Roncea senza ali e senza rete

Il musicista di origine franco-rumena, folgorato da ragazzo dai Nirvana e in line up al MI AMI quando aveva appena vent'anni, ora è un "cantautore punk" che colpisce dritto al cuore. Come dimostra la potenza emotiva di "Acrobazie", ep di 5 pillole amare ispirato alla vita del padre ex acrobata

Roncea
Roncea

Nicolas Roncea è uno che la musica la vive da quando ne ha memoria. "Ho iniziato a suonare il basso dopo aver ascoltato Nevermind dei Nirvana su musicassetta. Non ricordo con esattezza come ci finì in casa mia, ma è certo che mi cambiò la vita". Come lui sono tantissimi quelli a cui una pietra miliare del genere ha scombinato tutta la testa, ma per lui è stata così potente che la musica è diventata parte integrante della sua vita, anche adesso che fa un altro lavoro: "Sono account manager e copywriter in un'agenzia di comunicazione che opera soprattutto in ambito enogastronomico e turistico. Sono molto appassionato del mio lavoro, anche se spesso non lascia alla musica lo spazio che si merita".

Una passione che Nicolas ha declinato in varie forme nel corso degli anni: dopo i Fuh e gli Io Monade Stanca, le band con cui suona da sempre, c'è il suo progetto solista, chiamato semplicemente Roncea, in cui trova spazio la componente più emotiva della sua scrittura. Acrobazie è il suo ultimo ep, che da questo punto di vista è potentissimo: cinque canzoni struggenti, bellissime, dall'animo acustico, in cui si specchiano il vissuto del padre di Roncea (ex acrobata) con temi esistenziali, istantanee di grandi bivi della vita, interrogativi che scavano dentro al cuore delle persone. Abbiamo raggiunto Nicolas per farci raccontare il suo percorso fino a qui.

Ciao Nicolas, ci racconti un po' di te?

Mi chiamo Nicolas Joseph Roncea, sono di origine franco-rumena (papà di Bucarest, mamma è nata in un piccolo paese vicino a Lille, nel nord della Francia). Sono cresciuto a Vezza d'Alba, dove vivo tutt'ora. È un paesino con poco più di 2.000 abitanti nel territorio di Langhe-Roero e Monferrato, che dal 2014 è patrimonio UNESCO. Qui si producono vini eccezionali e ci sono panorami mozzafiato. Sono innamorato di questa zona, che ho la fortuna di scoprire approfonditamente e raccontare grazie al mio lavoro. La musica lo considero il mio secondo lavoro da una decina di anni a questa parte.

Come ti sei formato a livello artistico? Quando hai cominciato a fare musica? 

La mia prima band sono i Fuh (abbiamo suonato al MI AMI intorno al 2008, invitati dal buon Carlo Pastore e Sandro Giorello, nostro amico di infanzia) che sono gli amici di una vita, quelli che con 2 o 3 anni in più di ascolti, ti sanno indirizzare verso la buona musica. È così che sono passato ai Sonic Youth, ai Melvins, ai Pavement, a un sacco di altre band clamorose sino a sfociare nel punk rock. Ascolto e suono ancora questa musica nonostante il mio progetto sia qualcosa di completamente diverso. Nel 2010 la mia compagna dell'epoca mi regalò una chitarra acustica ed eccomi qui a raccontarmi e a raccontare attraverso le canzoni che scrivo.

Con chi collabori?

Oltre alle mie band ho avuto la fortuna di suonare con Carmelo Pipitone, accompagnarlo in tutta la prima parte del tour del suo primo disco solista, e averlo al mio fianco in un mio tour. Questa è sicuramente la collaborazione che mi ha lasciato di più in questi anni a livello umano e professionale. In passato ho avuto il piacere di poter ospitare Luca Ferrari alla batteria in un mio vecchio album. Oggi sono felice di suonare con Chiara Di Benedetto, violoncellista straordinaria che da qualche anno fa parte nella band di Ultimo, Daniele Danzi, vibrafonista eccezionale. In studio ho avuto la fortuna di poter godere delle batterie di Simone Pozzi (Rhabdomatic orchestra, Movie Star Junkies, I shot a Man) che insieme a Manuel Volpe, mi ha accompagnato live in tutto il tour di Presente, nel 2019.

Come definiresti la tua musica?

