Davide (Boosta) Dileo - Sony - Milano, 16-04-2004

Davide Dileo - in arte Boosta - ci racconta del suo progetto solista e delle tante sfumature ad esso relative...



Cos’è “:Iconoclash”?
“:Iconoclash” è un progetto che parte da un presupposto molto facile e molto divertente che noi abbiamo chiamato con un termine nuovo: ‘demix’. Se infatti il remix è usualmente fatto con le tracce dei pezzi originali rimescolate a piacimento da chi si cimenta con l’opera, il concetto di ‘demix’ tocca invece l’idea di decostruzione del pezzo e lavora più sul periodo nel quale andiamo a mettere le mani che sul brano in sé. In quest’opera, infatti, ho rielaborato una parte degli anni ’80; non è un disco celebrativo né un operazione nostalgica.

In modo molto presuntuoso, ma anche molto ironico e divertente, mi sono permesso di manipolare il materiale di quegli anni e di riproporlo sottoforma di canzoni nuove.

In sostanza che procedimento hai usato per ‘demixare’?
La decostruzione di questi pezzi ha preso il via dalle voci e dalle melodie: non c’è una linea di strumenti piuttosto che di synth suonata all’epoca. Ho in seguito inserito degli innesti quasi genetici di suoni preferendo la chitarra ed i bassi con attitudini più wave ed inglesi (in linea con The Sisters Of Mercy, The Cure e Virgin Prunes). Il risultato è composto dai motivi del cantato, preso dal tipico pop italiano dell’epoca, su atmosfere cupe. Il filo conduttore che ci porta al 2004 è l’attitudine all’elettronica da ballo più che di dance.

Ci tengo a precisare che non è la solita compilation anni ’80; per questo esiste già “80 voglia di scoparti” dove ci sono tutti questi pezzi e non c’è bisogno di dire altro.

In coda a questo disco ci sono due tracce inedite. Come si legano al resto del progetto?
Sono due pezzi a cui tengo e che sono dichiaratamente ‘no-copyright’ - quindi chi vuole potrà sfruttarle e farne l’utilizzo che preferisce.

La prima traccia rappresenta un’ideale canzone pop ed è costruita in base al classico schema del genere: strofa, ritornello, strofa, ritornello, assolo finale, ciao grazie.

La seconda è più legata al progetto “:Iconoclash”, che racchiude l’esperienza di customizzazione degli anni ‘80, ma in futuro andrà avanti con altre esperienze interessanti che si estenderanno dalla letteratura all’architettura. E “Landscape” si lega appunto a questo concetto, in quanto la sua struttura è anarchica: parte con uno speakeraggio in stile BBC che racconta degli strumenti dell’epoca e della modalità del loro utilizzo. Questi strumenti vengono poi messi insieme e parte una base molto morbida sulla quale viene enunciato un testo di architettura che sostanzialmente descrive il territorio (da qui il titolo).

Lo scritto è del mio prezioso collaboratore Rainò, giovane e valente architetto torinese, ed è apparso anche su alcune riviste di architettura. Il parlato ed il recitato si trasformano quindi in una melodia molto breve, molto orecchiabile, molto pop per arrivare ad un finale abbastanza caotico con chitarre e voci urlate.

C’è qualche sito in cui parli del progetto?
Ci sono due indirizzi che riconducono alla stessa pagina: www.iconoclash.co.uk oppure www.iconoclash.it. Iconoclash tende ad essere una sorta di ‘movimento culturale’ senza un manifesto programmatico, cosa che ha il pregio di poter identificare ma pone per noi troppi limiti. La nostra è una ‘officina di customizzazione’: prendiamo realtà che già esistono, spaziando dalla musica all’architettura, dal design alla letteratura, e recuperiamo il processo artigianale che c’è alla loro base. E’ un’operazione chirurgica su cose esistenti per renderle totalmente altro. Ci piacerebbe esser considerati una sorta di cenacolo che ha voglia di fare e di sperimentare.

