Sghetto Records: nel cuore di Bologna il nu jazz italiano prende forma

Lo Sghetto è un locale nato solo nel 2022, che in poco tempo è diventato punto di riferimento per una scena sempre più massiccia. Ora c'è anche un'etichetta, per dare forma e sostegno a quei progetti (in bilico tra HH e Jazz) "nati in casa" tra jam e birrette. Scopriamoli assieme

Una serata allo Sghetto
Una serata allo Sghetto

Quando nasce una nuova etichetta c'è sempre da gioire: portare pluralità di visioni e sostenere la creatività nella musica è cosa buonissima e giustissima. C'è proprio da brindare quando quest'etichetta nasce da uno dei locali live che propone tra le migliori selezioni in circolazione. Stiamo parlando di Sghetto Records, etichetta discografica nata a Bologna tra le mura di Sghetto Club, un locale di musica dal vivo nato nel 2022 e diventato in poco tempo un punto di riferimento nella scena musicale locale e nazionale soprattutto per quanto riguarda la cosiddetta black music, dal jazz all'hip hop e mille addentellati.

In questi generi, inevitabilmente, affonda le sue radici anche la label, la cui missione è "portare avanti progetti originali con personalità uniche, mescolando nuove sonorità con i generi derivati dall’eredità musicale afro-americana". Molti di questi artisti sono passati dal palco del locale, lì si sono formati, incontrati, contaminati. Un "incubatore", per usare una parola orribile, che ora è diventato anche piattaforma discografica per artisti dal sound innovativo, di Bologna e non solo. 

Al momento sono cinque gli artisti presenti nel roster: Kolosso, band trap-jazz di 8 elementi guidati dal chitarrista e compositore Davide Angelica, Joe Allotta, batterista e compositore nu-jazz (ora, come vedremo, "passato" anche al canto), Subconscio, cantante neo-soul dalle sonorità elettroniche, Chromogen, trio urban jazz nato dalla mente e dalle mani del bassista Matteo Magnaterra e Bop Gun, un progetto innovativo e sperimentale che propone una fusione elettrizzante di funk, rock, jazz e altre influenze sonore e che lo scorso 3 ottobre ha pubblicato il primo discoVol. 1.

Cosa tiene assieme questi artisti? Ce lo raccontano i fondatori di Sghetto Records. 

Come e perché avete deciso di lanciarvi in questa avventura?

Sghetto Records è la naturale estensione del progetto Sghetto, inteso come unione tra club e label: un luogo in cui la musica nasce, cresce e trova spazio anche oltre le nostre mura. Fin dall’inizio l’idea era quella di creare un posto che non ospitasse soltanto concerti, ma anche un ambiente capace di far nascere e sviluppare produzioni inedite. La label, in concreto, è nata circa un anno e mezzo fa, quando hanno cominciato a prendere forma i primi progetti nati all’interno del locale. Da lì è nata l’esigenza di raccogliere tutto quel fermento creativo in un’unica direzione, per dare forma e identità alla musica originale che stava emergendo dal club.

In che modo l'attività del locale ha modellato la label?

Come raccontavo, i primi progetti dell’etichetta sono nati tutti all’interno del locale, spesso per caso, durante le jam session o semplicemente chiacchierando davanti a una birra. Le jam dello Sghetto si aprono con formazioni casuali, sempre diverse e create ad hoc per l’occasione: musicisti che spesso non si conoscono tra loro vengono messi sullo stesso palco per vedere cosa succede quando si improvvisa insieme per una mezz’ora. Tutto viene registrato, perché non si sa mai cosa può accadere, e spesso da questi incontri nascono connessioni che, da sole, forse non sarebbero mai scattate. Da lì si inizia a sviluppare insieme il progetto sul piano discografico. Con la label abbiamo voluto portare proprio questo spirito: dare vita a progetti originali nati tra le nostre mura, anche per caso, ma in cui la sperimentazione e la creatività prevalgono sulla musica preconfezionata che oggi sembra dominare il mercato. La nostra missione è far fiorire e conoscere in Italia un genere che ancora manca, colmare una fetta di mercato oggi scoperta, e farlo attraverso la nostra musica e la nostra passione.

Cosa cercate da un artista?

Ci sono diversi fattori che guidano la nostra ricerca. Prima di tutto, cerchiamo sempre di collaborare con persone che siano in sintonia con noi e con ciò che lo Sghetto rappresenta, questo è fondamentale. È poi importante per noi che l’artista abbia già un’idea chiara del proprio progetto e un obiettivo definito, così da poterlo accompagnare nel percorso di costruzione e sviluppo, mettendo in comune mezzi e competenze di tutte le persone coinvolte. Il genere musicale, in realtà, incide solo fino a un certo punto. Naturalmente evitiamo di addentrarci in mondi che non ci appartengono, non avrebbe senso, ma tutto ciò che ruota attorno alla black music, che si esprima attraverso il funk, il jazz o l’hip hop, cattura sicuramente la nostra attenzione, se fatto bene e con un senso. La Sghetto Records è nata con il motto “Hip hop attitude, rooted in jazz”, e credo che questa filosofia si percepisca chiaramente ascoltando i nostri dischi.

Quali sono le prossime frontiere?

Sicuramente la nostra intenzione è continuare ad approcciarci a questo mondo che stiamo ancora scoprendo, per far crescere i nostri progetti, accoglierne sempre di nuovi e poter crescere anche noi umanamente e professionalmente in questa grande famiglia. Anche se la strada è ancora lunga e le sfide sono sempre tante abbiamo imparato a non abbatterci o scoraggiarci di fronte alle difficoltà e ad andare avanti dritti lungo il nostro percorso, perché prima o poi le soddisfazioni, anche quelle piccole, arrivano.

