Se, per la legge di Lavoisier, nella realtà che ci circonda “nulla si crea e nulla si distrugge”, nella musica accade l’esatto opposto. Tutto nasce, muore e si rigenera in un ciclo continuo di creazione e metamorfosi. Generi che si dissolvono per rinascere in nuove forme così come gruppi che nascono per poi spegnersi lasciando dietro di sé le scintille di nuovi progetti. Ed è proprio in quest’ultimo orizzonte degli eventi che si inseriscono i Glimmer Void, quintetto nato e cresciuto tra il nebbioso piattume dell’hinterland milanese.
La band prende infatti forma dai Kaiju, progetto musicale attivo tra il 2019 e l’inizio del 2025, da cui eredita in toto la formazione: nessun cambio di line-up ma piuttosto una naturale evoluzione che, basandosi su fondamenta solide, si è aperta a nuove urgenze creative. Un gruppo rebranded che riunisce cinque amici, tutti provenienti dai sobborghi del capoluogo lombardo.
Al basso e alla voce Matteo Marchetti, “programmatore informatico e musicista per passione, cresciuto a pane, videogame e Tool”. Al suo fianco Veronica Zanchi (voce e tastiere), impiegata di Cesano Maderno che oltre alla musica nutre da sempre “una profonda sensibilità per tutte le arti, dalla letteratura alla fotografia”.
Alle chitarre Francesco Vallerini e Paolo Termine. Due generazioni – rispettivamente classe ’92 e ’78 – e percorsi diversi ma complementari: il primo, spinto da una “vera e propria infatuazione per gli assoli di Slash, affinata nel tempo espandendo i miei ascolti”; il secondo, autodidatta dal ’93, “con un bagaglio che spazia da Battiato ai Pink Floyd, passando per il trip hop e il nu metal”.
A chiudere il cerchio Luca Spezzati, analista chimico per lavoro e batterista per passione, dietro alle pelli “sin da quando avevo 14 anni più per noia che per passione, vedendo poi diventare questo strumento una parte fondamentale della mia vita”.
Se i Kaiju avevano un imprinting profondamente piantato nello stoner rock più primigenio, i Glimmer Void scelgono oggi di guardare oltre l’orizzonte tracciato all’inizio degli anni ’90 da band come Kyuss e Fu Manchu. Pur restando nei paraggi riarsi e “fuzzosi” di Palm Desert, il rinato gruppo lombardo ha deciso infatti di dirottare il proprio sound verso l’alternative e il prog metal contemporaneo, guardando dritto in faccia a nomi del calibro di Tool, Elder, Porcupine Tree, A Perfect Circle e Queens of the Stone Age.

E questa vera e propria costellazione di riferimenti di tutto rispetto, trova ampio spazio in Echoes of Life, il suo disco d’esordio: un lavoro nato dall’esigenza di ricominciare con una nuova identità. “Il concept – ci spiega la band – si ispira al ciclo infinito di vita e morte della natura, un’idea che rispecchia perfettamente la rinascita della band dalle ceneri del progetto precedente. Pur non essendo a tutti gli effetti un concept album, i temi del dualismo tra inizio e fine, luce e oscurità, attraversano ogni brano, legandoli in un equilibrio fluido e coerente”.
E il desiderio di condividere questo nuovo capitolo si è tradotto in una spasmodica voglia di tornare su un palco, inaugurata da uno show tenutosi a inizio ottobre per presentare il progetto a parenti e amici stretti. “Stiamo attualmente cercando date per poter presentare Echoes of Life in giro per l’Italia - raccontano i Glimmer Void – anche se il nostro più grande desiderio è quello di varcare i confini nazionali e portare la nostra musica all’estero. Siamo un vulcano di idee: archiviato il nostro disco d’esordio, non vedremo poi l’ora di lavorare già ai nuovi pezzi”.
---
L'articolo Rinascita nel deserto sonoro: i Glimmer Void e il sound della loro trasformazione di Luca Barenghi è apparso su Rockit.it il 2025-10-20 01:34:00
COMMENTI