cena del tempo ti sei trasferito a Venezia: Come cambia la musica che fai, a partire dal luogo in cui ti trovi?

Samuel: L’emotività ambientale legata al luogo in cui uno vive e come percepisce il mondo intorno è fondamentale, per chiunque faccia un mestiere legato alla creatività. Incontrare modi di fare e di pensare diversi alimenta un movimento interiore e di pensiero creativo che genera flussi di cose diverse. Io ho sempre avuto la necessità di spostarmi e lavorare in luoghi diversi proprio per essere stupito, perché lo stupore è alla base della creatività. Nel momento in cui ti stupisci è perché stai inventando o sta succedendo qualcosa. Ecco, quel ragionamento emotivo che avviene quando succede è sempre produttivo. L'ho capito da tempo e non a caso mi capita di scrivere quando sono in luoghi diversi da quelli in cui sono cresciuto.

Per questo album hai lavorato sugli spartiti originali di composizioni classiche: è stato più un vincolo o un modo per pasticciare con qualcosa di (apparentemente) sacro?

Samuel: La sacralità di questi spartiti la consacra la storia: oggi Vivaldi è uno degli autori che abbiamo tutti (soprattutto noi italiani) nel DNA, me ne sono reso conto approcciandomi a questo lavoro. Inizialmente ero molto spaventato, avevo paura di non riuscire a entrare in sintonia con un repertorio di questo genere, poi ho scoperto di avere anche io nel mio DNA gran parte della sua musica, come di altri autori del tempo. Questa cosa ha sbloccato un lucchetto che avevo nella testa e nel cuore e lì è partita la sperimentazione libera. Come se stessi scrivendo un disco con una modalità attuale. Ho recuperato le armonie e gli intervalli che usava lui e li ho reinterpretati con un tocco attuale.

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Cosa avete scoperto con questa tecnica?

Stellare: Vivaldi ha ispirato Bach, ha sicuramente una profondità compositiva e ispirazioni melodiche che sono una continua scoperta. Alla luce delle nostre esperienze i parallelismi con il rock, la musica minimale e l’elettronica sono impressionanti. Il modo più gustoso di scoprire cosa ti arricchirà è giocare con la sua musica. Da questa visita all’universo immaginario del “prete rosso” ci portiamo uno strano senso identitario sonoro. Ci siamo sentiti parte di un fiume che caratterizza il nostro gusto che ha Vivaldi come fonte.
Samuel: Soprattutto ho scoperto che l’incedere ritmico delle sue opere è molto simile a un mondo musicale che ho frequentato ai miei inizi, negli anni ’90. Drum&bass, jungle, questi esperimenti musicali ritmici si sposavano perfettamente con la sua musica e quindi è stato più facile per me mettere tutto in bolla.

Le persone hanno ancora voglia di entrare in una storia raccontata in maniera così profonda?

Stellare: L’obiettivo di Stellare è quello di creare uno spazio diverso, un luogo di espressione altra per noi e per chi, come noi, ha bisogno di continuare a vivere la musica liberamente. La prima cosa che abbiamo iniziato a fare sono state le Stellare Sessions, da cui è nato il disco Wave.Era un progetto di scrittura creativa tra producer e musicisti, una sorta di residenza artistica di alcuni giorni in luoghi fortemente evocativi e affascinanti. Allestiamo uno studio temporaneo in posti che possano ispirare gli artisti a esprimersi in totale libertà (come l’acquario di Genova) e senza alcuna finalità se non dare voce alla propria creatività, svincolati dalle sovrastrutture dettate dal commercio e dalla standardizzazione delle produzioni.

Negli altri dischi che hai fatto ci sono generi molto diversi, per La cena del tempo hai dovuto imparare due nuovi linguaggi, narrazione e musica classica. Come mai non riesci a stare tanto tempo senza fare qualcosa di diverso?

Samuel: Prerogativa dell'artista è spostare sempre un po’ il livello di percezione di quello che sta facendo. Sfidare un mondo nuovo è ciò che rende tutto più energetico per creare cose nuove. Immergerti in un mondo diverso dal tuo e uscirne fuori illeso o comunque in piedi, è una cosa che ti insegna tantissimo. La musica è un linguaggio che ho utilizzato sin da bambino: sono cresciuto in un gruppo che ha sperimentato, e per fortuna aveva un suo posto anche nelle classifiche. Oggi non è più così e mi piaceva l’idea di potermi mescolare con quelli frequentano la classifica come obiettivo primario, e per me è stato un momento di crescita. Ora mi trovo ad affrontare degli spartiti classici, di un mondo complicatissimo dal punto di vista della percezione, come la musica barocca. Tanto quanto andare a Sanremo, tanto quanto fare un disco insieme a Canova e Jovanotti in cui volevo toccare le corde del pop. In questo caso pensare non solo alla musica, ma anche alla drammaturgia, a tutto quello che c’è dietro, era uno dei tasselli che più mi mancavano nella mia vita, quindi farlo in questo momento della mia vita è stato importantissimo.