Ci date una parola per ogni artista del roster (attualmente)?

KOLOSSO - visione

JOE ALLOTTA - intensità 

CHROMOGEN - sinestetico

BOP GUN - sorpresa 

SUBCONSCIO - empatia

Kolosso
Kolosso

Kolosso e Subconscio sono i protagonisti delle ultime due uscite di Sghetto Records. Sono rispettivamenteOver e Daimon. Over è la conclusione della Fase 1 del "progetto Kolosso", il tentativo di andare oltre gli schemi della composizione e le regole della produzione (attitudine decisamente jazz, in effetti), un enorme puzzle sonoro che mette assieme jazz e sonorità urban, trap, drill, grime e molto altro. Daimon è il disco d’esordio di Subconscio, prodotto da Luzee, un viaggio sonoro e al contempo esistenziale, il cammino in musica di una persona "sospesa" che vuole interrogarsi sull’identità della propria memoria e "su come i luoghi che lo hanno condotto nel suo ORA siano in realtà il suo futuro". 

E poi c'è Joe Allotta, che il 14 novembre pubblicherà il suo debutto Transition, prodotto negli studi dello Sghetto Club di Bologna, dove Joe, insieme al suo produttore Jacopo Trapani, ha trascorso settimane di ricerca e sperimentazione dando vita a un disco parecchio coraggioso (lui, compositore e batterista, che si ritrova anche cantante) votato al cambiamento come ragione di ogni cosa. Il gioco tra voce e drumming è qualcosa di inedito e molto affascinante. 

Li abbiamo messi assieme in una stanza, per conoscerli un po' meglio.

Come definite la vostra musica?

KOLOSSO: Forse è la questione più difficile da affrontare. Personalmente posso solo rispondere con una serie di aggettivi e sostantivi: urban, jazz, bastard, 808, melodic, spiritual, crossover, avantgarde. Se esiste già un genere che li racchiude tutti, allora è il nostro. In generale, definirei la nostra musica come un tentativo di riportare il jazz nel presente, spostando ancora una volta il focus dal linguaggio all’attitudine — Miles Davis docet. Abbiamo scelto di farlo con un ensemble enorme, dal suono granitico, anche per una ragione politica: è il suono della nostra Bologna che esplode dal sottosuolo, dall’underground.

SUBCONSCIO: La mia musica nasce dall’incontro di diverse sonorità. Mi interessa creare qualcosa che risuoni dentro, che comunichi emozioni reali. 

JOE ALLOTTA: Mi piace definire la mia musica come un melting pot di varie contaminazioni. Sicuramente puoi sentirci delle influenze come Jazz, hip hop, drum and bass, UK garage.

Subconscio
Subconscio

Cosa la muove?

K: Il nostro è il suono di chi vive e crea arte all’ombra del mainstream, e che adesso reclama il proprio posto nel mondo, ruggendo e scalciando. Vogliamo affermarci come una realtà artistica unica ed autentica e portare il nostro sound ovunque, in Italia e all'estero.

S: Quello che mi muove di più è la necessità di esprimermi, di dare voce a ciò che spesso non riesco a dire, costruendo un dialogo sincero tra me e chi ascolta. Il mio obiettivo è lasciare una traccia, anche piccola, ma vera. 

J.A.: Il mio continuo cercare, sperimentare e pensare sempre allo step successivo. Gli obiettivi che mi pongo alla fine si racchiudono in una sola cosa, riuscire sempre a riconoscermi.

Tre artisti imprescendibili per voi. 

K: Cambiano a seconda del momento ma dovendone scegliere tre imprescindibili direi Kanye West, Earth Wind and Fire e John Coltrane. La lista è notevolmente più lunga. 

S: Direi: D’Angelo, per il suo modo di fondere spiritualità e groove, Pino Daniele perché ha saputo parlare la lingua del soul con un cuore profondamente italiano. Per concludere, Anderson .Paak, per l’energia sul palco e la capacità di unire mondi diversi.

J.A.: Chris Dave, D’Angelo, Kaytranada.

Joe Allotta
Joe Allotta

Cos’è Sghetto Records per te?

K: La Sghetto Records ha scelto di investire su di noi ben prima di costituirsi ufficialmente come label. Insieme allo Sghetto Club, di cui è una costola, rappresenta oggi la mecca della musica underground locale — almeno per quanto riguarda quella orientata verso la black music nel senso più ampio. Sono persone estremamente appassionate, che hanno saputo trasformare la loro dedizione in un trampolino di lancio per gli artisti emergenti. Per noi sono casa, famiglia, i nostri partners in crime: con loro, in questi due anni, abbiamo condiviso gioie, sbatti e soddisfazioni lungo un percorso appena iniziato — e che non vediamo l’ora di continuare a spingere insieme.

S: Per me Sghetto Records è una casa, una famiglia. È il luogo dove la musica nasce in modo naturale e condiviso. Non è solo un’etichetta: è uno spazio di crescita, di scambio e di appartenenza. Un posto dove la creatività è al centro di tutto.

J.A.: Sghetto records non è soltanto la mia etichetta discografica ma è il mio posto sicuro, questi ragazzi hanno preso a cuore la mia visione, facendola crescere e arrivare ad un punto che non mi sarei mai immaginato. A prescindere dal rapporto lavorativo siamo una famiglia, e questo credo che si riflette anche nella musica che facciamo. 

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L'articolo Sghetto Records: nel cuore di Bologna il nu jazz italiano prende forma di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2025-11-06 17:34:00

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