Mi sento un cantautore punk. Punk nell'attitudine, in quello che ascolto da sempre e nel modo che ho di intendere la musica, le ragioni che mi spingono a fare musica, nei messaggi che vorrei trasmettere. Non mi piace troppo la definizione indie, anche se spesso finisco sotto questo ombrello. Sono un semplicissimo cantautore. 

Quali sono i tuoi ascolti e a chi ti ispiri?

Ascolto un po' di tutto, cerco di darmi meno limiti possibili. Sono una persona curiosa. In questo periodo sto ascoltando tantissimo dischi per me seminali di Fugazi e Morphine. Vado a momenti. Rispetto alle nuove uscite, sto apprezzando tantissimo Volevo magia dei Verdena e l'ultimo di Patrick Watson. Rispetto alle influenze nel mio progetto, sicuramente Elliott Smith, DM Stith e Wilco. In Italia, uno su tutti, Lucio Battisti.

Com'è nato il tuo ultimo disco, Acrobazie?

Acrobazie è un ep della durata di 20 minuti dal forte impatto emotivo. Prodotto da Manuel Volpe al Rubedo Recording di Torino, già produttore di Presente (Dischi Sotterranei, 2019), Acrobazie è un racconto in cinque brani, qualcosa di completamente diverso rispetto agli album precedenti: qui c’è la voglia di avventurarsi in nuovi territori nella scrittura, negli arrangiamenti, nelle intenzioni e nella visione.
Acrobazie rappresenta la pace con il passato, la tregua con la frustrazione, la libertà di amare incondizionatamente, la sconfitta della paura di andare a fondo dei propri sentimenti, la volontà di cercare, e cercare ancora. Sono 5 pillole amare che si buttano giù con tanta acqua e aiutano a stare meglio. Qui incrocio i temi esistenziali e le acrobazie in senso metaforico, con le storie di acrobazie vere, ispirandomi alla vita di mio padre, Constantin Roncea, acrobata rumeno che ha lavorato anche al famosissimo Circo delle mille e una notte (Orfei), il più grande a livello internazionale dell’epoca, e di alcuni suoi colleghi, amici.

Ricordi/sensazioni/aneddoti di qualche tuo live recente o passato?

Più o meno ogni volta che si va a suonare qualcosa di memorabile succede. Tuttavia se dovessi scegliere un episodio - tra quelli raccontabili e non troppo compromettenti, ça va sans dire - non saprei quale, quindi ho deciso di raccontare l'ultima cosa che ho fatto prima di fare quest'intervista perché si tratta di un qualcosa di singolare e interessante. A Torino è nato un progetto che si chiama Timpani, è un laboratorio di ascolto. Ci si becca, si propongono dei dischi, si vota quale disco ascoltare, lo si ascolta tutto per intero e ci si scambia pareri, impressioni, sensazioni a riguardo. Sono stato invitato a un Timpani "special" dove abbiamo ascoltato "Acrobazie" a un pubblico di appassionati ed ho così avuto modo di spiegare, raccontare i messaggi e le intenzioni di ciascun brano. E' stata un'esperienza superlativa, uno scambio molto intenso e vivo. Sono emerse alcune cose che mi hanno fatto pensare molto al significato di quello che sto facendo e per una sera non mi sono sentito sbagliato.

Che progetti hai per il futuro?

Semplicemente continuare a suonare. Mi piacerebbe portare "Acrobazie" ovunque in Italia. Non mi importa di suonare sui palchi giganti davanti a un botto di gente. Questo è fico sì, fichissimo, ma non è la ragione per cui suono. Mi piace abbracciare le persone, fisicamente e con la mia musica e più vicine sono meglio è, anche fisicamente. Quindi adoro le dimensioni intime, gli house concert, i concerti improvvisati ma sentiti, quelli dove hai due casse marce che ha prestato l'amico che suona, l'abatjour dell'Ikea che ti fa da scenografia e un tappeto giusto per fare ambiente che hai preso dal salotto della zia. Nel frattempo vorrei pubblicare il prossimo disco dei Fuh, ora che siamo tornati dopo tanti anni, e ritornare a suonare anche con i Io Monade Stanca, che al momento sono fermi per questioni "di vita".

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L'articolo Roncea senza ali e senza rete di Redazione è apparso su Rockit.it il 2022-11-23 10:35:00

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