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Grazie al podcast è la prima volta che la tua voce è solo “parlante”, come suona alle tue orecchie?

Samuel: Il rapporto con la mia voce è sempre stato particolare. Le corde vocali mi hanno dato vita, una storia, mi danno un futuro e un presente. Sono legato a questa parte del mio corpo in maniera indissolubile, perché grazie alla mia voce son riuscito fin da piccolo a crearmi un percorso. Tutti nella mia famiglia mi hanno sempre riconosciuto come quello che canta, e ancora oggi è così. Questo ultimo passo della mia vita in cui ho dovuto mettere la mia voce in secondo piano e pensare alla musica è stato un altro gradino evolutivo del mio essere artista, perché è vero che tutto aveva la voce al centro, mentre in questo lavoro la centralità è l’idea, il concetto di remix, di far rivivere oggi un periodo storico passato.

Com’è stato non avere la tua voce come scudo, ma quella di un’altra cantante?

Samuel: È stata la sfida più grande della mia vita, riuscire per una volta a non nascondermi dietro la capacità della mia voce di adattarsi. Ho avuto la fortuna di incontrare una grandissima cantante, Claudia Graziadei, che non mi ha fatto sentire la mancanza della mia presenza vocale. Mi ha dato tanta forza e mi ha permesso di sperimentare di più come produttore e musicista le mie vette e le mie profondità.

Nei vostri curriculum ci sono collaborazioni di ogni tipo: c’è una voce che vorreste aggiungere a questo elenco, magari proprio come protagonista di un progetto come questo?

Stellare: Preferiamo usare come voce i suoni che ci circondano, in un contesto diverso dalla forma canzone. Abbiamo fatto cantare i rumori degli abissi in Wave e i ruggiti dei vulcani all’Eolie Music Fest. Ci stiamo per imbarcare in un nuovo progetto dove proveremo a dar voce ai dati che un  centro di ricerca scientifica sta raccogliendo da anni, è ancora presto per parlarne ma in autunno si potranno ascoltare le prime cose. Nel frattempo stiamo varando una serie di progetti che amiamo. È appena uscito Fire feat. Adrian Sherwood e le prossime release saranno quelle del pianista Alberto Marson, dell’artista sonoro Guido Affini e del dj Ma Nu.

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Ci sono altre storie che vorreste raccontare in questa forma di album, podcast e opera teatrale?

Stellare: Quello con Samuel è stato il nostro primo esperimento nel mondo dei podcast, ma non escludiamo ce ne potranno essere altri in futuro, stiamo già lavorando ad un nuovo progetto.

Nel podcast il tempo non esiste. Com’è passato il tempo per Samuel che fa questo lavoro da una trentina di anni?

Samuel: Il tempo si è fermato per lasciare spazio ai commensali, per non farli invecchiare, non cadere nella sua trappola, nel concetto che tutto decade, tutto peggiora, tutto diventa decrepito. Ma senza il tempo non esisterebbe la musica, quindi si vive in questo dramma obbligato, per cui tu vivi una vita che finisce ogni giorno di più, ma senza questa timeline non esisterebbe quello che ci fa vivere bene. Lo spettacolo si basa su questa storia, e parla molto di me. Casualmente arriva in un momento della mia vita in cui mi trovo a cavallo tra quello che ho fatto e quello che dovrò inventare. Racconta del passato e del desiderio che il tempo si fermi e ritorni agli albori, quello dei successi, quel momento in cui senza sapere perché e per come, ti trovi sopra un palco davanti a tantissime persone, e ti rendi conto che il tuo posto è quello.

È come se il tempo fosse effettivamente sparito, come se si fosse fermato, per te?

Samuel: Il tempo per me si è fermato per tanti anni e poi ha iniziato a correre velocemente, perché da quando avevo 16 anni a quando ne avevo 40 è come se nulla fosse cambiato. Il meccanismo intorno a me girava sempre allo stesso modo. Dopo invece, tutto ha iniziato a correre, ti rendi conto che hai meno tempo, che hai la necessità di raccontare le cose perché ne hai immagazzinate tantissime nel percorso e diventa tutto più complicato. E proprio in questo momento della mia vita viene fuori un racconto in cui il tempo si ferma e dà la possibilità a chi vive questo spettacolo, questo atto creativo di passare questa nottata senza il tempo.

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L'articolo Le Quattro stagioni di Samuel di Marco Mm Mennillo è apparso su Rockit.it il 2023-02-17 15:25:00

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