Come hai selezionato i pezzi?
Presunzione mia, per certi versi ingenua, è stata il mettermi alle prese con delle canzoni che sono entrate nel cromosoma di tutti noi (risalgono per lo più agli anni che vanno dall’ 81 all’ 84). Ho quindi giocato un po’ a fare lo scienziato pazzo e mi sono immaginato che i Righeira fossero venuti da me con la melodia de "L’estate sta finendo” chiedendomi cosa potevo farci e mi sono messo a giocare liberamente.

Ma tu che ricordi hai di quel periodo? Quanti anni hai?
Ne ho 29, e il periodo degli ‘80 l’ho vissuti dai 6 ai 16 anni. Durante la prima metà degli anni ’80 non avevo ancora la capacità di discernere la musica né avevo i soldi per comprare i dischi; però cominciavo a ricordarmi le cose. Per questo i ricordi ad un certo punto diventano abbastanza cromosomici, pur essendo, alcuni di questi pezzi, lontani dalla mia sensibilità. Non sono un cultore così appassionato nei confronti dell’ital-pop dell’epoca… e infatti crescendo sono diventato un metallaro! Al tempo amavo il pop che facevano gli Wham… e infatti ho una passione forte per questo gruppo. Sarà perché ho dato il mio primo bacio su “Last christmas”! Negli anni ’90 però ho imparato a conoscere ciò che mi era sfuggito…

In passato, ma anche oggi, molti considerano l’italo pop degli anni ‘80 qualcosa da buttare
E’ vero, molti la pensano così, ma deve esserci un motivo se tanta gente nei club si diverte ballando questo tipo di musica. La preferiscono, me ne rendo conto proprio mettendo i dischi. Questo mi fa dedurre che il suono forse non è da buttare. Bisogna poi considerare che se le melodie sono rimaste impresse (e per così tanti anni!) un motivo dovrà pur esserci.

Come si sono posti nei tuoi confronti gli artisti coinvolti in questa tua opera?
Sono stati tutti veramente gentili e disponibili. Ti porto l’esempio di Paul Mazzolini (Gazebo) che è stato così carino da mandarmi i master originali di sua proprietà per fare questo lavoro. Altri hanno ricantato il pezzo - come nel caso di Ryan Paris, che si è fatto addirittura il viaggio da Francoforte, dove ora abita, per incidere.

Li ho trovati splendidi, erano stragasati di non essere considerati dei relitti come spesso la gente li guarda. Pensa che ho rivisto ieri Gazebo per organizzare il live di stasera e mi ha confidato: “Sono contento, ma anche senza parole perché sinceramente di “I like Chopin” ho ascoltato 72 versioni nell’arco di 20 anni, ma roba così non l’ho mai sentita!”

Qualcuno è rimasto fuori dalla scaletta?
Devo dire ufficialmente che la signora Rettore ha rifiutato di partecipare a questo disco e vi riporto la seguente frase: “Dì a Boosta che non mi interessa il suo progetto perché io mi celebro da sola”. Questo me l’ha riferito Ivan Cattaneo che è stato così gentile da metterci in contatto.

Ivan è fantastico: ha assunto il ruolo di chioccia nei confronti di quella generazione di musicisti e di cantanti e tiene i contatti con tutti!

In tutto questo il progetto Subsonica come sta andando avanti?
Siamo serenissimi e iper operativi. Stiamo di buon umore e siamo già all’opera con un po’ di canzoni. Credo che stiamo elaborando anche della buona musica e mi pare che per la prima volta stiamo lavorando serenamente; abbiamo corso per 7 anni della nostra vita, facendo 600 concerti più 3 dischi in studio ed 1 dal vivo. Ora ci stiamo prendendo un po’ di tempo ma non vuol dire che siamo fermi… anzi!

Secondo te chi ascolterà questo disco?
Forse le persone più radicali e puriste potranno criticare questo lavoro perché per loro sentire cose così differenti nello stesso album può essere uno shock. Per i giovani sarà senz’altro un bel disco da ascoltare e li potrebbe stimolare ad andare a riscoprire una serie di cose del passato. Per gli adulti ci sarà il piacere di riascoltare le vecchie melodie ed il gusto di sentirle in modo differente.

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L'articolo Davide (Boosta) Dileo - Sony - Milano, 16-04-2004 di Elisa Orlandotti è apparso su Rockit.it il 2004-05-22 00:00:00

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